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[RISOLTO] Petrolio: ultimi dati sul serbatoio del pianeta


Guest frallog

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Guest frallog

Il petrolio sta finendo, almeno quello facilmente estraibile. Non finira' oggi, domani o dopodomani, ma bisogna mettersi nell'ottica in cui entro una trentina d'anni l'oro nero iniziera' a scarseggiare. La domanda inizia ad essere ampiamente maggiore dell'offerta. Il risultato e' sotto gli occhi di tutti con il prezzo dell'oro nero alle stelle. C'e' una ricetta per tutto questo? Certamente. Nel breve il metano, nel lungo periodo il solare ed il nucleare, magari a fusione.

L'articolo di cui sotto e' riportato dalle scienze della "stampa".

Per ricercarlo: http://www.lastampa.it/_settimanali/tst/estrattore/tutto_scienze/art.asp

Opinioni in merito sono gradite.

Regards,

Francesco 8)))

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QUANTO petrolio c’è ancora? Quanto metano? E quale scenario energetico si profila, tenendo conto dell’evoluzione delle altre fonti, dal nucleare alle biomasse, dall’eolico al solare? Alcune risposte sono nelle tabelle fresche di stampa di «World Oil and Gas Review 2005», la pubblicazione dell’Eni che da cinque anni fotografa la situazione. Le riserve globali di greggio sono tuttora in lieve crescita: erano 1.046.000 milioni di barili nel 2003, 1.099.000 milioni l’anno scorso e sono 1.111.000 milioni quest’anno. Su scala decennale, arrotondando un po’, siamo passati dai 970.000 milioni di barili del 1995 al milione e centomila barili di oggi. Occorre però considerare che la domanda è aumentata più delle nuove riserve: nel 1993 le scorte assicuravano 40 anni di consumi, la stima attuale è di 38 anni. L’affacciarsi di nuovi grandi consumatori come la Cina e l’India, le tensioni legate alla guerra in Iraq, la tendenza di molti paesi a tutelare le proprie riserve strategiche, sono alcuni dei fattori che hanno modificato in peggio l’orizzonte energetico del pianeta. Come si spiega qui accanto, un contraccolpo positivo dell’alto prezzo del barile sarà il rilancio delle ricerche del «petrolio difficile» in alto mare. Ma ricordiamoci che il presupposto affinché questo petrolio sia remunerativo per chi lo cerca con altissimi investimenti è che il prezzo del barile si mantenga alto: cosa che ovviamente non ci rallegra. Si discute molto se sia già stato raggiunto il «picco del petrolio», cioè il momento in cui, consumata più della metà delle scorte globali, in presenza di una continua crescita della domanda, questa fonte energetica è destinata a costare sempre di più e a suscitare di riflesso drammatiche tensioni internazionali. Le stime sul picco sono controverse. La realtà è che le fonti di energia non arrivano all’esaurimento in sé, ma arrivano alla fine della loro convenienza economica. Da questo punto di vista ci avviamo all’uscita dall’era del petrolio per addentrarci in quella del metano. Il sorpasso è previsto verso il 2030: oggi il mondo va a petrolio per il 38% delle sue esigenze energetiche e per il 23% a gas. Uno dei vantaggi di questa fonte sta nella sua diversa geografia: grandi riserve di gas esistono non solo in Medio Oriente ma anche in Russia, Nord America e alcuni paesi africani. Quanto basta a rendere il mercato più vario e competitivo. Guardando oltre, c’è il nucleare di nuova generazione, a sicurezza intrinseca, che dovrebbe garantire il ricambio generazionale dei 450 reattori oggi in funzione nel mondo, il cui contributo alla produzione elettrica è intorno al 16 per cento. Nei paesi contrari al nucleare, un ruolo importante potrebbe avere la realizzazione di progetti tipo l’«energy amplifier» proposto da Carlo Rubbia: un sistema che, oltre a produrre energia, converte le scorie radioattive a lunga vita in scorie a decadimento più breve, risolvendo in buona parte il problema dei «cimiteri nucleari». Al solare si può riportare sia l’eolico, sia l’energia ricavabile dalle biomasse (per esempio l’alcol ricavabile da coltivazioni, buon surrogato della benzina), sia il solare termico e fotovoltaico: tutte utili fonti integrative destinate a crescere. In prospettiva c’è la fusione termonucleare, il cui prossimo test sarà il reattore sperimentale ITER, una collaborazione internazionale. Ma qui si parla del 2050 o giù dì lì. Ci sarebbe il tempo per ripensare il modello di sviluppo globale, senza troppi traumi.

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Bisogna dire che lo scenario tracciato nell'articolo non è l'unico che viene ipotizzato in sede di valutazione delle scelte; è quello un po' pessimista senza cadere nel nero profondo, ma ne vengono valutati di peggiori di questo e anche di più leggeri. E' quello classico presentato per gli scopi giornalistici.

Poi, gli scenari non sono ingessati bensì parecchio variabili e vengono aggiornati molto spesso

Comunque le conclusioni sono condivisibili

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