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Il fallimento dell'Italia


milus

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cmq sul fatto che anche al sud ci sono o che ci sono state realtà economiche importanti non posso che essere d'accordo con starboy........io mi rifaccio sempre all'esempio dell'economia locale nel mio paese, partendo dal presupposto che 20 anni fà noi venivamo considrati la Varese del sud con produzioni industriali di scarpe(sopratutto) e di abbigliamento tanto da produrre richezza e posti di lavoro. L'errore come ovvio c'è stato ed è stato essenzialmente nel pensare all'oggi piuttosto che al domani il che sommato alle nuove classi dirigenti(fgli che sostituiscono padri) e ad una classe politica poco lungimirante e poco capace han portato l'economia locale allo sfascio. Non si è pensato ad esempio di creare una zona indistriale e uei pochi che si sono salvati dallo sfascio sono dovuti emigrare all'iterporto di Nola il cosiddetto "CIS" dove poco più di un mese fà è stato inaugurato il "vulcano buono" di Renzo Piano. Nonostante questo dalle mie parti in un comprensorio di 60000 abitani c sono tra i 10-12 istituti bancari che fanno una media di una banca ogni 500-600 abitanti che non è poco.

certo...

consideriamo che il mondo è in accelerazione economica forte....(globalizzazione) che in Italia ha "picchiato forte" anche al Nord...e un sacco di aziende hanno dovuto chiudere/ristrutturare.

il problema in Italia (in generale, e al Sud più che al Nord) è cambiare la mentalità a "breve" e "illegale" (nero, tangenti, pizzo) in mentalità a"lungo" e "legale" come nel resto dei paesi avanzati..

ci aggiungo l'innovazione tecnologica dove FACCIAMO PENA.(per usare toni eufemistici :mrgreen:)

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I più attivi nella discussione

I più attivi nella discussione

sarà del solito mafioso del cazzo.....:lol:

"Mazda 6 MPS" batte "GPunto a nafta" sul tempo e arrivi primo rubandomi la battuta! :lol::lol:

stronzate a parte, i ricchi e i poveri ci sono ovunque, il problema è che, ahimé, giù al sud la ricchezza è mal ripartita e, ancor più ahimé, spesso chi ne ha troppi non li ha fatti sempre "onestamente"; questo capita anche al nord ma la pecentuale è minore.

detto questo, aggiungo che se anch'io a volte rimpiango idealmente la Serenissima,o, peggio, l'Austria, non può non farmi arrabbiare pensare a quanti italiani del sud si sono sacrificati per la Patria durante le 2 guerre mondiali per difendere l'Italia e l'italianità! Per questo mi starebbe sulle balle "rompere" l'Italia, per non infangare la memoria di questa gente. ma se si rimane come siamo adesso.. beh.. qualcuno si sta comunque rigirando nella tomba..

perdonate il tono "romantico" dell'ultima parte del post!

"post fata resurgam." (cit.)

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Guest DESMO16

situazione italiana ed inglese

Vetrina di Marks and Spencer in Weymouth High Street, UK

I grandi magazzini Mark & Spencer rendono noto che le vendite natalizie sono andate male, e immediatamente le azioni Mark & Spencer cadono del 20%.

E così tutti i titoli del settore britannico vendite al dettaglio: in otto mesi, meno 45% (1).

Il settore degli immobili commerciali è precipitato del 44% dall’inizio del 2007.

Le azioni dei due giganti inglesi del settore, British Land e Hammerson, si scambiano oggi con uno «sconto» del 35%, che evidentemente corrisponde ad un pari «sconto» dei lavori immobiliari che hanno in portafoglio.

C’è stata una crisi peggiore nell’immobiliare commerciale inglese, che è veramente «libero» e dove gli immobili si comprano come le zucchine, su un vero «mercato» (contrariamente a quello italiano, ingessatissimo), ma anche molto indebitato: fu ai tempi della crisi di Canary Warf, quando un eccesso di offerta di immobili da uffici restò invenduta.

Allora, i valori immobiliari scesero anche del 65%.

Ma per arrivare a quel fondo, ci misero tre anni, dal 1989 al 1992.

Stavolta, quel che spaventa è non solo la dimensione, ma la rapidità del precipizio: immobili che perdono metà del loro valore in meno di un anno, grandi magazzini prestigiosi come griffes che in otto mesi valgono la metà.

Le azioni del settore della costruzione e dei materiali da costruzione sono calate anche più fulmineamente: meno 27% in quattro mesi.

Poiché questo settore ha rigettato ancora solo una parte dei rialzi incassati dal 2003, ai tempi del boom immobiliare e dei prezzi alle stelle, si teme che la caduta non sia finita per niente.

E solo in parte questa catastrofica discesa sembra dovuta ad aggressive speculazioni al ribasso (short) di alcuni hedge fund su quelle azioni, considerate vulnerabili.

Il fatto è che le azioni di quei settori sono vulnerabili perché l’economia reale sta rallentando molto più di quel che si sperava.

La controprova: con cali così rilevanti, diventa un buonissimo affare - per chi ha liquidità - comprare le azioni.

Mark & Spencer si acquista on uno sconto del 40%, ed oggi le sue azioni hanno un rapporto prezzo/dividendo (price earning) di 10, dieci volte il dividendo.

Molto appetibile, visto che pochi mesi fa andavano a ruba azioni con price-earning 17 o 24 o più (per compensare l’acquisto, bisognava incassare 24 anni di dividendi).

Ma, invece, nessuno ha fretta di comprare nemmeno a prezzi di liquidazione.

Il «sentiment» è fragile, dicono.

La gente tornerà a fare shopping abbastanza presto?

«Per altri tre-quattro mesi non sarà chiaro a quanto arriverà il rallentamento», dicono gli analisti di Shore Capital.

Lo chiamano rallentamento.

Pudico eufemismo.

Il processo che quegli analisti descrivono - prezzi bassi ma nessuno compra, aspettando che abbassino ancora - si chiama «deflazione» ed è il segno che la recessione sta per diventare «depressione».

Qualcosa del genere sta avvenendo anche in Italia nel settore immobiliare.

Nei modi rallentati propri di un mercato ingessato, come il nostro, da vincoli di locazione, tasse e spese notarili.

Ma il segnale che il boom della case sta cedendo viene da un breve articolo apparso su 24 Ore e segnalatoci da un lettore: «Arrivano i saldi immobiliari. La sede italiana del gruppo americano Remax ha presentato a Milano una maxi operazione di sconti che riguarda 500 tra i 10mila immobili detenuti in portafoglio e pubblicati online. Il motivo è il riconoscimento che il mercato immobiliare sta rallentando: il numero di compravendite nel 2008 è previsto in calo del 7% (fonte: Scenari immobiliari), il tempo medio di attesa è salito a 5 mesi (fonte: Nomisma)».

La Remax è un’agenzia immobiliare, tipo una grossa Tecnocasa.

Ecco come ha fatto: «Lo scorso 15 ottobre Remax Italia ha stampato i prezzi di tutti gli immobili presenti sul proprio sito; ha consegnato l’elenco al notaio; ha chiamato tutti i proprietari chiedendo loro se volevano partecipare all’iniziativa e ha registrato la percentuale di sconto che i proprietari interessati erano disposti a fare».

La manovra è ragionevole.

In Italia, i proprietari che hanno messo in vendita la casa tengono duro chiedendo prezzi da boom, ormai irrealisti, anche perché questi proprietari-venditori di solito non hanno un mutuo da pagare su quella casa, e dunque possono aspettare.

Ma i compratori non si fanno avanti, anche perché loro il mutuo devono accenderlo, se non vedono prezzi più bassi.

Il mercato è dunque immobile, cinque mesi per vendere un appartamento, calo delle compravendite del 7%.

La Remax tenta giustamente di rimettere in moto il mercato (se no lei non vede le grasse commissioni) chiedendo ai venditori di aderire volontariamente a ribassi, più realistici.

Ed ecco il risultato secondo 24 Ore: «Ha aderito all'iniziativa il 5% dei proprietari che in media ha scontato il prezzo dell’immobile dell’8,8% (Milano 8%, a Roma 12%, a Novara 25%). Meno dell’11,3% di sconto medio previsto da Nomisma per quest’anno, ma pur sempre una base di partenza della trattativa a un prezzo più basso».

«Si tratta di immobili di 220 località diverse proveniente per il 55% da Lombardia e Piemonte. Il valore medio dell’immobile scontato è di 268mila, superiore alla media di 250mila del valore degli immobili compravenduti riscontrata da Nomisma nel secondo semestre 2007 (per gli immobili acquistati con mutuo). Il picco massimo degli sconti (-47%) è stato raggiunto a Torino con un immobile che da una richiesta di 38mila euro è sceso a 20mila euro. Il valore degli immobili, che saranno online lunedì (i ‘saldi’ andranno avanti fino al 29 febbraio), va da 40mila a 4 milioni di euro».

Dunque: saldi di case in regioni «ricche» e assetate di tetto, Piemonte e Lombardia.

Tipici buoni appartamenti da 3-4 locali.

Lasciando perdere la super-offerta dell’immobile di Torino offerto col 47% di sconto (sarà un garage umido…), sembra conveniente.

Si può pensare che parecchi corrano a comprare con lo sconto di fine stagione.

Invece no.

Lo consiglia anche 24 Ore: «Lasciarsi ingolosire dall’offerta conviene davvero? Se si acquista con uno sconto del 10% oggi, in effetti, si corre il rischio che a fine anno il calo del mercato risulti analogo. Il rendimento dell’investimento da rivalutazione dell’immobile, in questo caso, sarebbe di fatto nullo. Insomma, chi può rimandare l’acquisto farebbe bene ad aspettare da qualche mese a fine anno per capire dove va davvero il mercato».

Dunque anche il giornale della Confindustria consiglia: aspettate a comprare casa, fra qualche mese i prezzi saranno ancora più bassi.

E’ il meccanismo psicologico che porta alla deflazione.

E presto coinvolgerà tutti gli acquisti che possono essere rimandati, con le conseguenze storiche della deflazione.

Presto offriranno sconti su auto, computer, elettrodomestici, iPod, telefonici ed altre carabattole elettroniche, poi scarpe e vestiario.

Non dite: bello, finalmente i prezzi calano!

Se potessimo mangiare computer e iPod sarebbe bello, ma mangiamo grano e carne e latte, che rincarano su scala mondiale, e vengono trasportati dal petrolio, che rincara e rincarerà per la domanda crescente dei nuovi consumatori-giganti, Cina e India.

Per le imprese, non sarà bello per niente.

Perché le imprese sono indebitate, e se non vendono non servono il debito con le banche.

Dapprima offriranno sconti; poiché la gente aspetta altri ribassi, i loro magazzini e piazzali si affolleranno di invenduto, e costeranno di più.

Arriva il punto in cui i profitti, limati, non bastano a pagare le rate dei fidi.

Cominceranno a fallire, con perdita di esportazioni, produzione, lavoro, profitti, disoccupazione crescente.

Per l’Italia, il processo sarà aggravato non primariamente - come in Gran Bretagna e in USA - dalle follie della finanza speculativa e dai consumatori stra-indebitati, ma dalla tassazione spoliatrice di Visco, peggiorata dalla truffa dell’IVA.

Lo Stato non paga i crediti IVA alle imprese, è noto.

Visco ha abolita la norma che consentiva di defalcare i crediti IVA compensandoli con altri contributi dovuti (altre tasse, contributi INPS, eccetera).

I piccoli imprenditori devono pagare l’IVA che non devono (e che non si sa se rivedranno mai restituita), e pagare anche le tasse e i balzelli più esosi d’Europa, mentre vendono meno e con profitti minori.

Aggrediti da tutti i lati, dallo Stato e dal mercato, soccomberanno presto.

La restituzione dell’IVA diventa cruciale per le piccole imprese, per quelle marginali: è il denaro liquido che serve loro per continuare ad operare.

Siccome Visco se lo trattiene, le imprese devono procurarsi denaro in banca, ad interessi che non scenderanno certo.

Visco dà il colpo di grazia ad un’economia reale che già arranca, sfiancata e meno produttiva delle altre europee.

Dunque ecco il futuro: avremo deflazione (prezzi calanti) per auto e iPod, di cui possiamo fare a meno, ma inflazione dei beni necessari ogni giorno, cibo, carburante, riscaldamento.

Naturalmente Visco dovrebbe accelerare almeno i rimborsi IVA.

Pensate lo farà?

Nemmeno per sogno.

Lui e l’altro complice Padoa Schioppa hanno appena ricevuto le lodi di Almunia, l’eurocretino: bravi, avete ridotto il debito pubblico all’1,3% del PIL.

Trichet, il governatore della Banca Centrale Europea, ha aggiunto: state solo attenti all’inflazione e ai prezzi.

Trichet si preoccupa dell’inflazione, mentre ci sono segni di delazione (in certi prezzi).

Anche la Federal Reserve di Chicago, nel 1929, si preoccupava dell’inflazione, mentre la deflazione era in pieno corso (2).

La FED rialzò i tassi d’interesse per due volte nel 1931.

Trichet sta facendo lo stesso.

Incompetenti, contabili e non economisti.

Ad Almunia non importa un fico che il «risanamento» sia stato ottenuto non con la riduzione della spesa pubblica corrente (anzi, aumentata quasi del 4%), né con la riduzione degli interessi sul debito (aumentati del 12,2%), bensì esclusivamente con l’ipertassazione: più 13% dalle imposte dirette (chi di voi ha guadagnato il 13% in più, l’anno scorso?), aggravio delle imposte indirette (più 4%), dei contributi sociali (più 5,8%, con pari aumento del costo del lavoro) e addirittura un aggravio del 40,6% delle imposte in conto capitale (praticamente raddoppiate: e sono imposte che intaccano non il reddito dei contribuenti ma il loro patrimonio o capitale, quindi la capacità di azione imprenditoriale).

Ad Almunia non interessa il trucco del mancato pagamento dell’IVA, vera truffa di Stato a danno dei cittadini.

E nemmeno l’altro trucco nei conti di Padoa Schioppa: le minori uscite sono dovute in grande parte al blocco degli «investimenti pubblici».

Lo Stato smette di spendere in infrastrutture pubbliche che servono all’economia, ma non smette di spendere per i suoi stipendi, auto blu ed aerei.

Anzi la spesa corrente sta per aumentare di nuovo perché pende il contratto del pubblico impiego: gli statali vogliono i loro 4-5 miliardi di euro di aumento complessivo, più il recupero dell’inflazione.

Lo vogliono da noi contribuenti che non abbiamo aumenti, e men che meno il recupero dell’inflazione.

Il «risanamento» lodato di Padoa Schioppa è dunque insostenibile nel tempo.

Quando gli statali avranno i loro aumenti, già non ci sarà più.

E i contribuenti dovranno pagare forse un 10 miliardi aggiuntivi.

Ce la faremo?

Alla fine, calerà anche l’introito tributario, per forza: i falliti non pagano tante tasse, e nemmeno i disoccupati.

E nemmeno i proprietari di case invendute pagano più le super-imposte sugli immobili, imposte in conto capitale, quelle che sono raddoppiate.

Come dice Tremonti: «E’ l’economia che determina i conti pubblici, non il contrario».

Visco e Padoa Schioppa credono giusto l’opposto, che i conti pubblici siano una variabile indipendente dall’economia, e che si possa «risanare» il debito pubblico a forza di tasse spoliatrici mentre i produttori smettono di produrre per la depressione mondiale.

Vedremo chi ha ragione.

Maurizio Blondet

Note

1) Tom Stevenson, «Hard and fast consequences of meltdown», Telegraph, 13 gennaio 2008.

2) Lo ricorda Anna Schwartz sul Telegraph. Si tratta della coautrice con Milton Friedman di «A monetary History of the United States», una delle bibbie del monetarismo estremo. La tesi: la crisi del ‘29 non fu colpa della speculazione, ma della burocrazia che esitò a iniettare liquidità. L’intervento pubblico in economia non serve. Il mercato si raddrizza da sé. Per la Schwarz, oggi la liquidità abbondantemente iniettata dalle Banche Centrali non serve a nulla, perché non è una crisi di liquidità ma di insolvenza (il timore adesso sono i fallimenti a catena). Trichet, nella prima conferenza-stampa dell’anno il 10 gennaio, ha dichiarato che la Banca Centrale Europea «non ha il compito di risolvere i problemi d’insolvenza», ammettendo così che la BCE non è - e non agirà da - prestatore di ultima istanza come sembra suggerire la Schwarz. Lui ha intimato più volte agli Stati membri di continuare i tagli di bilancio e la riduzione del deficit (come il bravo Padoa Schioppa), mentre in depressione si deve accrescere il deficit pubblico per sostenere il lavoro con opere pubbliche. Ed ha minacciato «passi preventivi» contro questa tentazione, ossia un aumento dei tassi d’interesse, già assurdamente alti. Perché, ha ripetuto, ci sono rischi d’inflazione, «state attenti».

E’ vero che ci sono. Ma l’inflazione dipende da petrolio e grani, due merci il cui rincaro l’Europa non ha alcuna possibilità di contenere. C’è poco da stare attenti, da quel lato. Dunque, la sola voce su cui si può intervenire è la riduzione dei salari. Nessun aumento salariale, ha intimato Trichet: la ricetta che aggravò la crisi del ‘29 in depressione decennale (Fonte: LarouchePac, 10 gennaio 2008). Nel 1931, la flotta atlantica britannica subì una decurtazione delle paghe del 10%, e si ammutinò. Conseguenza: la sterlina dovette uscire dal Gold standard, e si svalutò. Fu una relativa fortuna: la depressione inglese fu meno dura di quella americana, dove fallirono 4 mila banche (un quinto). E’ la strada che sta perseguendo Trichet?

EFFEDIEFFE Giornale on-line - Direttore Maurizio Blondet

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Solo qualche commento commento:

1) Come su evince dalle statistiche l'emigrazione italiana verso l'estero paradossalmente fu piu' da nord che dal Sud ( di veda per esempio CRONOLOGIA - PANORAMA DI 2000 ANNI DI STORIA - LA REPUBBLICA IT. )

2) Il regno delle due Sicilie, piaccia o meno, al momento dell'Unita' era piu' arretrato del Nord e del Centro Si vedamo per esempio le Ferrovie ( 38 km contro un migliaio ) le strade 1700 comuni su 1800 erano senza strade di interconnessione e l'istruzione ( oltre il 90% di analfabeti contro il 40/50% del nord Italia )

3) Il boom economico fu frutto anche dei milioni di meridionali ( e veneti: Fino a 20 anni fa il Veneto era il "Sud del Nord" ) che vennero a Lavorare a nord nelgi anni '50 e '60 ( tra il 50 ed il '60 la lombardia passa da 5 a quasi 9 milioni di abitanti , Genova da 350k a 800k )

Archepensevoli spanciasentire Socing.

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3) Il boom economico fu frutto anche dei milioni di meridionali ( e veneti: Fino a 20 anni fa il Veneto era il "Sud del Nord" ) che vennero a Lavorare a nord nelgi anni '50 e '60 ( tra il 50 ed il '60 la lombardia passa da 5 a quasi 9 milioni di abitanti , Genova da 350k a 800k )

Secondo me il progresso di una nazione (o di una parte di essa) è dovuto all'ingresso di gente capace e che viene messa in condizione di esprimere le proprie potenzialità. Potremmo parlare di evoluzione darwiniana e "selezione della specie". Guardate agli USA: sono stati resi così grandi e potenti dalle persone che si sono trasferite lì a lavorare e fare ricerca.

All'opposto, c'è il caso del Sud Italia: i cervelli devono emigrare, quelli che vogliono lavorare sono spesso costretti a fare lo stesso, ergo rimangono solo le perone "peggiori"; come pretendiamo uno sviluppo positivo, partendo da tali presupposti?

"All truth passes through three stages. First, it is ridiculed, second it is violently opposed, and third, it is accepted as self-evident." (Arthur Schopenhauer)

Automobili

Volkswagen Scirocco 1.4 TSI 160cv Viper Green (venduta)

BMW M4 DKG Competition Package 450cv Sapphire Black

Jeep Renegade 1.0 T3 Limited 

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Solo qualche commento commento:

2) Il regno delle due Sicilie, piaccia o meno, al momento dell'Unita' era piu' arretrato del Nord e del Centro Si vedamo per esempio le Ferrovie ( 38 km contro un migliaio ) le strade 1700 comuni su 1800 erano senza strade di interconnessione e l'istruzione ( oltre il 90% di analfabeti contro il 40/50% del nord Italia )

Steve permettimi ma questa è una maniera relativa di riportare le cose.Innanzituto i kilometri non erano 38 ma un centinaio,secondo in quanto a ferrovie,rispetto agli stati europei di prestigio,stava inguaiata tutta la penisola,che concentrava le ferrovie solo in alcune zone,non con l'intento reale di unire zone per permettere sviluppo commerci e quant'altro,in maniera oggi si direbbe sinergica,ma quasi per sfoggio.E così il conto dell'italia settentrionale non lo devi sommare e opporre a quello del sud.

Il Regno di Sardegna ad esempio si dotò di 850km,solo in piemonte ovviamente,il veneto circa 500,però concentrati nella zona austro-veneta-ad esempio la linea trieste-vienna,e i borbone,invece,si dotarono di una linea di un centinaio di chilometri.

Ma questo non vuol dire che il sud stava messo peggio in toto...

- Fino a prima dell'unità d'italia,nelle casse dei Banchi Nazionali,c'era la maggior quantità di lire-oro conservata,rispetto a tutta la penisola(e del problema della carta moneta dei savoia mi pare ne abbimao già accennato)

- Era presente il minor carico tributario erariale d'europa

- La più alta quotazione di rendita dei titoli di stato

- Napoli era la prima città d'italia per numero di pubblicazioni di giornali e riviste,per numero di tipografie,per numero di Conservatori,per numero di teatri,per percentuale di medici per cittadini,per numero di orfanotrofi e centri di assistenza sociale,la più bassa percentuale di mortalità infantile

- La più grande industria navale per numero di operai

- Prima flotta mercantile e prima flotta militare d'italia(seconda in europa solo all'inghilterra,che tra l'altro male vedeva questa cosa male,per cui alcuni stroici concordano nel vedere come la stessa annessione al piemonte era ben vista e appoggiata dal regno unito

- Primo stato italiano per produzione di guanti

tralascio perchè inutile tutti gli altri primati(se interessano leggete "le industrie del Regno di Napoli"),tutto ciò non è per mettere il sud in competizione con il nord,che avrà avuto anche lui dei suoi primati,ma per contrastare la favoletta del sud solo arretrato,e del nord che invece già gettava le basi per lo sviluppo industriale.Questi primati vanno letti solo nel senso che le basi per un futuro sviluppo si erano poste,o si stavano ponendo,pure a dispetto delle zone a latifondo,tipiche ad esempio della sicilia.

Esistono atti parlamentari precisi in cui si fa riferimento ad appelli inascoltati di politici meridionali,che si opponevano al piano di deindustrializzazione che il governo decise per il sud,con conseguente tentare di investire solo nell'agricoltura...nella mia frazione del cavolo,di un comune che ora conta poco più di ventimila abitanti,fino agli inizi del 900 esistevano 4 proto industrie :liquori,tessile,tabacchi,alimentare...sono stati chiusi nel giro di poco tempo,e mia nonna mi racconta sempre di come i politici barattavano la perdita del lavoro con magari pensioncine,o favori di vario genere,il tutto per assicurarsi il voto...e fu così che zone in cui la gente si dava da fare,si sono trasformate in zone ad alta densità di nullafacenti..

insomma la realtà sta in più parti,il nord adesso cammina bene,e la gente è lavoratrice e ha merita tutta la stima che vogliamo,però resto convinto che l'impianto politico dell'italia(fatto anche e soprattutto da politici del sud,che barattano il tornaconto personale con il benessere del loro popolo)non ha funzionato per nulla,e resto convinto che una soluzione come quella accennata da ax,potrebbe smuovere le cose

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Per carita' milus non discuto i tuoi dati.

Ma e' incontrovertibile per esempio, che buona parte della floridezza delle casse borboniche ( e relativa gestione finanziaria )fosse proprio frutto dei mancati investimenti in quelle che ora si chiamano infrastrutture.

Ed il deficit del Nord era anche in parte dovuto ( oltre alle guerre ) al fatto che di queste infrastrutture si cercava faticosamente di dotarsi

non solo le ferrovie mancavano, ma le strade, gli acquedotti etc.

La situazione di Napoli era migliore, ma solo a Napoli e dintorni.

Nel 1861 come da Commissione Jacini, il 75% dei gia' pochi studenti universitari italiani era al Nord.

Solo per l'istruzione di base, il Sud si e' riallineato al nord solo in questo secondo dopoguerra

questo non per implementare favolette, ma per distinguere le diverse politiche impostate da savoia ( ma non solo, anche L'Austria fece qualcosa di simile ) e borbone partendo da situazioni non cosi' differenti.

E controprova della fatiscenza dello stato e' proprio nella spedizione dei Mille. Il successo di questa non ci sarebbe stato ( Pisacane pochi anni prima fu massacrato ) se la realta' non fosse stata pericolante. non dimentichiamo che, Garibaldi a parte, le forze in campo erano 20/30 ad 1 in Sicilia e 2 a 1 sul continente ( fino all'arrivo dei piemontesi )

Archepensevoli spanciasentire Socing.

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Stev,in parte sono anche d'accordo con te,e neanche io voglio mettere in discussione i tuoi dati,vista la tua comprovata onestà intellettuale che in questi anni di autopareri hai dimostrato,però voglio dare un punto di vista diverso.La commissione Jacini,e qui mi fido di te perchè non me la ricordo,mostrava questa disparità,ma è anche vero,che i primi tentativi di dare una istruzione obbligatoria e gratutia al popolo,vennero proprio da Ferdinando IV di Borbone,nella seconda metà del settecento,e non riguardavano solo Napoli.Allo stesso modo,ai primi dell'800,ci furono varie lodevli iniziative di diffusione culturale(quà è vero legate più che altro a Napoli,che d'altronde era la capitale e quindi oltre ad essere favorita,era quella che dava inizio a certi mutamenti o esperimenti).La situazione di analfabetismo della popolazione quindi aveva trovato degli sbocchi,ma a seguito dell'unità,purtroppo,si ricadde indietro di parecchi anni,e l'analfabetismo in pochi anni si riallargò a macchia d'olio,e questo soprattutto per la politica scolastica di casa savoia,e per come fu attuata;esistono precise denunce in merito dell'insigne politico,filosofo e scrittore "napoletano" Francesco De Sanctis che insieme ad altri,poneva attenzione su come con l'unità,la situazione scolastica fosse peggiorata anzichenò in meridione.Per quanto riuarda strade,acquedotti e quant'altro,non mi sento abbastanza preparato da andare a fondo alla cosa,ma ho letto anche qui,varie cose molto diverse,c'è chi dice una cosa,chi un'altra,e a volte si da credito all'una o all'altra corrente solo in base alla convenienza o alla vicinanza "ideologica".

Io non voglio essere nè nostalgico,nè trovare scuse o altro,però al di là di tutto,controbatto all'idea affermata di un nord già molto più avanti del sud,ma soprattutto faccio notare quando capita,che tutto ciò che di ottimo c'era in meridione,è stato spazzato via dal 1860 in poi(non proprio tutto,però insomma,ci siamo intesi)ogni primato industriale,ogni primato sociale e culturale,è andato via via scemando,e siccome molti purtroppo sottintendono spesso a spiegazioni "genetiche"(a costoro suggerisco il libro "La razza maledetta" ),questo a tutti i meridionali "feriti" come me fa male e da anche fastidio.

La questione meridionale poi è alla base della mentalità spesso malata,che si è radicata e sviluppata nel nostro meridione,e per la quale,visto comunque il sempre più attuale esodo e la onnipresente mafia e corruzione politica italicamente e unitariamente diffusa,come ho già detto,non la vedo per nulla facile

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non dimentichiamo inoltre che proprio l'istruzione elementare , che i governi della Destra aveva lasciato in gestione ai comuni, fu poi dai governi Giolitti ( + o - ) riavocata allo stato proprio perche' i comuni non si mostrarono all'altezza del compito. questo un po' in tutt'Italia ma soprattutto al Sud. Situazione che fu come giustamente dici, denunciata da De Sanctis prima e Salvemini poi.

Comunque nella Marina Militare le tradizioni sopravvissero un po' di piu' in quanto essa e' stata sempre dominata da Liguri e Campani ( L'accademia fu fondata a Livorno proprio per equidistare dai due mondi )

Curiosita': fu sempre invece rifiutata la componente veneta, in quanto aveva costituito il nerbo della flotta austro-ungarica, almeno fino agli anni 80/90 del 1800.

Archepensevoli spanciasentire Socing.

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,che tutto ciò che di ottimo c'era in meridione,è stato spazzato via dal 1860 in poi(non proprio tutto,però insomma,ci siamo intesi)ogni primato industriale,ogni primato sociale e culturale,è andato via via scemando,e siccome molti purtroppo sottintendono spesso a spiegazioni "genetiche"(a costoro suggerisco il libro "La razza maledetta" ),questo a tutti i meridionali "feriti" come me fa male e da anche fastidio.

Ok, e di questo da piemontese (e FIERO, pare che l'unico che si debba vergognare in Italia è il sabaudo) me ne dolgo, perchè fu causato da sostanziale ignoranza della situazione e frettolosità del processo aggregativo.

Voglio però fare un appunto. In che anno siamo adesso? Quanti anni sono passati dall'unità d'Italia? Possibile che in tutto questo tempo, che ha visto il succedersi di un sacco di governi, di colori, monarchie, repubblica, dittature (ci manca solo l'anarchia.....) non si sia riuscito a ricreare tutta l'eccellenza (che non nego) che vi era prima e si debba ancora parlare di sviluppo del mezzogiorno?

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Some critics have complained that the 4C lacks luxury. To me, complaining about lack of luxury in a sports car is akin to complaining that a supermodel lacks a mustache.

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