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I pacs


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I più attivi nella discussione

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il motivo è quello, non diciamoci balle.

Ludico qui siamo tutti adulti e vaccinati e leggiamo benissimo oltre le righe, a cominciare da Ruini per finire a Bertinotti... usiamo argomenti piu' seri e non slogan.

Ad esempio ieri quando hai elencato sommariamente i punti dei pacs e' stato un argomento serio di discussione...

Una nota tecnica retorica per distorcere di fronte alla massa-folla che sia le considerazioni di qualcuno e' amplificarle, ingigantirle fino a renderle grottesche. E' un artificio ben conosciuto.

Tornando alla pillola abortiva essa e' un coctail di farmaci dannoso in certa misura per la salute della donna e ad esso e' di gran lunga preferibile il metodo tradizionale che di chirurgico ha poco o nulla... la pillola non ha ragion d'essere dentro un ospedale e se una donna si presentasse al reparto di ginecologia dell'ospedale del mio paese il primario mi ha detto che senza dubbi userebbe il metodo tradizionale.

Ma la pillola serve ad altro, a portare l'aborto fuori dagli ospedali, a legalizzarlo... e questo e' contro la 194 gia' largamente inapplicata.

Parliamo invece di come si applica la 194? Perche' non sento proteste? Io temo non che Ruini la voglia abolire ma tempo che a volerla abolire o cmq non applicare siano altri...

ora se vuoi copia la 194 da qualche parte e leggila... e' un inno alla vita dalla prima riga ;)

Ci solleveremo dalle tenebre dell'ignoranza, ci accorgeremo di essere creature di grande intelligenza e abilità. Saremo liberi!Impareremo a volare! Richard Bach, 1973," Il gabbiano Jonathan Livingston"

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ma chi erano... gli abitanti di Sparta antica?

no erano idee molto diffuse fino a qualche anno fa nel nostro bel paese, in tutti gli ospedali di cattolico legame e non...

Le litigate di mia madre con i medici per la nonna che nn stava bene me le ricordo molto bene...

"The great enemy of the truth is very often not the lie -- deliberate, contrived and dishonest -- but the myth -- persistent, persuasive and unrealistic"

(John Fitzgerald Kennedy)

"We are the Borg. Lower your shields and surrender your ships. We will add your biological and technological distinctiveness to our own. Your culture will adapt to service us. Resistance is futile!"

"Everyone is entitled to their own opinion, but not their own facts!"

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  • 1 mese fa...

dal corriere:

Roma, il popolo dei pacs scende in piazza

Cominciata a Piazza Farnese la manifestazione a favore della legalizzazione delle unioni di fatto, incluse quelle omosessuali

ROMA - Il popolo dei Pacs, quello che vuole legalizzare le unioni di fatto, comprese quelle omosessuali scende in piazza. E lo fa con due distinte manifestazioni.

ROMA - A Roma l'evento principale. L'appuntamento è a piazza Farnese per «Tutti in Pacs», manifestazione a sostegno delle unioni civili. Un palco accoglierà le voci di quanti «hanno a cuore la laicità della Repubblica», secondo quanto riferiscono gli organizzatori; si parlerà di coppie e dei loro amori, di libertà di autodeterminazione delle donne, di libertà di religione nella separazione fra stato e chiesa. Momento clou, la celebrazione dei pacs dove rappresentanti politici (fra i quali l'europarlamentare Ds, Pasqualina Napoletano) sottoscriveranno simbolicamente, con i propri partner, l'unione. Ad officiare la cerimonia, il magistrato della Cassazione Giovanni Palombarini, presenza che ha sollevato anch'essa forte contestazione, anche dal ministro della Giustizia Roberto Castelli.

e invece ieri...

ROMA, 13 gen - "Spero e sono sicuro che prima o poi qualche Papa cambierà posizione nei confronti degli omosessuali e chiederà perdono, come è già successo precedentemente per le guerre sante e per l'antisemitismo cattolico". Lo ha detto il deputato Ds Franco Grillini che, sventolando una bandiera con la scritta "Pacs", è intervenuto a un sit in organizzato da Arcigay per commemorare Alfredo Ormando, il poeta siciliano che il 13 gennaio di 8 anni fa si diede fuoco in piazza San Pietro

per protestare contro l'atteggiamento della Chiesa cattolica verso gli omosessuali.

Una trentina di manifestanti hanno preso parte al sit in, che si è svolto appena fuori le transenne di piazza San Pietro, e hanno esposto colorate bandiere della pace, altre inneggianti al Pacs e cartelloni contro le gerarchie ecclesiastiche. "2006 anni di discriminazioni - si legge in un grosso manifesto - Ringraziamo la Chiesa cattolica", "Democrazia sì, teocrazia no" è lo slogan di un altro cartello esposto dall'associazione di atei "No God". L'incontro si è concluso con il consueto lancio di fiori, margherite rosse e arancio, al di là delle transenne di piazza San Pietro, per raggiungere idealmente il luogo in cui Ormando si suicidò nel 1998. Anche un ex sacerdote ha preso parte al sit in: Franco Barbero, ex prete di Pinerolo (Torino) che due anni e mezzo fa ha subito, a causa dell'esplicito sostegno agli omosessuali, un provvedimento di riduzione allo stato laicale. "Alfredo è dentro di noi - ha dichiarato Aurelio Mancuso, segretario nazionale di Arcigay - e non dimenticheremo il silenzio del Vaticano, che continua a essere non democratico ed emarginante, verso gli omosessuali e anche verso le donne". "Non è la giornata contro l'omofobia religiosa - ha spiegato Fabrizio Marrazzo, presidente di Arcigay Roma - ma è un'occasione per chiedere un dialogo alle religioni, anche se la Chiesa continua a negare l'esistenza delle coppie di fatto omosessuali".(ANSA).

a milano invece c'è stata una manifestazione in difesa della 194

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Riporto un articolo riguardo alle coppie di fatto di Luigi Accatoli vaitcanista del CdS e giornalista del Regno(ciornale cattolico)..leggetelo e molto interessante..soprattutto per il messagio che manda..;)

Le coppie di fatto

e l’attesa di una nuova misericordia

Francesca Romana, figlia di cari amici, si sposa nella chiesa di Santa Prisca sull’Aventino, un sabato di sole ottobrino e quanti l’hanno vista crescere si incantano a guardarla, come sempre avviene. Ma stavolta con un sentimento diverso dall’abituale perché i matrimoni si sono fatti rari e questo ha qualcosa di speciale, nel giro romano al quale anch’io e i miei figli apparteniamo.

La sposa si è vestita di bianco e tra lei e Roberto c’è Marta, la bimba che hanno avuto tre anni addietro. In piedi lungo le pareti ci sono un centinaio di amici degli sposi, molti dei quali vivono in coppia ma quasi tutti senza matrimonio e alcuni circolano per la chiesa, dietro ai loro bimbi che corrono qua e là. Sedute ai banchi ci sono le tenaci nonne della sposa e un altro centinaio di amici dei genitori degli sposi, timidamente fiduciosi che la bellezza di quanto avviene contagi i ragazzi che riempiono la chiesa.

Com’è avvenuto in fretta il trapasso da un’umanità che incentrava sul matrimonio i riti della maggiore età e del distacco dai genitori a quest’altra che si stacca più tardi e quasi senza accorgersene, andando a convivere un poco per volta, ma dà importanza soprattutto all’arrivo dei figli e si sposa, se si sposa, quando matura il libero convincimento.

Al matrimonio

in piena libertà

Perché tutto oggi deve avvenire nell’autenticità e in piena rispondenza tra ciò che si sente e ciò che si fa. Su questo chi potrebbe dargli torto?

Don Maurizio, prete scout (Francesca Romana è animatrice dell’AGESCI), pone la già provvida e oggi lunare domanda: “Siete venuti a celebrare il matrimonio senza alcuna costrizione, in piena libertà e consapevoli del significato della vostra decisione?” I genitori presenti ruminano sul fatto che da giovani avevano combattuto per quella “libertà” ed ecco che i loro figli quasi non sanno che farne. Davvero l’umanità non riesce a sciogliere un nodo senza intrecciarne un altro.

Si direbbe che i nostri ragazzi secolarizzati per essere sicuri della piena libertà aspettino a decidere quando più nessuno si aspetta che lo facciano.

Abbiamo ascoltato la nuova formula del matrimonio: “Io Roberto accolgo te, Francesca, come mia sposa”. A me piaceva di più “prendo te”. “Ma guarda che cosa mi viene in mente!” mi sono detto pieno di gratitudine per la decisione di quei due ragazzi. Mi sono sempre piaciuti i matrimoni, anche quelli degli sconosciuti ma credo di non aver mai amato due sposi quanto Francesca e Roberto, come se si sposassero a nome della loro generazione.

Una gratitudine somigliante come goccia d’acqua a quella che – alla preghiera dei fedeli – ha espresso Angelo, il papà della sposa, con questa intenzione che poi mi ha mandato per e-mail:

Insieme con voi, cari amici che avete voluto condividere con noi questa giornata così bella e illuminata dal sole, vorrei pregare il Signore per il cammino che Francesca Romana, Roberto e Marta cominciano oggi in modo nuovo, insieme e senza perdere la propria individualità. Un cammino che speriamo lungo, gioioso e ricco di frutti.

Aperti

alle cose nuove

Anche dinnanzi alle difficoltà – perché tutte le realtà importanti della nostra vita sono difficili – vivano con creatività, fantasia e nella fiducia: meritandola e offrendola generosamente. Abbiano l’esperienza della tua amicizia. Siano aperti alle cose nuove, all’inedito con cui tu, o Signore, continui ogni giorno la creazione e prepari cieli nuovi e terre nuove. Si lascino guidare da una sana inquietudine e dallo spirito di ricerca attraverso il quale tu ci solleciti a non addormentarci, stanchi o pigri, ai margini della strada che dobbiamo percorrere.

Cerchino la tua Parola, scritta nel Libro e nascosta nei segni dei tempi e nella vita degli uomini: la Parola è il dono più importante, è Dio stesso che si rivela (altro che le apparizioni, i messaggi, i miracoli, le leggi o i documenti...).

Nella società dominata dal frastuono degli interessi egoistici e dei media asserviti al potere, siano attenti a riconoscerti e ascoltarti nel sussurro del vento leggero, nelle voci deboli e incerte. Non si tratta di una scelta minimalista, ma di una resistenza forte, talvolta eroica, perché non si ascolta la Parola se non si resiste al potere, ai soldi, alle apparenze, alle comodità; e se non si crede che un mondo diverso, e migliore, è possibile. Questo è, in fondo, il programma delle beatitudini.

Francesca Romana e Roberto vogliano sempre accogliersi l’un l’altro, alimentando e reinventando il loro amore ogni giorno e sappiano farsi prossimo di quanti incontreranno sulla loro strada, cominciando naturalmente da Marta.

Aiutali, o Signore, a comprendere in profondità che cosa significa amare l’altro, gli altri come se stessi; e Dio al di sopra di tutto.

L’amore, infatti, è l’unica cosa che conta veramente.

Trovino modo di migliorare un poco il mondo in cui vivono, riducendone l’inquinamento di volgarità e di stupidità; siano operatori di giustizia, di fraternità e di pace; e, giunti alla meta, siano diventati veramente come tu li hai immaginati fin dalla creazione dell’universo.

Tutte questo che invochiamo per loro vorremmo che tu lo concedessi anche a ciascuno di noi. Per questo ti preghiamo.

Le nozze sono scese

al minimo storico

Francesca Romana e Roberto hanno fatto il matrimonio concordatario e il prete scout alla fine ha “dato lettura” degli “articoli del Codice civile”. Irene, invece, altra figlia d’amici, si è sposata in comune prima della nascita del bambino e Martina e Agnese, tutte sui trent’anni, hanno fatto figli senza sposarsi affatto e questa è anche – fino a oggi – la scelta di tante altre, presenti e no quel giorno a Santa Prisca.

Del resto la caduta dei matrimoni ce la raccontano le statistiche. Il rapporto ISTAT appena diffuso dice che nel 2004 sono riprese le nascite, che hanno fatto registrare 1,33 figli per donna (il tasso più alto degli ultimi 15 anni), mentre i matrimoni sono al minimo storico: 250 mila contro i 312 mila del 1999. Nello stesso periodo i matrimoni religiosi sono scesi dal 79% al 68%.

Se queste novità non le cogli soltanto da una schermata del sito ISTAT, ma le vedi sulle facce delle giovani mamme con figli che in una chiesa partecipano a un rito di matrimonio, e sei il padre di una di loro, davvero hai la sensazione di un trapasso d’epoca.

Perché il punto è questo: i nostri figli e le nostre figlie che temono il matrimonio sono veri papà e vere mamme, spesso decisi ad avere più di un figlio e magari è proprio in funzione dei figli che alcuni si decidono alle nozze.

E’ quanto hanno fatto – con il solo rito civile – Irene e Francesco, cinque mesi prima che nascesse Enrico e dopo un anno di convivenza. “Quando abbiamo deciso di metterci insieme – racconta Irene – Francesco era più favorevole di me al matrimonio, io invece non ci pensavo e gliene ho fatto perdere la voglia. Ma quando siamo passati a vivere nella stessa casa sono stata io a parlarne. La prima finalità era quella di consolidare la nostra unione, poi veniva l’intenzione di preparare una situazione più sicura al bambino che stava arrivando. Ma in sostanza l’abbiamo fatto per noi, come un momento bello, anche simbolico e di festa, perché la coabitazione era avvenuta quasi senza dirlo”.

Il papà di Irene, Pasquale, commenta con grata ironia l’evento tanto atteso: “Non ho potuto portarla all’altare, ma almeno l’ho accompagnata alla scrivania”.

Come Pasquale, come Angelo e come me, c’è un’altra amica, di nome Pia, travolta dalla nonnitudine e sorpresa dalla difficoltà dei figli al matrimonio. A lei è capitato di diventare nonna ai Caraibi, dove la figlia Martina e il suo uomo vivono su una barca. Lui fa lo skipper per gli amanti della vela e si spostano da un’isola all’altra come nomadi del mare.

Pia – che viene come me dalle campagne marchigiane – in vicinanza del parto è partita risoluta per la Martinica, ha inseguito aerei, ha parlato lingue che non sapeva. E’ tornata contenta e non solo perché il bimbo è bellissimo ma “perché ho visto che sono veramente genitori, si preoccupano del bambino”.

Può bastare di meno per avvertire che un intero patrimonio emotivo si trasmette alle nuove generazioni per vie che non sappiamo e di colpo lo ritroviamo intero dove non sospettavamo che fosse arrivato. Basta che Matilde, compiendo 18 anni, ci dica una sera che è in pensiero per Federico, che è in giro in automobile da solo.

Dice Pia: “Fanno troppe imprese nuove e temo che si smarriscano. Però vedo anche che sanno fare a meno di tante cose, più di me. Questa capacità io l’ammiro”.

Non si sposano

ma sono veri genitori

Il bambino nato alla Martinica si chiama Coray, che nella lingua del posto significa “corallo”. Un nome che viene dall’emozione dei genitori alla vista di una barriera corallifera. Il nome non veicola sempre un’emozione della coppia generante? Fu così che Isacco e Rebecca – che sentiva i figli che “si urtavano nel suo seno” – inventarono il nome del primogenito: “Uscì il primo, rossiccio e fu chiamato Esaù” (Genesi 25, 25).

Certo quella scelta della vita in mare – “Ma come potete pensare di tenere un bambino su una barca?” – l’aveva contrariata non poco: “Mi sono ricreduta quando mi hanno confidato che il bambino l’hanno voluto e ora dicono che vogliono dargli una sorellina in modo che crescano insieme. Ho capito che si può stare insieme e si può essere genitori in modo nuovo ma sempre serio”.

Un padre che si interroga ogni giorno sulla costellazione che sta sorgendo può dire una parola alla Chiesa, in vista di una nuova misericordia? Come pensiamo di attirare questi ragazzi al matrimonio, se facciamo battaglie contro le coppie di fatto?

Luigi Accattoli

Dal Regno attualità 20/2005

speriamo arrivino presto..

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Cinquantamila persone alla manifestazione per i patti civili

Calderoli: "Assurde pretese di privilegi da parte dei 'culattoni'"

Roma, migliaia in piazza per i pacs

tra slogan, polemiche e matrimoni

Il guardasigilli contro il giudice Palombarini favorevole alle unioni

"Evidenzia l'appartenenza alla parte più sciamannata del Paese"

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ROMA - "Libero amore in libero stato. Tutti in pacs". E' uno dei tanti slogan della manifestazione in corso a piazza Farnese a Roma per chiedere i pacs (patti di solidarietà civile). "Siamo in 50 mila", hanno detto dal palco gli organizzatori pochi minuti prima delle 17.

La storica piazza alle spalle di Campo de' Fiori è iniziata alle 15.30, ma già un'ora prima era gremita di persone. Tantissime le bandiere: da quelle di Rifondazione comunista a quelle arcobaleno dei gay, ai socialisti liberali radicali, nonchè quelle del circolo omosessuale Mario Mieli. Numerosi anche i cartelli: "Pax vobis pacs nobis", è scritto su uno, "Pacs et bonum" su un altro.

Intanto è polemica a sinistra con Prodi che si dissocia ed esprime "amarezza" per la manifestazione. "In tema di famiglia, la politica del centro sinistra la fa l'Arcigay, non Romano Prodi", attacca Pier Ferdinando Casini. "In Italia - ha aggiunto il presidente della Camera - la famiglia lancia l'Sos, ma per me la famiglia resta quel luogo dove c'è almeno un uomo e una donna, non riesco a parificarne di altro tipo".

"Consiglio a Casini un paio di scarpette rosse Prada e un bel camauro, così è più coerente con la sua totale mancanza di laicità", risponde il presidente onorario dell'Arcigay e deputato Ds Franco Grillini, mentre il presidente dei Verdi, Alfonso Pecoraro Scanio parla di "scadimento inaccettabile, non bisogna confondere la religione con la propaganda politica".

E l'Osservatore romano parla chiaramente di "provocazione" riferendo le recenti parole del Papa che ha definito i patti civili tra omosessuali "un grave errore: la famiglia è legittima solo se fondata sul matrimonio". Ma la sinistra è arrivata all'appuntamento divisa. La Rosa nel pugno di Enrico Boselli giudica l'amarezza di Romano Prodi "avventata" mentre Pierluigi Castagnetti, capogruppo della Margherita, prende le distanze dalla manifestazione e consiglia "serietà e non provocazioni". In piazza hanno annunciato la loro presenza i Ds e i Comunisti italiani insieme a Daniele Capezzone, segretario di Radicali italiani, che giudica i Pacs "irrinunciabili".

In piazza c'è anche il consigliere della Cassazione Giovanni Palombarini, che ha unito simbolicamente 5 coppie tra le quali quella di Alfredo Capuano, capogruppo Ds al Municipio X e il suo compagno, Claudio Saliola. Il ministro della Giustizia Roberto Castelli che accusa il magistrato di collocarsi "all'estrema sinistra dello schieramento politico italiano, evidenziando così la sua non terzietà e la sua appartenenza alla parte più sciamannata del Paese".

Rincara la dose un altro leghista, il ministro per le Riforme Roberto Calderoli: "Pacs e porcherie varie hanno come base l'arido sesso e queste assurde pretese di privilegi da parte dei 'culattoni', per dirla alla Tremaglia, sono fuori luogo e nauseanti".

da la Repubblica.it

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Riporto un articolo riguardo alle coppie di fatto di Luigi Accatoli vaitcanista del CdS e giornalista del Regno(ciornale cattolico)..leggetelo e molto interessante..soprattutto per il messagio che manda..;)

speriamo arrivino presto..

Il tempo è gentiluomo. Tra un centinaio d'anni sembrerà assurdo che a inizio 21° secolo i PACS e le unioni gay non fossero stati ancora regolarizzati.

Chi è più criminale, chi tiranneggia il suo popolo, o chi prima finanzia il tiranno, e poi rimpiazza la dittatura con l'anarchia?

(Niall Ferguson, trad. Rita Baldassarre, Corriere Della Sera 02/01/2007)

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bellissime parole quelle di Accattoli, veramente... :clap

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Guest DESMO16
Riconoscere le convivenze?

Risponde su “L'Osservatore Romano” il Presidente dell'Unione Giuristi Cattolici Italiani

CITTA’ DEL VATICANO, venerdì, 13 gennaio 2006 (ZENIT.org).- Presentiamo l’articolo pubblicato sull’edizione quotidiana del 14 gennaio de “L’Osservatore Romano” firmato da Francesco D'Agostino sul riconoscimento delle convivenze. Il sottotitolo dell’articolo è “Le scorciatoie delle provocazioni”

* * *

Riconoscere le convivenze? Riconoscerle per legge (introducendo nel nostro codice - in analogia con quanto è avvenuto in Francia - un nuovo istituto, il PACS, cioè il patto civile di solidarietà)? Riconoscerle, indipendentemente dal fatto che i partner siano di sesso diverso o dello stesso sesso? Ammetterle all'adozione? Queste, ed altre domande, stanno crescendo nell'opinione pubblica italiana e diventeranno, con ogni probabilità, questioni non marginali nella prossima campagna elettorale. Di fughe in avanti, chiaramente volte a predisporre l'accettazione psicologico-sociale dell'"evento", ne percepiamo ormai molte. Alcuni Comuni italiani hanno già istituito pubblici registri per le coppie di conviventi (si è però prestata ben poca attenzione al fatto che, indipendentemente dall'irrilevanza giuridica di simili registri, le conseguenti registrazioni sono state numericamente irrisorie).

A Roma, uno dei Municipi della capitale ha tentato (ma per ora il progetto è fallito) di fare lo stesso. Ma soprattutto è sul piano delle provocazioni che sembra che il dibattito si stia collocando: è tipica la convocazione, in una centralissima piazza di Roma, di una manifestazione per "benedire laicamente" le unioni di fatto di personaggi, più o meno mediaticamente conosciuti, da parte di altri personaggi dotati di un carisma fornito loro dalla carica istituzionale di cui sono portatori (come può essere quello di cui gode un altissimo magistrato, che ha posto deplorevolmente tale carisma al servizio di una causa che non è istituzionalmente sua).

In una società democratica la battaglia delle idee non può che essere sempre benvenuta, perché della società democratica il dibattito e il confronto costituiscono l'essenza più preziosa. A condizione, però, che di dibattito e di confronto davvero si tratti. Quando invece al posto delle idee fioccano gli slogan; quando il ragionamento, soprattutto il ragionamento lucido e pacato, viene sostituito da cortei e da invettive; quando si operano assurdi corto-circuiti, appiattendo uno sull'altro clericalismo e difesa del matrimonio e chiamando a raccolta gli anticlericali, come se la lotta a favore del PACS sia una lotta per i diritti civili, oppressi dall'oscurantismo religioso, della democrazia e del suo spirito più autentico non ne rimane più nemmeno l'ombra. Siamo ancora in attesa di un argomento, di un solo argomento consistente, a favore del riconoscimento legale dei PACS. Un breve ragionamento, assolutamente laico, potrà convincerci di quanto appena detto.

Le coppie di fatto si dividono in due categorie: quelle che non vogliono e quelle che non possono sposarsi. Delle prime, ragionando in linea di stretto principio, non solo è opportuno, ma è doveroso che il diritto non si occupi: l'intenzione dei conviventi (apprezzabile o meno che sia sul piano strettamente morale) è proprio quella - pur potendolo fare - di non legarsi giuridicamente e non si vede proprio perché la legge dovrebbe far loro la "violenza" di considerarle comunque legate, sia pure attraverso un labile PACS, contro la loro volontà. Si osserva: ma queste coppie escludono solo il matrimonio "tradizionale", non altre forme di riconoscimento giuridico; se chiedono l'istituzione del PACS è proprio perché vorrebbero usufruire di alcuni diritti (in genere di carattere economico), che non sono attualmente riconosciuti se non alle coppie sposate. Ma la ragione per la quale tali diritti non sono loro riconosciuti è che esse non hanno l'intenzione di assumere quei doveri che sono parte essenziale dell'istituto matrimoniale. Non si può, in buona sostanza, non valutare se non come parassitaria e quindi indebita l'intenzione di coloro che pretendono un riconoscimento pubblico della loro convivenza per ottenere diritti senza doveri.

Peraltro, i giuristi ben sanno che praticamente tutti quei diritti al cui riconoscimento aspirano i partner di una unione di fatto possono essere attivati tramite il diritto volontario e senza alcuna necessità di introdurre nel codice nuovi istituti. Il testamento, ad es., esiste proprio per far sì che si possa trasmettere il proprio patrimonio a chi non avendo vincoli legali e/o familiari col testatore sarebbe escluso dalla successione legittima. La locazione della casa di comune residenza può essere stipulata congiuntamente dai due partner, in modo tale che al momento della morte dell'uno essa possa, senza alcuna difficoltà, proseguire a carico dell'altro. Non è vero, in altre parole, che ai conviventi vengano negati specifici diritti civili: la differenza rispetto al matrimonio sta semplicemente qui, che quei diritti che la legge riconosce automaticamente alla coppia che contrae matrimonio (assieme a corrispondente numero di doveri) nel caso delle convivenze devono essere, per dir così, attivati dai conviventi stessi. Il che, oltre tutto, è particolarmente coerente col principio, tipicamente moderno, dell'autonomia della persona, un principio che viene costantemente rivendicato ed elogiato dalla cultura c.d. "laica" e che non si vede perché, solo nel caso delle convivenze, debba essere messo da parte.

Le coppie che non possono sposarsi si dividono a loro volta in due sotto-categorie. La prima è composta da coloro che non possono ancora sposarsi per impedimenti transitori di tipo in genere legale (ad es. per la minore età o perché uno dei partner è in attesa del divorzio, ecc.). Per queste coppie l'offerta del PACS è senza senso: la stessa difficoltà, destinata a risolversi comunque da sola, che preclude loro le nozze precluderebbe loro anche il PACS. La seconda sotto-categoria è composta invece da quelle coppie che vorrebbero sì sposarsi, ma ritengono di non poterlo fare, per difficoltà economiche, e rimandano quindi, a volte sine die, il matrimonio.

L'autentico modo di venire incontro ai bisogni sociali di queste coppie non è certo quello di offrire loro un "piccolo matrimonio" (secondo l'incisiva e ironica definizione del Card. Ruini), come è appunto il PACS, che non risolverebbe alcuna delle difficoltà in questione, ma quello di attivare quelle iniziative sociali a favore della famiglia, che oltre tutto sarebbero doverose già in base al dettato della nostra Costituzione.

Cosa resta dunque delle istanze sociali, che giustificherebbero l'introduzione in Italia del PACS? Sembra nulla di nulla. A meno che non si voglia vedere dietro la richiesta del PACS una richiesta profondamente diversa, quella di una prima forma di riconoscimento legale delle coppie omosessuali, che dovrebbe aprire la strada, in tempi ora come ora imprevedibili, ma che per alcuni dovrebbero essere brevi, ad una compiuta equiparazione al matrimonio tout court del matrimonio omosessuale. Che le cose stiano proprio così è fuor di dubbio, per le esplicite dichiarazioni fatte dai principali rappresentanti del movimento degli omosessuali e dai loro simpatizzanti.

L'onestà intellettuale vorrebbe allora che di questo e solo di questo si parlasse: se cioè abbia una sua coerenza giuridica l'allargare l'istituto matrimoniale alle coppie omosessuali. Ma di fatto questo discorso viene sistematicamente eluso (pur venendo continuamente, ma indirettamente richiamato), perché nessuno è in grado di dare argomenti consistenti per dimostrare la necessità di alterare in modo così plateale e radicale quella struttura eterosessuale del matrimonio, che appartiene a tutte le culture e a tutta la storia da noi conosciuta.

È noto che ciò a cui aspirano le coppie omosessuali (peraltro nemmeno tutte, anzi solo una piccola parte di esse) è, prima ancora che il riconoscimento di diritti economici e sociali, un riconoscimento simbolico del loro rapporto. Ma il diritto non esiste per offrire riconoscimenti simbolici, bensì per dare risposte pubbliche ad esigenze sociali, che superano la mera dimensione privata dell'esistenza. Perché ad es. il diritto dà un riconoscimento pubblico al matrimonio e non all'amicizia? Perché l'amicizia, che pure attiva un vincolo, che può essere in alcuni casi esistenzialmente ancora più significativo di quello coniugale, non ha rilievo sociale, ma esclusivamente personale.

Il matrimonio invece, fondando la famiglia, e garantendo l'ordine delle generazioni, ha un rilievo sociale del tutto caratteristico, che ne giustifica la giuridicizzazione. La coppia omosessuale non crea famiglia: lo impedisce la sua costitutiva sterilità. Come superare questa difficoltà, se non potenziando il carattere mimetico della coppia omosessuale rispetto a quella eterosessuale? Di qui, la pretesa, confusa, ma dotata di una certa qual coerenza, di ammettere le coppie omosessuali (e in specie quelle "sposate") all'adozione. Poco importa che la psicologia dell'età evolutiva insista nel sottolineare quanto sia rilevante l'esigenza per i bambini di possedere una doppia figura genitoriale, maschile e femminile: di fronte all'ideologia, anche le argomentazioni della scienza vengono messe da parte.

Siamo tutti testimoni che si è aperta una partita decisiva, inimmaginabile fino a qualche decennio fa, che ha per oggetto la famiglia e attraverso la famiglia la stessa identità umana. La famiglia chiede di essere difesa; ma per difenderla non c'è bisogno di argomenti teologici o religiosi; bastano comuni argomenti umani, perché ciò che la famiglia tutela e promuove è innanzi tutto il bene umano. Chi ritiene che sia giunto il tempo per ripensare in modo assolutamente radicale la realtà della famiglia ha l'onere di provare fino in fondo le sue tesi eversive e di non darle per evidenti; ha il dovere di entrare in un dialogo serrato con chi è di diverso avviso; e soprattutto deve saper e voler rinunciare alle scorciatoie delle provocazioni e delle manifestazioni di piazza, che ben poco aiuto possono dare al confronto e al progresso delle idee. Sarebbe preoccupante se nell'Italia di oggi non ci fosse più uno spazio per un tale stile dialogico.

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è ridicolo come l'osservatore romano e in generale tutta la chiesa cerca di far passare le Unioni Civili come una deriva morale quando basta visitare qualsiasi altro paese della UE e capire che chi strumentalizza il tutto è proprio chi grida allo sfascio della famiglia.

é ridicolo anche che chi per un fondamentalismo religioso vuole escludere dalla società milioni di persone non voglia la turchia in europa perchè sarebbero "barbari" :lol:

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