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Napoli ed i luoghi comuni............


Arcy79

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Se lo dici tu, da quasi-insider (da quel che vedo dal tuo profilo ;) ), c'è poco da stare allegri...:|. Non bisogna pero' generalizzare. Esistono pure i napoletani estranei a questo DNA...io ad esempio ne conosco uno. Infatti è emigrato qui a Torino :?

Io sono napoletano, infatti; ti posso dire che sotto molti aspetti i napoletani sono persone meravigliose, tuttavia in questa città l'ignoranza dilaga fra la popolazione, e ciò unito a una storica insofferenza per il rispetto e la convivenza civile crea un cocktail micidiale. Ora non vorrei generalizzare, ma credo che tu abbia centrato il punto: purtroppo la migliore gioventù, quella dei ragazzi volenterosi che studiano e che vorrebbero e potrebbero fare qualcosa per migliorare la situazione, è costretta ad emigrare verso il Nord (o verso l'estero).

E' forse difficile per chi non vive a Napoli comprendere quanto sia compromessa la situazione, e non solo circa i rifiuti.

In una grossa fetta della popolazione è assente il senso dello stato, non c'è rispetto delle regole della convivenza civile, l'illegalità è diffusa e tollerata (dai venditori di contrabbando ai parcheggiatori abusivi, per non parlare della presenza della camorra), il disordine è totale.

La città è paralizzata dal traffico, devastata dai cantieri per la costruzione delle nuove linee della metropolitana, sporca, continuamente in balia delle manifestazioni dei dispccupati.

Certo, ci sono i napoletani onesti, ma in essi prevale lo scoramento, il senso di impotenza, che è unita all'indolenza.

Faccio un esempio concreto, che sarà familiare a chi vive a Napoli: ogni mattina, per chi deve prendere la linea 2 della metropolitana che da piazza Garibaldi porta a Mergellina, e poi a Pozzuoli, si prospetta un'odissea.

A causa della scarsità dei convogli si creano file chilometriche sulla banchina, e all'arrivo del treno c'è una lotta estenuante per poter salire a bordo. Una volta che i vagoni sono pieni, la gente dall'esterno che non è riuscita ad entrare continua a spingere impedendo la chiusura delle porte e causando un'ulteriore perdita di tempo.

Ora, se ciò fosse accaduto al Nord (come effettivamente è accaduto), le persone dopo poco tempo si sarebbero ribellate e battute per ottenere un servizio migliore dalle Ferrovie dello Stato.

Quì invece no: ci si abitua a tutto, non si lotta per il miglioramento, e quando (come a Pianura) si fanno delle battaglie, le si fa dalla parte sbagliata.

Mi scuso per essere andato o.t., ma volevo spiegare meglio il mio punto di vista, e dire perchè sono pessimista circa la sorte di Napoli

"All truth passes through three stages. First, it is ridiculed, second it is violently opposed, and third, it is accepted as self-evident." (Arthur Schopenhauer)

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E qui c'è gente che manifesta ancora contro gli inceneritori. Cose dell'altro mondo!

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da qui la mia frase sulla follia..

gli inceneritori non saranno il max ...ma che vogliamo fare?

io abito a 3 km in linea d'aria da un inceneritore

Infatti, un inceneritore sarebbe molto meno inquinante rispetto a questo scempio ambientale perpetrato ormai da decenni.

Per questo io credo che chi manifesta contro l'inceneritore di Acerra o sia totalmente ignorante, oppure è in malafede (cioè colluso con la camorra e con i suoi interessi).

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Infatti, un inceneritore sarebbe molto meno inquinante rispetto a questo scempio ambientale perpetrato ormai da decenni.

Per questo io credo che chi manifesta contro l'inceneritore di Acerra o sia totalmente ignorante, oppure è in malafede (cioè colluso con la camorra e con i suoi interessi).

la vedo veramente male per Napoli se siamo a questi punti...

c'è anarchia completa....si è perso il senso di cosa va bene o no...

.....non c'è LOGICA in tutto questo....

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la vedo veramente male per Napoli se siamo a questi punti...

c'è anarchia completa....si è perso il senso di cosa va bene o no...

.....non c'è LOGICA in tutto questo....

Sì, non c'è alcuna logica in ciò che sta avvenendo; è illogico che in una nazione come l'Italia (che dovrebbe essere la settima/ottava potenza mondiale) una metropoli come Napoli con tutta la sua provincia sia sommersa da cumuli di rifiuti che arrivano al primo piano delle case, è illogico che si preferiscano tali cumuli di immondizia per strada e i roghi notturni alla riapertura temporanea della discarica di Pianura, ed è illogico opporsi agli inceneritori.

Che tristezza vedere poi i politici (tutti) giocare a scarica barile per liberarsi dalle loro responsabilità.

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Rifiuti, se Napoli copiasse Venezia

In laguna realizzato un grande impianto modello, al Sud è sempre emergenza

Riuscirà Babbo Natale a raggiungere tutti i bambini facendosi largo con la slitta tra montagne di spazzatura? Ecco il dubbio di tanti piccoli napoletani. I quali, oltre al gran freddo che il buon Gesù ha mandato loro a rendere meno fetida l’aria, avrebbero diritto ad avere in dono un po’ meno di ipocrisia. Cosa ci hanno raccontato, per anni e anni? Che il pattume partenopeo, ammucchiato senza uno straccio di raccolta differenziata così com’è («tale quale», in gergo) non può essere trattato, ripulito, riciclato, trasformato in combustibile e bruciato.

Falso. Succede già. A Venezia. Dove lo stesso tipo di immondizia viene smaltito senza problemi dal più grande impianto europeo di Cdr (Combustibile Derivato dai Rifiuti) che manda in discarica solo il 6% di quello che arriva coi camion e le chiatte. E dov’è l’inceneritore? Dov’è questo mostro orrendo le cui fiamme fanno inorridire i campani che da anni, dipingendosi già avvolti dai fumi neri della morte, si ribellano all’idea di ospitarne qualcuno? A tre chilometri dalle bancarelle del mercato di Marghera. A cinque da Mestre. A otto dal campanile di San Marco. Senza che nessuno, neppure il gruppuscolo ambientalista più duro e puro e amante delle farfalle, abbia mai fatto una manifestazione, un corteo, una marcetta, un cartellone di protesta. Prova provata, se ancora ce ne fosse bisogno, che sotto il Vesuvio sono troppi a giocare sporco.

Pare una clinica, l’impianto in riva alla laguna, ai margini di Marghera. La bolzanina «Ladurner» l’ha costruito (dal primo scavo nel terreno al fissaggio degli interruttori elettrici) in dodici mesi. Contro i millenni necessari, non per l’indolenza delle persone quanto per la rete di veti e ricatti, nella sventurata Campania che, stando ai dati Apat, rappresenta da sola il 43% del territorio italiano inquinato dallo smaltimento scriteriato, o addirittura criminale, della «munnezza». Impianto pulito. Silenzioso. Efficiente. Apparentemente quasi deserto. «Quanti dipendenti? Meno di un centinaio. Al Cdr, su tutto il ciclo, 28 persone», spiega Fiorenzo Garda, dell’azienda altoatesina. Sei in meno di quanti bivaccano al call-center napoletano del Pan (Protezione ambiente e natura) dove, stando al rapporto della commissione parlamentare, ogni centralinista riceve mediamente una telefonata a testa alla settimana.

Ventotto persone che, scivolando tra capannoni, rampe e officine, ricevono ogni giorno i rifiuti urbani di Venezia (comprese Mestre, Marghera, le isole), Chioggia e larga parte della Riviera del Brenta per un totale di 300mila persone. Meglio: per un totale equivalente a una popolazione di 300mila abitanti. La Serenissima è infatti una città speciale per almeno due motivi. Il primo è che, scesa nei decenni a 50mila residenti, accoglie ogni anno quasi 20 milioni di turisti (meglio: 20 milioni di presenze giornaliere, per una media di circa 55mila abitanti supplementari al giorno con punte di 150mila) ai quali è praticamente impossibile imporre la raccolta differenziata. Il secondo è che un conto è portar via la campana della carta e del vetro coi camion in terraferma (dove la «differenziata» sta mediamente al 45%) e un altro con le barche nei canali.

Risultato: le «scoasse» veneziane sono uguali alla «munnezza» napoletana. Con più nero di seppia e meno pummarola, ma uguali. E infatti, caricate sulle barche a da lì trasbordate su enormi chiatte alle spalle della Giudecca, quando arrivano alle banchine di Marghera potrebbero essere perfettamente confuse con quelle che vengono scaricate dai camion nelle fosse dantesche degli impianti partenopei. È lì che i destini si dividono.

I rifiuti campani, in attesa dei termovalorizzatori (quello di Acerra che doveva essere acceso a ottobre, dopo 14 anni dalla prima dichiarazione di emergenza, è bloccato dall’inchiesta dei giudici e i lavori per quello di Santa Maria La Fossa devono ancora cominciare) vengono imballati alla meno peggio e ammassati in gigantesche piramidi su terreni comprati a prezzi sempre più folli, con misteriosi rincari anche del 500% in dodici ore. Piramidi che ormai stoccano sette milioni di tonnellate di «ecoballe» (che «eco» non sono) le quali potrebbero, se allineate, coprire la distanza che c’è da Parigi a New York. Una situazione esplosiva. Che costringe da anni i commissari via via nominati a recuperare nuove discariche (l’ultima è a Serre, a 102 chilometri dal capoluogo campano e per farla hanno buttato giù centinaia di querce) o a riaprirne di chiuse sfidando la collera degli abitanti. Collera spesso accesa dalla camorra, che vede a rischio i suoi affari. Che si nutrono proprio dell’emergenza campana. Costata fino ad oggi almeno un miliardo e duecento milioni di euro. I rifiuti veneziani no, quelli i soldi, agli azionisti pubblici, li fanno guadagnare. Dice Gianni Teardo, responsabile tecnico degli impianti, che quest’anno il complesso di Marghera, costato 95 milioni di euro (un dodicesimo dei soldi spesi in Campania) va in attivo. Spiegare come la spazzatura venga «bollita» per una settimana in enormi cassoni («biocelle »), asciugata, sminuzzata, passata al setaccio per separare quello che può essere riciclato tra i metalli, la plastica o la carta, sarebbe lungo. Basti sapere che, mettendo insieme questo lavoro con quello a monte della raccolta differenziata e poi una seconda e una terza operazione di filtraggio, l’impianto veneziano si vanta di mandare in discarica nell’entroterra di Chioggia solo il 6% del pattume trattato. Che dovrebbe essere ridotto entro un paio di anni al 3%. «Anche se puntiamo a ridurlo ancora, fino ad azzerare il ricorso alla discarica ».

Ferri, plastiche e carta vengono venduti sul mercato. La metà del Cdr prodotto e compattato in «brichette » simili a corti bastoncini è ceduto all’Enel che lo brucia al posto del carbone per fare energia. Tutto ciò che può essere usato allo scopo diventa «compost» per fecondare i terreni troppo sfruttati e in fase di desertificazione. E quel che resta, infine, viene bruciato.

Direte: oddio, vicino a Venezia! Esatto: in faccia a Venezia. Senza una protesta. Sotto il controllo dell’Arpav. Con un rapporto giornaliero sui fumi emessi. E sapete cosa salta fuori, a vedere i dati certificati dalle autorità sanitarie? Che un inceneritore di ultima generazione come quello veneziano, tra filtri e controfiltri, sta molto al di sotto dei limiti fissati, che sono da cinque a quindici volte più rigidi rispetto a quelli delle centrali termoelettriche o dei cementifici. Ma c’è di più. Fatti i conti, quel camino che smaltisce ciò che resta dei rifiuti di 300mila abitanti butta nell’aria ogni ora circa 60mila milligrammi di polveri. Pari a quanti ne escono, stando alle tabelle Ue, dai tubi di scappamento di quindici automobili di tipo Euro2. Per non dire di quelle più vecchie, che inquinano infinitamente di più. Direte: e se queste polveri fossero più aggressive? Massì, esageriamo: ogni camino come quello di Marghera inquina come una cinquantina di auto Euro2. E sapete quante ce ne sono, in Campania, di auto così o più vecchie e inquinanti? Oltre 2 milioni e 200mila. Pari a 44mila inceneritori come quello di Marghera.

Gian Antonio Stella

22 dicembre 2007

corriere

Ecco la soluzione

ai problemi di Napoli: copiare Venezia

di Stefano Filippi (da: Il Giornale del 4 gennaio 2008)

Se c'è una città che dovrebbe annegare nei rifiuti non è Napoli ma Venezia. Più facile imporre la raccolta differenziata alle massaie di Piedigrotta che ai milioni di turisti della Serenissima.E prima di piazzare i cassonetti bisognerebbe inventare camion della nettezza urbana che scavalcano ponti e campielli. Invece da Cannaregio all'Arsenale i sacchi neri si raccolgono a mano, al mattino presto, porta a porta, con i carrelli, e le calli si puliscono come cent'anni fa, con la scopa. L'immondizia viene caricata su barchini a remi, perché alle cinque del mattino nessuno vuole essere svegliato dal borbottio dei fuoribordo. I barchini scaricano su barconi, i barconi su chiatte, e le chiatte approdano a un pontile tra Porto Marghera e Fusina, lungo un canale che sbocca in laguna.

Qui sorge il Grande Collettore, a otto chilometri dal campanile di San Marco. E qui avviene il miracolo. Le «scoasse» veneziane sono attese da un impianto unico in Italia che le prende, le seleziona, le ingoia, le ricicla. Un inceneritore genera energia elettrica per la vicina centrale Enel e due impianti a «biocelle» producono compost (fertilizzante agricolo) e combustibile che la stessa Enel e altre centrali bruciano al posto del carbone. I residui ferrosi vengono venduti. Altro che discarica: quella gestita dalla società Ecoprogetto Venezia è un'industria che produce energia da una materia prima abbondante, inesauribile e a buon mercato. I rifiuti.

«Per noi l'immondizia non è uno scarto ma una risorsa», sintetizza il vicepresidente Claudio Ghezzo. A Fusina funzionano tre impianti: un inceneritore a doppio stadio per i rifiuti non differenziati di Venezia, un impianto che tratta i rifiuti secchi da cui esce il cdr (cioè combustibile derivato dai rifiuti), e un terzo che origina il compost dai rifiuti umidi. Soltanto il 6 per cento delle scorie veneziane finisce in discarica: dieci anni fa erano il 100 per cento. Ferro, energia, combustibile solido vengono venduti e rendono bene. «Potremmo guadagnare parecchio - spiega Ghezzo - ma siamo una società a maggioranza pubblica e non puntiamo all'utile ma al pareggio dei conti, anche per calmierare le tariffe comunali di smaltimento».

Capannoni bianchi e silenziosi. Grandi balle di cdr accatastate pronte per essere bruciate nelle centrali elettriche. Il vento della laguna spazza quel po' di cattivo odore emanato dalle montagne di compost. I fumi, le grandi nuvole nere che terrorizzano le genti del Sud, dove sono? E i miasmi, le esalazioni delle ciminiere che paralizzano il ministro Pecoraro Scanio impedendogli di autorizzare nuovi inceneritori? «I due impianti a biocella costruiti dalla altoatesina Ladurner, che trattano 200mila delle 260mila tonnellate di rifiuti che ogni anno affluiscono qui, non producono emissioni nocive», spiega l'ingegner Alessandro Pescatori, il responsabile tecnico: essi accelerano la decomposizione dei rifiuti insufflando acqua e aria calda. Dai camini esce vapore che porta con sé il 45 per cento del peso: «Con questo processo di bio-ossidazione - precisa Pescatori - da 100 chili di rifiuti se ne producono circa 55 di Cdr». Napoli invece si limita a compattare le immondizie: 100 chili di scarti uguale 100 chili di «ecoballe» puzzolenti.

Il termovalorizzatore no, quello i fumi li produce. «La legge impone controlli analitici semestrali, ma da noi sono mensili e i campionamenti quotidiani», dice Pescatori. Quindi anche i dati sono puntuali. Dall'inceneritore escono ogni anno 451,8 chili di ossido di carbonio, che detti così sembrano un'enormità ma corrispondono alle emissioni di tre utilitarie a benzina catalizzate che percorrono 10mila chilometri all'anno in città. Polveri: quantità annua uguale a quella emessa da 990 auto. Ossidi di azoto: 7.600 auto. Diossine: 366mila auto. Tanto, a prima vista; ma equivale a due-tre giorni di traffico sulla tangenziale di Mestre, dove quotidianamente transitano circa 150mila veicoli. «In ogni caso - puntualizzano i tecnici veneziani - se la legge pone un tetto pari a 100, noi non superiamo quota 10». E nel 2009 l'impianto sarà aggiornato con le ultime tecnologie disponibili, mentre una nuova turbina triplicherà il rendimento energetico per la produzione di elettricità.

Morale. Venezia ha quasi eliminato le discariche, produce e vende energia (guadagnandoci) e risparmia sulle spese di trasporto. L'Enel usa combustibile più ecologico e più economico del carbone. La Campania, che non vuole i termovalorizzatori e ha esaurito le discariche, deve portare i rifiuti in Germania pagando lo smaltimento e il trasporto con una quantità di camion che inquinano molto più di un inceneritore. E i tedeschi si fregano le mani perché con la «munnezza» producono energia da rivenderci a caro prezzo.

4/1/2008

napoli.com

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da qui la mia frase sulla follia..

gli inceneritori non saranno il max ...ma che vogliamo fare?

io abito a 3 km in linea d'aria da un inceneritore

bada che se la catena dei rifiuti viene fatta con tutti i criteri rischi molto meno tu che quelli che danno fuoco ai propri rifiuti....

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Eh d'accordo ma quali sono le altre conseguenze? Perchè attualmente mi sembra che siano i Napoletani a tenersi montagne di spazzatura per le strade, francamente non riesco ad immaginare cosa possa esserci di peggio...:shock:

Cioè...sarò io che non ho seguito con attenzione tutta la vicenda, ma quello che mi è sembrato di capire è: non c'è la discarica. Ok. Se ne deve fare una nuova. No, non la vogliamo. E allora dove kaiser si devono mettere i rifiuti???? :?

Il punto è che di promesse, anche agli abitanti di Pianura, ne saranno state fatte tante, ma mantenute, mai nessuna.

Nessuno credo sia contentissimo di avere una discarica vicino casa... e quando ti dicono che la discarica chiusa non verrà più aperta perchè troveranno altre soluzioni (nuove discariche, raccolta differenziata in tutti i paesi, inceneritori...) ed invece poi te la vogliono riaprire, dopo che ce l'hai avuta vicino casa per 40 anni... beh, un pò le balle ti girano. Anche perchè poi a Pianura, come a Giugliano confluisce gran parte della spazzatura di tutta Napoli e provincia.

Adesso è sacrosanto che da qualche parte in Campania deve uscire fuori un sito di stoccaggio, però nessuno più è disposto a "sacrificarsi". La Campania è in emergenza rifiuti da 15 anni. La gente è stanca e sfiduciata, e purtroppo, per ignoranza, mancanza di lucidità o chissà cosa, vuole risolvere il problema nel modo sbagliato :?

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