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Spagna: tutelate le donne dalla violenza domestica


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è un'articolo dell'espresso, non sarà una testata seria e raccomandabile come tgcom ma se volete posso cercare altre fonti :lol:

Donne modello Spagna Zapatero ha dato il via ai 'Tribunali di generè. Chiamati a prendere decisioni rapide per sconfiggere il cancro della violenza domestica. Restituendo alle vittime dignità e autonomia. Tutto si potrebbe dire di Gloria, una faccia graziosa rovinata da una brutta cicatrice sulla fronte, occhi diffidenti e una giacchetta troppo larga che le casca sulle spalle, salvo che si tratti di un personaggio alla moda, di una donna trendy come quelle che attraversano i film di Pedro AlmodÓvar o si incontrano la sera nei caffè chic di Madrid e di Barcellona, icone della società disinibita e postmoderna che sta celebrando i riti dei primi matrimoni gay. Eppure anche Gloria, compagna di un uomo violento che per anni le aveva reso la vita un inferno, è a modo suo una protagonista di questa Spagna che sul piano dei diritti civili cammina qualche passo avanti rispetto al resto d'Europa. Gloria infatti è una delle prime ad aver ottenuto una sentenza da uno dei nuovi 'Tribunali di generè, entrati in funzione in Spagna da poco più di due mesi e riservati alle sole donne, in applicazione della legge sulla violenza domestica del dicembre del 2004. Nel tempo record di ventiquattr'ore, Gloria è riuscita ad avere non solo la custodia della figlia di tre anni, ma anche gli aiuti per andarsene, mentre il marito è stato condannato a un anno di prigione. Forse, se Zapatero non avesse messo in piedi un governo dove gli uomini hanno lasciato la metà dei ministeri al sesso femminile, non ci si sarebbe spinti così in fretta sul terreno inquietante e apparentemente arcaico che è la violenza sulle donne all'interno della coppia, il 'terrorismo domesticò, come lo chiamano qui. E forse oggi Gloria non sarebbe seduta su questa panchina del parco del Buen Retiro di Madrid a raccontarci la sua storia di moglie picchiata e terrorizzata per anni da un marito "che alla fine mi proibiva perfino di uscire di casa e di telefonare ai miei genitori, mi aveva tolto qualsiasi capacità di reagire, mi aveva ridotto come una bestia, rassegnata a una situazione che sembrava senza vie d'uscita". Nella sua scarna drammaticità, la sua vicenda non è molto diversa da quelle di migliaia di altre donne alle prese con rapporti di coppia basati sulla sopraffazione, che possono andare avanti fra alti e bassi per una vita intera o anche, a volte, finire in modo tragico. Il merito di vari gruppi femminil-femministi di questo paese è stato accorgersi che dietro l'elenco arido dei cosiddetti delitti passionali, dietro le 400 donne assassinate in poco più di cinque anni dai rispettivi mariti, compagni o fidanzati e le più di cinquantamila che ogni anno presentano una denuncia per violenze e maltrattamenti in famiglia si muove una logica precisa. "L'uso della violenza maschile fa parte di una situazione di dominio che si perde nella notte dei tempi. Ed è anche oggi una forma di controllo sociale sulle donne, un modo per soffocarne i diritti di libertà", dice Angela Alvarez della Fondazione Mujer, che registra pazientemente anno dopo anno la crescita delle denunce per 'terrorismo domesticò (più 15 per cento nel 2004). Difficilmente troverete una donna spagnola impegnata sul fronte femminile disposta ad ammettere che questo fenomeno sia più acuto qui che in altri paesi. In realtà è difficile non pensare che la modernizzazione particolarmente rapida della condizione delle donne non c'entri almeno in parte. Nel giro di pochi anni le spagnole hanno sorpassato gli uomini in tutti gli ordini di studi (oggi ci sono più laureate che laureati) e sono andate a lavorare fuori casa. Si sono prese una ragionevole libertà sessuale e hanno smesso di fare figli, rubando alle italiane la maglia nera della denatalità. Una trasformazione troppo veloce per essere metabolizzata e che può aver contribuito a rendere più conflittuali i rapporti fra i sessi, che pure conoscono violenze di ogni tipo anche nel resto del mondo. Ha quasi un valore simbolico il fatto che la vittima del primo omicidio ad aver scosso l'opinione pubblica, una sessantenne di Granada che si chiamava Ana Orantes, era stata legata a una sedia, inzuppata di benzina e bruciata viva dal marito dopo aver denunciato in televisione i maltrattamenti a cui era sottoposta. Quella donna che aveva osato troppo aveva però segnato una svolta. Dal '97, l'anno della sua morte, la violenza domestica era uscita dalla cronaca nera in cui ancor oggi è relegata in Italia e altrove, per essere raccontata nella sua realtà dalle tv, dai giornali, da numerosi libri. Themis, l'associazione delle donne giuriste, pubblicava un dossier sui processi per maltrattamenti, da cui risultava che solo il 28 per cento delle donne trovavano il coraggio di presentarsi in aula a ribadire la loro denuncia, che nell'85 per cento dei casi non avevano un avvocato difensore e che solo un processo su quattro si concludeva con la condanna, quasi sempre lieve, dell'aggressore. Erano dati sconvolgenti, che avevano assunto una valenza politica quando il Psoe di Zapatero, ancora relegato all'opposizione, aveva deciso di fare della guerra al 'machismo criminalè una delle sue bandiere. Ed ecco allora la proposta di una legge unica in Europa, che mandando a gambe all'aria alcuni principi basilari del diritto stabiliva pene più dure per gli stessi reati, dalle lesioni alle minacce ai maltrattamenti psicologici, se a commetterli era un uomo. Come se non bastasse, istituiva tribunali specializzati a giudicare la violenza domestica, a cui potevano ricorrere solo le donne. Stesa in accordo con i movimenti femministi da una battagliera deputata andalusa del Psoe, Micaela Navarro, la legge precisava fin dal primo articolo che "la violenza di genere si manifesta come il simbolo più brutale della disuguaglianza che esiste nella nostra società". Potevano sembrare affermazioni destinate a restare nel libro dei sogni. E invece la vittoria elettorale di Zapatero e un'opinione pubblica favorevole a pene più severe per i mariti violenti spingeva anche il partito di Aznar a votare la 'Legge organica contro la violenza di generè, che passava all'unanimità il 28 dicembre del 2004. Parte da lì una rivoluzione di cui poco si è parlato all'estero. Ma che al contrario dei pubblicizzatissimi matrimoni gay, richiesti finora da poche centinaia di coppie, sta dando una scossa alla società spagnola. è sul punto di scoppiare per le troppe denunce, 1.829 dal 29 giugno al 31 agosto, il Tribunale numero 1 per la violenza sulla donna di Madrid, come d'altra parte gli altri 16 di questo tipo sparsi in tutta la Spagna. E la maggioranza delle 434 sezioni specializzate nei tribunali ordinari sono al limite di saturazione. Basta passare una mattinata in uno di questi tribunali che assomigliano poco a un normale organismo giudicante per capirne le ragioni. Tutto si svolge all'insegna della velocità e dell'impegno a tutelare la donna. I magistrati possono decidere sia sul terreno civile, dal divorzio ormai rapidissimo alla custodia dei figli, che anche su quello penale. Se l'imputato accetta questa specie di giudizio per direttissima, la pena gli viene ridotta di un terzo. "Una delle prime misure che prendiamo se c'è pericolo per l'incolumità della donna è l'ordine di protezione. Le diamo una scorta della polizia o della Guardia Civil, che nei casi più gravi può essere anche di 24 ore su 24", spiega Raimunda De PeÑaforte Lorente, una nota giudice antiterrorismo, che presiede appunto il Tribunale numero 1 di Madrid. Raimunda non è una femminista storica, si definisce "una moderata in tutti i campi", ma ha chiesto di essere assegnata a questo settore così nuovo e pieno di incognite, convinta - al contrario di altri suoi colleghi - che "qui non esercitiamo nessuna forma di discriminazione. Questa legge, attraverso la disuguaglianza, ci consente di arrivare a un trattamento effettivamente paritario". Per la verità, più facile a dirsi che a farsi. Non solo perché in questo tipo di reati non sempre è tutto bianco o tutto nero. Spesso i meccanismi che legano la vittima al suo persecutore sono complicati. Beatriz Monasterio, una delle avvocate più conosciute di Madrid, racconta di una cliente a cui il marito aveva rotto la testa con un martello. Arrivata in aula con i capelli rasati e i punti ben visibili, al momento di deporre era scoppiata in lacrime. "Lui è buono come un bambino, non posso accettare che vada in prigione, lo rivoglio a casa". Siccome con le norme che c'erano prima, al contrario di oggi, si procedeva solo su denuncia di parte, i poliziotti avevano tolto le manette al marito, che se n'era andato mano nella mano con la sua compagna. "Eppure in quell'aula sapevamo tutti, statistiche alla mano, che lui ci avrebbe riprovato", dice la Monasterio . Non è certo una storia eccezionale. Al Centro di assistenza delle donne separate e divorziate, un rifugio che ospita una trentina di donne in difficoltà, si ascoltano racconti come quello di Raquel, una giovane laureata che era stata sul punto di impazzire per i maltrattamenti e le pressioni psicologiche del suo compagno. "Ho impiegato molto tempo a considerarmi una donna maltrattata. Riusciva a farmi credere che quelle sevizie erano dimostrazioni d'amore. Ci sono ricaduta un'infinità di volte", racconta Raquel. Anche in questi meccanismi la legge cerca di mettere il dito. Il giudice può infatti ordinare all'uomo sotto processo di tenersi lontano di almeno mezzo chilometro dalla casa coniugale e proibirgli qualsiasi contatto con la compagna. "Se è lei a farlo può essere incriminata per istigazione di reato. Come spiego alle donne in queste condizioni, con il marito possono comunicare solo attraverso un poliziotto", taglia corto Raimunda De PeÑaforte Laurente. Può sembrare un pò macchinoso. Come appare al limite dell'utopia la creazione di speciali corsi collettivi di riabilitazione (nei casi meno gravi possono sostituire la prigione), dove gli uomini dovrebbero scoprire le radici dei loro comportamenti violenti. Ma come si vede nel film cult della violenza domestica, 'Ti do i miei occhì della regista basca Iciar Bollain, in genere servono a poco. Dove invece la legge spagnola sta già cambiando la realtà è nell'assistenza e negli aiuti alle donne maltrattate. Rosa è una ragazza colombiana che aveva avuto la sfortuna di finire con uno spagnolo sadico e violento, avendone anche una bambina. "Aveva cominciato a picchiarmi quando ero incinta, mi stuprava sul balcone di casa, mi minacciava con il coltello. Ero terrorizzata, mi nascondevo con mia figlia sotto il letto ma restavo in quell'inferno perché non avevo nessun altro posto dove andare", racconta. Con la nuova legge, Rosa ha molti nuovi diritti. Gode di un salario minimo garantito per i primi due anni, di una casa gratis finché sarà in grado di pagarsi l'affitto e della mutua che aveva perso lasciando il marito. A Madrid c'è una centrale che fa guidare i suoi taxi alle donne maltrattate, un parco pubblico che le impiega come giardiniere. Che il lavoro sia la medicina più efficace per uscire dall'incubo di una relazione violenta lo confermano le donne stesse. In una testimonianza a 'El paÍs' una donna maltrattata di 43 anni, Maria C., con un timpano spezzato e una sindrome di nevrosi traumatica come quella degli esuli di guerra, racconta di aver ritrovato un pò di fiducia in se stessa da quando si mantiene scaricando cassette di frutta. E Rosa, la ragazza colombiana: "Solo da quando lavoro ho capito che ce la farò ad andare avanti senza di lui". Un risultato notevole per una legge che non ha ancora un anno. ha collaborato Emanuele Giusto Attenti al maschio discriminato di Emanuele Giusto Anche gli uomini possono essere vittime di maltrattamenti domestici e anzi il fenomeno in Spagna risulta in crescita. Da quando, nel 2001, circa 600 maschi avevano presentato le prime denunce, le cifre sono andate crescendo. Sono 8.861 gli uomini che nel 2003 si sono rivolti alla giustizia, e nel 2004 sono diventati 9.518. Sono dati abbastanza sorprendenti, anche se secondo i magistrati dei tribunali ordinari che si occupano delle denunce maschili si tratta molto spesso di ritorsioni o di maltrattamenti psicologici. è significativo che la nuova legge, mentre nel caso di lesioni stabilisce per l'uomo una pena da due a cinque anni contro quella da sei mesi a tre anni prevista per la moglie violenta, per il cosiddetto maltrattamento psichico prescrive una differenza molto minore: da sei mesi a un anno per lui, da tre mesi a un anno per lei. Si ritiene anche che questo lievitare di denunce maschili possa dipendere dal gran parlare che si è fatto in Spagna della violenza di genere, e dalla decisione di vari uomini di 'attaccare prima di essere attaccatì. Intanto sulla legge è stata posta anche la questione di costituzionalità. E un gruppo di intellettuali e scrittrici, fra cui Almudena Grandes, hanno lanciato una petizione contro la discriminazione dei maschi sul terreno penale che sarebbe provocata da queste norme. Ribatte Immaculada Montalbàn Huertas, esperta dell'Osservatorio contro la violenza di genere del Consiglio superiore della Magistratura: "La migliore giustificazione della legge sta in una cifra: 90,2 per cento. è la percentuale di donne vittime della violenza domestica, contro meno del 10 per cento dei maschi". Chi difende la legge fa notare che nei primi nove mesi del 2005 la violenza di genere ha fatto 41 vittime, di cui sette nel solo agosto. I morti erano tutti di sesso femminile.

ecco l'iceberg che sta sotto la punta

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