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GP d’Europa – Settima tappa del Mondiale al Nürburgring


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GP d’Europa – Settima tappa del Mondiale al Nürburgring

Nürburgring, 24 maggio – Nella sua storia, il Gran Premio d’Europa è stato disputato su molti tracciati ma il Nürburgring si può considerare come la sua sede principale, poiché qui sono stati corsi 9 Gran Premi, in particolare la Formula 1 vi ha sempre transitato dal 1997 a oggi, anche se nel 1997 e nel 1998 è stato ufficialmente denominato “Gran Premio del Lussemburgo”, tanto per confondere le idee.

Sebbene il circuito attuale sia in uso da circa vent’anni, è ancora chiamato “il nuovo Ring”, perché in molti ricordano l’incredibile Nordschleife, la pista lunga 22 chilometri che finì di essere utilizzata dalla Formula 1 perché ritenuta troppo pericolosa per le moderne vetture da Gran Premio.

Più o meno nello stesso periodo in cui la mitica Nordschleife fu mandata in pensione, Dieter Gundel iniziava la sua carriera nel mondo delle corse, lavorando nel settore dell’elettronica. Oggi è a capo dei tecnici specializzati in elettronica che lavorano in pista per la Scuderia Ferrari Marlboro.

“Vent’anni fa questo settore era ai suoi albori e si apprestava a diventare il “tema caldo” dello sport motoristico – dice il tedesco .- Da allora si è sviluppato molto, diventando qualcosa di molto più di un semplice aiuto per il pilota, oggi l’elettronica è infatti assolutamente essenziale. Senza di essa la macchina non sterza il cruscotto non si accende,…in pratica senza elettronica non funziona proprio niente”.

I progressi in questo settori sono stati poco significativi fino all’avvento del computer; le prime applicazioni concrete risultavano nell’aumento di potenza erogata dai propulsori: “Bisogna dire che l’idea iniziale di applicare l’elettronica alle auto è stata messa in pratica sulle vetture stradali, quindi le corse non sono state il settore a cui se ne deve lo sviluppo iniziale – continua Gundel -. Il cambiamento più ovvio fu quello di modificare il sistema di alimentazione, passando dai carburatori all’iniezione diretta. In questo modo si riusciva a controllare meglio il processo perché si poteva variare un maggior numero di parametri”.

Un altro fattore che ha dato un grosso contributo alla crescita dell’elettronica è stato l’avvento dei motori turbo-compressi, agli inizi degli anni ’80. Il turbo era un pezzo molto delicato ed era assolutamente necessario un accurato controllo dei suoi componenti, ad esempio della valvola waste-gate. “Questa è stata una delle ragioni per cui l’elettronica si è imposta nelle competizioni – ricorda Gungel -. Si trattava solo di scegliere un’area in cui applicarla in modo da ottenerne i maggiori benefici, appena un team apriva la strada gli altri lo seguivano in massa. La tecnologia si è mossa rapidamente. Per capire la differenza di potenza di calcolo presente sulle monoposto ai giorni nostri, rispetto a quella di venti anni fa, basti pensare con la tecnologia di allora oggi non potremmo far funzionare nemmeno un semplice video gioco!”

Una volta che l’elettronica si diffuse talmente tanto da essere considerata parte integrante di un’auto, sugli specialisti del settore si creò ancora più pressione, perché si chiedeva loro di produrre sistemi sempre più sofisticati e sempre più piccoli, leggeri e resistenti a vibrazioni e alte temperature.

La quantità di cavi presenti sulla monoposto è cresciuta sempre più – afferma Gundel -, ad esempio ora usiamo per i sensori cavi di rame più sottili di un capello. Ma non si tratta solo di posizionare dei fili…:ora utilizziamo la tecnologia digitale che potremmo definire “più intelligente”. E’ qualcosa che ancora una volta deriva dalle auto stradali. La componente fisica dei sistemi elettronici è estremamente ridotta per quanto riguarda pesi e ingombri e questa è la dimostrazione che la nostra esperienza è cresciuta molto. In passato usavamo tecnologia militare, inventata per mettere in comunicazioni i carri armati con gli aeroplani, erano equipaggiamenti progettati per durare fino a cinque anni. Erano ottimi anche per la Formula 1 perché non si riusciva neanche a rompere quei pezzi. Ma se oggi proponessi a Rory Byrne di usare quei componenti gli provocherei un attacco di cuore!.

Oggi l’elettronica è impiegata in qualsiasi area della macchina, ma la sua applicazione più naturale rimane quella del propulsore. “Bisogna portare il carburante nei cilindri e far accendere le candele – continua Gundel -, ma a monte di questo c’è tutta la parte di monitoraggio a fini diagnostici, i sistemi di back up e le pompe. I vari elementi del motore devono essere costantemente tenuti sotto controllo e ora questa parte del lavoro è importantissima per via della norma che impone l’uso dello stesso motore in due corse. Arriviamo a montare più di 20 sensori per unità motrice, solo per il monitoraggio, escludendo dunque quelli usati per far funzionare il motore stesso. A dire la verità, qui in Ferrari, non è che il nuovo regolamento ci abbia costretti a modificare le modalità di lavoro, dato che già avevamo dalla nostra un record di affidabilità che in parte dipendeva proprio da come era strutturato il sistema di controllo”.

Il nuovo regolamento ha reso l’elettronica ancora più importante, essa è infatti una delle poche aree che non sono sottoposte alla norma del parco chiuso tra le qualifiche e la gara, le modifiche software sono infatti permesse: “Motore a parte, gli altri settori in cui possiamo intervenire per incrementare le prestazioni della vettura sono il controllo di trazione, il sistema di freno motore e il funzionamento del differenziale. Questo sono le sole aree su cui, per regolamento, possiamo intervenire – spiega Gundel -. Mentre le macchine sono ferme al parco chiuso noi possiamo costruire al computer ii settaggi più adatti alle nostre strategie e caricarli in vettura prima della partenza. Ora analizziamo il comportamento della macchina tra il venerdì e il sabato, cercando di migliorare le aree che non sono perfettamente a punto, ricorrendo alle simulazioni. Cerchiamo di combinare tutti gli interventi così da incrementare le prestazioni globali della nostra vettura, senza doverla mettere in pista. Ma non è solo questione di tecnologie, bisogna sempre usare il cervello, che spesso è la vera arma vincente, più del calcolatore elettronico”.

Per Gundel questo fine settimana rappresenterà quindi l’occasione per incontrare i vecchi amici conosciuti sulle piste negli anni passati? “Per la verità no – conclude il tecnico della Ferrari, mostrando un certo imbarazzo -. Da bambino non ero interessato alle corse e quindi quando cominciai a lavorare per la Bosch, nel 1985, rimanevo chiuso in laboratorio, senza andare in pista. Poi, quando il trasferimento dati e la telemetria divennerò una realtà più diffusa, iniziai a frequentare i circuiti. Nei primi tempi i piloti erano sospettosi, ritenevano questa tecnologia una spia di quanto facevano in macchina. I campioni di oggi invece sono ben consapevoli dell’enorme apporto che l’elettronica è in grado di dare loro tanto che passano molto tempo a studiare i dati che possiamo fornire. Per tornare alla domanda, quello del Nürburgring non sarà un fine settimana speciale per me, se si esclude che lo trovo sempre un po’ strano, perché tutte le persone che mi stanno intorno parlano tedesco!”.

"Bisogna vivere come si pensa, altrimenti si finirà per pensare come si è vissuto"

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