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La Lancia nelle gare di durata.


Guest EC2277

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Piccola nota interessante, il 1.5cc turbo sviluppato in quei primi anni 80 Lampredi-derivato fu talmente apprezzato e potente che per un certo periodo si vocifero' come essere anche migliore del sempre 1.5cc che sempre in quegli anni equipaggiava le prime Ferrari Turbo, tanto che c'era qualcuno che diceva che il gruppo Fiat avrebbe dovuto usare in F1 quel motore Lancia-Abarth, ma non solo.. fu notizia riportata che Lancia stava per tornare in F1 come fornitrice di motori, si diceva la Toleman e altri chiesero di usare quel motore, ricordo una mega-copertina di Autosprint a fondo BluLancia con lo strillo "Lancia in F1!!". Poi evidentemente si penso' che non era il caso che il gruppo avesse 2 sviluppi nella stessa competizione l'uno contro l'altro..

PS; se volete vedere una Montecarlo in azione vedete questo spettacolo con VIlleneuve (e altri, ricordo Patrese) al Giro d'Italia

YouTube - Giro d' Italia 1979 - 1

Modificato da Lanciaboxer
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  • 2 settimane fa...
Guest EC2277

Dato che in numero di visite che ha ricevuto questo topic è, nonostante i pochi interventi, piuttosto elevato credo di fare una cosa gradita postando una breve monografia della Strato's Gruppo 5 Turbo che partecipò saltuariamente al Campionato Mondiale Marche (divenuto agli inizi degli anni '80 Campionato del Mondo Endurance) degli anni '70.

La Lancia, forse a causa dei cambiamenti regolamentari voluti dagli organizzatori del Campionato del Mondo di Rally al fine di contrastare lo strapotere della Strato's oppure, come ha detto Fiorio in un intervista apparsa sull'emittente Nuvolari, ritenendo che dalla pista potessero imparare delle cose utili anche per i rally, decise di sviluppare una variante della sua berlinetta da impiegare nel Campionato Mondiale Marche e per poter raggiungere i livelli di potenza necessari ad essere competitivi si optò per la sovralimentazione mediante il turbocompressore.

Il progetto prese da subito due linee di sviluppo parallele: la prima, interna alla Casa, prevedeva l'utilizzo di una testata a 12 valvole e dei classici carburatori, mentre la seconda, sviluppata dai fratelli Fascetti (dei preparatori di Bresso che si occupavano dello sviluppo delle Strato's destinate alle competizioni in pista), utilizzava una testata a 24 valvole fornita dalla stessa Lancia e l'iniezione indiretta.

Sebbene alla prima affermazione in gara (il Giro d'Italia del 1˙974 nel quale erano presenti una Strato's aspirata, una Strato's tubro a carburatori ed una Strato's turbo ad iniezione) vide la vittoria della versione sovralimentata con i carburatori mentre quella ad iniezione fu costretta al ritiro (la terza Strato's si classificò seconda), fu proprio la versione con testata a 24 valvole ed iniezione ad essere preferita poiché forniva la potenza necessaria e perché risolveva alcuni gravi difetti dovuti alla coesitenza dei turbocompressore con i carburatori. Ma lascio che sia lo stesso Gianni Tonti (all'epoca Responsabile Tecnico del Reparto Corse della Lancia) a descivere tali inconvenienti: «Le prime prove con il motore sovralimentato risalgono al 1974, in Corsica, quando Munari e Andruet utilizzarono due di questi esemplari durante le prove del rally. Il primo inconveniente fu dosare la potenza: i carburatori lavorano in depressione mentre il turbo per compressione. Per verificarne di persona gli effetti, decisi di spostarmi lungo il percorso, al seguito della gara, al volante di uno dei muletti: lo "schiaffo" del turbo era incontrollabile e in rilascio le fiammate che si sprigionavano dagli scarichi posteriori erano davvero impressionanti! Il motore a due valvole dava problemi perchè non esisteva ancora il dispositivo wast-gate, che regola l'apertura secondo la pressione dei gas di scarico. All'epoca avavamo una semplice valvola pop-off sull'aspirazione, che si apriva quando veniva superata la pressione inposta, un po' come succede con una pentola a pressione! Era impossibile realizzare una valvola capace di resistere a gas di scarico che raggiungevano i mille gradi. Pensate ai problemi derivati dai carburatori: con una pressione di 1 bar e mezzo ceracavamo di trovare una soluzione alla tenuta, visto che questi lavoravano per depressione (con la benzina risucchiata verso l'interno) invece noi soffiavamo l'aria compressa forzando la tenuta in senso contrario...

Bisognava impedire che la benzina uscisse, e non era facile. Quando dotammo il motore dell'iniezione Kugelfischer, riuscimmo finalmente a controllare la progressione della potenza erogata dal turbo.»

Un altro grave problema della vettura era legato al passo troppo corto e ciò, se da un lato rendeva la Strato's l'arma totale nei rally, dall'altro faceva si che avesse delle reazioni eccessivamente brusche per un suo impiego in pista; come ben sa l'Ingegnere e pilota Carlo Fascetti il quale, durante un collaudo dei pneumatici che le Dunlop forniva espressamente per la Strato's da impiegare nelle gare della categoria Silhouette, s'intraversò a 350 km/h!

La cosa fu risolta aumentando il passo fino a 2,3 metri e dotando la vettura di vistose appendici aereodinamiche.

Purtroppo però, nonostante il fatto che le Strato's sovralimentate dimostrarono subito di poter essere molto veloci e competitive (vinse oltre al Giro d'Italia del '74 anche quello del '76 ed il Tour de France del '75) , alcuni problemi di affidabilità e soprattutto una cronica tendenza ad incendiarsi, facilitata dall'infiammabilità della leggerissima carrozzeria in vetroresina, impedirono loro di essere competitive nel Campionato Mondiale Marche del 1˙976; anno del debutto della Strato's Silhouette.

Purtroppo però la FIAT decise di sospendere lo sviluppo, sia nei rally che per la pista, della berlinetta Lancia e l'ultima apparizione in gara della Stato's Silhouette avvenne al Giro d'Italia del '77 nella quale la coppia Munari/Sodano si presentarono al via con un esemplare di tale vettura preparato dai soliti fratelli Fascetti; purtroppo stavolta la competizione italiana non fu propizia alla vettura torinese poiché si ritirò nei pressi di Modena per problemi al cambio.

Così, senza che avessero il tempo di diventare competitive anche sulla pista, si chiude la storia delle Strato's turbocompresse e resta il rammarico che la FIAT, oltre ad aver interrotto la carriera rallystica della Strato's, ne abortì anche quella nelle gare di durata.

Un'idea di cosa sarebbe potuto succedere se la FIAT avesse dato la possibilità alla Lancia d'insistere con il progetto Strato's Silhouette ce la possiamo fare osservando la carriera della Montecarlo Turbo che, sfruttando l'esperienza accumulata dalla Lancia con la stessa Strato's e correndo proprio nel Gruppo 5 Silhouette, vinse in 3 anni un Campionato del Mondo di categoria (nel 1˙979) e due Campionati assoluti (nei due anni successivi). Senza contare il secondo posto assoluto ottenuto dalla Lancia LC1, che della Montecarlo Turbo utilizzava la meccanica, nel Mondiale Endurance del 1˙982. Campionato perso all'utlima gara e per pochissimi punti, a vantaggio della Porsche.

Le mie fonti principali sono state il sito stratosmania.com e la raccolta di fascicoli Lancia Story Collection dell'Hacette.

Ecco un'immagine della Stratos Silhouette con la livrea Marlboro impiegata nel '76.

ms10.jpg

Due immagini della Strato's Silhouette impiegata nel Giro d'Italia del '77.

53863811_83c4aceaa7.jpg?v=0

Lancia+Stratos+Turbo+Gr.+5,.jpg

E, per finire, una piccola nota di colore: Wheeljack (in Italia Saetta) dalla serie originale dei Transformers.

wheeljack_toy.jpg

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  • 4 anni fa...
sulla LC1 montarono quindi il Lampredi dell'ultima evoluzione Volumex (testata 4 valvole), ma con turbocompressore (che sarà lo stesso KKK usato dall'S4 immagino..ma posso benissimo sbagliare)...incredibile...ØØ pensavo...

ma la storia che il 4L della S4 è un derivato ferrari è vera oppure no??

I'm considered quite an expert on the subject of going off the road (A. De Portago)

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  • 5 mesi fa...

C'ERA BETA, BRAVA RAGAZZA: INCONTRO' IL PLAYBOY “TURBO”

di Roberto Lanzone per Gente Motori-novembre 1979

post-8850-145026858465_thumb.jpgNurburgring

Chi l'ha vista correre sulle piste di Silverstone, Nurburgring, Pergusa o Vallelunga, è d'accordo nel definirla una delle più belle e grintose silhouette iscritte al Campionato mondiale marche.

Le fasce bianche, che partendo dal cofano anteriore l'avvolgono completamente, sembra che l'aiutino a infilarsi nell'aria senza fatica.

È una Lancia. Una bellissima Lancia. Che riporta sulle piste il famoso scudetto con la bandierina, dopo quindici anni di rally, in cui Fulvia HF e Stratos hanno fatto la parte del leone.

Forse mai come oggi lo sport ha assunto un ruolo di primo piano nella società. Tra le prime a restarne coinvolte sono proprio le Case automobilistiche. Anche se la produzione di serie ha ormai raggiunto ottimi livelli tecnologici, le corse costituiscono ancora un banco di prova incomparabile, e hanno effetti pubblicitari e commerciali che nessuna industria può permettersi di sottovalutare.

L'evoluzione è costante. La politica sportiva deve adattarsi ai regolamenti, alle esigenze di marketing, a quelle commerciali, alla competitività dei modelli prodotti, all'interesse specifico del pubblico.

Sono i punti saldi di un'evoluzione che in casa Fiat è stata subito avvertita. Gli effetti non hanno tardato a farsi sentire.

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Nurburgring

Tanto per cominciare è cambiata la politica sportiva del Gruppo. Non più due squadre ufficiali (Fiat e Lancia) a spalleggiarsi nei rally. Ma una Fiat da una parte, con le 131 e le Ritmo Abarth (un occhio alle gare e uno ai piloti privati) e Lancia dall'altra, che messa da parte la Stratos, si dedicherà alle gare di velocità su pista con la nuovissima Beta Montecarlo turbocompressa, vettura derivata dal corrispondente modello sportivo di serie.

Vincere le competizioni con un'auto di larga diffusione, è commercialmente molto più valido che non aggiudicarsi le gare con vetture speciali o prodotte in un numero limitato di esemplari, come appunto era il caso della Stratos. La Fiat ha avuto la prova con la 131, un modello che ha “tirato” bene grazie alle Abarth-Alitalia di Alen e Rohrl e alle vetrofanie World Rally Champion applicate sulle auto di produzione.

Certo, con un modello di serie, per elaborato che sia (i regolamenti impongono precise limitazioni), è più difficile vincere. Ma in caso di successo l'impatto sul pubblico è fortissimo, fa nascere subito l'interesse per quel particolare modello.

Il gustoso boccone delle 131, la Lancia l'ha assaporato, anni fa, con il duetto Munari-Fulvia. Ci riprova adesso con un formidabile trio: Patrese-Rohrl-Beta Montecarlo.

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Nurburgring

Per mordere la coda a Porsche, Bmw e Ford, la Lancia aveva bisogno di un gioiello. E sembra proprio che sia riuscita ad averlo, a giudicare dai risultati ottenuti finora dalla Beta Turbo. I primi ad ammirarla sono stati gli inglesi, sul circuito di Silverstone.

L'esordio non è stato fortunato: prima una perdita d'acqua, poi la testa del motore in fumo hanno costretto l'auto ai box al terzo giro senza dare a Patrese nemmeno il tempo di assaggiare la pista.

Mentre i concorrenti sorridevano sotto i baffi, alla Lancia nessuno faceva drammi, coscienti del fatto che la vettura non era ancora a punto e che la prima gara era solo un esperimento.

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La preparazione del materiale per l'assistenza in gara.

Ma già alla seconda prova, sul difficile circuito tedesco del Nurburgring, il sorriso di sufficienza scomparve da molte labbra: la Beta, rimase al comando assoluto della sua divisione (fino a 2000 cc) fino a otto giri dal traguardo, quando fu costretta a ritirarsi per le inevitabili debolezze di gioventù. Si aggiudicò comunque il secondo posto. Era la dimostrazione che la Lancia Beta aveva le carte in regola per dare molti grattacapi a ossi duri come Porsche e Bmw.

Durante la gara, molti dei centomila spettatori del Nurburgring, inneggiando a Patrese e soprattutto a Rohrl, hanno gridato al miracolo. Ma se miracolo c'è stato, l'hanno fatto i progettisti e i meccanici dell'Abarth.

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Nurburgring

Realizzare una turbo competitiva partendo da un'auto di serie, è un affare tutt'altro che semplice, soprattutto se si ha a disposizione pochissimo tempo.

Ancora una volta, all'Abarth hanno dimostrato di essere all'altezza delle situazioni più difficili, trasformando la Beta Montecarlo in un bolide da pista. Siamo andati a Torino, nei capannoni di Corso Marche (anche se Pandino avrebbe preferito nelle Marche, nei capannoni di Corso Torino) per scoprire i segreti di questa “operazione turbo”.

Prima di iniziare l'elaborazione della Montecarlo, i tecnici hanno dovuto tenere ben presente quanto dice il regolamento sportivo per le vetture di gruppo 5. Una serie di limitazioni che si possono riassumere in alcuni punti fondamentali.

L'auto del gruppo 5 deve essere derivata da una vettura prodotta in serie e deve conservarne il profilo, cioè la silhouette.

Sono ammessi pneumatici fino ad un massimo di 14 pollici e di conseguenza i parafanghi per contenerli. Si possono aggiungere appendici aerodinamiche anteriori, ma solo più basse del mozzo delle ruote.

Posteriormente si può modificare anche tutta la carrozzeria per migliorare l'aerodinamicità, però bisogna rimanere (come ingombri) nella sagoma frontale della carrozzeria di serie.

Tutte le parti meccaniche devono rimanere contenute nel volume che occupa la carrozzeria di serie, i volumi aggiunti non possono essere quindi sfruttati.

Rispetto all'originale, la vettura può essere allungata di 20 cm anteriormente e di 40 cm posteriormente. Il motore deve conservare la posizione che ha nel modello di serie, può solo essere ruotato più o meno sul suo asse.

Unica limitazione agli interventi sul gruppo propulsore è che deve essere conservato il basamento motore della vettura di produzione.

Per quanto riguarda la meccanica, è obbligatorio mantenere lo stesso tipo di sospensioni adottate sull'auto di serie.

Con l'occhio sempre attento a questa lista di limitazioni, all'Abarth si sono rimboccati le maniche riuscendo in pochissimi mesi a ottenere risultati che forse non è eccessivo definire “prodigiosi”, specie quando si parla di turbo, un tipo di alimentazione in grado di “turbare”, è il caso di dirlo, i sonni anche al più freddo progettista.

Partiamo dalle forme. Il profilo della Beta Turbo è nato nella galleria del vento di Pininfarina. È lui che produce le scocche delle auto di serie. Doveroso quindi che fosse lui a modificare l'abito che aveva realizzato. Le indicazioni di massima sono partite dall'Abarth ma è toccato al carrozziere torinese disegnare e costruire la leggera “pelle” in vetroresina che la Montecarlo indossa in pista: cofano anteriore e posteriore con spoiler e alettone, fianchi posteriori e passaruote.

La Lancia Turbo fa registrare sugli strumenti della galleria del vento un coefficiente Cx di 0,367: un dei migliori tra quelli delle vetture che partecipano al Campionato.

Le portiere sono uguali a quelle di serie ma anch'esse vengono costruite in vetroresina. Rimangono in acciaio le cose essenziali: montanti parabrezza, tettuccio e lunotto posteriore con la paratia che divide l'abitacolo dal motore.

Il tutto viene montato su un telaio completamente nuovo, espressamente progettato dall'Abarth e che parte dalla paratia anteriore in acciaio, che divide l'abitacolo dal baule, e va fino a quella posteriore. In pratica, è completamente nuova la struttura metallica dove si attaccano le sospensioni.

Nella parte posteriore dell'abitacolo sono stati applicati alcuni tubi diagonali che completano e rinforzano il roll-bar integrale (a scatolati chiusi) della vettura di serie, e che in più servono a creare un valido punto d'attacco per il traliccio posteriore dove sono attaccate le sospensioni.

Per queste ultime è stato conservato il tipo McPherson montato di serie, per rispettare il regolamento, ma sono state completamente ristudiate e perfezionate dall'Abarth che ha utilizzato per la realizzazione la tecnologia avanzata e i materiali in uso nella Formula 1.

Come dire che si è ai limiti della perfezione, o perlomeno che più in là non si poteva andare. Importanti interventi sono stati anche fatti sui punti d'attacco delle sospensioni per modificare la geometria assunta dalle ruote, attimo per attimo, durante la marcia, fino ad arrivare a ottenere le condizioni ideali.

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La trasformazione del frontale della vettura.

E veniamo al motore. All'inizio del 1973, Gianni Tonti, responsabile tecnico e degli studi avanzati dell'Abarth, l'uomo che ha seguito passo per passo la nascita della Beta Turbo, montava un turbocompressore su una Stratos riuscendo ad ottenere dal sei cilindri 2400 cc, 350 cv a 8000 giri/min.

Nel '76, lo stesso motore, grazie ai numerosi perfezionamenti del turbocompressore erogava 500 cv e faceva vincere alla Stratos Silhouette di Facetti-Sodano, il Giro d'Italia.

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via www.racing65.com

Per la realizzazione del motore, di cui vediamo assieme qui sotto i principali dati tecnici (tra parentesi quelli della Montecarlo di serie)...

Posteriore trasversale

Raffreddato ad acqua

4 cilindri in linea, ciclo Otto, turbocompressore

Alesaggio e corsa 82x67,5 mm (90x84 mm)

Cilindrata totale 1426 cc (1995 cc)

Rapporto di compressione 7 (9,35)

Potenza massima 420 cv; in pista 370 cv a 8800 giri/min (120 cv a 6000 giri/min)

Distribuzione a doppio albero a camme in testa con comando a cinghia, valvole a “V”

Alimentazione ad iniezione, compressore KKK

Accensione elettronica Magneti Marelli

...lavorano complessivamente sette meccanici-motoristi dell'ASA per una quindicina di giorni. L'impostazione del propulsore per la Beta è iniziata alla fine del mese di agosto 1978. Cinque mesi dopo, il 10 gennaio 1979, il primo motore era già finito e pronto per il collaudo al banco in sala prova.

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Montaggio del propulsore.

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Accoppiamento di motore e cambio.

Lo si sa: in un motore, per ottenere il massimo rendimento, l'ideale è poter arrivare in fase di aspirazione con tutte le “luci” aperte in modo che la miscela aria-benzina venga respirata senza difficoltà.

Come dire, per assurdo, togliere un attimo la testata. Questo è il sogno di tutti i motoristi, l'obbiettivo massimo per ottenere il maggior riempimento possibile delle camere di scoppio. In ogni caso però quella che viene aspirata è aria a pressione atmosferica, infatti è il pistone che succhia l'aria creando una depressione. Si è pensato di fare di più applicando un compressore con il compito di comprimere l'aria a monte della testa, in modo che in fase di aspirazione non sia soltanto “succhiata” dallo stantuffo ma venga addirittura compressa dentro, spinta nella camera di scoppio.

Su queste basi, prima della seconda guerra mondiale, sono stati montati su alcune vetture, compressori meccanici (tipo la pompa dell'olio) collegati tramite ingranaggi all'albero motore dal quale catturavano la potenza per far girare la pompa.

Presto però ci si è accorti che il rendimento del motore calava troppo, proprio a causa del lavoro sottratto per far funzionare il compressore.

La soluzione al problema è stata trovata negli Stati Uniti alla fine degli anni Cinquanta. Semplice quanto geniale: per il funzionamento del compressore si può usare un'energia che in ogni caso viene dispersa, quella dei gas di scarico.

È il principio su cui si basano i moderni compressori, compreso naturalmente quello della Beta Montecarlo.

Vediamo in breve come funziona il sistema di alimentazione di questa vettura, che è forse il particolare più sofisticato di tutta l'auto.

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Si lavora sulle geometrie del retrotreno.

I gas di scarico, hanno una temperatura che, al massimo della potenza, arriva a 1200 gradi: vengono raccolti, incanalati e mandati alle palette di una piccola turbina centripeta (che riceve cioè i gas dall'esterno e li fa uscire dal suo interno). Sotto la pressione la turbina fa da 60 a 120 giri al minuto, a seconda della coppia del motore. Solidale, sullo stesso asse della prima turbina, ne è collegata un'altra simile, ma centrifuga, che funziona cioè nel modo opposto: prende l'aria (a temperatura e pressione atmosferica) dal centro e la butta all'esterno a una pressione di tre atmosfere assolute e 200-250 gradi centigradi di calore (a causa della compressione).

Quest'aria viene incanalata in speciali condotti e portata sino all'aspirazione del motore dove arriva, grazie a speciali scambiatori di calore che la raffreddano, con una temperatura accettabile di 60-70 gradi e con 2,5 atmosfere assolute di pressione; vale a dire un'atmosfera e mezza in più rispetto al normale.

Ed è proprio questa maggior pressione che si tramuta in migliori prestazioni del motore in quanto ne aumenta il rendimento volumetrico.

Essendo il rapporto della miscela un parametro fisso (una parte di benzina e cinque parti di aria), si può capire che più aria c'è nelle camere più carburante è possibile bruciare, a tutto vantaggio della potenza.

Ecco quello che può essere definito un motore “sovralimentato”.

I problemi che nascono da questo sistema, semplice nell'idea ma complesso nella realizzazione pratica, sono moltissimi. Uno dei più spinosi lo deve risolvere la pompa d'iniezione della benzina che, attimo per attimo, deve dare la giusta quantità di carburante in rapporto ai volumi d'aria che, trattandosi d'aria compressa, possono variare moltissimo. E poi ci sono problemi d'inerzia importanti per chi corre: quando si toglie il piede dall'acceleratore i gas di scarico escono e arrivano alla turbina a bassa pressione, ma per qualche istante le palette continuano a girare velocissime per inerzia e danno al motore la massima potenza.

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Al lavoro sui freni.

Ricordo Patrese, che al termine della gara di Silverstone ha detto: “Bisogna abituarsi alla guida col turbo, specie in frenata e in accelerazione. Ritarda, a seconda della regolazione, anche di due secondi e quindi in curva bisogna frenare e accelerare prima del solito.”

Comunque, a parte le turbine della tedesca KKK e la pompa d'iniezione messa a punto partendo da un iniettore Bosch di serie, tutti i vari componenti del motore, dalla biella alla coppa dell'olio, nascono nelle officine dell'Abarth, dalla progettazione al montaggio.

Pezzo dopo pezzo, in sessanta giorni, il “capolavoro” è compiuto. La potenza originale della vettura viene più che triplicata e passa da 120 cv a 6000 giri/min a 420 cv a 8800 giri. Anche se poi in gara, per evitare rotture e per garantire una maggior durata dei vari organi, la potenza viene ridotta a 370 cv. È sempre molto, anzi moltissimo. Basta pensare che ogni cilindro di una Ferrari di Formula 1 con motore aspirato dà 43 cv (12 cilindri danno quindi circa 520 cv); quello invece della Beta Silhouette turbocompressa ne dà quasi 100, più del doppio.

Ottenere prestazioni di questa portata non è uno scherzo. E per rendersene conto è sufficiente passare un pomeriggio a osservare i meccanici dell'Abarth al lavoro.

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L'installazione della pedaliera, personalizzata in base alle esigenze del singolo pilota.

Prendiamo il basamento motore. Arriva imballato dallo stabilimento Lancia perché, come prescrive il regolamento, deve essere uguale a quello della vettura di produzione. Ma all'Abarth non si limitano certo a toglierlo dall'imballo originale.

Prima di “avere l'onore” di entrare nel cofano della Beta Turbo deve subire una infinita serie di affinamenti per rendere le superfici simili a specchi e ridurre le tolleranze a livelli quasi non misurabili. E tutto viene fatto a mano o con macchine tradizionali.

Dimostrando ai patiti dei transistor che non c'è barba di sofisticate macchine a controllo numerico che possano sostituire un meccanico che sa il fatto suo.

Lappature, fresature, alesature, un tocco di lima, una passata di carta seppia e avanti così, finché il basamento non è perfetto. Totale della spesa: un milione e mezzo di lire, solo per i “ritocchi”. Non c'è da stupirsi quindi quando si sente il prezzo della vettura finita: cento milioni, lira più lira meno.

Guardando al futuro di una marca italiana nelle silhouette c'è da chiedersi quanti privati potranno permettersi il lusso di spendere 140 mila lire al chilo per una macchina da mettere in pista. È forse questo il vero motivo per cui in Italia le corse di velocità sono poco seguite. I costi elevatissimi riducono quasi a zero i concorrenti italiani e la gente non paga un biglietto solo per vedere scornarsi fra loro Porsche e Bmw.

Ma non c'è niente da fare, la tecnologia si paga, e chi non ha abbastanza soldi è costretto a bussare alla porta dei rally dove, in un modo o nell'altro, ci si arrangia sempre, magari lavorando di notte nell'officina dell'amico.

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L'allestimento dell'abitacolo. Sul quadro strumenti, oltre al contagiri, pressione aria, benzina, olio e temperatura olio, acqua e aria.

Il turbo per una silhouette non si improvvisa in un sottoscala. Un primo dato: il motore della Beta Turbo e quello della 131 Abarth ufficiali hanno molti particolari in comune (alesaggio, albero motore). Ma quelli della Lancia pesano il 15 per cento in meno. Eppure sono uguali, eppure tutti nascono dall'Abarth. In realtà, non sono uguali ma simili: 15 per cento di peso in meno, vuol dire soprattutto impiego di tecnologie altamente sofisticate, uso di materiali eccezionali, insomma un livello di qualità che pochissimi sono in grado di raggiungere. Al di là dei mezzi finanziari, ci vuole quello che all'Abarth certamente non manca: saper lavorare.

Un discorso particolare meritano i pneumatici montati sulla Beta Montecarlo Turbo. Sono i Pirelli P7: ne conosciamo tutti le qualità. Ma per la Lancia Turbo i P7 sono stati trasformati.

Dalle esperienze fatte nella Formula 2, sono state derivate le elevatissime prestazioni in termini di resistenza alla deriva e prontezza di risposta in frenata e accelerazione.

Ma quello che ha stupito tutti, è stata la resistenza chilometrica. In tutta la stagione, non si è mai verificata la necessità di cambiare pneumatici a metà gara, come finora accadeva nelle competizioni di sei ore e mediamente di 900 chilometri.

La struttura radiale Pirelli è in grado si sopportare mescole sofisticate, veloci e resistenti. Anche sotto questo aspetto, la Beta Montecarlo è una privilegiata.

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Montaggio della centralina dell'accensione elettronica Magneti Marelli. In primo piano la bombola di fluobrene antincendio, costituita da due serbatoi separati per abitacolo e vano motore.

Per concludere, il resto della scheda tecnica.

Scocca portante derivata dalla serie ma con importanti modifiche; carrozzeria in vetroresina

Trazione posteriore, cambio e differenziale in blocco con il motore

Frizione bidisco Borg & Beck, 5 marce e RM

Sospensioni anteriori con montanti telescopici, molle elicoidali

Sospensioni posteriori con montanti telescopici, molle elicoidali

Ammortizzatori Bilstein

Sterzo a pignone e cremagliera

Freni a disco sulle quattro ruote, ventilati Lockheed

Fine.

Per fare un riassuntino veloce delle sue imprese (in attesa di incontrare qualche articolone dell'epoca sulle riviste di automobilismo sportivo che ai tempi riversavano fiumi di parole sul lettore ogni settimana ed oggi rappresentano un tesoro) vorrei citare un passaggio della wikipedia. Tanto per fare mente locale.

Dalla wiki

"La Lancia Beta Montecarlo fu mostrata per la prima volta nel mese di dicembre del 1978, ma essa debuttò in gara solo nel giugno del anno successivo, durante la gara di Silverstone del Campionato del Mondo. Una sola auto fu iscritta per Riccardo Patrese e Walter Röhrl. La nuova vettura fu veloce fin dai primi metri, anche se faticava a tenere il passo della molto più potente e più pesante Porsche. Anche l'affidabilità fu una preoccupazione rilevante e causò un ritiro prematuro. Una volta che i vizi di gioventù furono risolti, la Beta Montecarlo dominò facilmente la "classe 2 litri", ottenendo vittorie di classe a Pergusa e a Brands Hatch. La Lancia arrivò seconda assoluta nel campionato, ad una distanza considerevole dietro le Porsche.

Per il 1980 il campionato fu diviso in due classi: una fino a due litri e una oltre. Le Lancia dominarono la loro classe, segnando dieci vittorie su undici possibili e aggiudicandosi il campionato. Va detto però che la concorrenza era molto limitata. Più impressionanti furono le vittorie assolute ottenute a Brands Hatch, al Mugello e a Watkins Glen contro le Porsche, con doppietta Lancia in ogni occasione. Anche nel 1981 la musica fu la stessa: la Lancia vinse di nuovo il campionato nella "classe 2 litri" ottenendo l'affermazione nella propria classe in tutte e undici le gare e aggiudicandosi anche una vittoria assoluta contro le 935 della classe "oltre 2 litri", che erano accreditate di oltre 800 CV. Un altro grande risultato è stato l'ottavo posto finale a Le Mans, secondo nel Gruppo 5, dietro una Porsche 935.

Incoraggiato dalle prestazioni della Beta Montecarlo "due litri", Abarth sviluppò un motore più grande per la stagione 1981 per andare davvero "a caccia della Porsche". Il nuovo motore da 1773 cm³ era equipaggiato con due turbocompressori. Dipinte nella suggestiva livrea Martini Racing, le vetture videro la potenza aumentata a 520 CV. Purtroppo questa versione non è mai stata pienamente sviluppata, poiché la Lancia stava già guardando avanti ai nuovi regolamenti del Gruppo C che sarebbero entrati in vigore nel 1982. La Beta Montecarlo dotata del motore maggiorato riuscì a conquistare punti in una sola occasione. Sebbene non fossero più ammissibili per il Campionato del Mondo, le Lancia di Gruppo 5 hanno continuato ad essere portate in pista da team privati con notevole successo.

Aggiudicandosi due Campionati del Mondo in maniera schiacciante, la Beta Montecarlo Turbo è passata alla storia come una delle grandi auto da corsa della Lancia."

Lancia Beta Montecarlo Turbo - Wikipedia

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"... guarda la libidine sarebbe per il si, ma il pilota dopo il gran premio ha bisogno il suo descanso... e poi è scattata la regola numero due: perlustrazione del pueblo e ricerca de los amigos... ah Ivana, mi raccomando il panta nell'armadio, il pantalone bello diritto. E un po' d'ordine in stanza... see you later!" (Il Dogui, Vacanze di Natale)

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C'ERA BETA, BRAVA RAGAZZA: INCONTRO' IL PLAYBOY “TURBO”

di Roberto Lanzone per Gente Motori-novembre 1979

......

Tanto per cominciare è cambiata la politica sportiva del Gruppo. Non più due squadre ufficiali (Fiat e Lancia) a spalleggiarsi nei rally. Ma una Fiat da una parte, con le 131 e le Ritmo Abarth (un occhio alle gare e uno ai piloti privati) e Lancia dall'altra, che messa da parte la Stratos, si dedicherà alle gare di velocità su pista con la nuovissima Beta Montecarlo turbocompressa, vettura derivata dal corrispondente modello sportivo di serie. ....

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Senta Patrese, io il mese scorso ho fatto pagine e pagine sulla sua Beta Silhouette, l'ho ampiamente celebrata sul mio mensile. Potrebbe anche portarci a fare un giro eh?”

Va bene, va bene... aspetti che

post-8850-145026858968_thumb.jpgmi vesto...

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...il casco....

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andiamo?”

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Di Roberto Lanzone per Gente Motori – 1980

(il testo ripete alcune considerazioni già espresse nel precedente, le ho riportate per non perdere il filo del discorso; come noterete le foto non si riferiscono al luogo della prova ;))

Chi la segue con lo sguardo mentre sfreccia sulla pista di un autodromo difficilmente immagina che cosa si prova a bordo di quel bolide, inchiodati al sedile da una tentacolare cintura di sicurezza. È un pugno nello stomaco quello che ti prende quando la Lancia Beta Turbo “decolla”.

Ce l'avevano raccontato ma abbiamo voluto provarlo di persona.

Sistemati alla meglio su un seggiolino di fortuna, montato provvisoriamente al fianco di quello di Patrese, ci sentiamo quasi tranquilli e aspettiamo la partenza immersi nel frastuono del motore.

Le vibrazioni lacerano le orecchie, amplificate dalle lamiere dell'abitacolo: una scatola d'acciaio che è l'unica parte in metallo della carrozzeria; tutto il resto è in leggera vetroresina, tanto leggera che ti sembra impossibile possa resistere alla pressione dell'aria a 300 all'ora.

La vettura parte. Per i primi metri è tutto regolare, ma appena sale il numero dei giri, la turbina scatena la forza della sovralimentazione e ti senti come sparato da una canna di fucile. Pare che una gigantesca mano ti schiacci all'indietro e nello stesso tempo senti affluire il sangue al volto, agli occhi. Pochi attimi ed è già la quinta.

Il contagiri segna 8800. Il tachimetro non c'è? Forse è un bene: meglio non sapere che abbiamo superato i 280 all'ora.

Il lungo rettilineo della pista di prova Fiat, alla Mandria, si riduce a uno strettissimo nastro grigio, indefinito, e le betulle ai lati si fondono in una informe striscia verdastra, quasi un muraglione.

Consola poco ripetersi mentalmente che c'è al volante un campione: l'unico desiderio è quello di vedere la vettura rallentare, fermarsi.

Poi, a poco a poco, ti abitui anche ai 300 all'ora e diventa quasi piacevole vivere quelle sensazioni irreali. E il cuore riprende a battere a un ritmo tollerabile. Riacquistando la calma, torna anche lo spirito di osservazione e allora riesci a volgere gli occhi, incollati alla strada, per osservare che cosa fa il pilota.

I gesti di Riccardo Patrese sono secchi, misurati. Quando la mano si stacca dal volante scende velocissima sulla leva del cambio e l'avambraccio diventa il prolungamento della leva stessa. Anche i piedi si muovono veloci: sembrano organi meccanici, comandati dagli impulsi di un calcolatore.

Ma l'insolito è che, anche con la bardatura della tuta e del casco integrale, Riccardo Patrese non sembra affatto un robot. L'uomo e la macchina si fondono in uno, riportando alla mente l'armoniosa immagine di un fantino di classe in sella a un purosangue.

E la Beta Turbo di cavalli purosangue ne ha 400.

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La Lancia Beta Turbo è scesa in pista per la prima volta l'anno scorso, all'autodromo di Silverstone, facendo subito capire a tutti che aveva intenzioni serie.

Le prime gare dovevano servire per mettere a punto la vettura, e invece fin dalla prima stagione la Beta ha conquistato il titolo del Campionato mondiale Marche, classe fino a 2000 cc, e quest'anno sembra addirittura che punti al titolo assoluto, cosa non impossibile visto che più di una volta si è lasciata dietro mostri strapotenti come la Porsche 935 da 700 cv e la Bmw M1 da 750 cv, entrambe turbo.

La Lancia sta dimostrando sulle piste di tutto il mondo che il segreto per vincere sta nell'affidabilità, nella robustezza degli organi oltre che, naturalmente, in una tecnologia motoristica d'avanguardia.

Avere mille cavalli di potenza non serve a nulla se poi, ogni mezz'ora, si è costretti a fermarsi ai box per mettere a punto il motore o per sostituire qualcosa che si è rotto.

Quel che conta è non fermarsi mai in gara, se non per fare benzina. Purtroppo al Nurburgring, la sesta gara del mondiale Marche, Riccardo Patrese è rimasto in testa sino a tre giri dalla fine, poi un guasto al radiatore ha dato via libera alla grossa Porsche di Stommelen-Darth.

Però la Turbo ha dimostrato anche in questa occasione le sue immense possibilità.

Ciò non significa che la potenza non sia importante, ma quel che più conta è che la potenza sia “sicura”. Proprio come i 400 cv che i tecnici dell'Abarth sono riusciti a ricavare da un propulsore di appena 1400 cc.

Partendo dal motore della Beta Montecarlo, in appena cinque mesi è stato realizzato un gioiello di ingegneria meccanica.

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Dopo la decisione della Lancia di lasciare i rally per dedicarsi alle corse su pista, nell'agosto del '78 è iniziato all'Abarth un febbrile lavoro per “inventare” una vettura da autodromo.

La base c'era, molto buona: la Beta Montecarlo, una vettura ben impostata e con il motore centrale (disposizione ottimale ai fini della tenuta di strada).

Non restava che elaborare il propulsore, rinforzare il telaio, ridisegnare le sospensioni e preparare un nuovo “vestito”.

Alla carrozzeria ci ha pensato un sarto d'eccezione, Pininfarina, che ha “tagliato” una splendida silhouette in vetroresina.

Alla prova di aerodinamicità in galleria del vento la vettura così trasformata ha fatto registrare un Cx di 0,367, uno dei più bassi coefficienti aerodinamici tra quelli delle auto che partecipano al Campionato Marche.

Il motore è stato rivisto e ristudiato fino all'ultima vite. Pochissimi i particolari di serie conservati; tra questi il basamento motore, che per regolamento non può essere modificato.

Il “miracolo” della potenza, passata dai 120 cv della versione di serie agli oltre 400 della versione gara, l'ha fatto la sovralimentazione: una turbina a recupero dei gas di scarico comprime l'aria nei cilindri a una pressione di 2,5 atmosfere, cioè a una atmosfera e mezza in più rispetto alla pressione normale di aspirazione. Quanto basta per spremere 100 cv da ogni cilindro e raggiungere una potenza specifica di 285 cv/litro, quasi il doppio di quanto fornisce un motore di Formula 1 con alimentazione aspirata.

Una macchina eccezionale insomma, ma è facile lasciarsi prendere dall'entusiasmo nel giudicarla. Per questo abbiamo voluto cedere la parola a Riccardo Patrese che la conosce a fondo e sa valutarla con l'occhio del pilota di gran classe.

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GM – Riccardo, se dovessi giudicare la Beta Turbo con una parola, come la definiresti?

Sincera. Sì, è una vettura sincera, nel senso che non ti tradisce mai. Naturalmente quello che dico è molto relativo: la Beta Turbo è una vettura nata essenzialmente per correre in pista e quindi tutto sulla macchina è esasperato al massimo. Non si può paragonarla a una gran turismo di serie con 400 cavalli.”

GM – Vuoi dire che è difficile da guidare?

All'inizio lo era molto. L'anno scorso, quando l'abbiamo messa in pista, era un po' come un puledro selvaggio. Spesso si imbizzarriva e allora erano guai. Gara dopo gara siamo riusciti a domarla, cioè metterla a punto. Attualmente ha un assetto perfetto ed è veramente una vettura piacevole da guidare. Anche la potenza, che prima arrivava tutta di colpo, ora viene erogata molto più regolarmente, quasi come in un motore aspirato.”

GM – Qual'è la caratteristica che ti piace di più?

Senza dubbio l'accelerazione: è fantastica. Quando la turbina entra in azione, il motore sovralimentato dà incredibilmente di più di uno aspirato. Il massimo rendimento lo si ha tra i 5000 e i 9000 giri e, nonostante l'alto regime, si sente poco il ritardo di decelerazione, svantaggio tipico di tutti i propulsori con il turbo.”

GM – E la caratteristica che ti soddisfa di meno?

La visibilità posteriore. Quella anteriore è molto buona, ma quella posteriore è scarsa. Sembrerà strano in una vettura tanto sofisticata, ma una delle grane più fastidiose l'hanno data e continuano a darla gli specchietti retrovisori che, a causa della struttura della carrozzeria, non consentono una buona visibilità posteriore.”

GM – Il cambio è all'altezza del motore?

Direi di no. È solido e affidabile come tutto il resto della macchina, ma è difficile da manovrare. Gli innesti sono veloci e precisi ma troppo duri. Bisogna conoscerlo bene per sfruttarlo al meglio.”

GM – E dei freni che cosa ne dici?

Decisamente buoni. Sull'efficacia non c'è nessun appunto da fare: sono più che sufficienti, anche nei percorsi impegnativi. Qualche problema lo incontrano semmai i meccanici, perché è molto delicata la loro regolazione: è difficile stabilire l'esatta bilanciatura ed è indispensabile distribuire correttamente i pesi sulle quattro ruote, altrimenti la regolazione si stara facilmente.”

GM – Parliamo un po' della tenuta di strada.

Naturalmente cambia a seconda della mescola dei pneumatici. Generalmente è molto buona, anche sul bagnato. La vettura è fondamentalmente neutra e molto maneggevole a tutte le velocità. E, quel che è più importante, non tende mai a fare brutti scherzi. È questo un elemento di sicurezza, che può valere la vittoria.”

GM – C'è molta differenza nel pilotare una Formula Uno e una Silhouette come la Beta Turbo?

Si, sono due cose nettamente diverse. Non tanto per la velocità, che in pratica non si discosta di molto, quando perché sulla silhouette chiudi lo sportello e ti sembra quasi di essere su una vettura da turismo, mentre in una monoposto senti l'aria che ti arriva addosso, vedi le ruote a un palmo dal naso, sei così vicino all'asfalto che se allunghi un braccio lo tocchi. Un pilota di Formula Uno non trova particolari difficoltà salendo per la prima volta al volante della Beta Turbo: è difficile invece passare dalle silhouettes alle vetture di Formula Uno senza incontrare problemi. E non lo dico perché sono un pilota di Formula, lo dico perché è proprio la verità.”

Grazie Riccardo, grazie sig. Lanzone, grazie Gente Motori. Per stasera abbiamo finito con la Lancia nelle corse di durata, e vi lascio con questa immagine, che ho pensato di "condire" con un sottofondo. Idea che mi è venuta oggi (mi sa che faccio meglio a tornare al lavoro, altrimenti fra un po' non ve la cavate più), quella di arricchire i topic dell'amarcord con una nota musicale nel finale, ovviamente pescata fra le hit dell'anno di cui si sta parlando, e cercando qualcosa di appropriato (cioè, per dire, c'era anche Heather Parisi, non mi sembrava adatta ecco....).

Quindi stasera chiudo così. Fatemi sapere se l'idea vi garba, parlando di creare atmosfera (poi se non vi garba me ne frega, tanto lo faccio lo stesso :mrgreen:)

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http://youtu.be/vztcoyPjak4

GTC :b37:saggio:ahsi::pz

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"... guarda la libidine sarebbe per il si, ma il pilota dopo il gran premio ha bisogno il suo descanso... e poi è scattata la regola numero due: perlustrazione del pueblo e ricerca de los amigos... ah Ivana, mi raccomando il panta nell'armadio, il pantalone bello diritto. E un po' d'ordine in stanza... see you later!" (Il Dogui, Vacanze di Natale)

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