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Inchiesta Calipari verso l'archiviazione


Guest DESMO16

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La Procura di Roma non potrà accusare i soldati Usa anche se conosce i nomi.

ROMA - Ci sono tredici pagine di «omissis» nel rapporto italiano sul «caso Calipari». Intere parti della relazione sono state coperte dal segreto militare e adesso i magistrati dovranno decidere se chiedere al governo di conoscere tutte le informazioni acquisite dai due delegati Ragaglini e Campregher. La Procura va avanti nell’inchiesta, consapevole che mai potrà portare sul banco degli imputati i militari americani. E dunque gli accertamenti saranno compiuti per dimostrare una tesi già espressa dai pubblici ministeri: Nicola Calipari pianificò la missione nel migliore dei modi, a sbagliare fu la pattuglia statunitense. Omicidio volontario e tentato omicidio è il reato ipotizzato, ma l’imputazione potrebbe cambiare in eccesso colposo di legittima difesa visto che gli stessi delegati italiani hanno riconosciuto la «non volontarietà» di chi ha sparato. Per ora, comunque, si procede contro ignoti.

E così sarà anche in futuro, a meno che il Dipartimento di Giustizia di Washington non decida di trasmettere formalmente l’elenco dei soldati in servizio al blocking position 541, il posto di blocco volante che, secondo quanto scritto nella relazione italiana, «era senza regole e composto da personale stressato e male addestrato». L’ipotesi appare improbabile, mentre è escluso che possano essere iscritti nel registro degli indagati i nomi inseriti nel dossier Usa e resi pubblici grazie a un errore informatico o forse a un’operazione dolosa. Compreso quello di Mario Lozano, indicato come lo sparatore. Per effettuare accertamenti, la loro identità deve infatti essere certificata in un atto ufficiale. Domani mattina saranno affidate le perizie sulla Toyota Corolla. E il primo quesito posto ai consulenti riguarderà proprio l’opportunità di effettuare gli esami. Gli accertamenti condotti a Bagdad potrebbero infatti aver modificato il reperto, rendendo vano qualsiasi tentativo di accertare a quale velocità viaggiasse l’auto, a quale distanza si trovasse da chi ha sparato e anche quanti siano e di che calibro i proiettili che l’hanno colpita. Più volte nella loro relazione i delegati italiani sottolineano infatti «le alterazioni dello stato dei luoghi e dei reperti compiute nell’immediatezza del fatto».

Anche i verbali dei sopralluoghi, effettuati prima dai carabinieri del Ros e poi dalla commissione, appaiono inutilizzabili proprio per le «manomissioni» imputate ai vertici militari Usa che si trovano in Iraq. «La Toyota Corolla - si legge nel rapporto italiano - è stata rimossa dal punto esatto in cui si era fermata, prima che ne fosse rilevata la posizione con il Gps asseritamente per rendere libera la rampa». E tutto questo, accusano Ragaglini e Campregher, «ha comportato l’impossibilità di ricostruire tecnicamente l’evento, di determinare l’esatta posizione dei veicoli ed effettuare le misurazioni delle distanze, nonché di ottenere dati incontrovertibili per la definizione precisa delle traiettorie dei proiettili, della velocità dell’autovettura e degli spazi di arresto». Difficile, dunque, che si accerti una verità «tecnica».

Quasi scontato l’esito dell’indagine: archiviazione contro ignoti. Ma questo consentirà comunque ai pubblici ministeri di inserire nel provvedimento di archiviazione le loro considerazioni. Prima interrogheranno Ragaglini e Campregher. Il convincimento dei due commissari è ormai noto: «Quel blocking position era illegale. E comunque è stato realizzato senza gli accorgimenti idonei ad indicare alle vetture in arrivo la sua presenza».

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