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Sarno dieci anni dopo la frana

Un sistema di sicurezza che dà poca fiducia e case costruite nelle zone più pericolose

SARNO (SALERNO) - Sono passati 10 anni da quel terribile 5 maggio del 1998, quando decine di frane e 2 milioni di metri cubi di fango travolsero i comuni campani di Sarno, Quindici, Siano e Bracigliano, causando la morte di 160 persone e distruggendo centinaia di abitazioni. La città più colpita fu Sarno con 137 vittime e quasi 200 case distrutte o seriamente danneggiate: il nome di questo piccolo comune dell’Agro Nocerino-Sarnese divenne tristemente famoso in tutta Italia e, come all’indomani dell’alluvione di Firenze del 1966, centinaia di giovani provenienti da tutto il Belpaese vi si recarono per prestare soccorso. Non mancarono episodi rimasti nella memoria collettiva: tutti ancora nel comune campano ricordano la storia di Roberto Robustelli, inghiottito da una lava di fango e rimasto sepolto vivo per tre giorni tra le macerie, prima di essere portato in salvo dalla Protezione Civile.

LA FRANA - Oggi Sarno è una città non molto diversa da quella di dieci anni fa. In questo lasso di tempo si sono alternati tre sindaci, due commissari prefettizi e tre commissari straordinari, chiamati a gestire l’emergenza, tuttavia non esiste ancora una memoria completamente condivisa sulle cause della tragedia. Molti cittadini si soffermano sui ritardi dei soccorsi, mentre altri sottolineano i numerosi scempi ambientali che resero la tragedia ancora più devastante. Tra questi, la costruzione di edifici e di case vicine al monte Saro, montagna dotata di un substrato permeabile, facilmente erodibile e priva di copertura arborea. Inoltre i canali, che dovevano drenare le acque che scendevano dalla montagna, erano quasi completamente otturati da rifiuti urbani, e ciò non permise alla terra di assorbire parte delle acque piovane che in quei giorni caddero abbondantemente sul suolo di Sarno.

CIFRE E SISTEMA DI SICUREZZA - Per la ricostruzione sono stati spesi, nel solo comune di Sarno, 451 milioni di euro. Sono stati portati a termine 90 interventi complessivi, ricostruite circa 160 case (alcune integralmente altre solo parzialmente), mentre le famiglie che non hanno visto ancora le loro abitazioni ricostruite sono 48, ma godono di un beneficio mensile di 300 euro erogato dal Comune. L’attuale sindaco Amilcare Mancuso promette che nel giro di un anno e mezzo tutti riavranno le loro abitazioni. La maggior parte dei soldi sono stati spesi per la creazione sul monte Saro di un complesso sistema ingegneristico, formato da 11 enormi vasche e 20 km di canali che, nell’eventualità di una nuova frana, dovrebbero assorbire il fango, far defluire le acque e mitigare i danni sulla città. Questo sistema ha suscitato le critiche di parte degli esperti e anche di Legambiente, che sostengono che gli interventi attuati per mettere in sicurezza il territorio non hanno affatto ridotto i rischi: «Le vasche sono devastanti non solo da un punto di vista ambientale ma anche da quello ingegneristico» afferma un noto architetto della città, che preferisce rimanere anonimo. «Non vi è nessuna prova che, se si verificasse una nuova frana, le vasche riuscirebbero ad assorbire il fango». Legambiente nei prossimi giorni presenterà un dossier dedicato alla tragedia di Sarno intitolato «E se piovesse come allora?» in cui denuncia la lentezza degli interventi di messa in sicurezza e soprattutto contesta la scelta di non portare a termine interventi di ingegneria naturalistica sul monte Saro.

LE CASE RICOSTRUITE – Ciò che appare più assurdo del post-frana è la decisione di ricostruire la maggior parte delle case negli stessi punti in cui si trovavano prima della tragedia, cosicché se si verificassero piogge intense e successive colate di fango, una nuova frana potrebbe di nuovo travolgere le abitazioni. «All’indomani della tragedia i cittadini di Episcopio (il quartiere maggiormente colpito dalla frana) hanno chiesto di tornare a vivere nelle case distrutte» spiega l’attuale sindaco Mancuso. «Si poteva espropriare una zona a valle, come è stato fatto per il nuovo ospedale, ma gli abitanti non hanno voluto e i politici e gli esperti che al tempo dovevano decidere, hanno preferito assecondarli». Secondo Vincenzo Scibelli, responsabile dell’ufficio espropri per l’emergenza Sarno, anche l’ex vicecommissario Pasquale Versace, nominato dal presidente della regione e commissario straordinario Antonio Bassolino, aveva pensato di delocalizzare le abitazioni in una zona periferica della città, dove invece fra qualche mese dovrebbe sorgere il «Nuovo Centro Operativo della Protezione Civile». «Il Subcommissario cercò in tutti i modi di convincere i comitati civici e i cittadini di andare a vivere in un nuovo quartiere, lontano dalle zone colpite» afferma Scibelli. «Alla fine, anche per volere dei politici locali, si assecondò il desiderio dei residenti di Episcopio». Aniello Annunziata, che dirige il Coc (comitato operativo comunale) della Protezione Civile non nasconde i pericoli che potrebbe causare una nuova frana: «Qui ogni qual volta che piove si teme il peggio». Dello stesso avviso il sindaco Mancuso: «Se dovesse verificarsi una nuova tragedia, difficilmente tutto il materiale franato riuscirebbe a convogliare completamente nelle vasche. Tuttavia se prima il rischio era cento, ora è trenta».

ABUSI EDILIZI E MANUTENZIONE DEI CANALI - Nel corso degli anni sono centinaia gli abusi edilizi registrati al Comune. Secondo i ben informati, molti cittadini avrebbero approfittato della tragedia per costruirsi case più grandi in zone dove già prima della frana non sarebbe stato possibile edificare. Inoltre, fanno notare i residenti del quartiere di Episcopio, è evidente il problema della manutenzione dei canali. Questi si stagliano su una superficie di 20 km, la maggior parte poco illuminata e non vi è manutenzione. In alcuni canali già sono presenti rifiuti e erbacce, ma il timore principale è che nel corso degli anni divengano delle vere e proprie discariche abusive. Cosicché se si verificasse una nuova frana, invece di far defluire l’acqua, questi canali, otturati dai rifiuti, renderebbero ancora più disastrose le conseguenze.

Modificato da nucarote
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Guest EC2277

Dubito che me lo potrò scordare: un mio commilitone (di quella città) trovò nel giardino di casa, sotto un metro di fango, il cadavere della propria zia.

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