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E' morto Don Giussani


Guest DESMO16

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Guest DESMO16
Inviato

E' morto don Luigi Giussani

fondatore di Comunione e Liberazione

ROMA - Questa notte alle ore 3:10 è morto nella sua abitazione a Milano Don Luigi Giussani, il fondatore di Comunione e Liberazione, per insufficienza circolatoria e renale, a seguito della grave polmonite che lo aveva colpito nei giorni scorsi. Aveva 82 anni. I funerali si terranno giovedì 24 febbraio prossimo nel Duomo di Milano.

Nel dare notizia della morte del suo fondatore, Comunione e Liberazione spiega in un comunicato che a partire dalle ore 16:30 di oggi, e fino alle ore 24, sarà possibile accedere alla Camera Ardente, allestita presso la cappella dell'Istituto Sacro Cuore di Milano (via Rombon, 78), che riaprirà poi mercoledì mattina. I funerali sono in programma nel pomeriggio di giovedì 24 febbraio, nel Duomo di Milano.

Questo il testo che don Julian Carron, a nome della Presidenza di Comunione e Liberazione ha inviato a tutte le comunità di Cl sparse nel mondo: "Cari amici, alle ore 3:10 del 22 Febbraio, festa della Catttedra di San Pietro, il Signore ha chiamato il nostro carissimo don Giussani. Certi nella speranza della risurrezione, attraverso l'intenso dolore per questo distacco, nell' abbraccio di Cristo lo riconosciamo padre più che mai, egli che ora contempla la Presenza, a lui tanto cara, di Gesù Cristo, che in tutta la sua vita ci ha insegnato a conoscere e ad amare come consistenza totale di ogni cosa e di ogni rapporto.

Affidandoci tutti alla Madonna, 'di speranza fontana vivace', chiediamo alle comunità di celebrare l'Eucaristia. Grati per la vita di don Giussani, domandiamo che la sua fede, speranza e carità diventino sempre più nostre. Per la Presidenza, don Julian Carron".

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..se n'é andato un grande milanese ed un grande italiano..

Inviato

..se n'é andato un grande milanese ed un grande italiano..

Non ho mai condiviso la totalità delle sue idee, ma ne ho sposate alcune, apprezzandone molte.

Tanti anni fa ho combattuto dal punto di vista politico i suoi seguaci, per poi trovarci a condividere reciprocamente molto.

Addio professore (e grazie per quel 30 che mi diede esattamente 20 anni fa ;) )

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Guest frallog
Inviato

Mi unisco al cordoglio generale.

Francesco

Inviato

vi posto un articolo tratto dal sito di Repubblica perche' mi ha molto

colpito. Chiaramente e' scritto da un laico ma mi ha lasciato comunque

molto perplesso perche' porta un punto di vista che se letto da qualche

cattolico con idee poco chiare rischia di creare degli equivoci

fortissimi. Tale articolo presenta 2 mondi cattolici in contrapposizione,

ciascuno dei quali elegge come propria una particolare figura del Cristo.

Non voglio commentare oltre... vi posto l'articolo ed attendo delle vostre

considerazioni

tratto dal sito di La Repubblica:

di FRANCESCO MERLO

E' morto un uomo storico, hegelianamente storico, uno dei protagonisti di

un passaggio importante della storia del nostro Paese, ma non è morto il

cappellano d'Italia, il padre spirituale di tutti noi.

In Italia c'è l'abitudine di distogliere lo sguardo dagli occhi della

morte. Sempre, davanti a un morto, si parla d'altro, mai di lui. Nel caso

di don Giussani, la morte ha transustanziato la realtà viva.

E così da finissimo politico combattente, da ispirato pastore d'anime, da

coltissimo organizzatore di potere, da reclutatore di talenti, don

Giussani è diventato un candidato alla santità, il nuovo patrono che, a

destra e a sinistra, laici e religiosi, fedeli e infedeli, deformano

E, se fosse davvero severo e misericordioso, generoso e giusto, come lo

immaginava lui, Dio, dopo averlo accolto in Paradiso e fatto accomodare

alla sua destra, già adesso starebbe chiedendogli conto anche delle

lucrose attività della sua Compagnia delle Opere, di quel gran fumo di

clericalismo simoniaco, di presunte truffe, di denunzie, di scandali e di

processi penali che ha accompagnato il miracolo economico di don Giussani,

dalle mense scolastiche di Roma alla Cascina San Bernardo di Milano, dai

parcheggi ai cibi precotti e avariati, sino all'affaraccio di Oil for Food

e al ruolo di Formigoni, sino alle suggestioni letterarie del Codice da

Vinci.

Certamente il Dio che immaginiamo noi laici, così diverso dal raggio di

sole caravaggesco che tanto gli piaceva, il Dio che non è sole di tragedia

ma dolcezza privata, non senzazioni trionfali e scoppi di luce ma

atmosfere rarefatte e solidarietà intellettuali, non esplosioni ma

implosioni, il Dio che si nasconde e non si mostra, certamente questo Dio

perdonerebbe l'appoggio spirituale che lui, così onesto, diede alla

peggiore Dc, quella romana delle tangenti, e quella della Sicilia complice

della mafia, allo squalo Sbardella e al contiguo Salvo Lima.

Secondo noi, Dio si è già messo a conversare con lui, non della Madonna

dantesca e neppure del Cristo leopardiano, perché di quelli c'era già

tutto sui giornali italiani di ieri, ma di quell'estremismo

all'incontrario che rappresentò e continua a rappresentare Comunione e

liberazione, versione cattolica integralista della rivolta generazionale

di sinistra. Fu l'altra faccia del sessantotto, quel che lo rende

chiaramente comprensibile, estremismo contro estremismo, Jaca Book contro

Feltrinelli e Savelli, Rocco Buttiglione contro Franco Fortini, i cori

dell'Antoniano contro l'anarchico ferroviere di Guccini, e anche, se

permettete, Cristo contro Cristo. Al nostro Cristo infatti, che era

confusamente costruito su una ideologia di liberazione guerrigliera e di

preti operai, loro opponevano un Cristo da Torquemada.

E non è vero che la nostra era ideologia e la loro era devozione. Il

nostro Cristo era vivo almeno quanto il loro.

Sicuramente il nostro Cristo era ideologia, ma anche quello di don

Giussani era ideologia. Ecco: ideologia contro ideologia, specchio

rovesciato di tutto quel mal di vivere e di quel disadattamento in cui

nessuno voleva stare, emigrando a salti e a piroette nelle paranoie

politiche o religiose, nelle milizie combattenti per il proletariato o per

Dio.

Ieri, solo su La Croix, che è il giornale ufficiale della Chiesa cattolica

in Francia, come lo è Avvenire in Italia, di don Giussani è stato scritto

nel titolone che "incarnò l'integralismo".

E' vero infatti che don Giussani si batteva contro la scristianizzazione

dell'Italia e della stessa Chiesa, ma chi ha stabilito che il Cristo è

quello di don Giussani? Quale visione di Fatima ha rivelato che il Cristo

è un militante politico, un editore, un industriale, un prete filosofo, un

fustigatore, un moralista, un sessuofobo, un classificatore di peccati?

Eppure i seguaci italiani di don Giussani ancora nella camera ardente

raccontavano e scrivevano di miracoli, e del sangue di San Gennaro che si

è liquefatto per lui. I pur bravi e simpatici giornalisti Antonio Socci e

Renato Farina addirittura preannunciano altri miracoli "nei prossimi

giorni". E si capisce subito che gli epigoni di don Giussani non solo non

gli somigliano, ma sono tutti dentro quel cliché di svettante bigottismo

che Totò parodiava espressionisticamente con un segno della croce che era

strabuzzio d'occhi, compunzione immusonita, agitazione di braccia, la mano

con le dita strette a becco che convulsamente correva dalla fronte alle

spalle... Per Totò il bigottismo era il rovescio della religione che per

contrappasso poteva essere rappresentato solo parodisticamente. Tutto

questo parlare di miracoli, di sangue e sanguinaccio, di lacrime usate al

posto dell'inchiostro, è di nuovo estremismo, spettacolo sciita, pasqua

santa da processione paganeggiante, è ancora quell'estremismo al contrario

di cui in fondo la nostra generazione ha saputo liberarsi mentre loro, che

si credono "salvati", ancora non ci riescono.

Noi piangiamo in privato e non lo raccontiamo a nessuno, non abbiamo

bisogno di prefiche per gridare il dolore. E abbiamo tutti i nostri padri

spirituali, e spesso li cambiamo perché anche i padri invecchiano: oggi

Musil e domani Colletti, ieri Feyerabend e l'altro ieri Marx, e ancora il

cattolico Manzoni e il radicale Sciascia, don Milani e Bobbio, Gassman e

Montanelli, Calvino e Papa Giovanni. E da Gramsci siamo arrivati sino a De

Felice... Mai però ci siamo inventati miracoli. Noi non ci attarantoliamo.

E rispettiamo anche don Giussani perché rispettiamo la storia, senza

miracoli e senza monumenti, rispettiamo l'uomo che tante volte da

avversario ci ha dato da pensare, ci ha offerto provocazioni su cui

riflettere e, con i suoi estremismi, ci ha fatto pure sorridere. I suoi

epigoni invece banalizzano lui e annoiano noi.

(24 febbraio 2005)

Ci solleveremo dalle tenebre dell'ignoranza, ci accorgeremo di essere creature di grande intelligenza e abilità. Saremo liberi!Impareremo a volare! Richard Bach, 1973," Il gabbiano Jonathan Livingston"

Inviato
.

Addio professore (e grazie per quel 30 che mi diede esattamente 20 anni fa ;) )

;)..........................................................................................

sono iniziati i funerali in duomo pochi istanti fà.

Inviato
vi posto un articolo tratto dal sito di Repubblica perche' mi ha molto

colpito. Chiaramente e' scritto da un laico ma mi ha lasciato comunque

molto perplesso perche' porta un punto di vista che se letto da qualche

cattolico con idee poco chiare rischia di creare degli equivoci

fortissimi. Tale articolo presenta 2 mondi cattolici in contrapposizione' date='

ciascuno dei quali elegge come propria una particolare figura del Cristo.

Non voglio commentare oltre... vi posto l'articolo ed attendo delle vostre

considerazioni

tratto dal sito di La Repubblica:

di FRANCESCO MERLO

E' morto un uomo storico, hegelianamente storico, uno dei protagonisti di

un passaggio importante della storia del nostro Paese, ma non è morto il

cappellano d'Italia, il padre spirituale di tutti noi.

In Italia c'è l'abitudine di distogliere lo sguardo dagli occhi della

morte. Sempre, davanti a un morto, si parla d'altro, mai di lui. Nel caso

di don Giussani, la morte ha transustanziato la realtà viva.

E così da finissimo politico combattente, da ispirato pastore d'anime, da

coltissimo organizzatore di potere, da reclutatore di talenti, don

Giussani è diventato un candidato alla santità, il nuovo patrono che, a

destra e a sinistra, laici e religiosi, fedeli e infedeli, deformano

E, se fosse davvero severo e misericordioso, generoso e giusto, come lo

immaginava lui, Dio, dopo averlo accolto in Paradiso e fatto accomodare

alla sua destra, già adesso starebbe chiedendogli conto anche delle

lucrose attività della sua Compagnia delle Opere, di quel gran fumo di

clericalismo simoniaco, di presunte truffe, di denunzie, di scandali e di

processi penali che ha accompagnato il miracolo economico di don Giussani,

dalle mense scolastiche di Roma alla Cascina San Bernardo di Milano, dai

parcheggi ai cibi precotti e avariati, sino all'affaraccio di Oil for Food

e al ruolo di Formigoni, sino alle suggestioni letterarie del Codice da

Vinci.

Certamente il Dio che immaginiamo noi laici, così diverso dal raggio di

sole caravaggesco che tanto gli piaceva, il Dio che non è sole di tragedia

ma dolcezza privata, non senzazioni trionfali e scoppi di luce ma

atmosfere rarefatte e solidarietà intellettuali, non esplosioni ma

implosioni, il Dio che si nasconde e non si mostra, certamente questo Dio

perdonerebbe l'appoggio spirituale che lui, così onesto, diede alla

peggiore Dc, quella romana delle tangenti, e quella della Sicilia complice

della mafia, allo squalo Sbardella e al contiguo Salvo Lima.

Secondo noi, Dio si è già messo a conversare con lui, non della Madonna

dantesca e neppure del Cristo leopardiano, perché di quelli c'era già

tutto sui giornali italiani di ieri, ma di quell'estremismo

all'incontrario che rappresentò e continua a rappresentare Comunione e

liberazione, versione cattolica integralista della rivolta generazionale

di sinistra. Fu l'altra faccia del sessantotto, quel che lo rende

chiaramente comprensibile, estremismo contro estremismo, Jaca Book contro

Feltrinelli e Savelli, Rocco Buttiglione contro Franco Fortini, i cori

dell'Antoniano contro l'anarchico ferroviere di Guccini, e anche, se

permettete, Cristo contro Cristo. Al nostro Cristo infatti, che era

confusamente costruito su una ideologia di liberazione guerrigliera e di

preti operai, loro opponevano un Cristo da Torquemada.

E non è vero che la nostra era ideologia e la loro era devozione. Il

nostro Cristo era vivo almeno quanto il loro.

Sicuramente il nostro Cristo era ideologia, ma anche quello di don

Giussani era ideologia. Ecco: ideologia contro ideologia, specchio

rovesciato di tutto quel mal di vivere e di quel disadattamento in cui

nessuno voleva stare, emigrando a salti e a piroette nelle paranoie

politiche o religiose, nelle milizie combattenti per il proletariato o per

Dio.

Ieri, solo su La Croix, che è il giornale ufficiale della Chiesa cattolica

in Francia, come lo è Avvenire in Italia, di don Giussani è stato scritto

nel titolone che "incarnò l'integralismo".

E' vero infatti che don Giussani si batteva contro la scristianizzazione

dell'Italia e della stessa Chiesa, ma chi ha stabilito che il Cristo è

quello di don Giussani? Quale visione di Fatima ha rivelato che il Cristo

è un militante politico, un editore, un industriale, un prete filosofo, un

fustigatore, un moralista, un sessuofobo, un classificatore di peccati?

Eppure i seguaci italiani di don Giussani ancora nella camera ardente

raccontavano e scrivevano di miracoli, e del sangue di San Gennaro che si

è liquefatto per lui. I pur bravi e simpatici giornalisti Antonio Socci e

Renato Farina addirittura preannunciano altri miracoli "nei prossimi

giorni". E si capisce subito che gli epigoni di don Giussani non solo non

gli somigliano, ma sono tutti dentro quel cliché di svettante bigottismo

che Totò parodiava espressionisticamente con un segno della croce che era

strabuzzio d'occhi, compunzione immusonita, agitazione di braccia, la mano

con le dita strette a becco che convulsamente correva dalla fronte alle

spalle... Per Totò il bigottismo era il rovescio della religione che per

contrappasso poteva essere rappresentato solo parodisticamente. Tutto

questo parlare di miracoli, di sangue e sanguinaccio, di lacrime usate al

posto dell'inchiostro, è di nuovo estremismo, spettacolo sciita, pasqua

santa da processione paganeggiante, è ancora quell'estremismo al contrario

di cui in fondo la nostra generazione ha saputo liberarsi mentre loro, che

si credono "salvati", ancora non ci riescono.

Noi piangiamo in privato e non lo raccontiamo a nessuno, non abbiamo

bisogno di prefiche per gridare il dolore. E abbiamo tutti i nostri padri

spirituali, e spesso li cambiamo perché anche i padri invecchiano: oggi

Musil e domani Colletti, ieri Feyerabend e l'altro ieri Marx, e ancora il

cattolico Manzoni e il radicale Sciascia, don Milani e Bobbio, Gassman e

Montanelli, Calvino e Papa Giovanni. E da Gramsci siamo arrivati sino a De

Felice... Mai però ci siamo inventati miracoli. Noi non ci attarantoliamo.

E rispettiamo anche don Giussani perché rispettiamo la storia, senza

miracoli e senza monumenti, rispettiamo l'uomo che tante volte da

avversario ci ha dato da pensare, ci ha offerto provocazioni su cui

riflettere e, con i suoi estremismi, ci ha fatto pure sorridere. I suoi

epigoni invece banalizzano lui e annoiano noi.

(24 febbraio 2005)[/quote']

Te lo commento io.

Non so se il Merlo del milanese Corriere avrebbe scritto con lo stesso tono del Merlo che scrive sulla romana Repubblica.

Tuttavia, ne condivido gran parte delle argomentazioni e specie quella sottintesa che nel '68 persino la tunica di Cristo è stata tirata da destra e sinistra, chi con un marcato integralismo clerical settario e chi con una non meno settaria teologia della liberazione.

Quello che in CL mi è sempre sembrato criticabile è proprio quella sensazione che si ritenessero cristiani migliori (come i comunisti si ritenevano gli unici ad avere la morale). Questo però non credo sia imputabile a don Giussani così come le varie deviazioni dalla retta via di alcuni seguaci.

Resta il fatto che ha creato qualcosa di importante anche se, ripeto, preferisco una preghiera in solitario ad un crocifisso di una chiesetta di campagna ai riti di CL e di altre comunità che a volte mi sembrano delle sette.

ma questo attiene al personale modo di vivere la fede

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