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XX Olimpiadi Invernali - Torino 2006


Albizzie

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Potresti raccontare come hai vissuto in Francia la cerimonia d'apertura?

grazie

Io l'ho mancato la ceremonia,devevo andare al lavoro.

Pero mie genitori hanno visto la ceremonia,e aguronno l'Italia per il bello spetacolo.

Al meno,avete chiuso la bocca ai certi Francesi che criticavanno uno momento il piccolo ritardo dei lavorazioni chè aveva Torino ...

Forza Italia !!!

Alfa Giulietta 1.4 MultiAir 170 Distinctive

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ragazzi scusate...ma voi avete visto un fiat 16 da qualche parte????

io manco uno..e per fortuna è l'auto delle olimpiadi..

Io ne ho visti parecchi......

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Some critics have complained that the 4C lacks luxury. To me, complaining about lack of luxury in a sports car is akin to complaining that a supermodel lacks a mustache.

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ragazzi scusate...ma voi avete visto un fiat 16 da qualche parte????

io manco uno..e per fortuna è l'auto delle olimpiadi..

E' la prima auto al mondo con motore a 6 cilindri a V di 60 gradi e con frizione, cambio e differenziale in un unico blocco sull'asse posteriore, transaxle, ..., è il 1950 e lei è l'Aurelia. (www.lancia.it)

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L’allegria vive a Torino

di Arrigo Levi

Come torinese d’adozione - credo di aver diritto di chiamarmi così, essendo stato torinese a tempo pieno per più di cinque anni della mia vita, che furono poi anche gli anni più dolorosi e difficili del dopoguerra per la grande città operaia e intellettuale, orgogliosamente provinciale ed europea che ha nome Torino - vorrei alzare una sommessa protesta per come sono state descritte le giornate iniziali di queste XX Olimpiadi: e chiedo, per dare sfogo ai miei sentimenti di se- mi-torinese, l’ospitalità di quello che è stato così a lungo il mio giornale, e quasi la mia casa.

Citerò alcuni titoli a caso dai giornali dei giorni scorsi: «A Torino scatta l’ora del rilancio», «Torino ha vinto la sua sfida», «La rivincita di Torino», «Torino, la bella addormentata svegliata dall’ospite straniero», «Torino si scopre da bere».

Per carità, di fronte a un coro così unanime di giudizi sono tentato di arrendermi. Forse Torino era veramente addormentata. Forse Torino aveva perso davvero in tutto o in parte la fiducia in se stessa e il gusto di viver bene. Forse Torino si era dimenticata di quello che era, di quella che era la sua forza di grande città, e la forza della sua gente. Alcuni dei titoli citati sono apparsi, del resto, sulle pagine di questo giornale, e per me «La Stampa», che tanto tempo fa i torinesi chiamavano affettuosamente «la busiarda», dice sempre e comunque la verità.

D’accordo, dunque. Accettiamo pure che le cose stiano veramente così, che il modo splendido in cui sono state preparate dai responsabili e vissute dalla gente queste giornate inaugurali delle Olimpiadi sia stato veramente accompagnato da una specie di collettivo sospiro di sollievo, oltre che da un inaspettato scatto di orgoglio, che ha avuto, su torinesi e non, l’effetto di rialzare la testa e guardare al futuro con più fiducia in se stessi: in Torino e nei torinesi, e, perché no, nell’Italia.

E tuttavia non riesco ad accettare senza una parola di protesta il tono di sorpresa che c’è dietro questi titoli, e dietro gli articoli, anche belli, che li hanno motivati (del resto, erano tutti scritti da miei amici o da figlie o figli cresciuti bene di miei amici e coetanei). Ma che cosa pensavate che fosse diventata Torino?

Un titolo più di tutti mi ha sorpreso e ferito. Era questo: «La sorpresa di Torino allegra». Santo Cielo, ma i torinesi saranno anche contegnosi, ma tristi poi no. Spiritosi a modo loro, come tutti i piemontesi, con la faccia seria, tanto da lasciare ogni volta uno straniero incerto se stiano o no scherzando. Ma seriosi e musoni, questo no. Non dubito della sincerità dell’autore (bravissimo giornalista) dell’articolo che ha giustificato quel titolo. Ma in questo caso ha preso una cantonata. E tutti insieme quegli articoli e quei titoli tradiscono una specie di universale dimenticanza di quello che Torino è, è stata e sempre sarà. Che se lo fossero un po’ dimenticato anche i torinesi, è possibile. Ma un torinese d’adozione o di passaggio non ha dimenticato proprio niente.

Ma davvero qualcuno pensava che le grandiose opere pubbliche non sarebbero state finite in tempo, in quella che rimane la capitale produttiva, tecnologica, industriale del nostro Paese, da sempre piuttosto ben amministrata, non importa da chi? O forse, nel vostro stupore per il fatto che non c’è stata una insurrezione (qualcuno forse se l’augurava), avete dimenticato la coerenza e forza di Torino negli «anni di piombo»?

O forse la sorpresa nasce dallo slancio di inventiva un po’ folle che ha animato il grande spettacolo inaugurale allo Stadio? Non sapevate che un ramoscello di follia e di fantasia è nella natura profonda dei torinesi?

Mettiamola così. Io, ex torinese per sempre un po’ torinese, a lungo lontano ma non immemore, tutto questo non l’ho dimenticato. E non sono rimasto stupito per niente. Non sono stato stupito da come una città che ama profondamente l’ordine e il buon senso ha isolato e ridotto a sparute dimensioni le temute, inesistenti falangi dei rivoltosi. E non sono stato affatto stupito dall’allegria delle centinaia di migliaia di torinesi il giorno dell’inaugurazione.

Era un’allegria spensierata, genuina. Io abitavo quel giorno in un grande albergo del centro che era anche stato, tanto ma tanto tempo fa, la mia casa per alcuni mesi, prima che mi trasferissi per alcuni anni in un appartamento a piazza San Carlo, sopra al Caffè Torino, con finestre sopra i tetti che si spalancavano da una parte sull’eleganza della collina, e dall’altra parte sulla cerchia di montagne che in certi giorni limpidi d’inverno si toccavano col dito. Anche questi ricordi sono parte della mia torinesità.

Nell’albergo dove io alloggiavo c’era anche Sofia. La una ed unica Sofia. E circa mille o duemila persone sostavano in continuazione davanti all’albergo per vederla. Quando usciva uno come me, che non ero Sofia, si accontentavano lo stesso. Io e i miei compagni di viaggio venivamo salutati con festosi, e un po’ ironici applausi, solo perché eravamo coabitanti di Sofia. Ci fotografavano, si facevano fotografare insieme a noi, suggerivano che uno di noi fosse il tale o il talaltro personaggio televisivo, si sbagliavano e ridevano di cuore.

Cari Torinesi. Cara Torino. Ho passeggiato a lungo in queste giornate per strade e piazze che sono quelle di sempre, eleganti, armoniose, un simbolo dell’equilibrio spirituale dei torinesi. Forse le facciate sono un po’ più ripulite di tanti anni fa (quando ricordo di aver lanciato l’allarme scrivendo su «La Stampa» un elzeviro intitolato «Torino si sgretola», e poi Casalegno pubblicò a seguire due o tre terze pagine di fotografie delle facciate sgretolate che fecero vergognare gli amministratori d’allora, e qualcosa si cominciò a fare per ricomporre l’immagine di una fra le più belle città d’Europa). Ma insomma, ho trovato Torino com’era anche tanto tempo fa, e mi si è scaldato il cuore, con pochissime brutte e molte belle novità architettoniche, e tante bellezze di sempre, che potevano passare inosservate, di nuovo ben visibili.

Concludo. Torino è. Ed è quello che è sempre stata. Torino viva e vitale, composta e unita (qualcuno ha per caso dimenticato l’interminabile fila di torinesi per rendere omaggio all’Avvocato che se n’era andato?). Torino attiva, che sta superando con slancio (insieme con tutto il Piemonte, che è oggi più forte e bello che mai, ve lo assicuro io che in questi anni l’ho girato da cima a fondo) la prova di un mondo che cambia. Ma perché, qualcuno pensava che Torino capitale d’Italia oltre che dell’auto fosse una Manchester o una Birmingham qualsiasi?

Tanti anni fa si pubblicò a Torino il primo numero di una bellissima rivista industriale, che aveva per testata «Torino è». Il titolo allora mi colpì, anche perché contemporaneamente si iniziavano a Modena, che è la mia città, le pubblicazioni di una rivista simile intitolata, con arroganza tutta geminiana, «Modena Mondo».

M’interrogai allora sul significato vero di quel «Torino è». Forse rivelava un dubbio metafisico dei torinesi sull’esistenza della loro città? O andava inteso invece come un gesto d’arroganza verso tutti: Torino è, è quello che è, e tanto vi basti? Non so neppure ora quale fosse il vero significato. O forse sarebbe stato meglio fin d’allora intitolare una rivista del genere «Torino mondo». Comunque sia, Torino è, ed è quella di sempre. Io lo sapevo. E non sono rimasto a bocca aperta. Ma se quest’ultima prova della sua esistenza ha colto di sorpresa tanta gente è meglio che voi, torinesi a tempo pieno, ci riflettiate un po’ sopra. Forse è giunto il momento di mescolare un po’ di «Torino è» con un po’ di «Torino mondo». A me sembra che lo stiate già facendo, e spero di non sbagliare. Con tanti auguri.

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Guest DESMO16
Combinata a Ligety, Rocca 5°

Oro all'americano che precede il croato Kostelic e l'austriaco Schoenfelder. L'azzurro a 7 centesimi dal podio, nono Fill. Squalificato Bode Miller, fuori anche Raich

Afp SESTRIERE (To), 14 febbraio 2006 - Giorgio Rocca non ce l’ha fatta. Nella combinata l’azzurro ha mancato il podio di soli 7 centesimi, piazzandosi quinto. Un’ottima seconda manche per poco non è riuscita nel miracolo di portarlo a medaglia dopo le deludenti prestazioni precedenti. Rocca aveva iniziato con il 31° posto nella discesa, a 3”03 dal primo, Bode Miller, e dietro anche a Raich. Doveva puntare tutto sullo slalom, ma deludeva anche nella prima manche, chiudendo ottavo. Il podio era comunque raggiungibile, ma ci voleva una gara perfetta: così non è stato, ma per pochissimo.

La vittoria è andata all’americano Ted Ligety, vincitore con il tempo complessivo di 3’09”35. Argento al croato Ivica Kostelic a 53 centesimi, bronzo all’austriaco Rainer Schoenfelder a 1”32, quarto lo svizzero Daniel Albrecht a 1”38. Ottimo nono posto per Peter Fill. Fuori il grande favorito, l’austriaco Benjamin Raich, in testa dopo la prima manche dello slalom.

Prima manche che aveva visto l’uscita di scena di una serie di grossi nomi: dai norvegesi Svindal e Kjus all’austriaco Walchhofer allo svizzero Defago, secondo dopo la discesa. Ma soprattutto era uscito Bode Miller, dominatore della discesa ed escluso dalla classifica per un’inforcata invisibile senza l’ausilio delle immagini televisive. Il solito Miller capace di tutto, che in seguito si sarebbe così difeso dalle accuse di rischiare troppo: “Ogni volta che esco mi dicono che scio troppo aggressivo. Stavolta, in realtà. Non sono sceso come un “selvaggio”. Non mi sono trattenuto troppo… semplicemente ho sciato male e ho sbagliato”. E poi, guascone, ha concluso: “Mettiamola così: non devo fare 100 km per andare alla premiazione a Torino”.

la Gazzetta

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