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PSA pronta a grandi alleanze


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L'automobile è da sempre un business di famiglia: da Fiat a Toyota, da Ford a Bmw; e la recente scalata a Volkswagen ha permesso agli eredi di Ferdinand Porsche di dar vita a un colosso europeo. Oltre ai Ford, però, c'è solo una dinastia che mette il nome (e il simbolo) sulle vetture: la Peugeot. Dalla produzione di utensili e macinacaffé nei primi decenni dell'800, la famiglia di protestanti della Franca Contea si lanciò a fine secolo nel nuovo business. Ed è riuscita a sopravvivere per oltre cent'anni.

Alla guida dell'impero da 60 miliardi di fatturato (tre quarti nell'auto) e oltre 200mila dipendenti c'è dal 2002 Thierry Peugeot, 50 anni, sposato, quattro figli. Quella al Sole 24 Ore è una delle rare interviste che concede – nel suo ufficio in Avenue de la Grande Armée, a Parigi. Thierry guida il consiglio di sorveglianza di Peugeot Sa e insieme ai cugini Robert (numero uno della holding Ffp) e Jean-Philippe (che dirige la Etablissements Peugeot Frères) forma una sorta di triumvirato di cui potrebbe essere definito primus inter pares; anche se la definizione non gli piace: «Non so se è il caso di usare questa espressione... direi piuttosto che c'è un equilibrio ben assestato».

Il delicato equilibrio in famiglia comporta regole di governance precise. Il primo principio è quello del consenso. «Tenga presente – spiega Peugeot – che all'epoca di mio bisnonno Robert ci fu una notevole concentrazione del capitale, quindi non siamo poi così numerosi: siamo sei o sette (nella finanziaria di famiglia Etablissements Peugeot Frères, ndr). Certo, non sempre c'è unanimità: in fondo siamo una famiglia come tutte le altre! Ma su una cosa c'è accordo: l'importanza di conservare l'azienda». Per evitare la dispersione è previsto anche l'obbligo di cedere le quote ad altri membri della famiglia.

Secondo principio, il rapporto con l'azienda: tutti devono fare esperienza in Peugeot. «Serve per sapere come funziona e per sviluppare un attaccamento all'impresa. E attenzione, non basta qualche mese... Io ho speso 14 anni in azienda, fino al 2002, e non sarei passato a un ruolo di controllo se non fosse stato per la morte di mio padre». Qui si innesta la terza regola: o si lavora in azienda o si fa l'azionista. Una norma che si sposa perfettamente con la struttura di governance basata su consiglio di gestione e di sorveglianza, introdotta «appena fu possibile qui in Francia», ricorda Thierry. Il consiglio di sorveglianza vede la presenza di 5 Peugeot su 12 membri, mentre a livello esecutivo non ce n'è neppure uno: da 40 anni i pieni poteri vengono affidati a un pdg (presidente e direttore generale). Da un anno il ruolo è ricoperto da Christian Streiff. Dopo il "battesimo del fuoco" della sua selezione, a fine 2006, la prossima prova per l'equilibrio in Peugeot arriverà fra pochi anni: la scelta di un partner per il gruppo.

Monsieur Peugeot, il vostro presidente Streiff ha detto di recente che nel medio periodo Peugeot dovrà trovare un partner. La famiglia è pronta a rinunciare al controllo del gruppo pur di assicurarne il futuro?

Per ora il messaggio che abbiamo dato a Streiff è che vogliamo restare indipendenti e vogliamo conservare il controllo del gruppo. Ma non mettiamo affatto un freno, contrariamente a quanto è stato riportato, alla sua espansione. Direi il contrario: siamo aperti a ogni forma di crescita, da un'alleanza a un accordo stretto. Bisognerà trovare la formula giusta.

La maggior parte delle cooperazioni che Peugeot ha già nel campo dell'auto è con altre aziende a controllo familiare: Fiat, Bmw, Toyota. Sarà più facile trovare la formula giusta con un'altra azienda di questo tipo?

Qualora dovessimo avere discussioni a livello di capitale, sarebbe certamente più facile. Ma non escludo niente: siamo flessibili e molto pragmatici, e siamo pronti a guardare qualsiasi dossier.

Già negli anni 70 Peugeot acquistò un'altra azienda a controllo familiare, la Citroën; ma l'integrazione fu lunga e difficile. Quanto sono ancora diverse le due aziende?

Parecchio. E ci sono relativamente pochi passaggi da una marca all'altra. Ma da un certo punto di vista vogliamo conservare due marche indipendenti con due culture forti. È una scelta originale, perché siamo l'unico gruppo ad avere due marche generaliste. È stata una scelta strategica che all'epoca non era condivisa da tutti, ma che ha funzionato.

La maggior parte della crescita arriva ora da Paesi come Cina o Brasile, dove vanno investimenti consistenti. La Francia può restare competitiva a lungo termine?

Sono convinto che la Francia possa restare competitiva. Del resto, il programma di produzione prevede che il nostro impianto di Sochaux – il maggiore in Francia – venga completamente saturato. Ma bisogna adattarsi alle nuove condizioni economiche: siamo in un mondo estremamente competitivo. Prenda il caso di un nostro concorrente, la Volkswagen: opera in un Paese con costi più alti dei nostri e va molto bene. Dobbiamo rimetterci in discussione. È per questo che abbiamo preso un tipo come Streiff. Non che il suo predecessore Folz non abbia operato bene; ma dopo dieci anni bisogna che la macchina si rimetta in moto. Insomma, bisogna saper fare delle riforme – una parola che in Francia è quasi tabù. Ma è più facile farlo in un'azienda privata.

Il presidente Sarkozy sottolinea da un anno la necessità delle riforme e del cambiamento. Come imprenditore, quali riforme vorrebbe vedere?

Noi non facciamo politica, vendiamo automobili a tutti, da destra a sinistra.

Ma la mia è una domanda di economia...

Bisogna trovare il modo di ridurre i costi, questo è certo. E ci vuole più flessibilità. Anche se noi faremo di tutto per mantenere i posti di lavoro in Francia.

È questa la differenza fondamentale tra un'azienda a proprietà familiare e un fondo d'investimento?

Credo di sì. Noi diamo al management una visione a lungo termine e una stabilità assoluta della proprietà. Con una strategia chiara: restare uno dei grandi attori nel mondo dell'automobile. Non facciamo un ragionamento finanziario, ma imprenditoriale di lungo periodo.

È sicuro che la redditività non è un problema per voi?

Beh, per conservare l'indipendenza bisogna essere redditizi. E su questo punto abbiamo ancora del lavoro da fare. Prendiamo i risultati 2007. Molti li hanno giudicati ottimi e hanno pensato: è fatta. Io sono d'accordo che c'è stato un netto miglioramento, ma ragionando a lungo termine e in confronto a concorrenti come Volkswagen o Toyota, forse anche Fiat, c'è ancora molta strada da fare. Fiat è riuscita a cambiare rotta in maniera impressionante... e qui a Parigi è pieno di 500, accidenti!

Il business dell'auto resta ciclico. La quota in Peugeot pesa per il 75% circa sul totale delle attività della vostra finanziaria Foncière Financière et de Participations. Volete diversificare di più?

Lavoriamo nell'automobile e di cicli ne abbiamo visti parecchi. Ribadisco che la nostra è una scelta strategica. Siamo nell'automobile e ci restiamo. In fondo il nostro nome è completamente associato all'auto. Detto questo, mio cugino Robert Peugeot alla guida della Ffp ha sicuramente il compito di diversificare le attività.

A differenza di altre famiglie imprenditoriali francesi e italiane, come Dassault, Bouygues, Agnelli, De Benedetti, non avete mai diversificato nell'editoria. Come mai?

Non che non ci abbiano proposto di investire: ci hanno offerto Les Echos, La Tribune... ma ci sono due motivi per il no: primo, non ci piace metterci in mostra; secondo, non vorremmo dover prendere posizioni. Partiamo sempre dal principio di voler vendere auto a tutti.

In Francia la vostra è una delle più note famiglie imprenditoriali protestanti. Che ruolo ha questa origine?

Ci ha dato valori come il lavoro, una relazione non problematica con il denaro, il valore del non apparire, della discrezione, e così via. È una miscela che funziona.

Un tempo la Peugeot era considerata l'auto protestante e Citroën quella cattolica perché in mano alla famiglia cattolica dei Michelin...

Più che altro, la Citroën è sempre stata l'auto parigina per eccellenza. André Citroën mise il suo nome sulla Tour Eiffel per fare pubblicità: dubito che uno di noi avrebbe fatto altrettanto.

bella intervista piena di spunti . . compresa la gestione "familiare" ;)

al momento non mi viene in mente nessuno nuovo partner per Peugeot . . .

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