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[RISOLTO] Batteri per creare idrogeno dall'acqua? No grazie!


Guest frallog

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Guest frallog

Ciao Autodeltone! Grazie!!!!!!

Per vare

Lasciamo perdere gli OGM... l'uomo ha modificato per secoli il DNA dei vegetali attraverso incroci e selezioni, nessuno si è mai lamentato, anzi, ancora oggi tutti ringraziano per il pomodoro o il mais non tossici per l'uomo.

Non andava ad intaccare il dna delle cellule. Qui si parla di snaturare completamente dei batteri per trasformarli in qualcos'altro. Al punto tale che anche il suo inventore (che tra l'altro e' colui che ha decifrato per la prima volta il genoma umano) pensa di inibire la crescita dei batteri con delle strutture apposite nel dna.

E se in tutto il trusco avvenisse una mutazione che rendesse di colpo i batteri resistenti alle condizioni ambientali?????

La fotosintesi potrà avere un rendimento minore del tuo arsenuro di gallio ma quanto spendi per produrre, mantenere, installare e smaltire celle fotovoltaiche di certi tipi?

Le fotocellule non si riproducono. Faccio inoltre notare che per servire un Paese come l'Italia servirebbero circa 15000 Km^2 (il 5% dell'intero territorio) di celle fotovoltaiche. Ti immagini cosa avverrebbe con i suddetti batteri?

Potremmo parlare della superficie fotosintentizzante di un vegetale immerso in una vasca d'acqua... sarei curioso di controllare se la superficie effettiva totale fotosintetizzante è realmente minore di un pannello sonostanzialmente bidimensionale che si può estendere esclusivamente sulla superficie e non in profondità.

Ti assicuro che i vegetali non sfruttano neanche il 10% dell'energia solare a loro disposizione. Questo per un semplicissimo motivo, una gran parte della energia solare viene spesa semplicemente per dare alla cellula tutte le sostanze organiche (acidi grassi, zuccheri) che semplicemente le servono per vivere. E' un processo che non mira all'efficienza della conversione dell'energia ma alla massimizzazione della produzione di sostanze base necessarie a vivere. E a riprodursi. e a me la parola "riprodursi" mette una grande agitazione.

Or ora ho sentito una frase che mi sembra adatta al tizio che vorrebbe elaborare questa pazzia. La differenza tra il genio e la follia sta nel successo. ora io dico che Hitler negli anni "30 ebbe un immenso successo.

E tremo.

Regards,

Francesco 8(

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Ti assicuro che i vegetali non sfruttano neanche il 10% dell'energia solare a loro disposizione. Questo per un semplicissimo motivo, una gran parte della energia solare viene spesa semplicemente per dare alla cellula tutte le sostanze organiche (acidi grassi, zuccheri) che semplicemente le servono per vivere. E' un processo che non mira all'efficienza della conversione dell'energia ma alla massimizzazione della produzione di sostanze base necessarie a vivere. E a riprodursi. e a me la parola "riprodursi" mette una grande agitazione.

occhio che arrivano gli alieni :lol:

La fotosintensi produce acidi grassi?! Dovrò dare una rilettura al libro di fisiologia vegetale! La fotosintesi produce glucosio attraverso l'accumulo di energia in ATP e NADH. Tutto il resto un vegetale lo ricava da altri sistemi!

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Guest frallog
Correggo: il primo vero prodotto della reazione dopo il ciclo di Calvin dovrebbe essere l'acido 3 fosfoglicerico.

Ok produca quel che produca e' massimizzata per la produzione delle sostanze che servono alla pianta per vivere, non e' massimizzata rispetto al rendimento del ciclo energetico.

Inoltre non mi hai risposto ad un quesito fondamentale: come controllare tutte le possibili mutazioni??? che e' il vero problema di fondo.

e poi con un rendimento energetico piu' o meno compreso tra il 5% ed il 10% servirebbero molte (ma molte) decine di migliaia di chilometri quadtrati. Sottratti al mare? Non cfredo che i Paesi rivieraschi siano d'accordo, ed anche ammesso si potrebbero fare delle piattaforme galleggianti per le cellule fotoelettriche, ed evidentemente di dimensioni estremamente piu' contenute.

Regards,

Francesco 8|

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Questi studi non sono una novità dell'ultima ora, ma anche in Italia si studiano da alcuni anni

PADOVA: IDROGENO DALLE ALGHE

L'energia pulita del futuro? Idrogeno estratto dalle alghe.

O perlomeno così potrebbe essere, se andrà in porto l'innovativo progetto di ricerca condotto all'università di Padova e finanziato dal ministero con alcuni milioni di euro.

E’ diventato uno scienziato famoso dopo che un giornale ha lanciato le sue ricerche tra quelle alle «frontiere della scienza». Già noto nel mondo accademico, adesso Giorgio Giacometti si gode questa improvvisa fama, con un po’ di incredulità. «Non è possibile che dopo un articolo ti chiamino tutti. Quell’intervista mi ha proprio rovinato» dice scherzando.

Al sesto piano del centro biologico «Vallisneri» dell’ateneo padovano, nel suo piccolo studio nel mezzo dei laboratori, Giacometti lavora alla sua ricerca più importante: estrarre idrogeno dalle alghe, un nuovo modo di produrre energia pulita. La sua ricerca è stata finanziata dal ministero della Ricerca con alcuni milioni di euro. Come dire, una bella responsabilità.

«Occorre essere cauti, la gente non deve fraintendere le nostre ricerche. Questi progetti non sono in grado di risolvere i problemi energetici, non garantiremo l’approvvigionamento di energia pulita in modo globale. Vogliamo solo contribuire a un migliore sfruttamento dell’energia solare. I risultati però si vedranno nel bilancio consuntivo, quando verificheremo la qualità del lavoro svolto».

Ma il finanziamento ministeriale è comunque un riconoscimento a questo progetto e alla sua ricerca.

«E’ un riconoscimento della presunta capacità dell’èquipe di attuare il progetto. I revisori che ci hanno attribuito il finanziamento hanno chiarito che si tratta di un obiettivo del tutto originale per il nostro Paese. All’estero ricerche analoghe si conducono da tempo e ciò garantisce che non si tratta di un’idea campata in aria».

Qual è la vostra sfida?

«Ci basiamo sullo sfruttamento di alcuni batteri e di un tipo di microalghe. Quindi su microorganismi, sia procarioti che eucarioti, che hanno imparato con l’evoluzione a utilizzare l’energia solare meglio di qualunque altro essere. La sfida è utilizzare questi processi naturali per ottenere idrogeno, che sembra essere il vettore emergente per produrre energia pulita».

Il processo naturale da cui si parte è quello della fotosintesi. Come si arriva a produrre l’idrogeno?

«Tutta l’energia che fa nascere, crescere e muovere gli esseri viventi deriva dalla fotosintesi, che produce le molecole necessarie per i processi energetici degli organismi. Noi vorremmo intervenire su questo processo per produrre, anziché le molecole necessarie per il metabolismo cellulare, la molecola dell’idrogeno. In parte le alghe già producono l’idrogeno, ma solo nelle componenti necessarie al loro metabolismo. Il nostro intervento di modificazione genetica consiste nel fargli produrre più idrogeno».

Lei è un esperto di fotosintesi. Da dove nasce l’interesse per questo processo?

«Io sono ordinario di biochimica ma in origine i miei studi sono stati di fisica. Perciò ho studiato in modo approfondito l’interazione della luce con la materia. La fotosintesi poi mi ha sempre affascinato. L’ateneo di Padova inoltre è una grande università, che dà la possibilità a chi vuole fare ricerca seriamente di farla e ottenere dei risultati. Il “gruppo fotosintesi” di Padova ha raggiunto una certa notorietà, anche internazionale. Ma ci sono altri gruppi in Italia che fanno questo lavoro da molto più tempo».

Quello della produzione di idrogeno è un progetto tutto padovano?

«Nella progettazione del gruppo di lavoro abbiamo cercato di utilizzare tutte le competenza che ci erano note e che potevano essere utili al progetto. Così sono nate le collaborazioni con l’università di Firenze, l’Enea e il Cnr, che ha tre grossi istituti a Napoli e a Firenze. Il coordinamento del gruppo è naturalmente a Padova».

Quali sono le linee di ricerca del progetto e quali i vantaggi a lunga scadenza?

«Seguiremo tre linee di ricerca. La prima è l’utilizzo di microorganismi per ottenere idrogeno da biomassa. La biomassa si può ottenere dai residui di lavorazione degli allevamenti, ma anche nelle acque reflue cittadine. Già oggi dalla biomassa si ricava metano, ma solo in base a processi che hanno lo svantaggio di dover usare energia elettrica. La seconda linea di ricerca è forse la più difficile a ambiziosa, cioè quella che ha attirato l’attenzione di tutti: modificare geneticamente alghe e organismi per produrre idrogeno. La terza linea è la più ingegneristica: sfrutteremo i risultati delle prime due per realizzare un impianto pilota in cui realizzare il frutto di questi processi. Sarà il momento in cui sarà possibile valutare il costo, l’economicità e la possibilità di questa innovazione. In prospettiva potremmo avere dei bioreattori che sotto illuminazione solare saranno capaci di produrre idrogeno».

Quale può essere un’applicazione pratica di questa innovazione?

«Nella prospettiva di una produzione diffusa dell’idrogeno, possiamo immaginare piccoli impianti che produca- no, almeno in parte, l’energia necessaria. Ad esempio un allevamento o un’azienda agricola che potrà installare il nostro bioreattore e soddisfare il suo fabbisogno».

Il suo progetto ha beneficiato del finanziamento del ministero della ricerca. Non sono molti, però, i fondi investiti dal nostro Paese in ricerca. Che ne pensa?

«Credo che la ricerca italiana dovrebbe poter contare su finanziamenti di misura analoga a quelli che vengono stanziati dagli altri Paesi. Qui purtroppo i fondi non sono mai stati cospicui. Questo non significa che non ci siano le possibilità di ottenere finanziamenti. In biologia è forse più difficile, perché nel nostro Paese è più sviluppata la ricerca biomedica».

.....

da "Il Mattino di Padova" 5-12-2004

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Leggo solo ora tutta la discussione precedente.

L'opposizione a spada tratta portata a questo tipo di soluzione, basata sul solo assunto "meglio piuttosto fare dei pannelli solari", mi sembra piuttosto scricchiolante.

Non serve fare dei bilanci energetici per capire che produrre idrogeno tramite una cultura batterica piuttosto che con pannelli fotovoltaici sia potenzialmente più semplice, più economica, con un impatto ambientale più contenuto.

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Va ricordato che la depurazione delle acque reflue delle nostre città di effettua già da molto sfruttando i batteri in impianti di depurazione definiti "biologici", senza che ci siano gravi problemi, anche se tali batteri sono già presenti in natura

Il punto su cui Frallog è un po' scettico è la scelta di modificare i batteri per ottenere risultati migliori; ecco, su questo punto penso che anche gli studiosi interessati direttamente non siano ancora pienamente convinti

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Va ricordato che la depurazione delle acque reflue delle nostre città di effettua già da molto sfruttando i batteri in impianti di depurazione definiti "biologici", senza che ci siano gravi problemi, anche se tali batteri sono già presenti in natura

Il punto su cui Frallog è un po' scettico è la scelta di modificare i batteri per ottenere risultati migliori; ecco, su questo punto penso che anche gli studiosi interessati direttamente non siano ancora pienamente convinti

Infatti penso che sia qualcosa su cui vadano cominciati al più presto e più intensamente possibile le ricerche per arrivare fra 10-15 anni alle prime soluzioni.

E comunque mi sembra che utilizzare pannelli solari e impianti chimici di generazione dell'idrogeno preveda comunque l'uso di un sacco di sostanze pericolose o inquinanti, quindi non la vedo come una suddivisione sicuro-pericoloso.

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Guest frallog

Non sono assolutamente d'accordo.

Qui si tratta addirittura di sfilare il codice genetico originario e sostituirlo con un'altro codice con un'altro costruito ad hoc in laboratorio.

La cosa e' davvero pericolosa basti pensare che lo stesso scienziato che ha architettato la cosa e' in definitiva allarmato dalla sua creatura. Infatti ha pensato di inserire un gene che inibisse la vita quando non fossero rispettate delle precise condizioni di laboratorio.

Infatti se il batterio proliferasse indisturbato potrebbe moltiplicarsi senza sosta e continuare a scindere molecole d'acqua all'infinito e in poco tempo il mondo potrebbe soffrire di una carenza d'acqua.

Ora chi ci dice che un batterio cosi' costruito non possa subire una mutazione (a causa della stessa radiazione che gli permette di svolgere il compito della scissione della molecola d'acqua), e dunque non rispetti piu' le condizioni che lo confinerebbero entro aree predeterminate?

Regards,

Francesco 8)

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