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Analisi della crisi Fiat: parlano i dipendenti.


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La crisi vista dal Lingotto e dalla Fiom Cgil, un anno dopo

Fiat, la risalita sarà molto lenta

di Ezio Marchisio e Tonino Rivolo

SOMMARIO: "L'area torinese ha già pagato un grosso prezzo in termini di occupazione. La città non può fare a meno dell'industria automobilistica" dice Tom Dealessandri

In una situazione economica e industriale che man mano scende dai livelli della stagnazione a quelli della recessione, mentre il Pil è calato e l’inflazione "ufficiale" è data al 2,8%, il commercio estero sta subendo un crollo, la competitività del cosiddetto "Sistema Italia" è in discesa, l’aumento dei prezzi e delle tariffe si sta impennando, si annunciano tagli al sistema sociale ed aumenta la pressione fiscale, Fiat Auto uscirà dal tunnel che s’era scavato preferendo la finanza all’industria, dimenticandosi di progettare e immettere sul mercato nuovi modelli significativi per un paio d’anni?

Un anno fa, sempre su "L’Eco mese", avevamo ritratto realisticamente una grande azienda seduta, incerta sulla strada da intraprendere, senza modelli tra le mani. I Piani di ristrutturazione di Cantarella (2001), di Boschetti (2002) e di Galateri-Barberis (dicembre 2002) l’avevano prostrata e disorientata. Morchio nel mese scorso a Torino e in Italia ha "tagliato" altri 2.805 posti di lavoro alla Fiat, all’Iveco, alla Comau e alla Marelli. Migliaia sono stati i licenziamenti (dal 2001 al settembre 2003 solo a Mirafiori sono stati espulsi 7.686 dipendenti, in Torino altri 1.165, nel resto dell’Italia 3.665 e negli stabilimenti all’estero 15.500). Una cura dimagrante che ha avuto ed ha sul tessuto sociale di Torino, della provincia e della regione un effetto devastante e impoverente. E tra i 12.511 lavoratori italiani non sono compresi le dimissioni e i pensionamenti anticipati.

Umberto Agnelli ha detto al ritrovo degli economisti del centro-destra di Cernobbio che la proposta di Berlusconi di aumentare l’età pensionabile è ancora insufficiente. Ma la sua Fiat, solo negli anni di fine ed inizio secolo, ha mandato via dalla fabbrica migliaia di lavoratori poco più che cinquantenni. Come risolvere questa contraddizione, dott. Agnelli?

Al quarto piano del Lingotto adesso sono più ottimisti, moderatamente ottimisti: stanno mettendo sulla linea di partenza la loro nuova strategia, ovvero più modelli nuovi contro la crisi. E dallo scorso settembre sono giunte in passerella la Nuova Panda, il restyling della Punto, la "Y". Poi toccherà all’Idea, all’Alfa Gt Coupé, nel 2004 la Lancia B-Mpv, nel 2005 la nuova Punto, la Fiat Large, un’Alfa coupè, l’Alfa Supercar, la Fiat Sport Utility e la nuova Alfa 156. Nel 2006 sarà la volta della Nuova Stilo e dell’Alfa Spider. Infine, nel 2007, vedremo la Fiat Microcar, la nuova Monovolume e la Cross Over.

Secondo Morchio (che va dai suoi colleghi big di Cernobbio guidando personalmente una Punto restyling azzurra, come l’Avvocato alla domenica se ne andava in giro per Villar Perosa con una Panda) ciò che resta del 2003 sarà ancora un periodo difficile, ma i segnali della timida ripresa si vedranno già a dicembre. Insomma: la Fiat si avvierebbe a risalire la china con minori perdite e meno debiti. Un risanamento avvenuto prima con operazioni di "chirurgia finanziaria" (licenziamenti compresi) per poi passare a quello del prodotto: più auto vendute (non a prezzi stracciati, ma reali e remunerativi) con maggiori profitti. I primi sei mesi del 2003 si sono chiusi con un "rosso" di 737 milioni e una posizione finanziaria negativa per 4,8 miliardi. Il pareggio operativo arriverà nel 2004. Gli utili netti nel 2005. La filosofia del milanese Morchio, amministratore delegato di Fiat, attualmente è questa: "Preferiamo fare i fatti e commentarli successivamente". Solo la Ferrrari, un bel ramo del Gruppo Fiat, non va male.

La crisi dell’auto è crisi non solo della Fiat ma di tutto il settore a livello mondiale, giapponesi esclusi. La svolta del Lingotto e una maggior sicurezza del posto di lavoro per chi è in Fiat o nelle aziende collegate direttamente o nell’indotto sarà comunque lenta. Il destino di Mirafiori è legato ad un filo: se nel 2005 non si costruirà in corso Settembrini la Nuova Punto, chiuderà. È nei fatti e nelle cifre. Come ha chiuso anni fa Chivasso, come Arese, come Rivalta dove vi sono oggi solo 170 dipendenti Fiat, dei 21.000 degli "anni d’oro".

"Ma non si può pensare ad un'area territoriale come la nostra senza un'industria del settore automobilistico, sia perché è ormai nel suo Dna e nelle sue potenzialità, sia perché in quest'ottica il ruolo di Torino è essenziale e decisivo a livello nazionale" rivela Tom Dealessandri, assessore comunale al Lavoro nella città della Mole. La sfida insomma resta aperta e la posta in palio è altissima, non solo a livello aziendale ma anche sotto il profilo territoriale, produttivo ed occupazionale.

Parla l’ing. Sodano su presente e futuro di Fiat Auto

Dal Lingotto il tunnel è ancora lungo, ma finirà

SOMMARIO: Segnali incoraggianti nelle vendite, banche disponibili, forte team alla guida, Umberto al timone e i nuovi modelli. Ma l’auto sarà rossa fino al 2005. Migliaia di licenziati. Berlusconi in Audi e il dipendente in Skoda

Quando e come la Fiat uscirà (se uscirà) dalla crisi che l’attanaglia da più di un anno?

"Nel corso di quest’anno ogni settore dell’azienda ha svolto bene il suo lavoro e quindi portiamo a casa un risultato apprezzabile. Un anno fa, quando ci siamo parlati, la situazione era peggiore. Oggi le tante gocce di lavoro si sono trasformate in un fiumicello che ha una discreta portata. Ma non è ancora finita. Occorre continuare a lavorare con la stessa determinazione e serietà. Stiamo sicuramente meglio di un anno fa, anche se non ci si deve lasciare trascinare dai trionfalismi. Il nostro amministratore delegato ha detto più volte che il 2003 è ancora un anno difficile, contiamo nel 2004 per ridurre le perdite e nel 2005 contiamo di raggiungere il pareggio, in seguito gli utili": parola dell’ing. Franco Sodano, che dai vertici del Lingotto di via Nizza 250 a Torino cura la "comunications" con l’esterno. E un "segnalino" timido timido di ripresa nelle vendite è avvenuto ad agosto quando Fiat, Lancia e Alfa Romeo sono risalite al 30% delle vendite in Italia. Ma agosto è un mese atipico e non è significativo. Occorre aspettare il 2004.

Quali, allora gli ingredienti della possibile ripresa di Fiat Auto?

Sodano: "Le banche (S. Paolo Imi e Bancaintesa) appoggiano il nostro sforzo perché ritengono che stiamo andando nella direzione giusta, abbiamo completato la vendita di alcuni "gioielli di famiglia" (Avio e Toro) che ci hanno garantito i mezzi finanziari e la liquidità per continuare". Sodano aggiunge, quale elemento determinante, l’impegno diretto di Umberto Agnelli alla guida del Gruppo, i nuovi modelli che stanno uscendo sul mercato in queste settimane e il nuovo gruppo dirigente affiatato e coeso. Poi le dolenti note: "E’ stato effettuato un ridimensionamento del numero del personale che entro il 2003 si completerà con la sua ulteriore diminuizione. Infine il buon accordo con la General Motors americana sta marciando e fornendo positivi risultati".

Tutto ok, dunque? No, certamente. Le migliaia di lavoratori licenziati gettano un’ombra su questa operazione che alcuni chiamano di "risanamento" e altri di "ridimensionamento".

Qualche commentatore sostiene che la Fiat sia ritornata nuovamente all’auto non tanto perché creda molto in questo settore, ma perché per mesi è stata sollecitata dal sindacato, da una certa stampa, dall’opinione pubblica e soprattutto dai politici locali e nazionali di centro-sinistra. A che punto si trova la verità?

Sodano: "La Fiat non ha mai smesso di puntare sull’auto e sui motori in generale: Iveco, i trattori e la Ferrari sono Fiat, non dimentichiamolo. E’ vero, per un certo periodo ha guardato con interesse al mondo finanziario. Il definitivo cambio della guardia ai vertici, la nuova squadra di dirigenti, la guida stessa di Umberto Agnelli sono segnali inequivocabili e convinti dell’importanza che diamo all’auto".

Come sono stati i rapporti con il sindacato in questo ultimo anno?

"Sono stati un po’ difficili, in particolare con la Fiom-Cgil. Con gli altri però abbiamo stretto accordi. La Fiom è molto critica nei nostri confronti perché non è convinta e non condivide soprattutto le nostre scelte in merito all’occupazione e traccia scenari pessimistici. Noi invece pensiamo le preoccupazioni della Fiom siano eccessive. Non si vuole penalizzare Torino, ma dobbiamo adattarci ad una situazione complessiva che ci è sfavorevole. Se il mercato in questi anni ci consente di vendere solo quelle quote di auto, dobbiamo farcene una ragione".

Guardando i numeri e i modelli medio-alti prodotti (solo circa 1.500 al giorno) si può dedurre che lo stabilimento di Mirafiori stia scivolando verso la chiusura, come è avvenuto per Rivalta. Vero, falso, allarmismo?

Sodano: "Mirafiori rimane il ‘cervello’ dell’azienda in fatto di progettazione. Certo, lo stabilimento si è ridimensionato nel numero degli occupati. Tutti gli stabilimenti delle aziende automobilistiche hanno diminuito il personale".

Rete di vendite e di assistenza: da anni la Fiat dice che intende ammodernarle. Vi sono elementi nuovi?

"La vendita dell’auto è l’ultimo importante anello della produzione. Stiamo intervenendo, ad esempio, con la possibilità di provare su strada tutte le auto del Gruppo. I concessionari devono però rifarsi al vecchio detto: se un cliente entra nel tuo negozio e non compra è perché tu non sei un buon commerciante".

Perché un dipendente Fiat compra anche una Skoda? Autolesionismo? Eccentricità? "No, avverte di non essere trattato come un vero cliente. Vi sono alcuni fattori che incidono nella scelta: la possibilità di disfarsi del suo usato, le promozioni delle straniere, gli interessi zero. Una volta si sceglieva con il cuore, adesso si guarda di più al portafoglio. Il dipendente è tornato però ad essere un importante cliente di serie A e oggi lo trattiamo in modo speciale al Centro vendite dirette di Beinasco". Non solo: con il "Panda club" i dipendenti e i parenti possono provare in esclusiva il nuovo modello, ma chi parteciperà a questo drive test potrà anche vincere ricchi premi.

Berlusconi è venuto a Torino ai funerali dell’Avvocato a bordo di un’Audi blindata da 700 milioni di vecchie lire. Che cosa vi siete detti? Sarà un messaggio per il Lingotto, una sfida, una cafonata? "No. Abbiamo detto: speriamo che anche lui presto viaggi con le nostre. E la Lancia Thesis non teme il confronto". Ma se ne costruiscono solo dieci al giorno.

Claudio Stacchini (Fiom-Cgil) vede nero. Ma ha i suoi buoni motivi

"Purtroppo la Fiat chiuderà Mirafiori"

SOMMARIO: A settembre sono uscite dai cancelli di corso Agnelli solo 1.560 vetture. "Non si investe nell’innovazione del prodotto". "Si sta anestetizzando il drammatico problema della Fiat: da Ghigo alla Bresso a Chiamparino"

Lo stabilimento Fiat di Mirafiori va verso la chiusura? "Purtroppo sì. I volumi produttivi, cioè la quantità di auto costruite, lo renderanno sempre più costoso e improduttivo, quindi candidato alla chiusura non a lunga scadenza ma nei prossimi anni", così sostiene con voce stentorea Claudio Stacchini, responsabile dell’Ufficio sindacale della Fiom-Cgil di Torino, al secondo piano del palazzo tutto Cgil di via Pedrotti 5. Sta finendo al computer una statistica sull’occupazione in Fiat. Fino a qualche mese fa era alla Quinta Lega di Mirafiori, in corso Unione sovietica, di fronte a Mirafiori. E’ imponente Stacchini, ricorda le figure positive a tutto tondo dell’arte realistica sovietica.

Al Lingotto, invece, sostengono che Mirafiori non chiuderà perché continuerà ad essere "il cervello" della progettazione della Fiat.

"Sì, un cervello senza lo stabilimento alle spalle. Sul quotidiano argentino ‘El clarin’ il direttore della Fiat del Sud America ha scritto che l’azienda investirà milioni di euro per realizzare in Brasile un maxi centro di progettazione: allora ‘il cervello’ sarà oltreoceano e non in corso Agnelli. Un altro segnale: tempo fa nel corso di una cena avvenuta in Campania con gli imprenditori dell’indotto, Morchio ha consigliato loro di trasferirsi il più possibile vicino agli stabilimenti di Cassino, Pomigliano d’Arco e Melfi. Anche in questo caso c’è un’indicazione tendente ad escludere Torino che giunge dai vertici Fiat. Costano di meno i sedili o le marmitte prodotte in un’area industriale vicina ai tre grandi e nuovi stabilimenti della Fiat, piuttosto che portarli attraverso mezza Italia sui tir da Orbassano o Grugliasco".

La Fiat sembra però intenzionata ad assumere a Torino giovani ingegneri nei prossimi mesi: si tratterebbe di una decisione che contrasta con quanto detto prima, o no?

Stacchini: "No. Se ne assumerà, è per sostituire quelli che in questi mesi si sono licenziati per trovare un posto più sicuro. Anche un buon operatore o un elettricista, purché sotto i 35 anni, se trova un altro lavoro si licenzia dalla Fiat. Queste fughe sono il segnale del clima di incertezza che si respira in Fiat".

La Fiom non ha più firmato accordi con la Fiat da un bel po’ di anni, diversamente da Cisl e Uil. Perché?

"I quattro Piani proposti negli ultimi due anni dai vertici Fiat non sono stati studiati per il rilancio dell’azienda, ma per il suo ridimensionamento, sono Piani finanziari e non occupazionali. La Fiom non condivide questa impostazione riduttiva. Un dato eloquente: nel 2000 a Mirafiori e a Rivalta vi erano in organico 28.730 dipendenti, a dicembre 2003 gli occupati saranno 14.445 (-50,3%). Di questi, ben 7.686 sono stati licenziati (usiamo il termine vero e non altri eufemismi) e 6.700 si sono dimessi volontariamente, hanno cambiato lavoro o sono andati in pensione".

Stacchini torna sul futuro di Mirafiori: "Oggi, 12 settembre, a Mirafiori si montano 10 Lancia Thesis e 60 Lybra e 115 Multiple. Con questi volumi di produzione non si va troppo lontano. La Panda ha smesso l’altro giorno con gli ultimi 620 esemplari. Voglio dire: da Mirafiori escono solo 1.560 vetture al giorno. Nel 1991 erano mediamente 4.050, nel ‘97 erano già scese a 2.900, lo scorso anno 1.705. Non è un trend in negativo che porta alla chiusura?".

Eppure l’ultimo Piano di ristrutturazione della Fiat è stato salutato come il migliore e descritto come lo strumento che consentirà al Lingotto di uscire dal tunnel della crisi.

Stacchini: "Purtroppo non si racconta la vera realtà e si sta anestetizzando il problema Fiat, che continua ad essere grave: dai giornali torinesi, da Ghigo, dalla Bresso e dallo stesso Chiamparino non giungono più prese di posizione chiare e all’altezza della serietà del problema. Anche per i sindaci della cintura la questione Fiat si sta risolvendo, ma in quel silenzio caratteristico del ‘non disturbate il manovratore’".

Perché il Piano Morchio non va bene alla Fiom? Stacchini: "E’ quasi la fotocopia dei primi tre di Cantarella, Boschetti e Galateri-Barberis, colpisce duramente l’occupazione, punta su modelli che giungono già in ritardo rispetto alla concorrenza e non gioca come dovrebbe le sue carte nel segmento dove la Fiat, storicamente, è brava a costruire macchine medio-piccole e ne vende centinaia di migliaia di esemplari. Mi chiedo: perché solo il restyling della Punto? Occorreva uscire adesso con una nuova Punto per aggredire il mercato e rubare quote alla concorrenza. Ancora: la Stilo non ha incontrato molto il gusto del pubblico anche se è una buona vettura, la Fiat prevede di far uscire la Stilo 2 nel 2006 e oltre, intanto le case straniere la faranno da padrone in quel settore".

Stacchini aggiunge che il Piano Morchio non investe nella ricerca per l’innovazione del prodotto: "Siamo al 30% rispetto alle case europee. Cito un esempio: la ricerca sull’auto ibrida (benzina e metano) è ferma. La Fiat ha un solo modello, la Multipla, e per i prossimi due anni vi sarà solo la Multipla. Gli altri in Europa invece galoppano in questo settore".

Rivalta, 21.000 dipendenti negli Anni ‘70, ha ancora 170 operai che producono pezzi di lastratura per la Lancia Thesis e la Lybra. Non sono stati trasferiti a Mirafiori perché lo spostamento dei macchinari è troppo costoso.

Tom Dealessandri, assessore al Lavoro del Comune di Torino, è prudente

"Il buio è meno pesto, ma non siamo ancora nella luce"

SOMMARIO: Si è pagato un grosso prezzo in termini occupazionali. "Qualcosa di buono è stato fatto, ma il futuro resta incerto"

Tom Dealessandri di Cercenasco è assessore al Lavoro e Sviluppo del Comune di Torino ed in questa veste ha seguito tutte le più recenti travagliate vicende dell’azienda della famiglia Agnelli. Un punto di osservazione, il suo, prezioso anche perché ha operato per quasi 25 anni dentro la Fiat, prima come dipendente e poi come sindacalista Cisl.

La crisi Fiat un anno dopo. A che punto è la notte? Siamo all’alba di un nuovo giorno?

"La Fiat continua ad essere in crisi e le sue difficoltà devono essere ancora superate. Tuttavia, rispetto all’anno scorso, c’è almeno qualcosa su cui scommettere, oltre al fatto che il Piano di risanamento comincia ad avere i suoi effetti".

Dunque lei è prudentemente ottimista.

"La cosa più destabilizzante del sistema non era solo il calo della produzione, ma la crisi finanziaria e i conti sostanzialmente fuori controllo, che rendevano l’azienda veramente sul rischio del crollo. Oggi la situazione mi pare migliore sia perché sono in arrivo nuovi modelli, sia perché l’indebitamento con le banche è sceso grazie alla cessione di Toro Assicurazioni e Avio. Certo tutto questo si è anche ottenuto pagando purtroppo un grosso prezzo in termini di occupazione.

In conclusione possiamo dire che non siamo nella luce, ma non siamo neanche più nel buio pesto. Di fronte abbiamo una strada in salita, molto difficile da percorrere, tanto che oggi non è sicuramente possibile dire se saremo in grado di scollinare".

Come assessore al Lavoro del Comune di Torino in quanti casi e quali modi è dovuto intervenire in questi ultimi 12 mesi a seguito della crisi Fiat (a livello aziendale, cioè con i vertici Fiat); a livello occupazionale (licenziamenti, casi umani gravi, gente da ricollocare…); a livello politico (con il Governo centrale e le varie Amministrazioni locali)?

"Noi a livello istituzionale abbiamo cercato di mantenere dei rapporti sia con la parte sociale che aziendale. Ma credo anche che abbiamo fatto qualcosa in più, nel senso che abbiamo cercato di indicare delle strade da percorrere, ad esempio insistendo moltissimo su un impegno diretto della famiglia Agnelli nell’azienda e sul ruolo essenziale che la Fiat e l’industria dell’auto deve continuare a giocare nella nostra area.

Dall’altra parte, abbiamo affrontato molti problemi di aziende fallite o che hanno ridotto significativamente il personale. Per cui oltre a gestire queste emergenze abbiamo cercato anche di lavorare per il futuro, guardando alle prospettive che si possono aprire per la costruzione di quello che chiamiamo il Distretto Auto.

In più abbiamo lavorato con Provincia e Regione per premere sul Governo ed ottenere così strumenti più flessibili per agire, dagli ammortizzatori sociali agli interventi di sostegno al reddito, fino alla riqualificazione. Ovviamente con ciò non si sono risolti tutti i problemi, ma si è cercato di fare uno sforzo comune per proteggere i lavoratori. Se la pace sociale non è saltata, con migliaia di lavoratori allontanati, è anche grazie a questi interventi".

Un anno fa dicevi che la politica non poteva lavarsene le mani di fronte alla crisi Fiat. Lo ha fatto? Fino in fondo? Poteva fare di più? Può ancora fare qualcosa?

"Credo che quanto detto prima dimostri che le Amministrazioni locali non se ne sono lavate le mani. Dal punto di vista nazionale certo si poteva fare di più, se si fosse individuata qualche strategia maggiormente efficace a livello di politica del lavoro. Questo ritengo che continui ad essere il buco nero del Paese e che non riguarda solo l’auto. Attualmente lo Stato non ha un progetto di politica industriale; non c’è attenzione né ai fattori produttivi, né ai fattori industriali. Sotto questo profilo si potrebbe e si dovrebbe fare di più, non solo nell’ambito del settore auto".

La Fiat e il territorio. Quali guasti ha causato questa crisi su realtà come il Torinese, a livello occupazionale e produttivo? E’ un danno irreparabile oppure no?

"Per una parte è un danno irreparabile nel senso che questa crisi, pur con tutti gli ammortizzatori sociali, ha causato la perdita di migliaia di posti di lavoro, spesso ricoperti da addetti dotati di competenze elevate. E’ più facile recuperare quote di mercato, che non queste professionalità andate disperse".

Il futuro di Mirafiori, se ha un futuro, a livello produttivo, occupazionale ed edilizio. Chiuderà questo stabilimento?

"Negli ultimi due anni i dipendenti diretti Fiat Auto di Mirafiori, più Rivalta, sono passati da oltre 20.000 a circa 13.000. E’ un prezzo, senza contare neppure l’indotto, che è molto alto. E’ quindi evidente che Mirafiori come area è troppo grande per un numero così basso di lavoratori. Questo è il punto: bisogna studiare le possibili soluzioni in accordo con la Fiat, per sapere che cosa fare di Mirafiori e quale futuro si vuole per questa realtà. Io non penso che chiuderà, ma è evidente che tutto è legato alla tenuta della Fiat ed al fatto che non sia smembrata. Questa impresa non sta in piedi solo con la testa, ma ha bisogno anche di un corpo, ovvero di uno stabilimento che traduca in pratica le idee. Noi siamo perché questo centro abbia anche una piattaforma produttiva di almeno circa 200.000 auto annue prodotte".

TUTTE LE VENDITE FIAT

ottobre 2002 agosto 2003

unità quota unità quota

Totale mercato 190.000 90,100

Gruppo Fiat 54.601 28.6% 27.286 30.3%

Fiat 39.326 20.6% 20.116 22,3%

Alfa romeo 6.415 3.4% 3,583 4%

Lancia 8.860 4.6% 3.587 4%

Altre nazionali 67 0% 18 0%

Tot.Nazionali 54.668 28./% 27.304 30.3%

FIAT A DISTANZA DI UN ANNO: SALTATI 9.170 POSTI DI LAVORO

STABILIMENTO dip.sett.'02 dip.sett. '03

MIRAFIORI 9900 1560

RIVALTA 350 170

ARESE 750 1000

CASSINO 4500 4000

POMIGLIANO 5000 5000

MELFI 5000 5000

TERMINI IMERESE 1900 1500

TOTALE 27400 18230

Fonte: http://www.comitatodilottafiat.com/FIATECOMESE.html

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