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Nomi sbagliati, il vizietto dell'auto


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Scegliere un nome per un ‘auto è un compito difficile: la sigla deve suonare bene in tutte le lingue, deve essere in linea con la tradizione della marca e – cosa ancora più complicata deve riassumere in una parola tutta l’essenza del modello. Gli sforzi delle case sono enormi, ma gli errori – clamorosi – non mancano. E’ di ieri la notizia della Toyota che stava per chiamare una versione della Celica “Tsunami”, mentre la Porsche ha appena battezzato Cayman la Boxster Coupé dimenticando che questo è il nome della vecchia Ford Fiesta.

Peccati veniali, certo, almeno in rapporto a quanto fa la Volkswagen con la Bora (a Roma significa Tamarro, burino) o quanto ha fatto tempo fa con la sua erede Jetta (a Napoli significa butta). Ma c’è di peggio: lo scorso anno i concessionari cileni Nissan e Mazda insorsero quando seppero che stavano per arrivare due modelli battezzati rispettivamente Moco e Laputa.

Moco in spagnolo sono le secrezioni nasali e puta è il sinonimo di "prostituta". Storica anche la gaffe di Mitsubishi che ignorava il fatto che Pajero in spagnolo significa “mastrurbatore" o quella della Fiat che tentò di lanciare la Ritmo con questo nome anche in America (dove il nome sta per ciclo mestruale). Al peggio non c’è mai fine…

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da www.omniauto.it del 23-10-2004

"l'arte di dare un nome" di Salvatore Loiacono

Ci avete mai pensato ai molteplici significati che una parola può acquisire? Ad esempio: "Limone". Da noi è un frutto e l'accostamento di "limone", in funzione d'attributo, ad un altro sostantivo non dovrebbe dirci nulla. Bene, "limone" in inglese si dice "lemon" che, nei paesi anglofoni, identifica sia il frutto, sia quel concetto che noi riassumiamo col termine "fregatura". Da qui, è facile comprendere quanto sia importante studiare, con dovizia, le denominazioni dei prodotti industriali, automobili comprese.

C'era un tempo, ormai lontano, in cui le autovetture erano identificate tramite una sigla che indicava la potenza in Hp: Fiat 3 ½ Hp, ad esempio. Poi i costruttori aumentarono e si sentì la necessita di differenziare meglio i modelli; alcuni iniziarono a denominare le vetture in base al propulsore (Alfa Romeo 6C 2500), mentre altri seguirono altre strade. Ford, ad esempio, chiamò il suo storico modello d'utilitaria con una lettera: "T". Insomma, la necessità di rendere immediatamente identificabile un modello crebbe parallelamente al bacino d'utenza del prodotto.

Così, con gli anni, quello dei nomi è diventato un vero e proprio problema, e le idee valide sono registrate e, quindi, tutelate legalmente. In pratica, un costruttore che riesce a trovare, tramite professionisti del settore, una denominazione "d'effetto" per un proprio modello se ne riserva l'uso esclusivo... E che tutti gli altri s'arrangino!

LO ZERO AL CENTRO

Un nome originale, non è detto che debba essere necessariamente una parola: basta anche un numero. Pensate a Peugeot: vi siete mai domandati come mai le vetture della casa del leone sono da decenni identificabili tramite numeri di tre cifre? E non vi siete mai domandati come mai tali numeri abbiano tutti lo "zero" al centro? Nulla avviene per caso.

La numerazione dei modelli Peugeot nacque quando gli stilisti della casa notarono che la targhetta identificativa del modello 201 poteva essere inserita sulla mascherina, in basso, in modo da far coincidere lo "zero" di 201 con il foro per il passaggio della famosa manovella d'avviamento. Geniale! E così la Peugeot registrò tutti i numeri da 101 a 909. Era il 1929. Quando, nel 1964, la Porsche presentò il suo nuovo modello 901, fu obbligata a cambiarne la denominazione in 911, che poi negli USA è anche il numero del pronto intervento... Mentre, per le Ferrari 208 / 308 il fascino del Cavallino ebbe la meglio e i francesi chiusero un occhio. La tradizione dello "zero al centro" è stata rispettata rigorosamente per ben 75 anni, la prima eccezione è di quest'anno, con la piccola 1007

BRAVA, LA 131

Parlando di cifre non si può evitare di parlare di Fiat: 500, 600, 124, 125, 126, 127, 128, 130, 131, 132, 133... tutte sigle che provenivano, originariamente, dal codice del progetto (del propulsore, come in 124) o dalla cilindrata (come 500 e 600); anche se non sempre c'era corrispondenza tra la denominazione e la numerazione "interna" del modello.

In altri casi, la denominazione numerica diventava inadeguata ed era sostituita con un nome proprio. E' il caso della 138, battezzata Ritmo. Bel nome, peccato che nei paesi anglosassoni, "ritmo" assuma anche il significato di ciclo mestruale. Così la Ritmo in Inghilterra e negli USA divenne Strada, nome riesumato da qualche anno per identificare un veicolo commerciale.

La vicenda della 138 ha altri due precedenti: la 131 e la 500 (nelle versioni A, B e C). La 131 era un modello ben poco emozionante, sotto tutti i punti vista, e non poteva assolutamente essere venduta negli USA, mercato storicamente difficile per Fiat, con quella sigla grigia e anonima. Così sostituirono 131 con un italianissimo: Brava (evidentemente l'idea era valida, e nel '95 la media che sostituì la Tipo, potè fregiarsi dello stesso nome).

Riguardo alla 500, pare che agli italiani quella cifra non piacesse proprio. Le affibbiarono un nomignolo: Topolino. Ma era solo un soprannome: la Fiat non registrò mai il nome e la vettura fu sempre proposta come Fiat 500.

Gli esperti di Torino, in ogni modo, hanno sempre avuto una certa fantasia, pensate alla gamma di veicoli commerciali. Ad eccezione del pick-up Strada e di Panda, Seicento, Multipla e Punto in versione Van, tutti gli altri modelli hanno (e hanno avuto) il nome d'antiche monete. Mi riferisco a Fiorino, Marengo, Penny, Talento, Scudo e Ducato; mentre Doblone, forse, era troppo lungo e poco "musicale": è stato declinato in Doblo'.

Altra storia quella che ha interessato la nuova Panda. Inspiegabilmente, al Lingotto decisero di chiamarla Gingo. Grazie a Dio, la Renault s'è fatta avanti, denunciando la confusione che il nome Gingo poteva creare con quello della piccola di casa, la Twingo. Così, dopo le anteprime e le brochure date alle stampe e distribuite, la Gingo cambiò nome e, all'esordio commerciale, era per tutti Panda.

INFLUENZE LETTERARIE

Se a Torino hanno il pregio dell'originalità, a Milano andava di moda la letteratura: Alfa Romeo Giulietta. Sembra un gioco di parole.

Ma la cosa più interessante sapete qual è? E' che l'Alfa produceva anche un furgone, dotato della meccanica della Giulietta. E come si poteva chiamare questo veicolo commerciale? Romeo! Che poesia...

La poesia, poi, continuò con la sostituta della Giulietta. Leggermente più "importante" della progenitrice, pareva quasi una sorella maggiore, infatti, si chiamò Giulia. Erano altri tempi.

Poi le cose cambiarono, negli anni '70 arrivò l'Alfetta. Il nome derivava da un Alfa da corsa, da cui l'Alfetta ereditò l'impostazione meccanica. E poi l'Alfasud, anni dopo, l'Alfa6 e intanto il Romeo divenne F12. E il delicato gioco di parole tra il marchio e il nome dei vari modelli finì!

Negli anni '80 le sigle numeriche: a partire da 33, nome derivato da un'altra Alfa da corsa. L'Alfetta, rinnovata nel 1984, fu ridenominata 90 e nel 1985 arrivò la 75. Un passo indietro? No, semplicemente fu un tributo ai primi 75 anni della casa milanese. Non fa niente se poi la 75 diventò, negli USA, Milano.

SUPERSTIZIONI

Curiosa, è anche la disavventura dell'Alfa 164. Il nome derivava dalla sigla del progetto, solo che in alcune zone dell'Asia i numeri 0, 4 e 5 pare portino sfortuna. In pratica, il numero 164 era interpretato come "morte diffusa". Parecchi clienti asiatici eliminarono, timorosi di una ritorsione fatua, la targhetta dal posteriore della loro Alfa. I vertici Fiat accortisi della svista, cambiarono nome alla vettura. La denominarono 168 che era interpretato dagli autoctoni come "ricchezza diffusa". Un bel passo avanti!

In tema di superstizioni c'è un altro caso degno di nota. Stavolta riguarda l'Italia e la coupè Renault 17 (anni '70). Nel Bel Paese, e solo da noi, il numero 17 ha il significato che conosciamo e i francesi capirono subito che non potevano vendere da noi una vettura con una tal sigla. Risolsero il problema aggiungendo a 17 un altro "sette". Così nacque la coupè Renault 177.

NOMI ITALIANI

I giapponesi e i coreani, invece, pare che abbiano una predilezione per i nomi italiani. Purtroppo spesso scelgono nomi che ci fanno sorridere. Prendiamo la Hyundai Sonica, che nome carino. Peccato che la vettura si sia chiamata così solo in Italia, poiché in tutto il mondo la conoscevano come Sonata (molto meno simpatico).

Mica finisce qui... dove mettiamo le varie Concerto, Domani, Familia, Serena, Silvia, Baleno, Carina, Leganza, Corolla, Evanda, Eterna, Lacetti?

Per non parlare poi dei criticabili Cappuccino (Suzuki), Cresta e Capella (che si presta anche a dubbie interpretazioni). Ovviamente, non tutte sono (o erano) vendute in Italia con quei nomi...

"Ciao Andrea, lo sai che ho cambiato auto? Ho comprato la Capella!" - ma vi immaginate?

Comunque, i giapponesi non sono gli unici ad utilizzare nomi che, a noi italici, suonano quantomeno insoliti. Ricordate la Volkswagen Corrado? E la Jetta? E la Scirocco? Si, sono dei venti, solo che Corrado nell'immaginario della maggior parte di noi è un nome di persona, e poi Scirocco: a cosa associate questo nome? Ad un vento, è vero. Ma a che vento? Ad una corrente calda e umida, alquanto fastidiosa, che viene dall'Africa...

Devo parlare di Jetta? In qualsiasi modo lo si legga (sia con la J di John, che con la J di Jacopo), da questo nome si ricavano sempre delle assonanze poco piacevoli. Però se ne sono accorti, infatti, la Jetta da noi diventò Vento, un nome che suggerisce dinamismo. Peccato che la Vento, l'automobile dico, non è che fosse proprio una "supercar", e il tutto risultò quasi una presa in giro (e le vendite lo hanno confermato). Poi la Vento è diventata Bora. Insomma, non che i triestini ne siano tanto felici, però almeno, l'effetto è migliore. Anche se in ogni modo la Bora, in alcuni mercati, si chiama ancora Jetta...

Avvolte, poi sono i clienti che prendono l'iniziativa. Come nel caso della Topolino o del Maggiolino. Prendete l'Alfa Spider di qualche anno fa. Tutti la conoscono come Duetto, denominazione utilizzata in seguito dall'Alfa per un limitatissimo periodo di tempo e solo su alcuni mercati. In genere era classificata, nei listini ufficiali, con un generico Spider. In America poi diventò, per qualche tempo, addirittura Graduate (dal titolo inglese del film "il laureato").

Ci sono anche auto rimaste senza nome. L'Alfetta 2000 Li era venduta in USA senza nessuna denominazione (oltre al marchio Alfa). Restò anonima. Era identificata solo da un vago Sport Sedan.

LE BALILLA E LE BANDIERA ROSSA

Ci sono poi le influenze politiche (leggi l'articolo)... è il caso delle Bandiera Rossa, ex vetture di rappresentanza del governo cinese, o della Lada Niva, che significa "campo arato". E' vero che un'auto che veniva dalla Russia Sovietica non poteva mica chiamarsi "campo da golf", però un po' più di fantasia...

Anche le Fiat e le Lancia degli anni '30 furono oggetto di "attenzioni governative". Le Fiat Balilla e Ardita o le regali Lancia Astura e Augusta (dall'antico nome romano della città di Torino); poi le piccole Ardea e Aprilia (che sono anche i nomi di due cittadine realizzati durante il Regime). Tutto ciò entro i confini nazionali. Per conquistare il mercato francese, invece, l'Augusta divenne Belna e l'Aprilia divenne Ardennes.

Giusto per restar in casa Lancia, c'e tutta una dinastia di vetture denominate con lettere dell'alfabeto greco, e c'è n'è un'altra composta di vetture identificate con i nomi delle antiche vie romane. Nel decennio appena trascorso, le Lancia hanno assunto, salvo poche eccezioni, denominazioni più o meno fantastiche, formate da 5 lettere (Dedra, Delta, Thema, Kappa, Lybra). Solo che, quando si scelgono nomi di fantasia gli equivoci sono sempre in agguato. Prendiamo Dedra, ad esempio. Un nome gradevole, solo che gli inglesi non sono dello stesso parere. Nella loro lingua, Dedra assomiglia in modo inquietante all'espressione "dead rat", che sarebbe, in italiano, "pantegana morta". Non è bello, diciamocelo schiettamente.

Diffusi sono anche i nomi d'ispirazione geografica. E la mente corre subito alla Beta Montecarlo che assunse in America la denominazione di Beta Scorpion (Montecarlo era già registrato da GM), in onore all'animaletto simbolo dell'Abarth, o alle Ford Cortina, Granada, Capri e Torino.

Comunque, i maggiori esperti di "geografia" sono gli spagnoli. In sostanza tutte le Seat da quindici anni ad oggi hanno nomi geografici: Ronda, Malaga, Marbella, Ibiza, Toledo, Leon. Ispirati dall'atlante geografico... Alhambra, invece, è il nome di una bellissima costruzione islamica di Granada.

Insomma, nonostante l'approccio quasi "satirico" con l'argomento, è chiaro in quanti pasticci ci si caccia quando si cerca un nome per una vettura. Certamente ci sono nomi originali e perfetti per tutte le lingue come Punto, una grande intuizione (che, in tedesco, è il nome del cane dysneiano Pluto), oppure Uno o Golf; ma sono la minoranza.

A volte, poi, un nome va ritoccato anche in poche lettere, come la Fiat Regata che divenne in Sud America, Regatta...

Comunque, dietro alla denominazione di una nuova auto ci sono mesi e mesi di ricerche e di lavoro; spesso l'obiettivo e raggiunto, altre volte no. Purtroppo.

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