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dal sole24ore

McKinsey lancia l'allarme profitti

Secondo gli analisti stanno aumentando le difficoltà per i costruttori alle prese con un ambiente ipercompetitivo che impone elevati investimenti sui prodotti

di Mario Cianflone

Conti che non tornano, competizione a livelli estremi, un ruolo del design che si fa sempre più decisivo e l’esigenza per le Case di stringere patti di cooperazione per suddividere costi e rischi. È questo il quadro dell’industria automobilistica in Europa, dove la gran parte dei grandi costruttori generalisti si trova in cattive acque: Vw è in difficoltà, il gruppo Fiat continua a perdere terreno, mentre il partner, anzi il quasi ex-partner Gm ha varato un piano di riduzione del personale per circa 12mila unità negli stabilimenti Opel, Vauxhall e Saab, ma nel contempo tenta il colpo sulla fascia bassa trasformando le Daewoo in Chevrolet, cioè porta in Europa il marchio della galassia General Motors più noto e importante. In questo modo Gm punta a consolidare le proprie quote mettendo nel conto anche le coreane (in forte crescita) camuffate da Chevrolet oltre ad aver dato un palese schiaffo alla Fiat che ha avvelenato i rapporti tra Torino e Detroit in una manovra che ha anche il sapore di nemesi storica, visto che il modello di maggior successo di Daewoo, la Matiz, origina da un progetto improvvidamente scartato dal Lingotto.

L’automobile in Europa sta attraversando dunque una fase cruciale del suo sviluppo e per le case i punti cruciali sono i margini e la capacità di tenere quote all’interno di mercato

«In Europa occidentale – afferma Riccardo Schiatti, analista di McKinsey festeggiano i produttori giapponesi e coreani, che hanno visto la loro quota di mercato crescere continuamente negli ultimi anni, complessivamente dal 16% al 17,5% nel solo periodo 2003-2004. Per quanto riguarda le performance delle case europee, bisogna dire che queste sono molto diverse tra loro. Se si confronta il 2004 con il 2002, vanno bene solo Bmw (risultato operativo al 7%) e Renault (5%) e la solita Porsche (18%), soffrono tutti gli altri: la divisione automobilistica di Vw non farà praticamente margini quest’anno e quella di Psa (Peugeot – Citroën) li vedrà quasi dimezzare (dal 5% a un “pericoloso” 3%). Volkswagen rischia di andare ancora peggio l’anno prossimo, considerato il successo limitato della Golf V e la prevedibile forte concorrenza di Bmw serie-1 e della Ford Focus II. Non è detto che la nuova Passat sia sufficiente a controbilanciare questo trend. Mentre un marchio forte come Mercedes vede nell’ultimo anno diminuire in modo importante la propria quota di mercato, le divisioni europee delle Case americane (Opel e Ford) perdono terreno da parecchi anni; dal 1997 a oggi, Opel ha visto diminuire di un terzo la propria presenza in Germania, mercato di riferimento, mentre Ford ha perso il 20% in tutti i principali Paesi. La storia di Fiat è un fatto noto; con un’emorragia marcata di quota (-40% dal 1997 a oggi)».

Il mercato, secondo gli analisti di McKinsey Riccardo Schiatti e Enrico Luciano, si sta dunque polarizzando sempre di più, a vantaggio dei marchi davvero premium, come Bmw, sulla fascia media e alta e di quelli value-for-money (come i giapponesi) su quella bassa e media.

Il 2004 si è chiuso sotto la scure dei tagli al personale, emblematici i casi di Opel, quello di Jaguar e la situazione di Vw. Tuttavia secondo McKinsey è semplicistico levare un grido d’allarme per l’alto costo del lavoro e del capitale. «È vero – affermano gli analisti - che l’incidenza del costo del lavoro sul fatturato è per molte Case in salita negli ultimi anni, ma si tratta pur sempre di un costo che incide attorno al 15% del fatturato, e per i produttori migliori non è certo in sé l’elemento del vantaggio competitivo. Semmai il problema del costo del lavoro e degli altri costi fissi nel breve termine è quello di saturare gli impianti produttivi, ossia: su quali volumi di produzione può ciascuna casa contare per i suoi modelli principali? Questo dipende ovviamente da quanti volumi il produttore è in grado di vendere».

Il vero nodo non è pertanto il costo del lavoro ma l’eccesso di produzione,

«In un mercato dove la sovra-capacità produttiva è dell’ordine del 30% (del 40% per le Case in crisi) – dichiarano Schiatti e Luciano - è fondamentale azzeccare i modelli, in termini di design e degli altri elementi distintivi (ad esempio i motori e la qualità). Occorre poi far funzionare bene il marketing operativo, allineando messaggi di comunicazione e realtà del prodotto. Questo è tanto più importante nel contesto attuale, in cui si creano via via nuove nicchie di prodotto che mettono il mercato sotto pressione (si pensi ai monovolume): il numero dei modelli offerti è aumentato del 30% negli ultimi 5 anni».

Il mercato automobilistico europeo è diventato iper-competitivo, la domanda complessiva di autovetture è sostanzialmente stabile nei paesi avanzati mentre i Paesi emergenti esercitano per ora un traino solo limitato: i ricavi per veicolo restano stabili nella migliore delle ipotesi per alcuni, mentre sono in discesa per molti costruttori (attraverso sconti, promozioni o km0. La materia prima, osservano gli analisti di McKinsey tende a salire (si pensi all’acciaio o alle plastiche, derivate del petrolio). Una situazione che rende non procrastinabile la scelta delle Case a mettere insieme le forze per sviluppare congiuntamente prodotti interi (come ha fatto Toyota con Psa per i modelli Toyota Aygo, Citroën C1 e Peugeot 107) o componenti strategici come i motori diesel.

5 gennaio 2005

bello :wink:

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