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Un amico in difficoltà sul tetto del mondo.


duetto80

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penso sia impossibile capire quei momenti, meglio evitarli

È impossibile capirli ed è impossibile spiegarli.

Faccio il bagnino e so cosa scatta nella tua testa malata quando, con il mare grosso, vedi una vecchietta in difficoltà: semplicemente ti si spenge il cervello e parti a salvarla mentre nel tuo animo s'innescano un guazzabuglio d'emozioni che vanno dalla sfida con te stesso al dovere di salvare una vita e, paradossalmente, anche all'ammirazione per la forza della natura.

Il problema è che, dopo un po', queste emozioni si trasformano in una sorta di droga della quale non riesci a fare a meno.

C'è da essere pazzi a ragionare così ma, parafrasando Walter Rhöll, spiegare certe sensazioni a chi non le ha vissute è come spiegare ad un astemio cosa si prova ad essere ubriaco percui dammi retta: evita certi momenti.

Modificato da EC2277
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OT al corso di sub (di cui anche io ero poi dieventato istruttore), la prima raccomandazione in materia dei miei istruttori (tutti pompieri professionisti) era: non serve a nulla avere 2 persone da salvare anziche' una ...

Cita

7:32 : Segni i punti coglionazzo !

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Ovviamente quando c'è fare un salvataggio e sei una persona dotata di un minimo di competenza non parti senza la dotazione di sicurezza; che nel mio caso è il patino di salvataggio o, se proprio sei nei guai il salvagente "alla Baywacht".

Non ho specificato la cosa poiché, quando salvi la gente per professione, diventa tutto un automatismo: visualizzi la situazione di pericolo, soppesi i pericoli, decidi come effettuare il salvataggio e parti. Poi, quando a salvataggio effettuato ti rendi conto del rischio che hai corso, provvedi a procurare un trauma cranico aggiuntivo all'idiota che si era messo a fare il Phelps della Domenica con il mare di Libeccio; ogni riferimento a fatti e persone reali è puramente casuale.

Modificato da EC2277
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scusa EC..ma una curiosita':a parte qualche congestione...come diavolo è possibile che una persona si trovi in difficolta' in acqua?Nel senso,sapro' non sapro' che non sono in grado nuotare dove non tocco???

Oppure la gente è proprio cogliona?

Chiedete al rospo che cosa sia la bellezza e vi risponderà che è la femmina del rospo.

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Non voglio far deragliare il topic percui, se i moderatori lo ritengono opportuno, dividano pure questa parte. ;)

Venendo alla tua domanda ti posso rispondere in maniera molto semplice: dipende dal tipo di mare nel quale nuoti; ad esempio il mare versiliese è uno dei più bastardi che esistano al mondo poiché il fondale e la corrente non sono uniformi. Vi sono degli ampi tratti con fondale basso nei quali una debole corrente ti spinge a riva. Però, se fai un passo verso riva, non tocchi più e la corrente, che è diventata tutto d'un tratto forte, ti spinge verso il largo.

C'è poi il problema della risacca che, soprattutto in condizioni di mare grosso, può far sentire i suoi effetti anche ad una decina di metri dalla riva rendendoti difficoltoso rientrare.

In queste condizioni è facilissimo farsi prendere dal panico ed affogare.

Modificato da EC2277
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nel frattempo il corpo di Roby è stato recuperato.

Se ne parlava proprio Sabato sere tra le valli bergamasche.

Strano, è stata la Madre a chiedere ai compagni di spedizione più altri di tornare a recuperare la salma.

Di solito sono proprio i parenti a non voler mettere a rischio altre vite per recuperare una salma ...che sta bene dove è.

C'è da dire che aveva già perso il marito quando Roby aveva 4 anni.

Comunque sembra che sia stata una corda di una spedizione precedente a cedere e a provocare il volo :(

Da Eco di Bergamo

Tibet, la salma di Piantoni

verso casa a dorso di yak

95859_435989_Senza_tito_8043344_medium.jpgROBY PIANTONI IN VETTA ALL'EVEREST

Nyalam, una trentina di chilometri da Zangmou, lungo la frontiera tra Tibet e Nepal. È arrivato qui il gruppo che si sta occupando del tentativo di riportare in Italia Roby Piantoni, l'alpinista bergamasco di 32 anni morto nei giorni scorsi cadendo in un crepaccio durante il tentativo di conquista dello Shisha Pangma, nella catena dell'Himalaya.

Domenica il triste corteo ha bruciato le tappe e in un solo giorno è riuscito a passare dal campo base avanzato all'ultimo villaggio dell'altopiano tibetano prima del confine. Questo è stato possibile grazie alla squadra di portatori che era arrivata proprio da Nyalam, ma soprattutto alla possibilità di utilizzare gli yak, cosa che invece nelle prime fasi del recupero delle spoglie dell'alpinista, deceduto nella notte tra mercoledì e giovedì scorso dopo essere caduto in un crepaccio, era stata invece esclusa.

Ora si prosegue e, salvo intoppi burocratici, martedì il gruppo dovrebbe arrivare a Kathmandu. Dopodiché Adriano Greco, unico valtellinese della spedizione, dovrebbe ripartire alla volta dell'Italia, mentre Marco Astori e Yuri Parimbelli si fermeranno nella capitale nepalese ancora qualche giorno, e cioè per il tempo indispensabile per sbrigare le ultime formalità, ma soprattutto per verificare la possibilità di cremare le spoglie dell'amico sul posto.

Nel frattempo la valle di Scalve si prepara a rendere l'estremo omaggio al suo alpinista di punta, un omaggio che è facile immaginare sentito ed estremamente partecipato. Perché se Roby Piantoni era certamente uno dei rappresentanti più noti nel panorama alpinistico bergamasco.

ST_G_02_04_000_1.jpgduetto14yg.jpg
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senza contare che nell'alpinismo e' connaturato "alzare l'asticella" come si suol dire.

Se andate a vedere, di certe generazioni di alpinisti vivi ne son rimasti pochi.

Spesso si "alza l'asticella" senza nemmeno fare il K2 o l'Eigher.

Sabato sono andato a fare una gita in zona Monviso ed al ritorno ho incrociato 3 alpinisti che dormivano in bivacco ed andavano Domenica a fare il Monviso che è già bello innevato e ghiacciato, una cosa tutt'altro che semplice....

L'inverno scorso un ragazzo che ho incontrato più di una volta in montagna con le pelli di foca è morto facendo un canalone apparentemente banale, con 3 amici di cui due istruttori di scialpinismo per una valanga.

Quello che non mi riesce bene di capire è rischiare per fare una cosa che magari una settimana prima o dopo dopo è sicura, chi va su un 8000 sa che rischia comunque.

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trovarmi nella situazione di scegliere tra vetta e valle, su una montagna che magari vedrò una sola volta nella vita è uan decisione che non vorrei mai arrivare a prendere...

Senza arrivare a tanto ti posso dire che l'estate scorsa sono arrivato a una mezz'ora da una cima in Trentino ed ha attaccato a nevicare, la salita la facevo comunque sulla discesa avrei rischiato ed ho lasciato perdere, in Trentino ci posso tornare da Torino, diciamo che non è a due passi, ma non ho avuto dubbi.

Un conto è un minimo di rischio (un mio compagno di montagna si è quasi ammazzato per una banalissima scivolata su un sentiero facile), un conto è la sfida a tutti i costi, quella non è per me.

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C'è da essere pazzi a ragionare così ma, parafrasando Walter Rhöll, spiegare certe sensazioni a chi non le ha vissute è come spiegare ad un astemio cosa si prova ad essere ubriaco percui dammi retta: evita certi momenti.

Un personaggio "mitico" dell'alpinismo torinese era un pò così, un collezionista di emozioni, saliva 4000 a raffica, incurante delle condizioni atmosferiche, anche 3-4 in giornata nel gruppo del Rosa, di solito in solitaria perchè era talmente esagerato da non accettare nessuno in cordata che potesse rallentarlo.

E' stranamente morto di malattia nel suo letto, mi raccontano che piangeva all'idea di non essere morto in montagna.....

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