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Fiat Ritmo e concorrenza


stev66

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Non è necessariamente detto che fosse un mulo per una vettura di produzione.

poteva essere un semplice "gioco" di come ne han sempre fatti (e ne fanno ancora) a balocco.

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Some critics have complained that the 4C lacks luxury. To me, complaining about lack of luxury in a sports car is akin to complaining that a supermodel lacks a mustache.

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Se non sbaglio in quegli anni si facevano sempre "strani" giochi anche per gusto personale all'interno delle fabbriche senza un ben determinato scopo. Questa Ritmo, fin troppo curata, non mi sembra un muletto o roba simile, potrebbe essere qualcosa del genere magari utile solo a stuzzicare l'attenzione del pubblico

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IL ROBOGATE

(estratto da Quattroruote-1979)

Inventata da Henry Ford basandosi sulle teorie di Frederick Winslow Taylor, magnificata da Alfred Sloan, immortalata da Charlie Chaplin, la catena di montaggio è rimasta attraverso i decenni il simbolo più popolare, e in un certo senso negativo, dell'industria dell'automobile e dei suoi metodi di produzione. Da alcuni anni, però, questo rigoroso concetto delle produzioni di grande serie è oggetto di decise iniziative innovatrici. Automazione, elettronica, robotizzazione, isole di lavoro: ovunque si cerca un nuovo modo di fare l'automobile. Un importante passo avanti in questa direzione è stato compiuto dalla Fiat con l'entrata in funzione, negli stabilimenti di Rivalta e Cassino, del Robogate, un impianto di assoluta avanguardia per la produzione della scocca della Ritmo.

Il nuovo tipo di organizzazione del lavoro introdotto con il Robogate non è fine a sé stesso. Con il medesimo impianto, infatti, si ha la possibilità di assemblare contemporaneamente due versioni di un medesimo modello (ad esempio le versioni 3 e 5 porte della Ritmo), in teoria anche di due o più modelli diversi.

In questo modo si ottiene un'elevata agilità produttiva e quindi anche una notevole capacità di adeguamento al ritmo delle vendite, con la possibilità di rispondere immediatamente alle variazioni di domanda da parte del mercato.

Il Robogate inoltre interviene direttamente in un altro momento della produzione in grande serie, controllando e garantendo la qualità del prodotto.

Questa funzione si svolge attraverso l'elaboratore elettronico che, oltre a pilotare l'impianto, assicura il controllo dei parametri elettrici delle saldature, segnalando istantaneamente ogni anomalia e provvedendo a modificare, se necessario, gli impulsi elettrici per ottenere sempre saldature perfette.

La qualità e l'uniformità della produzione viene così controllata dai robot stessi. Essi non possono sbagliare traiettoria né saltare dei punti. Inoltre sono “ciechi” e ripetono imperterriti le stesse operazioni, esigendo anche la qualità e l'uniformità delle lavorazioni precedenti, in particolare la costanza geometrica (precisione di forma e dimensioni) dei particolari in lamiera stampata e dei sottogruppi.

Il Robogate muta sostanzialmente il concetto di investimento. Rispetto ai tradizionali mezzi di saldatura e lastroferratura, che sono fabbricati praticamente su misura per un determinato modello, il nuovo sistema comporta un investimento iniziale nettamente superiore (circa cinque volte).

Per gli impianti gemelli di Rivalta e Cassino, compresi i Robogate per le fiancate, la Fiat ha investito circa 20 miliardi di lire.

Con l'introduzione in futuro di un nuovo modello, che potrà avvenire oltretutto in tempi molto più brevi a partire dalla definizione del progetto, non sarà più necessario modificare l'intero impianto. Cambierà soltanto la parte specifica dell'attrezzatura, pari al 10% dell'investimento iniziale (ossia al 30% del costo totale dell'allestimento per lo stampaggio).

Con il Robogate la lastroferratura delle scocche diventa interamente automatica. Sparisce la tradizionale “linea” di saldatura con i suoi mastodontici mascheroni. Al suo posto subentra una serie di stazioni di saldatura disposte parallelamente l'una all'altra e servite da robot.

In queste stazioni di saldatura, che sono a forma di portale (“gate” in inglese), le scocche si presentano in successione logica, trasportati da carrelli automotori (“robocarrier”) teleguidati via cavo sotterraneo.

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Si inizia con due stazioni di imbastitura della scocca; seguono poi altre sei stazioni di completamento. A parità di capacità produttiva la superficie coperta dall'impianto è circa doppia rispetto a quella di una tradizionale linea di lastroferratura.

L'intero impianto è pilotato da un calcolatore che ha il compito di regolare lo spostamento delle scocche, guidando i carrelli automotori in una intricata rete di percorsi, nonché di comandare il ciclo di saldatura vero e proprio.

Per il trasporto delle scocche a pieno ritmo produttivo circolano simultaneamente 24 robocarrier.

Le scocche trasportate da questi ultimi sono sistemate su una speciale attrezzatura portascocche (chiamata “pallet”): si tratta di una specie di vassoio dotato di riferimenti fissi per consentire un corretto posizionamento della scocca.

I quattro componenti principali della scocca – il “grappolo” come lo chiamano in gergo, cioè l'autotelaio (il pianale completo di sottogruppi), le due fiancate e il padiglione – sono stati preventivamente “graffati” insieme.

Ogni scocca abbandona il proprio pallet soltanto a saldatura ultimata per evitare qualsiasi deformazione in fase di montaggio e di trasporto.

Le scocche sono “graffate” su una linea attigua e successivamente stoccate in un magazzino aereo prima di venir calate nell'area del Robogate, da dove vengono prelevate da carrelli automotori.

Il prelievo è automatico e regolato dal computer a seconda del programma di produzione della giornata o del turno di lavoro.

Dopo aver prelevato una scocca da assemblare, il robocarrier si infila indifferentemente nell'una o nell'altra stazione di imbastitura a seconda della via libera che trova.

Nei portali di imbastitura, due intelaiature laterali a morsetti, chiamate “bilancelle”, bloccano nella corretta posizione geometrica i quattro componenti della scocca, graffati insieme sul pallet, in modo da impedire qualsiasi spostamento durante la saldatura. Successivamente entrano in funzione i robot.

Le operazioni di imbastitura si svolgono contemporaneamente in due stazioni perché richiedono un tempo notevolmente più lungo delle operazioni di completamento nelle altre stazioni.

L'imbastitura comprende infatti circa il 20% dei punti di saldatura totali. È una percentuale volutamente alta, che assicura alla scocca una buona autonomia strutturale ad imbastitura ultimata.

In altre parole, nelle successive stazioni di completamento non sarà più necessario ricorrere a bilancelle di bloccaggio per mantenere unite e nella posizione esatta le varie parti della scocca. In fase di imbastitura vengono dati 82 punti di saldatura (94 per la Ritmo a 5 porte).

Ultimata questa prima serie di punti il robocarrier riprende il suo cammino attraverso altre stazioni, nelle quali vengono eseguite le saldature di completamento per un totale di altri 322 punti (306 sulle 5 porte).

L'intero ciclo di saldatura delle scocche è assicurato da 27 robot. Se si prende in considerazione anche l'assemblaggio automatico delle fiancate, il numero dei robot sale a 44, quello dei punti di saldatura dati con il sistema Robogate a 728 (788 per la 5 porte).

All'uscita dell'ultima stazione di saldatura il robocarrier scarica la scocca, inverte la marcia e riprende il suo giro. A questo punto esso ha coperto mediamente 392 metri in un tempo di 21 minuti e 36 secondi. La cadenza produttiva è di una scocca ogni 67,5 secondi.

Poiché il ciclo di saldatura è diverso per le due vetture, la commutazione del programma è comandata da riferimenti specifici del pallet, attraverso segnali in codice che individuano il tipo di scocca trasportato. Per il resto tutte le stazioni sono bivalenti per le scocche a tre e a cinque porte.

Gli impianti Robogate di Rivalta e Cassino producono 800 scocche ciascuno al giorno, su due turni per un totale di 1600 vetture.

La flessibilità di produzione consentita dal sistema Robogate richiede un nuovo tipo di organizzazione del lavoro anche a monte e a valle dell'assemblaggio finale della scocca.

Ad esempio, è necessario predisporre il rifornimento dei pezzi che compongono la scocca secondo una particolare strategia che consenta di seguire le mutevoli richieste del mercato con la dovuta flessibilità.

La Fiat ha affrontato questo problema impostando anche la produzione dei singoli sottogruppi della scocca su un nuovo indirizzo tecnologico.

In particolare:

-l'autotelaio è assemblato in una sofisticata saldatrice transfert con sistema di avanzamento e rifornimenti automatici. Un moderno magazzino interamente automatico consente di alimentare la linea di graffatura delle scocche nella sequenza desiderata: autotelai con guida a sinistra oppure a destra, oppure nella versione USA (che si differenza per i diversi attacchi dei paraurti e per il pianale adattato al montaggio della marmitta catalitica);

-per quanto riguarda le fiancate, che costituiscono l'elemento maggiormente diversificato, a seconda del numero di porte, è stato allestito un altro impianto Robogate, in tutto e per tutto simile a quello dell'assemblaggio finale delle scocche.

Con questo sistema, rivestimenti esterni delle fiancate e relative strutture interne, sono assemblati a coppie su due circuiti distinti per poi ricongiungersi in una fase di assemblaggio finale che viene sempre attuata automaticamente, attraverso stazioni di saldatura, di imbastitura e di completamento. I cicli di saldatura e il movimento dei robocarrier con relativi pallet sono pilotati da un computer autonomo.

La capacità di produzione dell'impianto è di 800 coppie di fiancate Ritmo su due turni, alle quali se ne potrebbero aggiungere 400 di un modello diverso, sempre con la possibilità di variare le proporzioni.

Per il padiglione, infine, il processo di assemblaggio è tradizionale, essendo questo componente uguale per tutte le versioni della vettura.

Tuttavia, non si può dire che il Robogate nato con la Ritmo sia una invenzione: è una tecnologia nuova e come tutte le nuove tecnologie, specialmente quelle d'avanguardia, è nata da un patrimonio di conoscenze e di esperienze accumulate in diversi settori della tecnica.

Ecco le tappe più significative che hanno portato alla messa a punto del sistema Robogate alla Fiat.

1961: mentre in tutto il mondo le operazioni di saldatura delle scocche vengono eseguite quasi esclusivamente a mano (sino al 1965 circa), per il nuovo modello 1300-1500 la Fiat automatizza la saldatura del gruppo più importante della vettura, il pianale.

1966: con la nuova 124 e successivamente con le 128 e 127, l'intero autotelaio, le fiancate ed il padiglione sono preparati interamente in saldatrici multiple transfert. Comincia tuttavia ad emergere l'inconveniente della rigidità della produzione, ossia: le macchine di saldatura sono specifiche, ognuna legata ad un determinato modello; qualsiasi modifica alla scocca richiede lunghe fermate per l'adattamento degli impianti, e quando un modello esce di produzione, ben poco, se non nulla, può essere recuperato.

1972: la 126 entra in produzione nel nuovo stabilimento di Cassino, e con essa la meccanizzazione in lastroferratura si estende al “mascherone” che effettua non più la sola imbastitura, ma anche la saldatura quasi completa della scocca.

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Nel medesimo anno entrano in funzione per la prima volta 16 robot per il completamento delle saldature nella linea della 132.

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1974: per il modello 131 il “mascherone” viene suddiviso in due stazioni. Nasce così il principio della flessibilità di produzione: a Mirafiori per la scocca 4 porte e per la 2 porte in sequenza casuale, a Cassino per la 4 porte e la Panorama.

Il convogliatore, che trasferisce le scocche attraverso il mascherone automatico e i robot, contiene un'innovazione sostanziale: i pallet.

Ogni scocca viene bloccata all'inizio e tenuta bloccata durante tutto il completamento della saldatura, anziché venir bloccata e sbloccata ad ogni stazione.

Sono così evitate le deformazioni che si possono verificare, su scocche parzialmente saldate, durante il trasporto con mezzi tradizionali.

Parallelamente nello stabilimento di Mirafiori è stato attuato nell'area del montaggio finale della 131 un caso particolare di automazione.

Il nuovo impianto è caratterizzato dal sistema di trasporto del gruppi meccanici con carrelli elettrici automotori (robocarrier), pilotati da un elaboratore centrale di processo, e dall'impiego di attrezzature automatiche di avvitatura al posto delle tradizionali linee Towveyor, che utilizzano trasportatori a catena e avvitatura manuale.

1978: con l'esperienza acquisita sui robot di saldatura, sui pallet per l'intera scocca, sui robocarrier e sui calcolatori, viene progettato un impianto di lastroferratura di concezione interamente nuova. La Ritmo offre l'opportunità per attuarne la costruzione. Nasce il Robogate.

...2013: domanda dell'archivista. :D

Suppongo che il Robogate in quanto tale sia rimasto invariato almeno finché son durate Ritmo e Regata, giusto? Non sono molto pratico di linee produttive e dislocazione della produzione dei modelli nei vari stabilimenti. Hanno costruito anche la Uno col Robogate?

E soprattutto, finisce la Ritmo e arriva la Tipo, se non ricordo male anche lei da Rivalta e Cassino.

Ricordo varie illustrazioni della linea di montaggio della Tipo, mostrate al mondo per sottolineare la costruzione robotizzata e tutto il bla bla bla.

Però le illustrazioni partono sempre con la scocca già assemblata. E quindi mi chiedo, nel gigantesco investimento (2000 miliardi erano?) per la Tipo, che includeva i costi della nuova linea di produzione, il Robogate in quanto tale finì nel cestino, oppure quella zona con i robocarrier che piroettavano sulle punte :D (vedi spot della Ritmo più sotto) subì gli aggiornamenti necessari e continuò la sua carriera?

C'è qualche esperto di linee produttive del Gruppo che può soddisfare la mia curiosità?

A breve un reportage fotografico relativo ad alcune fasi della nascita di una GR.2 ;)

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Modificato da PaoloGTC

"... guarda la libidine sarebbe per il si, ma il pilota dopo il gran premio ha bisogno il suo descanso... e poi è scattata la regola numero due: perlustrazione del pueblo e ricerca de los amigos... ah Ivana, mi raccomando il panta nell'armadio, il pantalone bello diritto. E un po' d'ordine in stanza... see you later!" (Il Dogui, Vacanze di Natale)

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Ottimo lavoro come sempre ! Per rispondere alla tua domanda:

...E' proprio questa la principale prerogativa del Robogate: la flessibilità. Sulla stessa linea è possibile infatti allestire vari modelli, proprio come avviene a Cassino con Tipo, Regata (berlina e weekend) e Uno (a 3 e 5 porte). Il Robogate, aggiungono infatti alla Fiat, al contrario delle vecchie linee di montaggio, non muore con il modello prodotto.... Se si deve produrre una nuova auto, basta cambiare soltanto una parte accessoria, specifica della linea di montaggio, con un investimento pari appena al dieci per cento di quello iniziale.
Modificato da sylar91
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Prima di passare a novelle più complesse :) ho pensato di inserire le immagini che mi sono capitate fra le mani in questi giorni riguardo le Ritmo un po' particolari.

Avevamo parlato della Black Jack e giustamente lo zio Cosimo aveva ricordato l'esistenza della sorella Kilt Jack.

Eccola qua.

Nera con gli scudi rossi, cerchi in lega ed interni... vivaci. :)

Mi fa un po' strano però vedere questo esemplare allestito sulla base di una 60L, stando alla targhetta sul parafango. Leggendo della Black Jack avevo capito che l'operazione si basava su un centinaio di 1300 CL con ulteriori optional già dal listino Ritmo, oltre a quelli aggiunti in terra meneghina. Devo dedurre che questo non valeva per la Kilt Jack, oppure la vettura qui sotto era allestita a scopo dimostrativo e niente più.

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Parlando di altra Ritmo "special", dobbiamo ricordare che anche Fissore realizzò la sua Cabrio, la quale si distingueva dalla successiva "ufficiale" Bertone per l'apertura del portello bagagli, che pur ridotto per ovvi motivi, conservava il movimento originario. Diverso anche il disegno del vetro laterale posteriore, più grande e squadrato.

Mi sembra però che la capote realizzata da Fissore garantisse una miglior visibilità posteriore una volta ripiegata. Mi pare che resti più bassa rispetto alla cintura.

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Per chiudere, un bozzetto proveniente dalla fase di ricerca stilistica, che per il sottoscritto rappresenta una novità in quanto diverso dai soliti due-tre che circolano da tempo, e che mostrano una Ritmo più simile a quella che poi è stata. Qui vedo l'idea generale ma il frontale è decisamente più classico, e manco a farlo apposta (visti i miei discorsi dell'altro dì) ci vedo un che di Yugo. :D

(ma comunque anche di 127 seconda serie... quindi potrebbe voler dire tutto e niente, rispetto a ciò che ipotizzavo qualche giorno fa)

C'era già l'idea di sbizzarrirsi coi cerchi. :)

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"... guarda la libidine sarebbe per il si, ma il pilota dopo il gran premio ha bisogno il suo descanso... e poi è scattata la regola numero due: perlustrazione del pueblo e ricerca de los amigos... ah Ivana, mi raccomando il panta nell'armadio, il pantalone bello diritto. E un po' d'ordine in stanza... see you later!" (Il Dogui, Vacanze di Natale)

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Complimenti per le ricerca, la kilt credo di non averla mai vista :shock:

non vorrei dire un'eresia, ma credo che la kilt jack fosse su base 60L perchè il tessuto scozzese era disponibile solo su quella versione. Il tessuto della cl e delle altre era diverso, più spesso, di qualità nemmeno malaccio, oppure nella tragica similpelle vinilica da non usare d'estate con i pantaloni corti :mrgreen:

CI SEDEMMO DALLA PARTE DEL TORTO VISTO CHE TUTTI GLI ALTRI POSTI ERANO OCCUPATI

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Complimenti per le ricerca, la kilt credo di non averla mai vista :shock:

non vorrei dire un'eresia, ma credo che la kilt jack fosse su base 60L perchè il tessuto scozzese era disponibile solo su quella versione. Il tessuto della cl e delle altre era diverso, più spesso, di qualità nemmeno malaccio, oppure nella tragica similpelle vinilica da non usare d'estate con i pantaloni corti :mrgreen:

"... guarda la libidine sarebbe per il si, ma il pilota dopo il gran premio ha bisogno il suo descanso... e poi è scattata la regola numero due: perlustrazione del pueblo e ricerca de los amigos... ah Ivana, mi raccomando il panta nell'armadio, il pantalone bello diritto. E un po' d'ordine in stanza... see you later!" (Il Dogui, Vacanze di Natale)

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Estate, estate e sedili di finta pelle che ustionano i glutei. Marin l'estate la desiderò ardentemente quando si ritrovò a vivere quest'avventura. :)

IL RAID DEI 24 PARALLELI

di Gianni Marin e Benny Manocchia - fotografie di Vanni Belli - da Gente Motori 1979

Una piccola considerazione (anzi due) prima che iniziate la lettura: noterete che le foto a corredo non sono esattamente abbinate al testo, come "scaletta". Questo perchè il resoconto del raid (pubblicato in due parti) non seguiva esattamente un A-B-C, e le foto dei servizi anche loro eranon inserite in modalità piuttosto "random".

Inoltre, il numero di immagini era troppo elevato rispetto al limite di upload immagini per singolo post, per cui seguirà un secondo messaggino con le foto rimanenti e le loro didascalie. ;)

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La traversata atlantica sta per terminare. Il DC10 dell'Alitalia si avvicina all'isola di Terranova; l'Oceano è in molti punti ghiacciato, qua e là navigano degli imponenti iceberg.

Ecco lo stretto di Caboto, il golfo di San Lorenzo, Quebec.

La voce della hostess: “Ci apprestiamo ad atterrare a Montreal. La temperatura a terra è di meno venticinque gradi centigradi”.

Un brivido corre lungo la schiena. Pensiamo di aver frainteso, ma basta uno sguardo, che si scontra con quello degli altri passeggeri, per toglierci ogni speranza. A Montreal sono proprio 25° sotto zero.

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Montreal, Canada

Ce ne rendiamo subito conto quando prendiamo posto sulle navette che collegano l'aereo con l'interno dell'aeroporto. Baveri alzati, colbacchi, fiato che si condensa in nuvolette simili alle folate di una pipa ben attizzata. “E' un freddo record”, dice il tassista che ci accompagna all'albergo. E dura da diversi giorni. “Meglio così”, continua, “fin che fa freddo non nevica”.

La situazione insomma non è delle più allegre. Ci troviamo a Montreal per compiere uno dei nostri raid; ma le attrezzature se non sono proprio quelle di tutti i giorni (l'unica precauzione è stata quella di utilizzare delle tute termiche della ditta Benning di Thiene e degli scarponcini Lotto) certamente non sembrano le più adatte per una situazione così esasperata.

Siamo qui per provare la Fiat Strada che il 6 gennaio la Fiat USA ha presentato a Las Vegas alla stampa locale.

Gente Motori vi ha già mostrato la vettura in forma statica. Avevamo apprezzato le modifiche estetiche, avevamo giudicato gli aggiornamenti tecnici alle normative di antipollution e di sicurezza americane. Ma volevamo vederle e soprattutto provarle.

E' così nato il “Raid dei 24 Paralleli”, da Montreal a Miami, per un totale di 3500 chilometri. Almeno sulla carta. E ancora sulla carta avevamo pensato di andare dal freddo al caldo, dall'inverno di Montreal al “quasi-estate” di Miami; il tutto però, come l'eroe manzoniano, “con judicio”.

Invece, alla prova dei fatti, questo raid si è rivelato il più duro e probante test fra tutti quelli portati a termine da Gente Motori. I – 25° diurni di Montreal sono diventati 35 durante la prima tappa nelle ore serali e di primo mattino (le due Strada sono rimaste parcheggiate all'addiaccio e ci ha fatto piacere vedere al mattino la loro “prontezza di riflessi” nel momento in cui abbiamo deciso di rimetterle in marcia).

La temperatura si è poi mantenuta costantemente intorno ai 10 gradi sotto lo zero, quando abbiamo affrontato l'autostrada numero 95 da New York fino a Washington.

Sino a quel momento avevamo attraversato il Vermont, il New Hampshire, il Massachussets, il Connecticut, lo stato di New York, il New Jersey, il Delaware, il Maryland; eravamo entrati in quello che non è un vero e proprio stato ma un distretto della Columbia, cioè Washington.

Inconsciamente e con grande leggerezza avevamo pensato: “Il più è passato, ora ci avviciniamo alle zone calde e la marcia diventerà più facile”.

Non sapevamo cosa stava per accaderci.

(fu così che quel giorno, per la prima volta, il Gianni si ritrovò a pensare che forse a Milano in redazione con i glutei sulla poltrona non si stava tanto male)

Ma proseguiamo nel racconto.

Lasciata la capitale nord-americana sotto un forte vento proveniente da sud, ecco le prime avvisaglie di neve. Prima dei fiocchi radi, poi sempre più fitti, poi sempre più ampi. Si stava scatenando una bufera: da venticinque anni non si registrava un fenomeno simile sulla zona.

Il dramma era agli inizi. Il dilemma anche: fermarci o continuare? La pattuglia della polizia, ferma a lato strada, ci consiglia di uscire e di fermarci al primo motel. A mano a mano che procediamo le colonne in uscita sono sempre più numerose. È domenica: anche gli americani in week end sono stati presi alla sprovvista.

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La nostra piccola troupe tiene consiglio via radio: opinioni discordi, poi prevale il “continuiamo”. Da quel momento ha inizio il dramma dei quattro italiani al volante delle due Strada, un dramma durato 301,9 miglia, pari a 486 chilometri molti dei quali compiuti in piena notte sotto la neve, a cui si debbono aggiungere altre 185,5 miglia pari a 298 chilometri su di un'autentica lastra di ghiaccio, quindi molto di più del solito “fondo ghiacciato”.

Virginia, Nord e Sud Carolina, e la parte iniziale della Georgia sono stati percorsi dalle Fiat Strada in queste condizioni. Da tener presente che nel Nord Carolina, in piena notte, abbiamo incontrato l'occhio del ciclone, proprio nella regione denominata Rocky Mount; una zona desolata, di montagna, un posto dimenticato da Dio e dagli uomini, dove vivono ancora oggi i cosiddetti hillbillies, cioè i “montanari”, gente nomade che spara addosso agli agenti delle tasse, si rifiuta di andare alle armi, distilla il moonshine, una specie di whisky schifoso, preparato nottetempo in caverne segrete.

(praticamente Dinamite Bla)

Ricordare oggi a tavolino questa impresa ci fa anche dire: “Siamo stati dei pazzi”. Le Strada erano assolutamente normali. Era stata presa un'unica precauzione: quella di sostituire la miscela antigelo, il cui limite era di – 23°, con una adatta per i – 36°.

il tutto è poi stato affidato alle automobili, alle loro sospensioni, ai loro freni, alla loro tenuta di strada e alle gomme: i Pirelli P3.

Ebbene alla Ritmo e alla Strada, sua diretta derivazione, si possono trovare molti nei (e avremo occasione di parlarne) ma non potremo mai criticare la tenuta di strada e il comportamento dei pneumatici Pirelli, che si sono trovati a dover lavorare in condizioni assolutamente impossibili.

Con la massima modestia, ci sentiamo di affermare che forse nessun collaudatore della Fiat e della Pirelli si è venuto a trovare in condizioni tanto difficili.

Non avevamo catene, né chiodi, né preparazione da rallies; eravamo nelle condizioni di un qualsiasi automobilista, in una situazione ambientale assolutamente eccezionale.

Il nostro Vanni Belli ha tentato (e le pagine fotografiche che corredano queste nostre note ne sono una pallida testimonianza) di trasmettere al lettore l'immagine di quei momenti (o meglio: di quelle lunghe ore); ma, come abbiamo detto, è una “pallida testimonianza”.

Come fotografare nel cuore della tormenta? Come fotografare di notte mentre la neve si accumulava centimetro su centimetro?

Come fotografare mentre stavamo superando sul ghiaccio i grossi camion americani che sollevano tornado di neve, acqua e ghiaccio?

Ci siamo quindi affidati alle parole, alla nostra testimonianza di giornalisti onesti che sempre hanno raccontato dal vivo e con la massima obbiettività le proprie esperienze motoristiche.

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Montpellier, Canada

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Montpellier, Canada

Se ci chiedessero di ripetere una simile esperienza, forse rifiuteremmo, pensando anche ai pericoli reali a cui siamo andati incontro.

Però oggi possiamo ben dire di aver compiuto un'impresa eccezionale con una vettura e dei pneumatici straordinari.

Le cifre parlano chiaro. Abbiamo percorso 3468 chilometri in 41 ore e 42 minuti, la media generale è stata di 83.165 chilometri all'ora e quella autostradale di 89,868.

Si tenga presente che la velocità massima consentita negli Stati Uniti è di 55 miglia all'ora, cioè di 88,495 chilometri orari. Una curiosità: lo stato del Wyoming ha chiesto di portare questo limite a 70 miglia: il presidente Carter ha risposto di “sì”, ponendo però come condizione il decadimento di tutti i contributi governativi di cui gode questo stato americano.

Ritornando alla nostra media, possiamo dire che anche questa è stata eccezionale; in tre occasioni abbiamo avuto guai con la State Police, cioè la Polizia della Strada locale. Ci sembra interessante riportare un ultimo dato che consente di giudicare in maniera obbiettiva il modo in cui si è svolto il nostro test: il percorso da Montreal a Miami City dove la temperatura era di 26° (l'escursione termica dal momento della partenza a quello dell'arrivo è stata di 61°) è stato percorso in cinque giorni effettivi di marcia.

Agli uomini e alle automobili è stato chiesto il massimo, in ogni momento ed in tutte situazioni.

Inquadrato così il Raid dei 24 Paralleli organizzato da Gente Motori, parliamo ora in maniera più approfondita delle automobili e del viaggio. La Strada, come ormai coloro che ci seguono sanno, è la versione americana della Ritmo. La scocca è rimasta immutata. Le differenze estetiche sono nella mascherina anteriore e nei paraurti.

Il primo impatto a Montreal è piuttosto sconcertante. Decisamente la Strada, anche se ha perso in personalità nei confronti della Ritmo, è a nostro avviso più armonica, più facile da capire. :shock:

(61 gradi di escursione termica in 5 giorni sono decisamente troppi)

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Richmond, Virginia

Sulle fiancate è stata applicata una modanatura in gomma, non presente sulla Ritmo, che slancia maggiormente la vettura. Vi è un fregio applicato sotto il montante anteriore che ha la utilissima funzione di evitare l'imbrattamento del vetro laterale. Sulle fiancate posteriori troviamo le luci di ingombro, e i cerchio hanno un disegno (o meglio una colorazione) diverso.

All'interno le modifiche sono minime. È più elegante il rivestimento in materiale plastico delle portiere, vi sono dei poggiabraccia diversi, un cicalino avverte guidatore e passeggero di allacciare le cinture.

Un'altra diversità la noteremo al primo rifornimento: il bocchettone di immissione del carburante è caratterizzato da uno sportellino a molla interno che si apre su pressione del becco della manica della pompa di benzina.

Crea qualche difficoltà nei rifornimenti, perché la parte terminale della pompa di benzina ha una specie di spirale che tende a incastrarsi su questo sportellino.

Meccanicamente il motore è la parte che ha subito maggiori modifiche per soddisfare i capitolati imposti dalle leggi nord-americane in fatto di antipollution.

La cilindrata è di 1498 cc, che sviluppa una potenza di 64 cavalli (SAE). È quindi paragonabile alla Ritmo 65 con motore di 1300 cc.

La velocità massima da noi cronometrata è di circa 174 chilometri all'ora a 5110 giri in quinta, riscontrabile anche in quarta a 5800 giri al minuto.

(a me sembrano troppi 174 all'ora per una Ritmo con 64 cv)

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Burlington, Vermont

Con partenza da fermo abbiamo raggiunto la velocità di 30 miglia/ora (pari a 48,2 km/h) in 3,5 secondi; quella di 60 miglia/ora (pari a 96,5 km/h) in 12,3 secondi, e quella di 90 miglia/ora (pari a 144,8 km/h) in 38 secondi.

La grande bufera di neve è terminata: ci aveva accompagnato per tutta la prima parte del viaggio; una presenza sinistra e “infernale”, di cui vi abbiamo raccontato ampiamente.

Ora ci stiamo avvicinando alla Florida dove la temperatura, assicurano i bollettini meteorologici, è primaverile.

Alle spalle ci siamo lasciati quattordici stati (compreso il Quebec che fa un po' storia a sé, tanto più che da anni sta cercando di separarsi dal resto del Canada per diventare indipendente). Di questi, ben undici (Delaware, New Jersey, Georgia, Connecticut, Massachussetts, Maryland, South Carolina, New Hampshire, Virginia, New York, North Carolina) appartengono al gruppo delle tredici colonie che nel 1775 combatterono la guerra di indipendenza contro gli inglesi. Come ricordarli tutti sotto il profilo turistico?

Il Vermont è famoso per i suoi marmi ma soprattutto per la sua produzione di latte: ha più vacche (oltre 400 mila) che abitanti. Anche il turismo invernale è molto sviluppato: gli amanti dello sci lasciano ogni anno nel Vermont 350 miliardi di lire.

Poi il New Hampshire: montagne bellissime, 1300 laghi, fiumi e foreste. Le sue industrie di pelletteria sono conosciute in tutto il mondo. Ed ecco il Massachussetts con il motto “Ense petit placidam sub libertate quietem”: (“con la spada chiede pace sotto la libertà”). È lo Stato della famiglia Kennedy e dell'Università di Harvard. Moltissimi gli italiani e gli irlandesi.

I “padri pellegrini” inglesi a bordo della Mayflower sbarcarono per primi a Plymouth e fondarono, nel 1620, la prima colonia anglosassone d'America.

Il Connecticut, uno degli Stati più ricchi degli Stati Uniti, è la patria degli elicotteri Sykorksi (a Bridgeport) e dell'Università Yale (a New Haven), l'università per chi “deve” diventare qualcuno.

Lo chiamano il “garden state” (lo Stato giardino): è il New Jersey, ma le raffinerie di petrolio lo hanno trasformato in “pollution State”, lo “Stato inquinamento”.

A Perth Amboy sbarcano tutte le automobili provenienti dall'Italia. Sempre nel New Jersey, lo scorso anno, è stato legalizzato come in Nevada il gioco d'azzardo: Atlantic City è oggi la Las Vegas dell'Est.

Il Delaware, attraversato dal nostro Raid dei 24 Paralleli, è stato il primo Stato dell'Unione; è molto piccolo ma ricco. Quartier generale della DuPont, colosso dell'industria chimica, sede dell'accademia navale USA a Annapolis, popolatissima di italo-americani, tanto che il suo motto in italiano è “fatti maschi, parole femmine”.

Che dire della Virginia? Ha dato otto presidenti agli Stati Uniti: Washington, Jefferson, Monroe, Madison, Tyler, Harrison, Taylor e Wilson.

Ad Appomattox il generale Robert E. Lee (del Sud) si arrese nel marzo del 1864 al generale Ulysees Grant dando così fine alla guerra civile fra nordisti e sudisti. Della North Carolina e degli hillbillies

che abitano le Rocky Mount abbiamo già parlato in precedenza; possiamo ricordare soltanto che nel 1903 a Kitty Hawk i fratelli Wright compirono il loro primo volo.

Del South Carolina ricordiamo una nota di colore: Charleston è diventata famosa per avere dato il nome ad un particolare tipo di musica e di danza.

Parlare della Georgia ci sembra inutile: Plains è la patria di Jimmy Carter. È però meno inutile per noi che abbiamo affrontato l'avventura di questo raid con le Strada: proprio in Georgia, pressappoco all'altezza di Savannah (dove vivevano i parenti ricchi dei Dukes), il ghiaccio è sparito rendendo più facile la nostra marcia.

Atlanta, capitale della Georgia, è considerata oggi la New York del Sud; divenne famosa nel 1939 perché fece da sfondo al film “Via col vento”. Nella Little White House di Warm Springs morì il 12 aprile 1945 il presidente Franklin Roosevelt.

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New York nella morsa del gelo. Laggiù in lontananza la Statua della Libertà si gode il freschetto

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New York

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New York, l'Hudson River prossimo allo stato solido

Cinque giorni al galoppo per le due Fiat Strada e per i due equipaggi. Eccoci finalmente in Florida che fu scoperta, dice la storia, da Ponce de Leon nel 1513 e dove esiste la città più vecchia degli Stati Uniti, St.Augustine, fondata dagli spagnoli nel lontano 1565.

La Florida è sede della Disneyworld (vicino a Orlando) e di Cape Canaveral (nei pressi di Titusville) da cui hanno preso il via tutte le spedizioni spaziali americane.

Il primo lancio americano in orbita attorno alla Terra risale al 31 gennaio 1958; il primo lancio con astronauta a bordo, al 5 maggio 1961; il primo lancio dell'uomo sulla Luna, al 16 luglio 1969.

Ogni giorno visitano Cape Canaveral circa 10.000 americani: vanno a vedere, dicono i maligni, come vengono spesi i loro soldi.

Aranci, pesca, sole, paradiso per i golfisti, sede invernale del famoso circo P.T: Barnum and Bailey, 33 milioni di turisti che spendono qualcosa come 16 mila miliardi, 600 mila cubani scappati dall'Avana di Fidel Castro, regno incontrastato del cemento armato: questa è la Florida con Miami, Miami Beach e West Palm Beach, la spiaggia dei miliardari dove anche Rose Kennedy, la matriarca del clan, possiede una villa meravigliosa.

Ma la Florida, non bisogna dimenticarlo, nel suo angolo sud-occidentale, non lontano dal parco di divertimento di Walt Disney, a sud del lago Okeechobee, ha un parco nazionale che non ha eguali al mondo: quello delle Everglades che con i suoi 5230 chilometri quadrati è il terzo degli Stati Uniti in ordine di grandezza.

Un'immensa distesa di erba costellata di fitti boschi che si estende sino alle coste della Baia della Florida e del Golfo del Messico coperte di mangrovie; ma anche tante paludi, popolate di serpenti e coccodrilli.

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Il Washington Monument

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Washington, il Lincoln Memorial

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Washington. Una dimora abbastanza conosciuta

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Washington, il Campidoglio

In Florida si è concluso il raid degli inviati di Gente Motori con le due Fiat Strada, che abbiamo illustrato sia sotto il profilo stilistico sia sotto quello tecnico e meccanico nella prima parte di questa storia. Una prova così massacrante, che ci ha visti impegnati su un percorso di 3468 chilometri macinati nel giro di cinque giorni, aveva alla base un esame tecnico delle vetture e dei pneumatici.

Iniziamo quindi dalle automobili: prima i pregi, poi i difetti.

A suo tempo avevamo scritto che la Ritmo è forse la più corretta e gradevole vettura costruita dalla Fiat dopo la 131 Abarth Rally.

Nelle condizioni al limite di aderenza nelle quali ci siamo trovati a dover guidare, la Strada ha mostrato sempre un comportamento neutro che si trasformava in un controllatissimo sottosterzo quando la velocità aumentava in relazione al raggio di curvatura.

Decelerazioni improvvise in piena curva, moderati colpi di freno e di sterzo non si sono mai rivelati dannosi per la correttezza dell'assetto e hanno potuto provocare al massimo, su terreno a scarsa aderenza, innevato o peggio ancora ghiacciato, lievi deviazioni laterali del retrotreno che però venivano assorbite praticamente da sole.

Si tenga presente che le due vetture messe a nostra disposizione non avevano subito alcuna particolare messa a punto. Ci siamo trovati, cioè, nel bene e nel male, nelle stesse condizioni di un normale utente che ritira la propria auto presso un concessionario.

Ottima anche la trasmissione e il cambio. Avevamo il cambio a cinque marce che offre la possibilità di ridurre i giri del motore a velocità di crociera e di raggiungere ottimi valori di consumo: otto litri di carburante ogni cento chilometri, 12 chilometri e mezzo circa per ogni litro.

Se questa prova avesse previsto delle votazioni avremmo assegnato un dieci anche al comfort: silenziosità interna, disegno dei sedili, spazio in tutti i sensi, buona visibilità senza angoli morti.

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Cape Canaveral

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Cape Canaveral

Non dobbiamo però nascondere i “ma” e i “se”, per quella obbiettività che ci ha sempre contraddistinti.

Dove la Strada mostra il suo punto debole (e questo vale anche per l'europea Ritmo) è nell'impianto di ventilazione. Quando dopo Washington ci siamo trovati ad affrontare la più grande bufera di neve che si sia riversata sugli Stati atlantici negli ultimi venticinque anni, abbiamo sofferto e non poco l'insufficiente ventilazione e climatizzazione della vettura.

L'impianto non riesce a sbrinare il parabrezza; la portata e la distribuzione dell'aria è quindi insufficiente.

Questo è l'unico vero difetto della Strada-Ritmo. Messo a punto l'impianto di ventilazione la Ritmo sarà una vettura che non conoscerà rivali. Tutto il resto può rientrare in una serie di “peccati veniali” o di preferenze soggettive.

Una delle due vetture non aveva il lavatergi posteriore: questo accessorio non può essere opzionale ma deve diventare di serie. Ci sembra piccola la fanaleria posteriore, non soltanto per il mercato americano, ma anche nel contesto europeo dove i “fanalini” diventano sempre più “fanaloni”.

La mancanza del servofreno può essere considerata un neo. Il pilota esperto preferisce questa soluzione ma l'americano, la donna europea, l'automobilista alle prime armi può trovarsi leggermente in difficoltà.

Con questo non vogliamo dire che la vettura non frena, anzi frena, e bene. È soltanto una questione epidermica o psicologica. L'arredamento interno, che non piace sulla versione europea, è stato migliorato sul modello americano.

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Cape Canaveral, il posto di blocco all'entrata. Qui senza raccomandazione non si passa, ma il Gianni ha sempre ottenuto ciò che voleva

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Cape Canaveral. Sullo sfondo, la torre costruita in quel periodo, necessaria al "futuro" (ai tempi) lancio della navetta Columbia

Qualcuno ora vorrà sentirci parlare di prestazioni. Come abbiamo già scritto in precedenza, il motore della Strada ha una cilindrata di 1498 cc; è stato dotato in un sistema antinquinamento, richiesto dalle leggi americane. Nelle prestazioni assomiglia molto alla nostra Ritmo 65 con motore di 1301 cc.

Da “un litro e mezzo” un automobilista europeo si aspetta qualcosa di più, ma per l'americano pensiamo che il motore sia sullo stesso piano di competitività con la concorrenza, che va dalle Omni e Horizon della Chrysler, alla Rabbit (Golf) della Volkswagen, alla miriade d'auto giapponesi.

La vettura, come si dice in gergo, c'è. Nessuno nasce perfetto ma può diventarlo: la Strada-Ritmo lo sarà.

Un'ultima parola infine sui pneumatici: i Pirelli P3. Sono pneumatici estivi, che mai avremmo pensato di utilizzare in condizioni invernali. E invece questi P3, che sull'asfalto danno sicurezza e comfort, sono stati capaci di superare neve e ghiaccio. Ci si può chiedere perché Secondo noi, il segreto sta nel particolare disegno del battistrada, tutto cosparso di lamelle che catturano la neve originando una specie di chiodo naturale.

Certamente, avranno contribuito anche le particolari cinture di acciaio e nylon e soprattutto il tipo di mescola che, pur essendo molto resistente all'usura, sembra avere caratteristiche da bagnato.

In fondo, questa prova è la dimostrazione che il prodotto italiano (auto e gomma) è sempre all'avanguardia.

Fine

GTC:b37:saggio:ahsi::pz

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Modificato da PaoloGTC
  • Adoro! 1

"... guarda la libidine sarebbe per il si, ma il pilota dopo il gran premio ha bisogno il suo descanso... e poi è scattata la regola numero due: perlustrazione del pueblo e ricerca de los amigos... ah Ivana, mi raccomando il panta nell'armadio, il pantalone bello diritto. E un po' d'ordine in stanza... see you later!" (Il Dogui, Vacanze di Natale)

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