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dal Corsera di oggi 9-5

Relativismo, dopo il Papa il manifesto di Martini L'ex arcivescovo rilancia il dialogo. Una risposta alle teorie dei neoconservatori STRUMENTIVERSIONE STAMPABILEI PIU' LETTIINVIA QUESTO ARTICOLO

MILANO - «Si dice giustamente che c’è troppo relativismo...». Piccola pausa. Spiegazione. Prosecuzione: «... Ma esiste anche un relativismo cristiano». Ulteriore spiegazione. E conclusione: «Quello di cui abbiamo bisogno è saper vivere insieme nella diversità». In che modo? Facendo «fermentare» le «cose profonde che abbiamo in comune, al di là delle differenze». Perché? Perché solo in questo sta la nostra «capacità di pace»: unica via per una pace individuale ma anche tra popoli, l’unica, fra l’altro, capace di «vincere anche il terrorismo».

L’omelia volge al termine, e malgrado sia una messa e non un raduno laico la folla non si trattiene: cinquemila persone nel Duomo di Milano tornano per una sera ad applaudire il «loro» cardinale Carlo Maria Martini. Il quale, a poche settimane dal Conclave che ha «rischiato» di vederlo uscire Papa, prima che egli stesso convogliasse sul futuro Benedetto XVI Ratzinger anche i voti destinati a lui, lascia capire una volta di più che anche nella Chiesa possono esistere parole diverse per esprimere verità identiche. Martini parla nella «sua» Milano, dove per ventidue anni è stato arcivescovo: ma il suo pensiero resta a quella che ormai è la «sua» Gerusalemme, dove da tre anni vive. Parla a Milano, ma il suo orizzonte sono il mondo, la pace, l’umanità. E pur senza citare mai Ratzinger in modo esplicito, limitandosi consapevolmente a quel «si dice», nessuno tra i presenti in Duomo può evitar di cogliere in quel punto un riferimento (chiaro quanto basta) al discorso del Pontefice sul «relativismo» come principale male del nostro tempo: discorso che Martini si guarda bene dal contraddire, anzi. Ma esiste anche un altro approccio, ricorda, per sottolineare che dire no al relativismo non significa affatto dire no al dialogo in tutte le sue forme: «Esiste anche - ripete - un relativismo cristiano». L’occasione per parlarne, in realtà, è un momento di festa: e cioè l’omaggio che la Diocesi di Milano, a cominciare dal suo cardinale e arcivescovo Dionigi Tettamanzi, ha voluto rendere a Carlo Maria Martini per il venticinquesimo anniversario della sua nomina a vescovo decisa nel dicembre ’79 da Wojtyla e formalmente avvenuta nel gennaio dell’80. Nel luglio 2002, dietro sua richiesta, Martini aveva ottenuto da Giovanni Paolo II il «permesso» di rimettere il suo mandato in Diocesi per sopraggiunti limiti di età e potersi così dedicare ai suoi studi biblici a Gerusalemme. Ma di Milano è ancora vescovo emerito: e il suo successore Tettamanzi, nella messa solenne che Martini ha presieduto ieri sera, gli ha ceduto volentieri lo scranno principale sulla destra dell’altare occupandone uno più in basso, sul lato opposto.

Che significa dunque «relativismo cristiano»? Martini lo spiega: significa «leggere tutte le cose che ci circondano "in relazione" al momento in cui tutta la storia sarà palesemente giudicata». Vale a dire il momento in cui sarà Dio a farlo, alla fine dei tempi. Perché sul relativismo il pontefice ha ragione, dice Martini senza citarlo: non è vero che tutte le verità sono uguali, che una vale l’altra. Ma «sarà allora, quando verrà il Signore, che finalmente tutti sapremo. Allora si compirà il giudizio sulla storia, e sapremo chi aveva ragione. Allora le opere degli uomini appariranno nel loro vero valore, e tutte le cose si chiariranno, si illumineranno, si pacificheranno». E fino a quel giorno? Martini va col pensiero al Medio Oriente e a Gerusalemme, il cui vescovo ausiliare Kamal Hanna Bathish ha voluto essere a sua volta presente alla celebrazione milanese di ieri. E il cardinale parla di ciò che dalla sua abitazione di Gerusalemme vede «alla finestra ogni mattina», prende quella terra «dove si è particolarmente sofferto» come un paradigma per spiegare ancora. «Quello di cui abbiamo tutti un immenso bisogno - dice - è imparare a vivere insieme nella diversità: rispettandoci, non distruggendoci a vicenda, non ghettizzandoci, non disprezzandoci. Senza la pretesa di convertire gli altri da un giorno all’altro, il che crea spesso muri ancora più invalicabili. Ma neanche soltanto tollerandoci: tollerarsi non basta ».

Cosa allora? Il cardinale indica la risposta nel passo del Vangelo che ha appena commentato: «Che tra l’altro - dice suscitando il sorriso dei numerosissimi sacerdoti e prelati presenti - non è Giovanni 20 come è scritto in questo libretto bensì Matteo 28... "Osservare tutto ciò che vi ho comandato", dice Gesù. E ciò che Gesù ci ha comandato non è altro che il Discorso della Montagna: un discorso in cui parla di gioia, di lealtà, di moderazione nel desiderio di guadagno, di amore, di sincerità. Ecco: il nostro tentativo deve essere quello di fermentarci a vicenda, perché ciascuno sia portato a raggiungere più profondamente la propria autenticità, la propria verità».

Fino a scoprire, conclude Martini, che alcune verità del cristianesimo - quelle appunto della Montagna - non possono non essere verità di tutti: «Di fronte a parole che parlano di sincerità, di pace, di lealtà, nessuno può dire "questo non è per me"».

Paolo Foschini

Guest DESMO16
Inviato

non é solo una tematica in ambito religioso, ma anche a livello liaco come testimoniato da questo libro

copertinalibroperaratzinger8rm.jpg

..un libro scritto da un uomo di Stato e un uomo di Chiesa che confrontando le proprie analisi sulla situazione spirituale, culturale e politica dell'Occidente e dell'europa, convergono circa le cause della crisi e i rimedi che potrebbero correggerla pur partendo da posizioni diverse e nonostante la diversa natura di pensatori laico e religioso, concordano sulla necessità di un rinnovamento spirituale prima che politico, cioé di una crescita morale che dia senso allo sviluppo tecnologico, economico, sociale.

Inviato

«Quello di cui abbiamo tutti un immenso bisogno - dice - è imparare a vivere insieme nella diversità: rispettandoci, non distruggendoci a vicenda, non ghettizzandoci, non disprezzandoci. Senza la pretesa di convertire gli altri da un giorno all’altro, il che crea spesso muri ancora più invalicabili. Ma neanche soltanto tollerandoci: tollerarsi non basta ».

"Io non ce l'ho co' te, ma co' quello che te sta vicino e nun te butta de sotto!"

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non é solo una tematica in ambito religioso, ma anche a livello liaco come testimoniato da questo libro

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..un libro scritto da un uomo di Stato e un uomo di Chiesa che confrontando le proprie analisi sulla situazione spirituale, culturale e politica dell'Occidente e dell'europa, convergono circa le cause della crisi e i rimedi che potrebbero correggerla pur partendo da posizioni diverse e nonostante la diversa natura di pensatori laico e religioso, concordano sulla necessità di un rinnovamento spirituale prima che politico, cioé di una crescita morale che dia senso allo sviluppo tecnologico, economico, sociale.

"The great enemy of the truth is very often not the lie -- deliberate, contrived and dishonest -- but the myth -- persistent, persuasive and unrealistic"

(John Fitzgerald Kennedy)

"We are the Borg. Lower your shields and surrender your ships. We will add your biological and technological distinctiveness to our own. Your culture will adapt to service us. Resistance is futile!"

"Everyone is entitled to their own opinion, but not their own facts!"

Inviato
basterebbe seguire queste poche parole e molte delle discussioni di OT sarebbero tutte rose e fiori e forse anche fuori di qui.

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Inviato
desmo, guara che Pera è tutt'altro che LAICO...

ehm, guarda caro ax, Pera in effetti, per la sua storia di filosofo e per le sue battaglie condotte fino a questo libro, è quanto di più laico si possa immaginare, ovvero un liberale classico (per quanto ciò sia compatibile col suo berlusconismo) che, prima del'impuntamento di Bossi, era destinato al Ministero della Giustizia (dove poi è finito l'ing. Castelli e ho detto tutto).

In realtà, anche in questo libro, non è che Pera perda questa caratteristica: ciò che accade è che nello spesso combattuto cristianesimo vede un' ancora di salvezza per la ormai incerta ed ondivaga identità europea. In breve, è l'operazione più o meno di Giuliano Ferrara. A ben vedere, proprio Ratzinger, anche nella sua famosa omelia nella "pro eligendo pontifice", criticava la possibilità di strumentalizzare la fede in quest'ottica politica.

Inviato

scusate ho omesso che mi riferivo alle sue posizioni degli ultimi anni, di chiara matrice cristiana innegabilmente.

Non so a cosa ti riferisca con "la ormai incerta ed ondivaga identità europea", e soprattutto cosa dovrebbe servire l'ancora di salvezza e chi.

Forse al fatto di non voler "forzare" l'identità storica cristiana nella carta magna UE??

Forse che senza l'identità cristiana l'uomo/individuo è perduto nella dissoluzione dei propri vizi??

Se discutiamo in termini storici mi piacerebbe condividere con te (ed altri) le origini di questa europa fuori dal cristianesimo, ma non sul forum, troppo asettico e troppo complicato esporre idee, posizioni, fatti.... etc...

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scusate ho omesso che mi riferivo alle sue posizioni degli ultimi anni, di chiara matrice cristiana innegabilmente.

Non so a cosa ti riferisca con "la ormai incerta ed ondivaga identità europea", e soprattutto cosa dovrebbe servire l'ancora di salvezza e chi.

Forse al fatto di non voler "forzare" l'identità storica cristiana nella carta magna UE??

Forse che senza l'identità cristiana l'uomo/individuo è perduto nella dissoluzione dei propri vizi??

Se discutiamo in termini storici mi piacerebbe condividere con te (ed altri) le origini di questa europa fuori dal cristianesimo, ma non sul forum, troppo asettico e troppo complicato esporre idee, posizioni, fatti.... etc...

ma. guarda, io non so se Pera adesso frequenti i sacramenti: diversamente, le sue posizioni filosofico-cristiane sono strumentali.

Sul discorso dell'identità mi riferivo all'oggetto del libro e non esprimevo una valutazione: però, in merito, ti suggerisco un interessante estratto di Jeremy Ryfkin dall'Espresso dell'altra settimana. Riesce ad esemplificare in modo direi elementare ma chiaro come sia molto più cristiana nei comportamenti l'Europa dalle chiese vuote che non l'America infervorata (dal welfare alla pena di morte, dall'ambiente al rispetto dell'altro, etcc.). Cioé, indipendentemente da qualsiasi dettato di legge, l'Europa è cristiana sulle basi della Parola: questo, anche in un'ottica di fede, è una cosa estremamente significativa. Il problema delle radici, dell'identità e delle tradizioni credo sia paradossalmente più importante per i laici che per i cristiani, cattolici in primis che, per definizione, sono universali.

Inviato

dopo 2 anni e + vissuti in piena Bible Belt, al secolo South Carolina, USA, posso solo assolutamente concordare con Ryfkin (mi leggerò con interesse l'articolo appena trovo una copia del fogliaccio in questione).

Quello che intendo da settimane su questi canali nelle varie digressioni sul tema è proprio che alcuni temi cari al cristianesimo hanno basi molto laiche (leggi universali o naturali se preferite) e vengono strumentalizzate x fini politici, o di propaganda religiosa da alcuni.

Su Pera, che ammetto non conoscere in profondità, sono + incline verso la strumentalità di certe posizioni. Ma posso sbagliare.

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dopo 2 anni e + vissuti in piena Bible Belt, al secolo South Carolina, USA, posso solo assolutamente concordare con Ryfkin (mi leggerò con interesse l'articolo appena trovo una copia del fogliaccio in questione).

Quello che intendo da settimane su questi canali nelle varie digressioni sul tema è proprio che alcuni temi cari al cristianesimo hanno basi molto laiche (leggi universali o naturali se preferite) e vengono strumentalizzate x fini politici, o di propaganda religiosa da alcuni.

Su Pera, che ammetto non conoscere in profondità, sono + incline verso la strumentalità di certe posizioni. Ma posso sbagliare.

Pera, effettivamente, credo abbia come impegno prioritario la promozione di sé stesso.

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