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matrimoni omossessuali e divorzio veloce in spagna


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Ora in Spagna cominciano ad avanzare diritti anche i transessuali... vedremo se verranno accolte anche queste richieste :?

Personalmente ritengo che sia giusto riconoscere una coppia omosessuale, dare alcune certezze è fondamentale per una società seria, anche se era più intelligente e rispettosa della cultura europea una formula diversa rispetto all'equiparazione con il Matrimonio

Per quanto riguarda il discorso dell'adozione, istintivamente ne sono contrario, per gli stessi motivi che altri hanno già esposto; tuttavia io non ho figli e non ho sentito pareri di esperti della psiche infantile che la accettino/promuovino o che la boccino... è un argomento che andrebbe forse visto soprattutto nell'ottica di promuovere le migliori condizioni di crescita di un bambino, piuttosto che le voglie di persone adulte.... forse si è affrontato un argomento molto difficile prendendo un obiettivo errato

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qui c'è la proposta di legge per l'italia, e non si parla minimamente nè di equiparazione nè di adozione http://www.liff.it/modules.php?op=modload&name=News&file=article&sid=5

immagino che non vada bene lo stesso, i ghei sono un modello di vita che turba le coscienze dei ggggiovani adolescenti etero e li forgia sodomiti :lol:

La proposta di legge è stata firmata da 161 deputati di centro-sinistra

PROPOSTA DI LEGGE N° 3893

D’INIZIATIVA DEI DEPUTATI

Franco Grillini (DS) Luciano Violante (DS) Barbara Pollastrini (DS) Marisa Abbondanzieri (DS) Mauro Agostini (DS) Sesa Amici (DS) Fulvia Bandoli (DS) Katia Bellillo (PdCI) Goffredo Bettini (DS) Marco Boato (Verdi) Giorgio Bogi (DS) Gloria Buffo (DS) Salvatore Buglio (DS) Mauro Bulgarelli (Verdi) Giuseppe Caldarola (DS) Valerio Calzolaio (DS) Piera Capitelli (DS) Paolo Cento (Verdi) Massimo Cialente (DS) Silvana Dameri (DS) Olga Di Serio D’Antona (DS) Oliviero Diliberto (PdCI) Marco Filippeschi (DS) Pietro Folena (DS) Alfiero Grandi (DS) Giovanna Grignaffini (DS) Ugo Intini (SDI) Grazia Labate (DS) Carlo Leoni (DS) Marco Lion (Verdi) Giovanni Lollin (DS) Beatrice Magnolfi (DS) Giacomo Mancini (DS) Elena Montecchi (DS) Fabio Mussi (DS) Alberto Nigra (DS) Paola Mariani (DS) Alfonso Pecoraro Scanio (Verdi) Roberta Pinotti (DS) Silvana Pisa (DS) Gabriella Pistone (PdCI)Giuseppe Petrella (DS) Ermete Realacci (Margherita) Marco Rizzo (PdCI) Carlo Rognoni (DS) Antonio Rugghia (DS) Piero Ruzzante (DS) Sergio Sabattini (DS) Alba Sasso (DS) Lalla Trupia (DS) Valdo Spini (DS) Robert Villetti (SDI) Luana Zanella (Verdi) Katia Zanotti (DS) Massimo Zumino (DS)

PATTO CIVILE DI SOLIDARIETÀ E UNIONE DI FATTO

Presentata il 21 ottobre 2002

La presente proposta di legge intende fornire la possibilità di optare per uno strumento regolativo pattizio più snello e leggero alle coppie che non intendano impostare la propria vita sulla base della regolamentazione civilistica tipizzata dalle norme sul matrimonio. Si tratta di un fenomeno che ha ormai acquistato dimensioni socialmente imponenti ed è certo anche largamente sottostimato dalle statistiche, perché tende a sottrarsi ad ogni rilevazione, data l’assenza di qualunque vantaggio a manifestarsi per le attuali famiglie non tradizionali. La presente proposta non intende imporre autoritativamente il nuovo istituto alle coppie di fatto che vogliano rifuggire da ogni vincolo giuridico, ma soltanto offrire una possibilità di scelta in più a chi desidererà usufruirne. Si tratta in sostanza di prendere atto che il pluralismo della nostra società non consente più, se non al prezzo di gravi e inutili costi sociali, di imporre alle famiglie non tradizionali una drastica scelta fra due sole opzioni: il matrimonio tradizionale da una parte, l’assenza assoluta di qualsiasi riconoscimento giuridico e perfino di tutela in caso di eventi imprevisti dall’altra. Non deve più accadere, a parere dei proponenti, che a chi ha convissuto con una persona, magari per trent’anni, possa essere negato perfino il diritto di assistere il proprio partner morente in ospedale e che le famiglie di origine possano addirittura impedire al partner l'accesso al luogo di cura e lo escludano da ogni decisione riguardante il partner malato e incapace di agire; non deve più accadere che, attraverso l’istituto della riserva a favore dei legittimari, sia vietato al testatore di lasciare in eredità il proprio patrimonio alla persona con cui ha condiviso l'esistenza; e, anche in assenza di eredi legittimari, che tale eredità venga falcidiata dalla stessa tassazione prevista per i lasciti a persone del tutto estranee al defunto, discriminazione aggravata dalla recente modifica del regime fiscale delle successioni. Non deve accadere che trattamenti punitivi di questo genere vengano previsti al solo fine di sanzionare le scelte di vita dei cittadini che semplicemente non ritengano adatta alla propria unione, o non condividano per alcuni suoi aspetti, la normativa matrimoniale attualmente vigente. Ancor più grave è che un tale trattamento punitivo venga inflitto a chi non ha potuto nemmeno scegliere se sposarsi o meno, semplicemente perché l’attuale legislazione matrimoniale italiana non prevede la possibilità di sposarsi per due persone dello stesso sesso. Agli omosessuali italiani, che come tutti gli esseri umani non hanno scelto il proprio orientamento sessuale, e quindi affettivo, è oggi vietato di scegliere un qualunque tipo di regolamentazione giuridica dei rapporti famigliari e di coppia creatisi attraverso convivenze stabili, magari anche pluridecennali. E tuttavia va detto che la presente proposta di legge non è strumento atto a perseguire o realizzare la parità di diritti per i cittadini omosessuali (parità pur prescritta e imposta da principi costituzionali fondamentali, come quelli che regolano l’uguaglianza formale dei cittadini, senza distinzioni, fra l’altro, di “condizioni personali”, e la loro “parità dignità sociale”, nonché la tutela dei loro “diritti fondamentali” non solo come singoli, ma anche “nelle formazioni sociali ove si svolge la [loro] personalità”, secondo quanto disposto dagli articoli 3 primo comma e 2 della Costituzione). Alla realizzazione della parità formale ed effettiva dei diritti dei cittadini e delle cittadine omosessuali dovranno provvedere altri più specifici e avanzati (e forse più controversi) provvedimenti legislativi, del resto già formulati da alcuni dei proponenti la presente proposta di legge (proposta di legge n° 3893 sulla “disciplina dell’unione affettiva”, presentata il 14 aprile 2003): provvedimenti analoghi a quelli già oggi vigenti in quasi tutti i paesi dell’Europa occidentale. Come richiesto da principi sempre più acquisiti alla coscienza civile e giuridica europea, la parità di diritti per i cittadini omosessuali potrà infatti dirsi realizzata solo quando sarà loro consentito di scegliere di regolare la propria vita e i loro propri rapporti giuridici e patrimoniali optando fra le stesse alternative che sono a disposizione dei cittadini eterosessuali. Ciò non toglie, ovviamente, che la presente proposta di legge, se offre ai cittadini eterosessuali una possibilità di scelta in più, mira pure a garantire almeno nella pratica anche ai cittadini omosessuali una prima opportunità di risolvere molti drammatici problemi concreti, e una prima forma di regolamentazione e di riconoscimento giuridico delle proprie unioni che non le confini obbligatoriamente, come ora, nell’impossibilità di fruire di ogni e qualunque forma di tutela e garanzia. Quasi tutti i paesi europei che hanno provveduto a realizzare la piena parità di diritti per le coppie omosessuali avevano del resto in precedenza adottato normative non discriminatorie sulle famiglie non tradizionali o di fatto, di cui potevano fruire anche le coppie omosessuali già prima dell’introduzione delle leggi sui “matrimoni gay”. Come accennato, la regolamentazione dettata per il patto civile di solidarietà non si applica alle famiglie di fatto che intendano effettivamente rimanere tali, perché decise non solo a non applicare alla propria vita lo strumento della vigente legislazione matrimoniale, ma anche a non attribuire alla propria unione alcun carattere giuridicamente vincolante. Per quanto riguarda le unioni di fatto di quei cittadini che non intendano neppure ricorrere al nuovo istituto, la presente proposta si limita ad assicurare una qualche minimale forma di tutela necessaria a salvaguardare gli interessati dai possibili effetti esistenziali catastrofici di eventi impreveduti, codificando e conferendo in tal modo sistematicità a regole in gran parte già introdotte dalla giurisprudenza. Infine, la presente proposta non ha lo scopo di modificare in alcun modo lo status giuridico dei figli delle parti del patto civile di solidarietà: si è voluto così togliere ogni pretesto alle campagne demagogiche da tempo in atto che brandiscono tale argomento come giustificazione al diniego di ogni riconoscimento giuridico delle famiglie non tradizionali. Resta ovviamente il fatto che assicurare alle famiglie non tradizionali un nuovo strumento regolativo pattizio significa anche assicurare loro prospettive di maggiore stabilità e consistenza anche formali, a tutto vantaggio della condizione giuridica ed esistenziale di tutti i membri di tali famiglie, inclusi gli eventuali figli delle parti.

Dal punto di vista della posizione costituzionale delle famiglie non tradizionali, va preliminarmente sfatata una leggenda, negli ultimi anni sempre più insistentemente propagata dagli avversari di qualunque forma di riconoscimento giuridico delle unioni famigliari di tipo non tradizionale. Il primo comma dell’articolo 29 della Costituzione non pone alcun ostacolo a tale riconoscimento. Tale disposizione afferma che «La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio», ma nulla afferma e nulla vieta circa il riconoscimento di altre forme di convivenza famigliare: e ciò per il semplice fatto che un tale riconoscimento non sarebbe suscettibile di modificare, limitare, compromettere o intaccare in nessun modo e in nessuna misura i diritti o la sfera di autonomia delle famiglie tradizionali, che non ne sarebbero neppure sfiorati. L’articolo 29 primo comma infatti stabilisce soltanto che lo Stato non può fare a meno di garantire «i diritti» delle famiglie fondate sul matrimonio, alle quali viene così assicurata una relativa sfera di autonomia rispetto al potere regolativo dello Stato: di qui l’illegittimità costituzionale una legge ordinaria che mirasse a disconoscere i diritti di tali famiglie. L’autonomia della famiglia fondata sul matrimonio, come “formazione sociale intermedia”, non può essere invasa da interventi autoritari, come quelli messi in atto dai regimi fascisti che erano appena tramontati all’epoca dell’approvazione della Costituzione, o da quelli comunisti che stavano nascendo nell’Europa centrorientale, volti a soppiantarla a vantaggio di regolamentazioni autoritative di taglio statalista o collettivista e di modelli organizzativi o fini contrastanti con quello di sede del libero e autonomo svolgimento della personalità dei suoi singoli componenti e di tutela dei loro «diritti inviolabili» (così definiti dall’art. 2). Anche in linea più generale, d’altra parte, è del tutto illogico pretendere che la particolare o rinforzata tutela esplicitamente garantita dalla Costituzione a una specifica situazione obblighi positivamente anche a denegare lo stesso trattamento ad altre situazioni socialmente analoghe o identiche: la garanzia costituzionale rinforzata di un diritto non implica di per sé anche l’obbligo costituzionale di negare la parità di trattamento ai casi in cui, pure, essa non sia costituzionalmente dovuta. Gli articoli 33 primo comma e 19 tutelano in modo particolare, rispettivamente, la libertà di insegnamento e la libertà di culto, ma nessuno si sogna di trarne la conseguenza che la libertà di espressione del pensiero in altri campi, garantita in modo meno incondizionato dall’art. 21, debba essere obbligatoriamente limitata al solo fine di sottolinearne un presunto minor valore o una minore dignità nei casi che non sono oggetto della tutela rinforzata prevista dagli artt. 33 e 19. Affermare in modo particolarmente solenne e impegnativo i diritti di qualcuno (perché sono la storia recente e gli avvenimenti altrove in corso a consigliare di farlo) non equivale a vietare qualunque minimo riconoscimento dei diritti di qualcun altro; e comunque una così rilevante denegazione di diritti, per essere obbligatoria benché derogatoria rispetto a principi fondamentali della Costituzione, dovrebbe almeno essere stata formulata in modo espresso. Questo però non significa che, come già accennato, altre indicazioni, anche cogenti, non siano desumibili da altre disposizioni costituzionali. Una norma cardine dell’intero ordinamento costituzionale italiano, come l’articolo 3 primo comma, che impone l’uguaglianza formale fra i cittadini come parametro fondamentale di legittimità della legge ordinaria, impone che situazioni giuridiche uguali siano trattate in modo uguale. Nella misura in cui situazioni giuridiche attinenti alle famiglie tradizionali siano identiche a quelle attinenti a famiglie non tradizionali, queste ultime devono essere trattate in modo identico. Non solo quindi l’art. 29 primo comma non impone un trattamento differenziato, ma la Costituzione vigente nel suo complesso - e in alcuni casi gli impegni internazionali dell’Italia - impongono al contrario parità di trattamento e parità di diritti. E ancora: si è detto che l’art. 29 primo comma colloca la tutela della famiglia nel quadro del sistema delle autonomie riconosciute alle “formazioni sociali intermedie”. Tali «formazioni sociali», che dunque ricomprendono anche la famiglia (tradizionale e matrimoniale), come caso speciale, rivestono il ruolo essenziale di luoghi «ove si svolge la personalità» del singolo individuo, come recita l’art. 2. Come tali esse sono i luoghi all’interno dei quali «la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo». Che fra tali «formazioni sociali» possano riconoscersi anche le “famiglie di fatto” comincia ad essere abbastanza pacificamente riconosciuto da dottrina e giurisprudenza. Ed è altrettanto chiaro dalla lettura complessiva delle disposizioni costituzionali riguardanti le «formazioni sociali» e la famiglia che il loro fine comune è il pieno e libero sviluppo della personalità e dei diritti umani fondamentali degli individui che le compongono (tanto che non ha mai avuto successo il tentativo di attribuire alla famiglia - neppure alla famiglia tradizionale e matrimoniale - il carattere di persona giuridica, titolare di situazioni giuridiche soggettive distinte e sovraordinate rispetto a quelle dei singoli componenti): è evidente che, a questi effetti, qualunque discriminazione non potrebbe che ritenersi del tutto illegittima.

CAPO I

Principi

Art. 1 (Finalità)

1. La presente legge garantisce l’attuazione del diritto inviolabile dell’uomo e della donna alla piena realizzazione personale, nell’ambito di una coppia, nel rispetto delle sue inclinazioni e della sua dignità sociale, in attuazione degli articoli 2 e 3 della Costituzione.

Art. 2 (Definizioni)

1. Ai fini della presente legge si intende per: 1) «patto civile di solidarietà»: l’accordo tra due persone di sesso diverso o dello stesso sesso, volto a regolare i rapporti personali e patrimoniali relativi alla loro vita in comune; 2) «unione di fatto»: la convivenza stabile e continuativa tra due persone, di sesso diverso o dello stesso sesso, che conducono una vita di coppia.

CAPO II

Del patto civile di solidarietà

Sezione I - Condizioni e modalità di costituzione del patto civile di solidarietà

Art. 3 (Presupposti)

1. Non può contrarre un patto civile di solidarietà chi è vincolato da un precedente matrimonio o patto civile di solidarietà iscritto nei registri dello stato civile. 2. Non possono contrarre un patto civile di solidarietà: 1) gli ascendenti e discendenti in linea retta, legittimi o naturali. 2) i fratelli o le sorelle germani, consanguinei o uterini, anche se il rapporto dipende da filiazione naturale 3) gli affini in linea retta; il divieto sussiste anche nel caso in cui l’affinità deriva da matrimonio dichiarato nullo o sciolto o per il quale è stata pronunziata la cessazione degli effetti civili; 4) l’adottante, l’adottato e i suoi discendenti 5) i figli adottivi della stessa persona 6) l’adottato e i figli dell’adottante 7) l’adottato e il coniuge dell’adottante, l’adottante e il coniuge dell’adottato I divieti contenuti nei numeri 4), 5), 6), 7) sono applicabili all’affiliazione. 3. Si applica l’articolo 87 quarto, quinto e sesto comma del codice civile nel caso in cui i contraenti il patto civile di solidarietà siano di sesso diverso. 4. Non possono contrarre un patto civile di solidarietà le persone delle quali l’una è stata condannata per omicidio consumato o tentato sul coniuge dell’altra o sulla persona alla quale l’altra era legata da un patto civile di solidarietà. 5. Non possono altresì contrarre un patto civile di solidarietà le persone delle quali l’una è stata rinviata a giudizio ovvero sottoposta a misura cautelare per i reati di cui al comma precedente. 6. La mancanza dei presupposti di cui al presente articolo comporta la nullità del patto civile di solidarietà. La nullità può essere dichiarata su istanza di chiunque vi abbia interesse o del Pubblico ministero.

Art. 4 (Costituzione del patto civile di solidarietà)

1. Ferme le disposizioni di cui all’articolo 3, il patto civile di solidarietà deve essere sottoscritto, a pena di nullità, davanti all’ufficiale dello stato civile presso il comune di residenza di uno dei contraenti, ovvero davanti al notaio territorialmente competente in ragione della residenza di uno dei contraenti. 2. In caso di imminente pericolo di vita di uno dei contraenti, il patto può essere sottoscritto nel luogo in cui questi si trova alla presenza di almeno due testimoni. 3. L’ufficiale dello stato civile, ovvero il notaio rogante, appone la data e la firma su due esemplari originali del patto e li consegna ai contraenti.

Art. 5 (Istanza per la sottoscrizione o l’iscrizione del patto civile di solidarietà)

1. I contraenti richiedono congiuntamente, con istanza in carta libera, all’ufficiale dello stato civile di ricevere il patto civile di solidarietà ovvero di iscriverlo nel registro dello stato civile. 2. E’ fatto obbligo all’ufficiale dello stato civile di convocare le parti contraenti entro e non oltre trenta giorni dalla presentazione dell’istanza. 3. La mancata convocazione delle parti equivale a rifiuto. 4. In caso di grave pericolo di vita, l’ufficiale dello stato civile è tenuto a ricevere o a iscrivere il patto di solidarietà nel termine massimo di dodici ore dalla ricezione dell’istanza. 5. Il mancato rispetto del termine di cui al comma 4 equivale a rifiuto.

Art 6 (Autocertificazione)

1. Nell’istanza di cui all’articolo 4, ciascuno dei contraenti, sotto la propria responsabilità ed ai sensi del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, dichiara la sussistenza di tutti i presupposti di cui all’articolo 3. 2. L’ufficiale dello stato civile non può ricevere o iscrivere il patto di solidarietà ove manchi la dichiarazione di cui al comma 1.

Art. 7 (Rifiuto della ricezione o della iscrizione del patto)

1. L’ufficiale dello stato civile che non intende procedere alla ricezione o alla iscrizione di un patto di solidarietà deve motivare per iscritto il rifiuto. 2. Contro il rifiuto è ammesso ricorso al tribunale, che provvede entro trenta giorni dal deposito del ricorso, in camera di consiglio. 3. Il tribunale, ove accerti la sussistenza dei requisiti, con sentenza ordina all’ufficiale dello stato civile di ricevere il patto o di iscriverlo nei registri. 4. Contestualmente, su istanza di parte, pone a carico dell’Amministrazione comunale le spese del giudizio e la condanna al risarcimento dei danni patrimoniali, morali ed esistenziali da liquidarsi anche in separato giudizio. 5.Si applica in quanto compatibile il capo IV titolo II Libro IV del Codice di procedura civile .

Art. 8 (Mandato con rappresentanza)

1. Ciascuna parte può conferire ad un terzo il potere di compiere per suo conto e in suo nome tutti gli atti necessari alla sottoscrizione ovvero all’iscrizione di un patto civile di solidarietà. 2. Tale mandato deve rivestire la forma dell’atto pubblico. 3. Al mandato deve essere allegato il testo del patto che si intende sottoscrivere o del quale si chiede l’iscrizione. 4. Il mandato di cui al presente articolo cessa di avere efficacia trascorsi centottanta giorni dalla sua sottoscrizione. 5. In caso di violazione dei commi 2, 3 e 4 del presente articolo il pubblico ufficiale richiestone non può ricevere il patto civile di solidarietà ovvero procedere all’iscrizione dello stesso.

Sezione II - Effetti del patto civile di solidarietà

Art. 9 (Norme applicabili al patto civile di solidarietà)

1. Al patto civile di solidarietà si applicano, in quanto compatibili, le norme del codice civile in materia di contratti. 2. Eventuali termini o condizioni presenti nel patto civile di solidarietà si hanno per non apposti.

Art. 10 (Rapporti personali)

1. Ciascun contraente è tenuto a comportarsi secondo buona fede e correttezza, collaborando alla vita di coppia in ragione delle proprie capacità e possibilità.

Art. 11 (Regime patrimoniale)

1. Salvo diversa volontà delle parti, ciascun contraente è tenuto a provvedere alle esigenze economiche della coppia in ragione delle proprie sostanze e della propria capacità lavorativa. 2. Salvo diversa volontà delle parti, le stesse sono solidalmente obbligate nei confronti dei terzi per i debiti contratti, anche disgiuntamente, per soddisfare le esigenze della vita di coppia. 3. I contraenti possono scegliere tra i seguenti regimi patrimoniali: a) La comunione legale così come regolata dal Libro I, Titolo VI, Capo VI, Sezione III del Codice civile. B) La comunione convenzionale così come regolata dal Libro I, Titolo VI, Capo VI, Sezione IV del Codice civile. 4. Ove i contraenti non abbiano previsto diversamente, il regime patrimoniale legale è la separazione dei beni. In questo caso si applicano le norme del Libro I, Titolo VI, Capo VI, Sezione V del Codice civile.

Art. 12 (Opponibilità ai terzi)

1. Il patto civile di solidarietà è opponibile ai terzi dal momento dell’iscrizione nel registro dello stato civile.

Art. 13 (Modifica delle convenzioni sul regime patrimoniale)

1. Gli accordi di carattere patrimoniale contenuti nel patto civile di solidarietà possono essere modificati per atto pubblico, a pena di nullità. 2. Le modifiche sono opponibili ai terzi dal momento della loro annotazione nel registro dello stato civile.

Art. 14 (Modifiche al codice civile)

1. All’art. 230-bis, terzo comma, del codice civile, le parole “il coniuge”, ovunque ricorrano, sono sostituite dalle seguenti: “il coniuge o la persona legata da un patto civile di solidarietà”. 2. All’art. 433, primo comma, numero 1, del codice civile dopo le parole: «il coniuge», sono aggiunte le seguenti: “o la persona legata da un patto civile di solidarietà”.

Art. 15 (Diritti successori)

1. Nella successione legittima, di cui al Libro II del Codice civile, i diritti spettanti al coniuge sono estesi al contraente legato al defunto da un patto civile di solidarietà iscritto.

Art. 16 (Diritto al lavoro)

1. Nel caso in cui l’appartenenza ad un nucleo familiare sia titolo di preferenza per l’inserimento in graduatorie occupazionali o per l’inserimento in categorie privilegiare di disoccupati, a parità di condizioni tali diritti sono estesi anche ai contraenti un patto civile di solidarietà iscritto nel registro dello stato civile. 2. Nel caso in cui lo stato coniugale sia titolo di preferenza nello svolgimento di un pubblico concorso, la stessa preferenza è riconosciuta ai contraenti un patto civile di solidarietà iscritto nel registro dello stato civile.

Art. 17 (Disciplina fiscale e previdenziale)

1. La disciplina fiscale e previdenziale, particolarmente le agevolazioni fiscali, le sovvenzioni, gli assegni di sostentamento previsti dalle norme nazionali, regionali o comunali, che derivano dall’appartenenza di un soggetto ad un determinato nucleo familiare, nonché dallo stato di coniuge sono estese di diritto alle persone legate da un patto civile di solidarietà iscritto nel registro dello stato civile che sia stato stipulato da almeno due anni.

Sezione III - Scioglimento del patto civile di solidarietà

Art.18 (Scioglimento del Patto civile di solidarietà)

1. Il patto civile di solidarietà si scioglie nel caso di morte di uno dei contraenti ovvero nel caso in cui una delle parti contragga matrimonio. 2. Ciascun contraente ha diritto di sciogliere il patto civile di solidarietà mediante atto scritto notificato a mezzo di ufficiale giudiziario. Il patto si scioglie trascorsi tre mesi dalla notifica. 3. L’ufficiale dello stato civile annota l’avvenuto scioglimento del patto: a) in caso di morte o susseguente matrimonio su richiesta di chiunque ne abbia interesse. B) in caso di scioglimento per mutuo consenso su richiesta congiunta delle parti. c) in caso di volontà unilaterale di scioglimento del patto su richiesta della parte che ha effettuato la notifica di cui al precedente comma. 4. Sono fatti salvi i diritti dei terzi in buona fede sorti prima della annotazione di cui al comma precedente.

Art. 19 (Effetti personali dello scioglimento)

1. In caso di scioglimento del patto civile di solidarietà, i contraenti possono rivolgersi al giudice al fine di ottenere l’affidamento dei figli minori comuni a entrambi e la determinazione di un assegno quale contributo per il loro mantenimento a carico del genitore non affidatario, secondo quanto previsto dall’articolo 155 del codice civile. 2. L’abitazione della casa familiare spetta di preferenza alla parte cui vengono affidati i figli comuni ai contraenti. 3. Il giudice ad istanza di parte può imporre al contraente tenuto a contribuire al mantenimento dei figli di prestare idonea garanzia reale o personale qualora sussista il pericolo che egli possa sottrarsi all’adempimento degli obblighi di cui all’articolo 155 del codice civile. 4. Si applicano altresì i commi quinto, sesto e settimo dell’articolo 156 del codice civile.

Art. 20 (Effetti patrimoniali dello scioglimento)

1. Con il patto civile di solidarietà i contraenti possono regolare le conseguenze economiche dello scioglimento del patto. 2. In ogni caso, qualora una delle parti versi nelle condizioni previste dall’articolo 438, primo comma, del codice civile, l’altra parte è tenuta a prestare gli alimenti, fino al termine di due anni dallo scioglimento del patto. L’obbligo di prestare gli alimenti cessa comunque nel momento il cui l’avente diritto contrae matrimonio o un nuovo patto civile di solidarietà.

Sezione IV - Disposizioni relative al Contraente straniero

Art. 21 (Modifiche al Decreto Legislativo 25 luglio 1998, n. 286 “Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero”)

1. All’ articolo 30 lettera B) del Decreto Legislativo 25 luglio 1998, n. 286 “Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero” dopo la parola “matrimonio” è aggiunto: “o un patto civile di solidarietà”. 2. All’articolo 30 comma 1-bis del Decreto Legislativo 25 luglio 1998, n. 286 “Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero” dopo la parola “matrimonio” è aggiunto: “o al patto civile di solidarietà”. 3. All’articolo 30 comma 5 del Decreto Legislativo 25 luglio 1998, n. 286 “Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero” dopo la parola “matrimonio” è aggiunto: “o del patto civile di solidarietà”.

Art. 22 (Modiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91)

1. Alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, all’articolo 5, dopo il comma 1 è aggiunto il seguente: “1-bis. Il contraente, straniero o apolide, di un patto civile di solidarietà con un cittadino italiano acquista la cittadinanza italiana quando risiede legalmente da almeno cinque anni nel territorio della Repubblica, semprechè in tale periodo non sia intervenuto lo scioglimento o l’annullamento del patto stesso.”

CAPO III

Disposizioni comuni al patto civile di solidarietà e all’unione di fatto

Art. 23 (Legge sull’ordinamento delle anagrafi della popolazione residente)

1. Ai sensi e per gli effetti della legge 24 dicembre 1954, n. 1228, e successive modificazioni, il contraente di un patto civile di solidarietà ovvero le persone legate da una unione di fatto sono equiparati al componente della famiglia.

Art. 24 (Assistenza sanitaria e penitenziaria)

1. Le parti unite da un patto civile di solidarietà ovvero le persone legate da un’unione di fatto hanno reciprocamente gli stessi diritti e gli stessi doveri spettanti ai coniugi relativi all’assistenza in ambito sanitario e penitenziario.

Art. 25 (Interdizione, inabilitazione)

1. Le parti unite da un patto civile di solidarietà ovvero le persone legate da un’unione di fatto hanno gli stessi poteri che spettano al coniuge rispetto all’istanza per la promozione dell’interdizione e dell’inabilitazione.

Art. 26 (Malattia e decisioni successive alla morte)

1. In mancanza di una diversa volontà manifestata per iscritto ovvero di una procura sanitaria e in presenza di uno stato di incapacità di intendere e di volere, anche temporanea, fatte salve le norme in materia di interdizione e di inabilitazione, tutte le decisioni relative allo stato di salute e in genere di carattere sanitario, compresa la donazione degli organi sono adottate dall’altro contraente di un patto civile di solidarietà ovvero dall’altro membro di una coppia legata da un’unione di fatto. 2. In mancanza di una diversa volontà manifestata per iscritto, tutte le scelte di natura religiosa o morale, le modalità di svolgimento della cerimonia funebre, la scelta del luogo di sepoltura ovvero la decisione di cremare il corpo del defunto sono adottate dall’altro contraente di un patto civile di solidarietà ovvero dall’altro membro di una coppia legata da un’unione di fatto.

Art. 27 (Servizio militare)

1. Tutti gli esoneri, le agevolazioni, le dispense relative al servizio militare obbligatorio o volontario, e al servizio civile sostitutivo, connesse con l’appartenenza ad un nucleo familiare, sono estese, senza limite alcuno, ai contraenti il patto civile di solidarietà ovvero alle persone legate da un’unione di fatto.

Art. 28 (Modifiche alla legge 27 luglio 1978, n. 392)

1. All’articolo 6 della legge 27 luglio 1978, n. 392, il primo comma è sostituito dal seguente: “In caso di morte del conduttore gli succede nel contratto il coniuge, gli eredi, i parenti, gli affini ed il contraente superstite del patto civile di solidarietà ovvero l’altro membro di un’unione di fatto con lo stesso convivente al momento del decesso.”

Art. 29 (Modifiche al codice penale)

1. Il terzo comma dell'articolo 307 del codice penale è sostituito dal seguente: "Non è punibile chi commette il fatto in favore di un prossimo congiunto, dell’altro contraente di un patto civile di solidarietà, ovvero della persona legata da un’unione di fatto." 2. Il primo comma dell'articolo 384 del codice penale è sostituito dal seguente: "Nei casi preveduti dagli articoli 361, 362, 363, 364, 365, 366, 369, 371- bis, 372, 373, 374 e 378, non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare se medesimo, un prossimo congiunto, il contraente di un patto civile di solidarietà o il membro di un’unione di fatto da un grave ed inevitabile nocumento nella libertà o nell'onore".

Art. 30 (Modifiche al codice di procedura penale)

1. All’articolo 199, primo comma, del codice di procedura penale il primo periodo è sostituito dal seguente: "I prossimi congiunti, il contraente di un patto civile di solidarietà o la persona legata da un’unione di fatto dell'imputato o di uno dei coimputati del medesimo reato possono astenersi dal deporre".

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Ritengo, secondo il mio punto di vista, che il koglione stia facendo un gran danno all’umanità. Il minimo che penso di dover fare è manifestare tutto il mio dissenzo e disprezzo dato che mi ritengo offeso e disprezzato da lui, dai suoi scagnozzi e da tutti quelli che si fermano agli slogan: mi ritengo offeso e disprezzato nella ragione, nella coscienza e nella sensibilità. Può anche avere la maggioranza, la Spagna ed il mondo intero dalla sua parte: per me rimane un koglioncino che non ha capito niente; lui, la sua maggioranza, il suo paese e l’intero mondo che sta dalla sua parte. La maggioranze non è detto che abbiano sempre ragione. Sappiamo quante e quali nefandezze sono state commesse col consenso delle maggioranze! Nessuna democrazia del mondo mi costringerà a rispettare lui ed i suoi tirapiedi, perché la storia ci insegna che in nome del rispetto delle regole dominanti, siano esse totalitarie o democratiche, sono state commesse le peggiori nefandezze dell’umanità. Non sono né un’eroe vero né un eroe falso che pensa di cavalcare l’eroismo a scopi personali.

Posso esprimere il mio disprezzo secondo i modi che ritengo più efficaci e meno rischiosi per me? O devo necessariamente farlo rischiando dei guai? O devo stare zitto ed ingollare in religioso rispetto tutto ciò che mi viene propinato da un branco di koglioni dell’ultima ora? O pensi che invece di scrivere Gnoccagnero, Zucca Zero, Rampatero, Koglionero e menate simili avrei dovuto scrivere in chiaro il nome del koglione ben sapendo che se non mi concedi di scrivere i nomi storpiati figurati se mi concedi di crivere quelli corretti?

copco, il mio è stato un appunto più da amico (virtuale, certo, ma pur sempre amico o se preferisci conoscente) che da utente o peggio da moderatore.

mi sembra che tu argomenti sempre bene le tue idee, (che poi ne condivida la metà è un altro discorso) e proprio per questo non capisco perchè devi rovinare i tuoi concetti con nomi o aprrezzamenti offensivi che, invece, hanno molto di slogan o da bar. tutto qui. :)

se vuoi ne parliamo in privato.

"Io non ce l'ho co' te, ma co' quello che te sta vicino e nun te butta de sotto!"

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Chi non può avere figli genera morte ma non per sua scelta.

Chi può avere figli, ma sceglie di non farli, genera morte, ma può perlomeno cambiare idea.

Qui stiamo parlando di una società che approva e legalizza un modello di vita sterile, o meglio, che equipara un modello che genera vita con un modello di sterilità e quindi di morte, e che per fare questo cancella dal vocabolario le parole "marito", "moglie", "padre" e "madre". E tu dici che non è un koglione?

certo, io dico di no.

la legge non obbliga tutti i cittadini a non fare figli. equipara chi non li vuole fare a chi li ha o li farà. dove è il problema?

non mi dire che con tanti problemi che ci sono al mondo ti sta a cuore la bassa natalità di un paese, che rimane sempre in postivo rispetto ai decessi.

"Io non ce l'ho co' te, ma co' quello che te sta vicino e nun te butta de sotto!"

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hai una bella faccia tosta a paragonare il clero agli omosessuali, loro donano la vita al Signore, non alla sodomia!!

infatti il paragone non era quello.

datti una calmata.

"Io non ce l'ho co' te, ma co' quello che te sta vicino e nun te butta de sotto!"

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che rimane sempre in postivo rispetto ai decessi.

unicamente grazie agli immigrati.

mi aspetto una delucidazione (seria) sullo stile di vita del clero che non genera vita e seguendo il lucido ragionamento di copco generano morte. inoltre mi piacerebbe commentare con voi la proposta di legge per il pacs che ho riportato più su che non parla nè di equiparazione con il sacro vincolo del matrimonio nè di adozione.

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hai una bella faccia tosta a paragonare il clero agli omosessuali, loro donano la vita al Signore, non alla sodomia!!

io dedito la mia vita alla FIGA fallo anche tu, magari ti sblocchi un po'

  • Ieri: Fiat Panda 900 Young (1998) - AB Y10 II Avenue (1993) - Fiat Panda 1.2 DynamicClass (2004) - Fiat Punto Evo 1.4 GPL (2010)
  • Oggi: Ford Focus SW 1.6 Tdci 90cv (2009) e Lancia Ypsilon 1.2 (2016)
  • Ieri: Aprilia Rally II L.C. 50cc (1996) - Piaggio Vespa PX 150 (2002) - Honda Hornet 600 II (2006)
  • Oggi: Honda Hornet 600 III (2007) e Piaggio Vespa PX 150 (2000)
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