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La banca nega il fido, caseificio salvato dai clienti con un'«adozione a distanza»


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Una buona notizia di tanto in tanto, in questi tempi di crisi

GOTTOLENGO (Brescia) — Strozzato dalle banche, in grave crisi di liquidità, ha ri schiato di chiudere il caseifi cio di famiglia, 200 anni di la voro e tradizione alle spalle. Lo ha salvato un sos lanciato ai «Gas» — gruppi di acqui sto solidale — che rappresen tano lo zoccolo duro dei suoi clienti. Così 85 gruppi, quasi mille famiglie distribuite nel le province di Bergamo, Bre scia, Como, Lecco e Milano, hanno comprato in anticipo le forme di grana: un’adozio ne a distanza lunga 36 mesi, il tempo necessario per la sta gionatura del formaggio. Ma soprattutto un esperi mento di finanza dal basso, con i clienti che si sostituisco no alla banche, facendo spal lucce alla crisi. A un anno da quella che sembrava solo una gara di solidarietà, Massimo Tomasoni, 40 anni, proprieta rio con i due fratelli del casei ficio di famiglia, a Gottolen go, tra Brescia e Cremona, ti ra le somme: «Nel mese di marzo il fatturato è cresciuto del 30%, ma in generale abbia mo avuto un incremento del 150%. E i nostri clienti per ef fetto del passaparola sono tri plicati». Un rapporto intensifi cato dalla consegna porta a porta e dal continuo scambio di informazioni con i consu matori.

La storia del caseificio To masoni è singolare. «Ci sia mo convertiti al biologico dal 2000 al 2004, tra le preoccupa zioni dei miei fratelli. E’ anda ta bene, anche se la scelta ha comportato sacrifici: il fattu rato che nel 2003 era di 2,5 milioni, passa a 300mila euro l’anno successivo, per poi ri salire al milione del 2008. Il 45% del prodotto è rivolto ai gruppi «Gas», il resto a distri butori italiani e stranieri». Poi, la crisi: «I prezzi del latte si sono impennati, sono cre sciuti del 25% in pochi mesi. C’erano esposizioni con le banche per un milione e sei centomila euro circa, in parte ipoteche sullo stabilimento e in parte garantiti da pegno sul prodotto. In più avevamo forme di grana in stiva per tre anni: troppi, e quasi 27mi la euro di costi per il magazzi no, perché il formaggio ha bi sogno di stagionare».

Quando i fornitori di latte battono cassa, Tomasoni ve de nero. «Bastava un altro fi do, servivano in tutto 150mi la euro. Ma nessuno degli isti tuti di credito cui mi sono ri volto mi ha dato quei soldi». Non restava che informare i clienti del collasso. In una mail inviata a gennaio dell’an no scorso, Tomasoni fa il pun to: espone i problemi e antici pa che con ogni probabilità non sarà in grado di fornire formaggio a lungo. La prima risposta arriva la sera stessa dell’invio. «Per me è stato il segnale della svolta — dice oggi l’imprenditore — erano spariti tutti, i miei clienti pe rò rispondevano». E adesso che ha comincia to a restituire il prestito ricor da quelle testimonianze di so lidarietà. «Non preoccuparti, studiamo insieme una possi bile soluzione», scrivono da Lecco. E parte, via Internet, il tam-tam per salvare il caseifi cio. «Difficile trovarne un al tro biologico, e ci vuole trop po tempo per convincerne uno tradizionale a diventare biologico», fanno eco gli altri «Gas». Che, convocata una riunione, decidono di finan ziare Tomasoni raccogliendo 110mila euro come anticipo sulle forme di grana. Il resto lo mette una cooperativa fi nanziaria solidale per il mi*crocredito, «Mag2».

Ora che è fuori dalla crisi, Tomasoni, pioniere di questa nuova economia, ne spiega il segreto: «Buon senso e rispet to della persona: io guardo ne gli occhi i miei clienti, non po trei mai truccare il mio for maggio solo per vendere di più». Il risultato Tomasoni lo racconta con un semplice confronto: «Nel 2002 ho ven duto ai "Gas" 6mila euro di formaggi; quest’anno nei pri mi tre giorni di aprile ne ho già incassati 9 mila».

corriere.it

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