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Addio GRANDE CAMPIONE


Guglielmo

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Inter: e' morto Giacinto Facchetti

Aveva 74 anni, dal 2004 era il presidente del club

04-09-2006 15:11

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(ANSA) - MILANO, 4 SET - Il presidente dell'Inter, Giacinto Facchetti e' morto oggi a Milano all'eta' di 74 anni. Giocatore dell'Inter dal 1961 al 1978, ha vestito per 94 volte la maglia azzurra. Diventato vice-presidente della societa' di Massimo Moratti dopo la morte di Peppino Prisco, Facchetti ne e' diventato presidente il 19 gennaio 2004.

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VICECAMPIONE DEL MONDO IN MEXICO 70!!!!

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Guest Riccardo
Inter: e' morto Giacinto Facchetti

Mi dispiace moltissimo!!

Gran brava persona, un esempio di signorilita!!!

PS piccola stupida rettifica. Aveva 64 anni

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Si sanno le cause?

Ho appena chiesto spiegazioni a un mio amico interista (da prendere col beneficio del dubbio, anche se è una persona affidabile di solito), mi ha parlato di un tumore al pancreas che aveva da tempo e che sembrava essere sotto controllo... e invece c'è stato un rapido peggioramento negli ultimi due mesi...

...che tristestezza però quando se ne va un uomo così stimato da tutti gli sportivi e non :(

***Ale***

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Se n'è andato un campione dentro e fuori dal campo.

Mancherà a me, agli Interisti, al calcio intero...

Addio Presidente, addio Capitano.

Era già Sua la storia. Ora siede sul trono dell’Eternità.

Giacinto Facchetti ci ha lasciato troppo velocemente per non confondere, in questi attimi, il dolore e la rabbia, il senso d’ingiustizia e la preghiera. Ci ha lasciato dopo aver giocato, con determinazione e stile, l’ultima partita. Spinto nel campo del dolore da un destino nascosto, improvviso, bastardo. L’atleta, nella testa e non solo nel fisico, nella morale e nei riti di una vita quotidiana all’insegna della lealtà e dello sport, ha lasciato il posto all’uomo di 64 anni sorpreso, colpito, ferito, ma non vinto. Ha stretto i denti, ha combattuto sorretto dall’affetto dei suoi cari, di Massimo Moratti, di tutta l’Inter e di tutti gli interisti, mai abbandonato dal campionato infinito di amici che aveva, che ha, che lascia attoniti, storditi, in Italia e nel mondo. Oggi ci ha lasciati il diciannovesimo presidente della storia dell’Inter, il campione nerazzurro e azzurro indimenticato e indimenticabile, il dirigente italiano stimatissimo in Fifa e Uefa, il marito, il padre, il nonno, l’amico.

Oggi ci ha lasciato Giacinto Facchetti, una persona per bene.

F.C. Internazionale

È successo tutto in un maledettissimo giorno uguale a tanti altri. Un giorno senza segnali, senza avvertimenti, un giorno col cielo al suo posto, e non c’era modo di capire che un attimo dopo, si sarebbe capovolto. Quanto ci mettono a dirti che il tempo ti si è ristretto e non hai più garanzie? Pochissimo.

Per Giacinto Facchetti, quel giorno era stato fino a quel momento normale. Poi è seguito il silenzio. Lo chiedeva lui, anzi lo chiedeva quella famiglia così incredibilmente bella e unita che aveva intorno, con lui faceva un tutt’uno, erano qualcosa di raro, i Facchetti, tutti avremmo voluto una piccola parte in una famiglia così. Adesso, anche a loro, resta questo.

Le immagini di un ragazzo diventato uomo correndo dietro a un pallone, e rimane una grande lezione di vita, perché era un uomo pacato capace di grandi slanci, corretto fino all’inverosimile, per cui nemico acerrimo di tutte le slealtà, fortissimo, integro, figlio della provincia ma abituato a sedersi a qualsiasi tavola.

Era un uomo da re e da operai. Era un amico leggendario. Era un eroe da romanzo, Arpino lo sapeva bene. Un romanzo di vita, di classe, di essenzialità.

La prima cosa che faceva dopo le partite, era chiamare casa, i suoi figli, e Massimo Moratti. Troppe volte, quando qualcuno scompare, di lui si cercano le solo le cose buone.

Il fatto è che di Giacinto Facchetti puoi dire solo quelle, che di cose cattive non ne trovi. Le malattie sono bastarde. Colpiscono a caso, non interessa se uno è stato buono, cattivo, perfido. Se lascia molto amore o poco. Giacinto lascia senz’altro molto amore, e quindi un infinito dolore, dietro di sé. Ma forse è sempre così. Una cosa è la conseguenza dell’altra.

Vengono in mente tante cose. Quando raccontava di suo nonno che aveva l’Unità in tasca, e quando invece parlava del suo oratorio, dove giocava da piccolo. L’attenzione affettuosa, mai abbandonata, con cui si riferiva a Helenio Herrera. I diari del Mago li aveva tenuti lui.

L’amicizia profonda, nata che erano due ragazzi, che lo ha legato a Massimo Moratti. Fino all’ultimo, uno c’è stato per l’altro, e l’altro c’era. Credendo in un miracolo, perchè tutti ci abiamo creduto. Se c’era un uomo che se lo meritava, quello era Giacinto Facchetti. Ed era talmente forte, talmente integro, che a volte il miracolo sembrava arrivare.

La rabbia che lo prendeva quando capiva che ci stavano fregando, e lo facevano da tanto, troppo tempo.

La fretta con cui si alzava da tavola, negli alberghi, se c’era una partita in televisione.

La chiarezza con cui inquadrava caratterialmente un giocatore.

Il suo odio per il fumo, su questo era intransigente.

La gentilezza con cui parlava. La lettera che scrisse alla sorella di George Best, lo scorso anno, in ricordo di un campione diversissimo da lui, ma che aveva sempre stimato.

E la dignità con cui passò oltre la scomparsa della propria sorella, cancro, anche lei, e invece la felicità del suo primo giorno da nonno.

La fermezza che aveva. I suoi occhi, così chiari. L’amicizia che dava e che ci si trovava a dargli. Lunghe ore a parlare, a valutare, a raccontarsi. Storie di calcio e di vita, giorni buoni e cattivi, una tale infinità di giorni insieme da pensare che non sarebbero finiti mai. E poi, mai così. Fino a quel giorno in cui ci ha chiesto silenzio e tutti abbiamo obbedito, stando ad aspettare un miracolo.

Quando le cose finiscono, ti chiedi dove vada a finire tutto questo, se in cielo, in un’altra dimensione o in niente. Certo, ti resta nel cuore. Ma in questo momento, per tanti di noi è un cuore spezzato. È andato a pezzi in un giorno maledettamente uguale a tanti altri. Senza segnali, senza avvertimenti, col cielo che se ne stava come sempre al suo posto.

Si è capovolto all’improvviso.

Di Susanna Wermelinger

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doppio....

"The great enemy of the truth is very often not the lie -- deliberate, contrived and dishonest -- but the myth -- persistent, persuasive and unrealistic"

(John Fitzgerald Kennedy)

"We are the Borg. Lower your shields and surrender your ships. We will add your biological and technological distinctiveness to our own. Your culture will adapt to service us. Resistance is futile!"

"Everyone is entitled to their own opinion, but not their own facts!"

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