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Il presente e il futuro di Pomigliano


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ogni volta che mi illudo di essere davanti ad una svolta, si torna alla peggiore pratica "scambista".

succede ovunque, ma da nessuna parte del mondo si farebbe per salvare uno stabilimento indecoroso.

peccato per la prox Panda, ma Maglionne avrà fatto i suoi conti e gli introiti da incentivo saranno tali da più che controbilanciare il danno economico di spostarsi a Pomigliano.

Il lancio di agenzia è abbastanza confuso: "nuovo o Euro 5" che vuol dire? che ti incentivano se compri un Euro 5 usato? Forse forse Fiat ha qualche decina di migliaia di km0 €5 da piazzare? Boh.

Magari gli incentivi saranno tarati in modo da facilitare di molto le vendite del bicilindrico a quei prezzi preventivati per 5oo.

Almeno abbiamo portato a casa l'abbandono di AR... è un piccolo passo, ma positivo.

Ciao

Luxan

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Sono assolutamente basito... Rischia di giocarsi il modello che manda avanti la baracca da 6 anni pur di avere un mercato drogato per 6 mesi?

La teoria è quando si conosce il funzionamento di qualcosa ma quel qualcosa non funziona.

La pratica è quando tutto funziona ma non si sa come.

Spesso si finisce con il coniugare la teoria con la pratica: non funziona niente e non si sa il perché.

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Sono assolutamente basito... Rischia di giocarsi il modello che manda avanti la baracca da 6 anni pur di avere un mercato drogato per 6 mesi?

Naaaa....la patata bollente è nelle mani di Pomigliano. Sono con le spalle al muro.

O dimostrano di lavorare bene, con un modello e linee produttive all'avanguardia di grande tiratura in uno scenario persino drogato.......oppure si chiude tutto.

Con la Panda e gli incentivi non hanno veramente più nessuna scusa per giustificare la scarsa qualità.

[sIGPIC][/sIGPIC]

Some critics have complained that the 4C lacks luxury. To me, complaining about lack of luxury in a sports car is akin to complaining that a supermodel lacks a mustache.

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Naaaa....la patata bollente è nelle mani di Pomigliano. Sono con le spalle al muro.

O dimostrano di lavorare bene, con un modello e linee produttive all'avanguardia di grande tiratura in uno scenario persino drogato.......oppure si chiude tutto.

Con la Panda e gli incentivi non hanno veramente più nessuna scusa per giustificare la scarsa qualità.

Ma se il 40% delle persone là dentro ha già detto che preferirebbe rimanere a casa, non so quanto possa funzionare questo giochetto.

La teoria è quando si conosce il funzionamento di qualcosa ma quel qualcosa non funziona.

La pratica è quando tutto funziona ma non si sa come.

Spesso si finisce con il coniugare la teoria con la pratica: non funziona niente e non si sa il perché.

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Ma se il 40% delle persone là dentro ha già detto che preferirebbe rimanere a casa, non so quanto possa funzionare questo giochetto.

E allora rimarranno tutti a casa. Ma così diventa chiara colpa degli stessi lavoratori e non una decisione "padronale" (termine del piffero...) ;)

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Some critics have complained that the 4C lacks luxury. To me, complaining about lack of luxury in a sports car is akin to complaining that a supermodel lacks a mustache.

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E allora rimarranno tutti a casa. Ma così diventa chiara colpa degli stessi lavoratori e non una decisione "padronale" (termine del piffero...) ;)

mi vien da riposndere con una citazione famosa: "mi piacciono i pianiben riusciti" :agree::mrgreen:

"post fata resurgam." (cit.)

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spero che non diventi l'ennesima occasione persa x questo benedetto pomigliano....

le premesse non mi fanno ben sperare...avere la metà di operai contro non un bell'inizio...speriamo di non arrivare ai livelli di : " mi taglio il pipino x far dispetto alla moglie "

mi consola il fatto che tutti abbiamo ben presente la qualità panda-polonia...quindi non ci sarà molto spazio x pomiglianate varie...non gliene faranno passare una...

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mi pare non sia stato postato

Dalla Panda il 15% del Pil di Napoli

La Panda a Pomigliano vale il 15% del Pil della provincia di Napoli. La Fiat va avanti. Investe 700 milioni di euro, paga gli stipendi a 5.500 suoi dipendenti e garantisce ossigeno all'indotto dove lavorano almeno altre 6.500 persone. Secondo le elaborazioni compiute dal Sole 24 Ore, considerando una busta paga media lorda di 33.600 euro, i 5.500 operai della Fiat sviluppano ogni anno un reddito aggregato di 186 milioni di euro. A questo, vanno aggiunti 218 milioni di salari nell'indotto.

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C'è, poi, un fatturato indiretto (attività commerciali, pubblici esercizi) stimabile in 275 milioni di euro. Dunque, in termini di stipendi pagati e di scontrini emessi a Pomigliano e dintorni, la ricchezza prodotta dalla scelta di Sergio Marchionne di non lasciare Pomigliano ad una lenta agonia ma di trasferire la Panda dalla Polonia alla Campania è pari ad almeno 680 milioni di euro: la mancata chiusura dello stabilimento origina una ricchezza uguale al 5,6 per cento del Pil della provincia di Napoli, che secondo le ultime analisi della Banca d'Italia, è di circa 12 miliardi di euro. Se, poi, si contempla l'investimento da 700 milioni di euro progettato dal Lingotto e la decuplicazione del numero di auto realizzato in questo stabilimento, tutto questo assume proporzioni ancora più significative: se soltanto un terzo dell'aumento della produzione complessiva si trasforma in valore aggiunto locale, alla fine l'impatto positivo sarà vicino al 15% del Pil della provincia di Napoli.

«Si tratta di una quota di ricchezza impressionante - commenta l'economista Vincenzo Comito, docente di finanza aziendale all'università di Urbino - che, al di là della questione dei diritti degli operai di Pomigliano che secondo me resta aperta, mostra l'effetto positivo di una ipotesi di reindustrializzazione. E, in qualche maniera, in controluce indica le conseguenze da "macelleria sociale" che si sarebbero verificate, qualora la Fiat avesse deciso di non farsi bastare il 63% di sì al referendum».

Il 15% in più di reddito aggregato, in una provincia complessa come quella di Napoli. E nemmeno con tempi biblici. È vero che il calcolo del Sole 24 Ore è "a freddo". Ma è altrettanto vero che i tempi di industrializzazione delle linee non sono lunghissimi. E, dunque, le ricadute dirette e indirette potranno verificarsi nel giro di pochi anni, se non di pochi mesi, dal primo euro investito dal management di Torino e dalla prima Panda costruita dagli operai di Pomigliano. «Non è certo come nel 1980 a Mirafiori - riflette l'industrialista Patrizio Bianchi, rettore dell'università di Ferrara - quando, su linee vecchie di trent'anni, la Fiat inserì i robot. Quella fu una vera rivoluzione organizzativa e tecnologica. In questo caso, a Pomigliano si attueranno i principi del world class manufacturing, già applicati in altre fabbriche del gruppo, per produrre un modello come la nuova Panda, che non è cosa radicalmente diversa sotto il profilo dell'ingegneria, delle piattaforme e dell'estetica».

http://www.ilsole24ore.com/art/economia/2010-07-11/dalla-panda-napoli-144545.shtml?uuid=AY6QPz6B

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  • 5 mesi fa...

Addio all'Alfa Romeo.

una vecchia nota del sito julienews che avevo salvato e non postato e che, ripresa, mi sembra ancor oggi interessante e che, sottolienando l'importanza del legame di un marchio con la fabbrica, rende anche indiretto tributo all'interessamento di VW per Arese.

28/12/2009, ore 12:45 -

ADDIO ALL’ALFA ROMEO

di Raffaele Pirozzi e Giuseppe Biasco

L’Amministratore Delegato della Fiat, Sergio Marchionne, nel suo incontro con i sindacati ed il ministro Scajola, è stato chiaro, finita la produzione della 159, lo stabilimento di Pomigliano d’Arco, sarà ristrutturato per produrre la nuova panda. I modelli Alfa: la Nuova Giulietta e la 147, saranno prodotti a Cassino.

Molti hanno tirato un sospiro di sollievo per l’assegnazione di una nuova missione produttiva allo storico stabilimento automobilistico di Pomigliano. Ma, la vera notizia, quella che dovrebbe fare riflettere tutti, che dovrebbe essere attentamente considerata non è riportata da nessuno. Le scelte del management Fiat avranno, come conseguenza, che dopo oltre 70 anni il marchio Alfa Romeo lascerà Napoli. Dal 2011 in poi, nessuna vettura con il marchio Alfa Romeo sarà prodotta nella nostra Provincia. E’ una prospettiva grave, passata sotto silenzio, come una cosa senza importanza.

Era il 1938 quando fu deciso dall’I.R.I., di costruire un grande stabilimento aeronautico a Pomigliano d’Arco. L’impianto doveva essere composto da un grande stabilimento per la costruzione dei motori, un altro per la produzione degli aerei ed un aeroporto.

La scelta della pianura che dalle pendici del Monte Somma và sino ad Acerra, era la più adatta per un progetto del genere che venne portato avanti con grande celerità. Il vecchio borgo contadino, povero ed ancora sotto il potere di pochi proprietari latifondisti, fu sconvolto e trasformato da questo progetto. Nuove strade, nuove palazzine per ospitare gli operai, crearono dal nulla un paesaggio industriale fino ad allora sconosciuto. Questa violenta trasformazione, fu pagata a caro prezzo dalla nuova cittadina operaia. Nel 1942, violenti bombardamenti distrussero la fabbrica, il campo di aviazione fu messo fuori uso, i morti si contarono a centinaia. Solo a partire dal 1952, ripresero le attività produttive, nello stabilimento Alfadove si ricominciarono a produrre motori aerei per le case americane. Affianco allo stabilimento Alfa Avio, fu insediata la AerFer.

Uno stabilimento che produceva materiale rotabile ferroviario e lavorava per nuovi progetti di aerei a reazione per la NATO, come i caccia G 91, che furono particolarmente innovativi.

Nel 1958, iniziò la produzione delle automobili negli stabilimenti di Pomigliano. Un accordo industriale tra le due case europee di produzione automobilistica a prevalente capitale pubblico: la francese Renault e l’italiana Alfa Romeo, consentì la produzione dei modelli di vetture con motore posteriore Ondine, a due porte e Dauphine a quattro porte, che nessuno ricorda più. Erano vetture troppo pesanti per motori troppo lenti, furono un infelice esperimento che si esaurì ben presto. Altri modelli conquistarono il pubblico, la 500 della Fiat e la R 4 della stessa Renault.

Quell’insuccesso fu utile per l’Alfa Auto di Pomigliano, che si dedicò alla produzione di furgoni e camion per il trasporto cittadino. In quella realtà produttiva, in cui la qualità era elevata e il lavoro molto specializzato, sembrò naturale costruire, nei terreni del vecchio ed ormai inutilizzato aeroporto un nuovo e moderno stabilimento per la produzione di automobili di cilindrata media . L’impianto dell’Alfasud fu progettato secondo le regole fordiste della catena di montaggio per raggiungere grandi quantità di vetture prodotte. La sfida di quello stabilimento era quella di produrre 300.000 vetture all’anno, con la qualità dell’Alfa Romeo.

L’Alfasud, fu costruita in appena 4 anni. I lavori iniziarono nel 1968 e si conclusero nel 1972 con l’entrata in produzione dello stabilimento. Il progetto della fabbrica era vecchio rispetto alla evoluzione dei tempi: i nuovi diritti rivendicati dai lavoratori, e lo scoppio della crisi economica dei primi anni 70, che raggiunse il suo culmine con la guerra del Kippur. In quei mesi tanto difficili il prezzo del petrolio triplicò il suo valore, il costo di un barile passò da 4 a 12 dollari in pochi mesi, innescando una spirale inflativa, che sconvolse le economie occidentali. Tra ristrutturazioni e conflitti sociali, sono state prodotte negli stabilimenti di Pomigliano, fino ad oggi, oltre 6 milioni di automobili, vendute in tutto il mondo e che hanno contribuito alla affermazione del marchio Alfa Romeo. Un “Alfista” era un particolare possessore di auto, sapeva di appartenere ad una categoria privilegiata di automobilista e ne era molto contento.

Ogni modello prodotto ebbe grande sucesso: l’Alfasud, la Alfa 33, la 145, la 146, la 147 , la 156 e la 159. La storia dell’automobile deve molto a questi progetti, che hanno rappresentato un modo sportivo e unico di intendere l’automobile.

Ora lo stabilimento di Pomigliano d’Arco e intitolato a “Giambattista Vico”. Proprio per dimostrare che le auto possono essere prodotte in qualsiasi parte del mondo e da chiunque. La manodopera non deve avere una particolare specializzazione e non deve essere legata ad un marchio.

Non serve più la grande cultura della produzione Alfa Romeo, la qualità delle vetture Alfa era garantita da progettisti, tecnici ed operatori che insieme avevano la stessa mentalità produttiva, lo stesso approccio alla qualità delle vetture prodotte. Una cultura d’impresa che scompare nella nostra regione, per fare posto ad una semplice catena di montaggio.

In quello stabilimento verrà prodotto una auto senza identità, buona per tutti, ma che non susciterà passioni e desideri.

Questo modo di produrre merci senza particolare storia e qualità, che devono accontentare tutti i clienti possibili in ogni parte del mondo, è una strada senza uscita e senza futuro. Costruire delle alfa Romeo in stabilimenti diversi dai suoi siti storici significa produrre auto uguali con marchi diversi. Questa strategia può dare risultati nel breve tempo, nel pieno di una crisi di mercato tanto grave quanto difficile da superare, ma appena passata questa fase i consumatori si volgeranno verso prodotti di qualità e di particolare bellezza, ed allora mancheranno le radici, la storia e la cultura per adeguarsi al mercato.

Napoli perde un modo di essere fabbrica, di essere operai e tecnici, che lavorano alla costruzione di un bel prodotto, ad un bene, forse non necessario, ma il cui possesso rende felice. Nell’immaginario collettivo l’Alfa Rossa di Tazio Nuvolari, vola ancora nelle strade italiane a vincere una “Millemiglia”. L’auto con la quale Enzo Ferrari fece le sue vere esperienze, la vettura campione del mondo, quando non esistevano autodromi e si correva per le strade del mondo. Perdere la produzione delle Alfa significa perdere una parte della cultura napoletane di questi ultimi 50 anni, un vero peccato!

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