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Manca solo la firma delle ultime due sigle: gli assistenti di volo di Avia e Sdl

Colaninno: «Accordo di tutti per rilancio»

Il presidente Cai: «Successo sarà dovuto a professionalità». Epifani accusa Alemanno: «Assente dalla trattativa»

ROMA - Dopo una maratona di 14 ore a Palazzo Chigi, l’operazione salvataggio per Alitalia è arrivata alla svolta finale. È stato raggiunto l’accordo anche con i piloti e la nuova Alitalia, guidata dalla Cai di Roberto Colaninno, è ora quasi pronta per partire. Manca solo la firma delle ultime due sigle della compagnia - gli assistenti di volo di Avia e Sdl - che riprenderanno la trattativa lunedì. Ed è tempo di fare il punto su quanto fatto e le prospettive future.

«GRANDE RILANCIO» - «Il passaggio dell'accordo con tutti coloro che lavorano in Alitalia è fondamentale perché significa dar vita a un'opera di grande rilancio che potrà realizzarsi solo con il concorso di tutti - ha detto al Tg5 il presidente della Cai, Roberto Colaninno -. Se questo rilancio ci sarà, considerando l'importanza strategica che l'azienda ha per il nostro Paese il successo sarà dovuto alla professionalità di chi opera in Alitalia, alla simpatia e alla capacità di relazionarsi con i clienti dell'azienda, e a quel che il nostro Paese rappresenta in tutti i campi in termini di attrattiva nel mondo».

EPIFANI ATTENDE SCUSE - Più critico il leader della Cgil Guglielmo Epifani, che «attende le scuse» da parte di chi «ci ha accusato di giocare allo sfascio». Così, dal palco del comizio di piazza Farnese, Epifani si rivolge a chi in questi giorni ha accusato la confederazione di corso d'Italia di opporsi di fatto al salvataggio della compagnia di bandiera. «Questa notte si è fatto un altro passo deciso. C'è grande soddisfazione perché abbiamo dimostrato, come anche in una situazione di fallimento, si può fare un grande atto di responabilità a salvaguare la dignità dei lavoratori». E l'accusa: «Hanno cercato di metterci all'angolo, ma non ci sono riusciti e aspetto che chi ha inveito contro di noi lo riconosca. Sarebbe un atto di responsabilità». Un discorso a parte sui precari: «Noi abbiamo detto da subito "ci sono 3mila precari". Saccconi li aveva tolti dagli esuberi, noi abbiamo chiesto una parola di speranza, l'abbiamo ottenuta per loro e questo è l'orgoglio nostro più grande il mio orgoglio personale più grande».

«ALEMANNO ASSENTE» - Epifani ha puntato l'indice anche contro il sindaco di Roma, Gianni Alemanno. «Avrei voluto vedere un ruolo più deciso del sindaco di Roma: ma non l'ho visto» ha detto il segretario generale della Cgil e, pur sottolineando di non voler «essere polemico» ha detto che si sarebbe aspettato «che il sindaco si fosse battuto con più forza». Epifani ha aggiunto che con la firma dell'accordo sulla compagnia aerea «abbiamo salvato un pezzo forte dell'economia e dell'occupazione di Roma. Il fallimento sarebbe stato un colpo mortale per questa città».

SCADENZA 15 OTTOBRE - Intanto il presidente dell’Enac, Vito Riggio, fa un pronostico: il decollo della nuova Alitalia entro il 15 ottobre è un obiettivo difficile ma ci lavoriamo. ha detto facendo riferimento al passaggio di consegne fra vecchia e nuova compagnia aerea in materia di autorizzazioni e licenze. «Per far decollare la nuova Alitalia entro il 15 ottobre (termine ultimo di validità dell’offerta Cai, ndr) bisogna iniziare a lavorare subito molto e di fino. Ci proveremo anche se è difficile». Facendo riferimento al rilascio alla Cai del certificato di operatore aereo indispensabile per operare l’attività, Riggio ha detto: «Bisogna studiare delle forme di semplificazione e avviare contatti a brevissimo termine per vedere di adottare procedure di semplificazione che possano accelerare i tempi».

27 settembre 2008

corriere.it

"All truth passes through three stages. First, it is ridiculed, second it is violently opposed, and third, it is accepted as self-evident." (Arthur Schopenhauer)

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16:56 s.gifBossi: "Meglio Lufthansa"

"Tra Air France e Lufthansa preferisco Lufthansa". E' il Bossi pensiero sull'identità del partner straniero di Alitalia. "per questo ho suggerito agli uomini della Sea di avviare rapporti con Lufthansa che lascia Malpensa come hub mentre Air France ci fa chiudere gli aeroporti perchè terrebbe aperta solo Roma e porterebbe tutti i voli internazionali a Parigi".

repubblica.it

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I due partiti

Nord e sindacalisti con Lufthansa

Roma tifa per i francesi

Per gli schieramenti decisive le scelte sugli aeroporti Malpensa e Fiumicino dei possibili partner di Cai

ROMA — I sindacati confederali per una volta insieme e schierati, insolita alleanza, con la Lega Nord: ecco l'asse portante del partito Lufthansa, ovvero di coloro che vogliono la compagnia tedesca come partner internazionale di Alitalia. E anche fra le fila del partito Air France ci sono assi bipartisan: dai vertici del Pd nostalgici per l'intesa sfumata fra il governo Prodi e il colosso transalpino dei cieli, agli esponenti capitolini di An. Ancora con molti distinguo («aspettiamo le offerte»), cominciano a prendere forma i due schieramenti. Fra gli azionisti della Cai sembra prevalere il tifo per Lufthansa, anche se va controcorrente Gilberto Benetton: socio di Aeroporti di Roma, l'imprenditore veneto — racconta chi lo conosce bene — teme che i tedeschi possano puntare su Malpensa, svuotando di rotte, passeggeri e dunque di business lo scalo della Capitale. E — esattamente ribaltate — sono le stesse motivazioni per cui Umberto Bossi, Roberto Maroni, Roberto Calderoli, Roberto Castelli e gli altri leghisti sperano in Lufthansa: «Air France abbandonerebbe Malpensa, i tedeschi sono interessati a rilanciare lo scalo lombardo », dicono in coro. E trovano sostegno negli amministratori locali del Pdl, cioè Roberto Formigoni (Regione) e Letizia Moratti (Milano), ma anche in Filippo Penati, presidente della Provincia ed esponente del Pd. Pure l'establishment di Forza Italia sembra preferire la compagnia tedesca, se non altro per seguire quelle che sembrano le preferenze di Silvio Berlusconi. Le ragioni dei sindacati sono invece altre. Le riassume per tutti Renata Polverini, Ugl: «Premesso che Lufthansa offre garanzie finanziarie e prospettive industriali di altissimo livello, noi ne apprezziamo anche il sistema di governance: nel consiglio di sorveglianza sono presenti i rappresentanti dei lavoratori, è un modello che ci piace ». Walter Veltroni per adesso sceglie di non schierarsi. Ma secondo i politici a lui più vicini preferirebbe Air France. Cioè la strada tracciata da Romano Prodi e Tommaso Padoa-Schioppa. E propendono per questa posizione anche Francesco Rutelli ed Enrico Letta. Poi ci sono gli amministratori locali. Piero Marrazzo, Regione, non si nasconde dietro la diplomazia: «Meglio Air France, perché punterebbe su Fiumicino e il territorio non può fare a meno di Alitalia», dice. Il veltroniano Nicola Zingaretti, presidente della Provincia, non esce allo scoperto, ma anche il suo cuore batte per Parigi. Gianni Alemanno, sindaco di Roma ed esponente di An, non entra ancora nel dibattito: forse vuole evitare frizioni con gli alleati della Lega. Ma, come suggerisce Andrea Augello, senatore di An vicino al sindaco, «per il bene di Roma sarebbe meglio Air France». E l'ipotesi Malpensa spaventa anche le sigle dei lavoratori di Alitalia: dall'Anpac di Fabio Berti all'Up di Massimo Notaro, dal Sdl di Fabrizio Tomasselli all'Avia di Antonio Divietri: «Per Roma sarebbe un dramma». E per i lavoratori scatterebbero i trasferimenti in massa a Milano.

Paolo Foschi

28 settembre 2008

Un solo commento: ma questi piloti ancora non l'hanno capito che sono dipendenti e non padroni e devono fare quello che gli dice il datore di lavoro, non essere loro a dire al datore di lavoro ciò che deve fare?

O vorrebbero di nuovo i soliti privilegi: li vanno a prendere la mattina a casa, li portano a Malpensa, pagandoli, e lavorano solo 6 ore?

Spero che i soci CAI siano lungimiranti e scelgano LH: solo così potremo finalmente avere una compagnia efficiente e competitiva. Inoltre, e lo si è visto, il modello LH prevede uguaglianza fra tutte le compagnie di cui essa è proprietaria: la stessa LH, la Swiss e ora l'Alitalia avrebbero la stessa importanza, e tra l'altro, soprattutto per le rotte del sud America, LH potrebbe usare MXP come hub e quindi per la prima volta nella sua storia Alitalia potrebbe giovarsi anche di passeggeri stranieri a riempirle gli aerei.

Se invece vincerà AF, allora si ritroverà servito su un piatto d'argento tutto ciò che aveva perso col fallimento della precedente trattativa, e fra 5 anni metterà in pratica il suo piano, trasformando l'Alitalia in una piccola regional con poche rotte nazionali e tanti voli verso l'hub di Parigi.

Modificato da Dodicicilindri

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Ormai che faticosamente l'annosa vicenda Alitalia si avvia alle battute conclusive, superati momenti di estrema tensione e con alcuni passaggi cruciali ancora da compiere, anche gli opinionisti e i direttori di giornali tirano le prime somme sulla faccenda.

So che non si parla di politica su AP, pertanto evito di aprire un topic apposito dedicato al commento di questo articolo, a firma di Eugenio Scalfari, direttore di Repubblica.

Dato però che in questo topic possiamo spingerci un filo più in là, e considerato che l'articolo parte dal commento della faccenda Alitalia, lo posto, suddiviso nelle sue 2 parti, una dedicata alla spiegazione di ciò che è stato e ai passi che attendono ancora la CAI, e un'altra a una critica feroce a Berlusconi, ma non relativa solo alla gestione della crisi della compagnia di bandiera, ma al politico in generale

Sentiamo:

IL COMMENTO

Quanto durerà il regno di Berlusconi

di EUGENIO SCALFARI

I PILOTI hanno firmato il contratto da dirigenti, gli assistenti di volo firmeranno da lunedì; gli uni e gli altri hanno ottenuto miglioramenti rispetto alle condizioni iniziali e hanno ceduto su alcuni privilegi che contrastavano con il buon senso e con la natura ormai interamente privata della nuova compagnia di volo. Che peraltro di volo ancora non è, tanto che non può ancora intestarsi gli "slot", le licenze necessarie per far decollare gli aeroplani.

La vicenda tempestosa e ardua dell'Alitalia è dunque arrivata al suo positivo esito finale? Positivo forse sì, finale non direi. Ci saranno, per Colaninno, per Fantozzi e per il governo ancora parecchie gatte da pelare e non sarà un quieto vivere.

Bisognerà anzitutto superare il giudizio della Commissione di Bruxelles sulla legittimità del contratto d'acquisto della polpa di Alitalia che dovrà essere stipulato entro il 30 ottobre tra la Cai di Colaninno e la vecchia Alitalia di Fantozzi.

Secondo le norme europee la scelta iniziale avrebbe dovuto esser fatta mettendo in pubblica gara i possibili acquirenti interessati, ma questa gara non c'è stata; il governo aveva l'idea fissa dell'italianità ed è andato dritto su quella strada, ma ora, prima che il contratto Colaninno-Fantozzi sia stipulato, l'Unione europea potrebbe eccepire e addirittura dichiarare nulla la procedura seguita. Sarebbe una vera catastrofe, non tanto per il Paese ma certamente per il governo; perciò non credo che la Commissione di Barroso e di Almunia si prenderà una simile responsabilità, ma il rischio in teoria esiste.

C'è tuttavia un secondo ostacolo: il prestito dei 300 milioni effettuato con due decreti rispettivamente dal governo Prodi già dimissionario e dal subentrante governo Berlusconi. Quel prestito deve essere rimborsato da Alitalia al Tesoro.

Chi lo deve rimborsare? Fantozzi o Colaninno? La "bad company" di Fantozzi è per il 49 per cento del Tesoro e in più è in liquidazione. Colaninno però quel prestito non l'ha ricevuto perché all'epoca la sua cordata ancora non esisteva. Dunque è discutibile individuare il debitore. Ma esistono dei beni materiali. Per esempio gli aerei e gli "slot".

Potrebbero essere sequestrati dal creditore Tesoro e rivenduti fino a realizzare i 300 milioni. Oppure, anche qui, Bruxelles potrebbe chiudere un occhio visto il buon esito della vicenda.

Infine c'è il problema dell'antitrust. Se e quando nel capitale di Cai entrerà un'impresa straniera il controllo dell'antitrust passerà dall'Autorità italiana a quella europea, rispetto alla quale non vale il decreto Tremonti che ha sospeso i controlli dell'antitrust sull'operato di Cai.

Infine c'è appunto il tema del socio straniero e della quota azionaria da riservargli. Berlusconi vorrebbe che l'arrivo dello straniero avvenisse il più tardi possibile per sfruttare a lungo la rinascita della Compagnia tricolore e desidererebbe che la quota non superasse il 15 per cento del capitale, ma su questo tema la scelta spetta soltanto alla Cai. Si sa che Colaninno preferirebbe Lufthansa che però vorrebbe una quota azionaria maggiore.

Si vedrà, ma questa comunque non è una questione che possa mettere a rischio l'operazione, semmai la rafforza in proporzione diretta alla maggiore o minore presenza straniera.

Fin qui ok; poi prima stoccata per convincerci al solito che quanto ideato dal trio Prodi-Bersani-Padoa Schioppa fosse ottimo e perfetto:

Gran parte di queste gatte da pelare Padoa-Schioppa, ai suoi tempi, le aveva evitate: la gara internazionale ci fu, la proposta di Air France non prevedeva che lo Stato si accollasse i debiti, non c'era dunque bisogno di alcun prestito se si fosse firmato quell'accordo. Eppure ancora oggi Tremonti svillaneggia il suo predecessore perché secondo lui condusse malissimo quel negoziato il cui fallimento - è bene ripeterlo - fu dovuto all'azione congiunta del personale di volo e di Berlusconi.

Questo è quanto e questo rimarrà agli atti.

E va bene, naturale che un comunista appoggi quanto fatto dal governo per il quale aveva votato.

Inizia ora la parte dedicata a Berlusconi. Mi chiedo solo perchè un'analisi del fenomeno Berlusconi in un commento dedicato all'Alitalia. Un tale tema non avrebbe meritato di essere trattato separatamente? E perchè ogni qualvolta Berlusconoi ottiene un risultato notevole, subito presi dalla foga di demonizzarlo, come per nasconderne e sminuirne i meriti?

Leggiamo:

Tuttavia la luna di miele tra il Cavaliere e una robusta maggioranza di italiani continua. Anzi si rafforza. Nonostante le ristrettezze economiche, nonostante alcuni buchi non da poco nella politica finanziaria del governo, nonostante un bel po' di misure oggettivamente sbagliate, nonostante il disagio crescente di vaste categorie sociali e professionali, la luna di miele perdura. Si consolida.

Diventa strutturale o almeno così sembra. Come mai? Alcuni osservatori si sono posti il problema e hanno dato le loro risposte. In particolare su questo giornale che per sua natura e per la qualità dei suoi lettori è il più sensibile a queste questioni e forse il meglio attrezzato per affrontarle.

Ecco che torna il solito refrain, abusato oggi in Italia, per cui la sinistra e chi ne è seguace avrebbe una superiorità intelletuale su chi invece appartiene all'altra corrente politica, che pertanto non può produrre cultura nè analizzare fenomeni sociali con la stessa dignità.

Andiamo avanti:

Il ministro della Cultura, Sandro Bondi, in una lettera pubblicata ieri su Repubblica ci rimprovera perché secondo lui noi non abbiamo capito il fenomeno Berlusconi. Lo attribuiamo - erroneamente - alle sue capacità di demagogo, al suo dominio televisivo e/o alla dabbenaggine di tanti italiani che ripongono in lui la loro fiducia.

"Non avete capito niente" incalza Bondi. "Berlusconi avrà pure i difetti che voi gli avete cucito addosso, gli italiani saranno pure un popolo di allocchi al seguito di un pifferaio, ma la sua vera natura è di essere un modernizzatore e un semplificatore. Conserva le tradizioni ma le modernizza. Decide. Fa girare le ruote della storia. Insomma è uno statista. Se la sinistra non si rende conto di questo e non depone i suoi pregiudizi elitari, scomparirà". Così a un dipresso il nostro ministro della Cultura, che è assolutamente convinto di quanto ci scrive.

Non si stupisca Bondi se, dal canto mio, dico che c'è del vero nella sua visione berlusconista: un modernizzatore che conserva le tradizioni, trasforma l'antropologia sociale e riforma lo Stato. Non un fenomeno effimero ma durevole.

Ce n'è stato più d'uno nella storia dell'Italia moderna. Alcuni di grande livello, altri di mediocre spessore, altri ancora pessimi. Cavour, Giolitti, De Gasperi appartengono alla prima categoria; Bettino Craxi alla seconda. Alla terza - quella dei pessimi - Benito Mussolini. Dove collochiamo l'attuale "premier"?

Bisognerebbe lasciare il giudizio agli storici che rivisiteranno il passato a qualche decennio di distanza, ma anche noi contemporanei abbiamo il diritto di esprimerci. Secondo me Berlusconi va collocato a buon titolo tra i pessimi. La sua modernizzazione procede a ritroso, non è una riforma ma una controriforma. Il suo rispetto delle tradizioni riguarda la loro ritualità e non la loro viva sostanza. Basti guardare al suo rapporto con la Chiesa, che è addirittura blasfemo: non riguarda il cristianesimo ma gli interessi della gerarchia. La stessa cosa avviene quando affronta temi di fondo: la sicurezza, l'immigrazione, la giustizia, la scuola, l'economia, il federalismo, la Costituzione.

Nei primi anni del Novecento Sidney Sonnino lanciò lo slogan "torniamo allo Statuto" (quello promulgato mezzo secolo prima dal re di Sardegna Carlo Alberto). Credo che anche a Berlusconi piacerebbe tornare allo Statuto albertino mettendo se stesso al posto del re. Tutto il resto va di conseguenza.

Gli italiani sono un popolo di allocchi? Non più e non meno di tutti i popoli del mondo. Guardate alla campagna elettorale in corso negli Stati Uniti. Guardate a quella francese di un anno fa: può decidere una battuta, una foggia, un gossip, una promessa lanciata al momento giusto.

Il dominio dei "media" non conta? Non si capisce, se non contasse, perché chi quel dominio ce l'ha non se ne sbarazza nemmeno per tutto l'oro del mondo.

Gli individui di qualunque latitudine pensano innanzitutto alla propria felicità e si arrangiano per realizzarla. Poi, se hanno tempo e spazio, considerano anche la felicità del loro popolo, il bene comune.

"Quando il popolo si desta / Dio si mette alla sua testa / la sua folgore gli dà": così cantavano i poeti del nostro Risorgimento. Ma bisogna che il popolo si desti, cioè che gli individui divengano un popolo. Il che avviene molto di rado.

* * *

Immanuel Kant scrisse nella sua Critica della ragion pura che il peggior pregiudizio è non avere pregiudizi. Lo ricorda Todorov nel suo saggio sull'illuminismo. Sembra un paradosso ma coglie invece un aspetto importante della realtà perché il pre-giudizio è un'ipotesi di lavoro che serve ad orientare la ricerca di una soluzione. Chi non ha un'ipotesi di lavoro procede alla cieca, agisce e decide sulla base dell'emotività propria e di quella della folla. Dei sondaggi. Delle reazioni degli alleati e degli avversari.

Il modernizzatore-tradizionalista-controriformista non ha alcun pre-giudizio. La sua bussola sono i sondaggi e il favore della folla. La folla è la somma degli individui, non è un popolo. La folla è cera molle nelle mani di chi sappia manipolarla. Si tratta di un'arte, non di una scienza e in quell'arte il Nostro è maestro. Perciò è il massimo fautore d'una società "liquida", dove i nuclei associativi, i contropoteri, la pluralità organizzata siano ridotti al minimo.

* * *

La società liquida è un tipico aspetto della modernità a patto che i contropoteri e le istituzioni di garanzia siano in grado di tutelare l'eguaglianza di tutti i cittadini, la libertà di accesso, l'esercizio dei diritti. Se questi presupposti mancano o sono deboli la società liquida non è un aspetto della modernità ma un ritorno all'antico, dal popolo alla plebe. Inoltre favorisce il rafforzamento di corporazioni e di mafie.

La globalizzazione porta con sé società liquide, professionalità ondivaghe e precarie, diritti incerti, mercati senza regole, contropoteri evanescenti. Le crisi assumono ampiezze e intensità mai viste prima, come avviene per gli uragani che sconvolgono i mari e le terre di pianura senza montagne che frenino il furore del vento.

Di fronte a crisi globali lo Stato si ripropone come l'assicuratore di ultima istanza. Riassume i pieni poteri. Non tollera controlli. Semplifica. Spazza via gli ostacoli. Confisca i diritti che possono frenarlo. In una società globale e liquida il potere si identifica con i governi nazionali. Il nazionalismo torna ad essere preminente nelle scale valoriali. I fondi sovrani diventano strumento di potenza e volontà di potenza.

Guardatevi intorno e vedrete che questa è la realtà che ci circonda. E per tornare ai casi nostri, di noi italiani, importa poco stabilire se il "format" berlusconiano sia una causa o un effetto, se sia duraturo o precario. Quel "format" c'è ed è all'opera da quindici anni. Non accenna a indebolirsi.

Dobbiamo unirci a chi lo applaude? Dobbiamo scegliere l'indifferenza e l'estraneità? Dobbiamo capirne la natura e resistergli? Il mio pre-giudizio è di resistergli avendone capito la natura. Sono molto affezionato ad un pre-giudizio che non mi impedisce di comprendere il diverso da me né di sognare e operare per una società dove i diritti e i doveri siano eguali per tutti e non ci sia solo tolleranza ma amore. In un mondo democraticamente ideale la tolleranza è offensiva rispetto all'amore e la tolleranza zero è una turpe bestemmia. Lo dicono anche i preti e questa volta sono d'accordo con loro.

(28 settembre 2008)

fonte: repubblica.it

Magari tanti si riconosceranno in queste parole. Io no, e lo dico fortemente. Mi fa schifo questo attacco. Magari alcuni stralci potranno essere anche veri, ma è il complesso che sbaglia. Non condivido l'odio feroce verso chi è diverso da loro, verso chi la pensa in altro modo, la ghettizzazione culturale degli altri, la superiorità morale di cui si credono portatori.

Mi spieghino, come gli ha chiesto Bondi, perchè allora perdono consensi. Solo perchè Berlusconi è un imbonitore di folle, un demagogo, perchè ha 3 televisioni ed n giornali?

O forse a causa proprio di questi atteggiamenti, del rifiuto di capire, e soprattutto perchè il loro comportamento è sempre più lontano dalle classi sociali più deboli di cui loro si proclamano difensori?

Come la loro gente può sentirsi dopo lo spettacolo indegno di un Epifani che difende i diritti di chi guadagna 8000 € al mese? Come mai alcuni anni orsono i sindacati della sinistra e Bertinotti furono insultati e mandati via dagli operai di Mirafiori nel corso di una delle più grandi crisi vissute dalla Fiat?

Come possono sentirsi le persone che faticano ad arrivare a fine mese quando il ministro delle finanze dice loro che "pagare le tasse è bellissimo"?

A queste ed altre domande vorrei che il Compagno Scalfari rispondesse, ma non a me, ma agli italiani ormai sempre meno attratti dalle loro prediche.

Berlusconi è sotto molti aspetti un leader controverso e negativo, ma ha compreso una cosa: bisogna fare, ormai in Italia siamo condannati all'immobilismo. Invece lui fa: ha risolto l'emergenza rifiuti a Napoli (e Bersani per sminuirlo ebbe modo di dire da Floris che era un problema di poco conto: si vede che non abita a Napoli e provincia), ha affrontato il problema Alitalia, ha capito che bisogna superare l'immobilismo parlamentare prodotto da un sistema politico ideato nel dopoguerra col timore dell'ascesa di un nuovo Mussolini.

Mi fermo qui, e dico ai mods di cancellare questo post se lo ritengono poco opportuno.

Quello che volevo dire l'ho detto, e aggiungo che fino a che i signori dell'opposizione rimarranno tutti arroccati a pensare a come contrastare Berlusconi, invece di pensare a come aiutare la gente e a risollevare l'Italia, saranno davvero destinati alla sconfitta. Tra l'altro il loro movimento non riesce ad essere unito nemmeno al suo interno, figuriamoci come dovrebbe unire gli Italiani, dopo che 15 anni di propaganda hanno indotto una spaccatura insanabile tra chi è con loro e chi invece non la pensa come loro.

Modificato da Dodicicilindri

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Per concludere in "bellezza":

ECONOMIA

L'italianità come legittima difesa

di ILVO DIAMANTI

Quasi per miracolo, la soluzione "italiana" alla crisi di Alitalia ha fatto affiorare, riemergere l'Italianità. Criterio dichiarato del progetto voluto da Berlusconi, non solo per far volare (A)l'Italia, ma per intercettare il consenso sociale. Perché c'è un legame evidente fra questi elementi. Berlusconi ha contrastato il passaggio di Alitalia a Air France, prima delle elezioni, in nome dell'italianità della compagnia di bandiera. Ne ha fatto un tema di campagna elettorale, peraltro efficace.

"O si salva (A)l'Italia o si muore", è andato ripetendo per settimane. Riscuotendo un largo successo di pubblico (un po' meno di critica). Anche fra il personale della compagnia di bandiera. Il che gli è servito a marcare ulteriormente la distanza fra sé e gli altri. Fra il centrodestra e in particolare il Pdl: dalla parte dell'italianità; e il centrosinistra, segnatamente il Pd, dalla parte dello straniero, perché favorevole all'ingresso, in posizione dominante, di Air France. Un messaggio chiaro e largamente compreso dagli elettori, che hanno mostrato di gradire la soluzione "italiana" e l'argomento dell'"italianità". Come suggerisce, ad esempio, un sondaggio dell'Ispo, condotto nelle settimane scorse, secondo il quale il 75% della popolazione ritiene che il controllo italiano di Alitalia garantisca maggiormente l'interesse del Paese e dei cittadini. Nonostante il debito accumulato dopo anni di gestione "italiana". Nonostante l'impopolarità della compagnia di bandiera: del personale di volo e di terra. Nonostante una quota largamente maggioritaria - e in costante crescita - di italiani, per volare, si serva di altre compagnie, perlopiù straniere, perlopiù low cost.

Il richiamo all'italianità ha funzionato. Il che potrebbe apparire non solo positivo, ma sorprendente, in un paese dove solo la sfida secessionista lanciata dalla Lega agli inizi degli anni Novanta aveva indotto a rompere l'indifferenza sul merito. A interrogarsi su cosa avrebbe potuto succedere "se cessiamo di essere una nazione" (titolo di un noto saggio di Gian Enrico Rusconi, pubblicato nel 1992). Tuttavia, l'italianità che echeggia nel discorso politico in questa fase non sembra un segno di identità nazionale.

Semmai l'etichetta di un prodotto politico, usato seguendo una logica di marketing. Una bandiera, agitata da Berlusconi in campagna elettorale. Mai ammainata, anche dopo il voto. Neppure quando la trattativa pareva compromessa e la cordata italiana degli imprenditori riuniti nella Cai si era ritirata dalle trattative. Quando alcune sigle sindacali sembravano aver chiuso ogni spazio di negoziato. Quando era stata rilanciata l'ipotesi di un intervento "straniero": Lufthansa o, di nuovo, Air France. Quando il fallimento di Alitalia più che una minaccia sembrava un destino imminente e inesorabile. Berlusconi non si è mai arreso. Mai. Per non vedere smagliata la sua immagine di Santo Salvatore. Per non ricadere nella spirale perversa delle promesse non mantenute, alla base della delusione che aveva eroso il consenso al suo governo, dopo il 2002. Ma non solo per questo: anche per ribadire quel principio di "italianità", a cui ha attinto fin dall'inizio della sua esperienza politica.

Quando, nel 1993, inventò Forza Italia. Dove l'Italia non evoca la "nazione": appartenenza fondata sulla cittadinanza e sui diritti; oppure comunità di valori, storia, cultura. Ma la nazionale di calcio. L'Italia "azzurra", appunto. Una cornice flessibile, mobile. Anzi, un network. Più che l'Italia: Italia 1. Una rete in grado di comunicare e di far comunicare linguaggi e valori diversi. Anzi: opposti.

D'altronde, nel 1994, Berlusconi, attraverso Forza Italia riuscì ad aggregare due soggetti politici opposti, dal punto vista del riferimento territoriale: la Lega Nord e il Msi-Alleanza Nazionale (per tipo di radicamento, allora, una Lega Sud). Oggi, il richiamo all'Italia ritorna e sembra funzionare ancora. Ma solleva anche molti dubbi. In particolare oggi, che i miti fondativi della nazione appaiono quantomeno controversi e contraddetti. In particolare nel centrodestra. La "resistenza": riletta e revisionata. Si tende a ridimensionarne il significato.

Una guerra civile tra fazioni e ragioni egualmente legittime. Un episodio, una parentesi, più che una rottura da cui sorge la Repubblica. Perfino il Risorgimento e i suoi simboli vengono rivisitati, in modo profondo. A Roma viene ricordata la breccia di Porta Pia, aperta nel 1870 dall'esercito italiano. Ma per commemorare le vittime fra gli zuavi, la milizia pontificia. D'altronde, Garibaldi viene presentato, talora, come un "soldato di ventura". Mentre la crescente attenzione dedicata a Carlo Cattaneo riflette non solo passione per la sua lezione "federalista". Ma qualche nostalgia antiunitaria.

Il richiamo all'italianità solleva, a maggior ragione, perplessità oggi: quando le distanze fra Treviso e Catania, fra Milano e Napoli, fra il Nord e Roma, negli orientamenti sociali, sembrano divenute ampie. Più di sempre. D'altra parte, nella stessa vicenda dell'Alitalia, la maggioranza ha esibito interessi - e richiami - territoriali molto diversi. Berlusconi ha sostenuto il principio dell'italianità, espresso dalla cordata di imprenditori-italiani-al-100%. Mentre Alemanno si è preoccupato di Fiumicino e di Roma, dove risiede gran parte del personale della compagnia aerea. E la Lega, più volte, ha manifestato il suo disinteresse per le sorti di Alitalia (perché mai morire per A-l'Italia?), concentrando l'attenzione - e la pressione - sull'aeroporto di Malpensa. L'hub padano, che rischia di diventare sempre più scalo periferico.

Da ciò la sensazione - mesta - suscitata (in noi, almeno) dall'irruzione dell'italianità nei discorsi pubblici. Che risuona perlopiù difensiva. Riflesso della disillusione prodotta dagli altri ambiti territoriali di riferimento. La globalizzazione: fonte di insicurezza finanziaria, politica, personale. Ci minaccia e ci invade, attraverso l'immigrazione. L'Europa: una costruzione sempre più incerta e indefinita. Messa in discussione dall'interno. Dai nuovi e dai vecchi membri. Una moneta senza stato. Euro piuttosto che Europa. Per questo percepita, sempre più, come causa di inflazione e di impoverimento.

L'italianità dichiarata, per questo, ci sembra nascondere la crisi dell'identità nazionale. Ridotta a una sorta di legittima difesa contro insidie che vengono da altrove. Dopo che per decenni ci siamo dichiarati europeisti per sfiducia nello stato italiano, ecco che avviene il contrario. Ci si riscopre italiani per sfiducia nell'Europa e per paura del mondo. L'italianità che rimbalza nei discorsi pubblici: è un'identità leggera. Più che un valore in sé, un valore d'uso. Usato ad arte per galleggiare. Per continuare a volare. Non italiani, ma alitaliani.

(28 settembre 2008)

repubblica.it

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Quote fuori tema

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Questo però centra poco IMHO ;)

Forse l'intervista a Veltroni c'entra poco, ma quello che volevo mettere in luce è: come mai queste analisi così profonde su Berlusconi proprio tutte insieme appena dopo la felice soluzione della vicenda Alitalia? :lol::lol:

"All truth passes through three stages. First, it is ridiculed, second it is violently opposed, and third, it is accepted as self-evident." (Arthur Schopenhauer)

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Forse l'intervista a Veltroni c'entra poco, ma quello che volevo mettere in luce è: come mai queste analisi così profonde su Berlusconi proprio tutte insieme appena dopo la felice soluzione della vicenda Alitalia? :lol::lol:

Forse sono invidiosi perchè compie gli anni e inaugura la villa sul Lago Maggiore :lol:

 

花は桜木人は武士

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