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Gm venderà Opel a Magna ? [era: FIAT acquisterà OPEL?]


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ho già illustrato altrove l'essenza del problema, riprovo a sintetizzare in poche righe, che non ho voglia di stare al piccì tutto il pomeriggio...

In USa hanno CHIUSO 25 (ed oltre) impianti. GM (x ora in USA), Ford, Toyota, PSA, Renault-Nissan, Mercedes e compagnia danzante nell'industria automotive hanno tagliato una cifra vicina ai 40 MILA posti nel mondo.

In Italia ancora nulla. Fortunatamente!(?)!!

Ma questi si lamentano senza manco aver visto uno straccio di piano.

Stiamo cantando peana a Napoleone che ha conquistato uno dei fortini di Detroit. Sulla base di quale ipotesi ha sviluppato la tesi efficace per la conquista?

Parafrasando Ramirez che si rivolgeva al giovane ignaro Connor, "ne rimarrà solo uno"; cioè, stante il mercato auto in contrazione nei paesi sviluppati ed in lentissimo aumento nei paesi in via di sviluppo, e stante il fatto che le spinte vs uno "sviluppo sostenibile" indirizzeranno sempre + gli sforzi vs un certo tipo di modello di business, solo pochi grandi gruppi potranno permettersi di avere una strutura di costi tale per far fronte alle mutate condizioni ambientali, ed essere profitevoli in modo tale da continuare ad essere competitivi e quindi mantenere i posti di lavoro!!

Ergo, signori, se oggi il mercato mondiale vale X grazie ai coca-incentivi, il mercato reale varrà X-Y dopodomani, e saranno in tanti a farsi male se non si prendono le dovute contromisure...

Perchè NON C'E' PIU' POSTO PER TUTTI gli addetti di cui sopra.

In Europa siamo abtuati ad essere lentamente scortati dai governi nei cambiamenti di questo genere con prepensionamenti, mobilità, CIG, etc. In altre parti del mondo "so' cazzi tua...".

Possiamo discutere su cosa è meglio o peggio egoisticamente per ognuno di noi, ma rimene un fatto: NON C'E' PIU' POSTO PER TUTTI gli addetti di cui sopra (ripetizione N°1).

Quindi, per slavaguardare l'occupazione dell'80/90% bisogna sacrificarne una percentuale.

L'alternativa?

A) lo stato sovvenziona per l'ennesima volta, in un momento di crisi mai vista globale, un soggetto che è cmq agonizzante. A lungo andare la metastasi peggiora e la si dovrà cmq svendere al primo Gordon Gekko o Edward Lewis che ne fanno pezzetti e le rivendono, con un quinto delle maestranze...

B) lo stato non sovvenziona, ed il 10/20% non sono i "morti", ma i sopravvissuti che verranno tratti in salvo da chi nel mercato ha resistito alla bufera.

Quindi, se in USA hanno chiuso oltre 25 impianti, e rimane nel mondo una notevole sovracapacità produttiva, sarà INEVITABILE che nel breve-medio periodo qualcuno verrà sacrificato.

Per il bene dei più... perchè NON C'E' PIU' POSTO PER TUTTI (rip N°2).

Se non si parte da questi presupposti, e non si capisce che sono 300 anni che l'industria pesante ed il suo mercato sono regolati da questi meccanismi, non ci schiodiamo dai soliti discorsi triti e ritriti.

L'evoluzione tecnologica comporta minore manod'opera. ci sono processi che per ora DEVONO ancora essere conotrollati dall'uomo per fortuna.

Ma se ad una popolazione in aumento si contrappone una contrazione dei posti di lavoro, ed inoltre ci si mette la variabile (non) prevedibile delle crisi economiche si cicliche ma non quantificabili a priori, non è colpa ne dei governi ne delle singole aziende, ne chiaramente tantomeno dei lavoratori.

Perchè, come sempre, alla base, c'è che per stare in piedi un'azienda deve fare utili (anche se pareggia, nel lungo periodo muore), ed il consumatore è sempre + attento alle istanze della competititvità su qualità e prezzi.

Quindi la pressione è doppia. Devi fare prodotti "migliori" e + completi (perchè di fusi e simonepietro ce ne sono sempre di meno) a prezzi sempre + abbordabili.

L'unico sacrificio che non si può chiedere alle aziende è di rinunciare a fare utili... è un suicidio di massa che i lavoratori ideologicizzati non capiranno mai (il salario è una variabile indipendente, diceva uno dei più grandi idioti in malafede del secolo scorso...)

:clap:clap:clap:clap:clap

Io e te abbiamo un po' di dna comune mi sa 8-)

ergo? non ristrutturi e fallisci, così invece di salvaguardare una buona percentuale di impianti e posti, solo un 20% troveranno collocamento altrove.

Il resto a manifestare il primomaggio... :pz

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Ovviamente opto per una visione più sociale anche io ma non demonizzo quanto detto dall'amico, perchè di fatto la realtà quella è e non per scelta squisitamente sua.

Come già detto sono decenni che si sa dove si va a parare.

Il discorso andrebbe affrontato, e risolto, ben "prima" di ogni qualsivoglia "esplicazione" dei concetti: va affrontato prima di esprimere un concetto. Sembrerà farla semplice, ma onestamente ognuno nel proprio piccolo credo sappia che non esiste cosa "senza fine" o che può crescere "all'infinito" senza un "corollario" anch'esso collegato all'infinito.

Allora non si può pretendere che crescano le redditività delle imprese "all'infinito" andando a sostituire le bocche (che mangiano, percepiscono stipendio ma.... spendono pure!) con macchinari, software o cazzi e mazzi, e poi pretendere un'ascesa del consumo all'insù per giustificare gli investimenti e via riparte la giostra.

Il sottoscritto, non laureato e con mestiere da cialtrone, qualche lustro fa diceva che forse forse era ora di pensare a un "fermate il mondo", non per voler scendere, ma per fare un minimo di feedback....in realtà, si è preferito fare all'italiana maniera (ma mai come in questo periodo noi italiani possiamo essere considerati UMANI perchè vedo che anche agli antipodi han fatto le stesse identiche cappelle) ovvero aspettare il morto, E POI CAPIRE che qualche problemino c'era.

Leggo, per brevità, che si ciancia di sindacati, dipendenti e dirigenti... forse forse quel che manca è un minimo di "senso di responsabilità"? Quello stesso senso di responsabilità che la Marcegaglia alla fine vorrebbe dai suoi dipendenti, portandoli a "patire" il rischio di impresa, senza avere in mano manco una vite per poter correggere o sistemare il processo gestionale da cui dipende il rischio o meno d'impresa?

Non è forse necessario che un barlume di responsabilità, o di etica, debba essere proporzionale al grado di responsabilità di chi occupa "alti livelli" nella scala gerarchica? No perchè insomma.... se il manager xyz viene trombato, dopo luculliani stipendi, e va a spasso, avendo comunque accumulato (se non è un coglione, e se lo è bhè se lo è cercato) una discreta provvista, non credo che chi deve la sua disoccupazione all'errore del manager di cui sopra goda della medesima tranquillità, nè abbia goduto:

1. degli agi della posizione

2. della possibilità di scegliere quale strada percorrere per rendere forte o far fallire l'azienda preso cui lavora.

Ora, capisco che oggigiorno avendo la maggioranza degli italiani portato su alti scranni coloro che cianciano di voto cattolico e poi si fan chiedere il divorzio "come fulmin a ciel sereno" forse forse in questo Paese l'intelligenza si è trasferita laddove pulisce lo sciacquone, ma fosse anche solo lo spirito di sopravvivenza si dovrebbe cercare di andare oltre lo steccato, consci del fatto che il culo lo rischia OGNUNO e, visti i tumulti di piazza sempre più frequenti, lo si rischia anche per davvero.

Se poi in questo novello mondo titanic si preferisce pensare che tanto in terza classe c'è chi sta peggio (e chissenefrega) e che la musica suona anche se poi si rischierà il culo tutti, bhè, amen... si salvi chi può, maturando un minimo di intelligenza e forse anche di stronzaggine.

Attenzione però: senza l'acqua non esisterebbe la Ferrarelle... senza la Ferrarelle l'acqua esiste ancora.

firmaboh.jpg

'80 Alfasud 1.2 5m 4p --- '09 147 JTDm Moving

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Analisi come sempre interessantissima e lucidissima, mi trovo solo in disaccordo con questo disprezzo serpeggiante che, nella tua visione totalmente orientata agli interessi dell'azienda, emerge nei confronti della gente/lavoratori/operai che fino all'altro giorno ha contribuito a riempire le tasche di alcuni, ma che ora non servono, anzi rompono... e quindi vanno cestinati. La natura va così, con la nota legge del più forte o della selezione naturale (scegli te), funziona benissimo, è una struttura perfetta efficiente. Io le preferisco un modello però meno perfetto, capitalisticamene parlando, ma più sociale. Per questo capisco bene la tua analisi, ma a mio avviso, in una ristrutturazione di un comparto così grande come quello automobilistico, una società evoluta, non può non porsi seriamente il problema di come ricollocare tante persone che sono vittime di questo cambiamento. Infatti nella tua analisi non contesto la necessità che vi siano tagli sostanziosi al numero degli occupati, se questo è proprio necessario, ma che tu faccia passare coloro che combattono per il proprio lavoro, o coloro che li rappresentano, come ottusi rompicoglioni. Se spesso i sindacati hanno abusato del loro potere facendo errori madornali, altrettanto vero che tanti dirigenti hanno commesso errori di valutazione madornali di cui forse non saranno loro a pagare il prezzo salato. Quindi forse la verità sta nel mezzo e non la si può ridurre ora solo ed esclusivamente ad un mero calcolo di profitti.
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mah... sti tedeschi che sbraitano... alla fine della fiera Opel è di proprietà della GM e quindi sono gli americani che hanno la maggioranza delle azioni e decideranno loro a chi vendere... politici e sindacati tedeschi possono fare il fumo che vogliono ma chi decide è a detroit ihmo...

e con la stessa logica sarebbe FIAT a decidere su Pomigliano.

ma nn mi pare sia stato così facile finora, giusto?

poi ci sono quei 3miliarducci di euro di prestiti agevolati....

Analisi come sempre interessantissima e lucidissima, mi trovo solo in disaccordo con questo disprezzo serpeggiante che, nella tua visione totalmente orientata agli interessi dell'azienda, emerge nei confronti della gente/lavoratori/operai che fino all'altro giorno ha contribuito a riempire le tasche di alcuni, ma che ora non servono, anzi rompono... e quindi vanno cestinati. La natura va così, con la nota legge del più forte o della selezione naturale (scegli te), funziona benissimo, è una struttura perfetta efficiente. Io le preferisco un modello però meno perfetto, capitalisticamene parlando, ma più sociale. Per questo capisco bene la tua analisi, ma a mio avviso, in una ristrutturazione di un comparto così grande come quello automobilistico, una società evoluta, non può non porsi seriamente il problema di come ricollocare tante persone che sono vittime di questo cambiamento. Infatti nella tua analisi non contesto la necessità che vi siano tagli sostanziosi al numero degli occupati, se questo è proprio necessario, ma che tu faccia passare coloro che combattono per il proprio lavoro, o coloro che li rappresentano, come ottusi rompicoglioni. Se spesso i sindacati hanno abusato del loro potere facendo errori madornali, altrettanto vero che tanti dirigenti hanno commesso errori di valutazione madornali di cui forse non saranno loro a pagare il prezzo salato. Quindi forse la verità sta nel mezzo e non la si può ridurre ora solo ed esclusivamente ad un mero calcolo di profitti.

mi permetto di fare da interprete di ACS.

il punto non è fregarsene del destino delle manovalanze e colletti bianchi, il punto è che tirandola per le lunghe, come suol dirsi, il pesce va a male...

cioè, difendere una tesi fuori dal mondo (mantenere intatti i livelli occupazionali) e portare in avanti il momento in cui tale pretesa deve inesorabilmente sparire è ottuso e controproducente.

si dica, quindi: bene, la situazione è X, l'azienda ha bisogno di Y, lo Stato deve fare la sua parte SE nel tempo ha sostenuto l'azienda a mantenere livelli occupazionali/produttivi fuori dalla logica. E CHE TUTTI RICONOSCONO COME FUORI DAL MONDO REALE.

e si faccia in fretta: i sindacalisti in CDA di OPEL non sembrano considerare che ogni giorno comporta una perdita di quota (vista l'incertezza sul futuro) e reddività... e che i motori OPEL sono per la metà FPT. Parlano con disprezzo di FIAT facendo finta di non sapere che se portano la situazione all'esasperazione, potrebbero ritrovarsi con una OPEL più crucca di oggi ma con un listino di soli motori benzina, e poco performanti...

senza dire che gli impianti gpl montati in concessionario si sono rivelati in Italia una tragedia totale...

concludo, tommyb, ricordando che se i dipendenti dei grandi gruppi poi una mano li ricevono sempre, chi si preoccupa anche solo di quelli dell'indotto già senza lavoro?

e di quelli delle piccole aziende?

e dei commercianti stroncati dal crollo dei consumi? per loro bastano pochi mesi di flussi di cassa azzerati e le banche li fanno saltare...

Modificato da luxan

Ciao

Luxan

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Opel è un pantano rischioso che non vale la candela, abitato da gente che non ne vuole sapere di prendere conoscenza della quota geodetica della merda che sta per ricoprirli.... 1,5 milioni di auto in meno in europa (a vantaggio di italiani e francesi) + una bella doccia fredda alla prepotentissima germania per me giovano di piu a tutti.

Fiat piu che indebitata di soldi temo sia indebitata di risorse umane per portare avanti cosi fronti..

Fiat Punto I 55 sx '97

Fiat Punto II restyling 1.2 60cv '04

Toyota Prius V2 '06

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Corriere della Sera - Montezemolo: " E adesso Opel"

Montezemolo: «E adesso Opel, partner ideale di una grande Fiat» - Corriere della Sera

MILANO - E adesso Berlino? «Sarebbe la chiusura del cerchio». Molto oltre non vuole andare, Luca Cordero di Montezemolo. Il dossier è aperto, Sergio Marchionne è al lavoro, è l'amministratore delegato che dopo aver convinto Barack Obama su Chrysler ora tenta il raddoppio con Angela Merkel su Opel. E in Germania le barricate sono già state alzate, la Fiat un pò di paura - anche - la fa, dunque «lasciamo che Sergio si muova come sa». Ovviamente però conferma, il presidente del Lingotto, che la casa tedesca «sarebbe per noi una straordinaria opportunità, sarebbero i nostri partner ideali, nascerebbe un gruppo molto forte».

Neanche il tempo di festeggiare Detroit, avvocato? Non è un pò troppo?

«È una necessità. Guardate: in Fiat noi, tutti, proviamo orgoglio e soddisfazione per l'operazione Chrysler e per le parole del presidente degli Stati Uniti. A me, come presidente del Lingotto, lasci aggiungere l'enorme gratitudine per un management che ha sempre mantenuto le promesse fatte, si trattasse di risultati o di strategie. Però il nostro primo sentimento è l'umiltà. Umiltà e una grande determinazione. Da un mese, da quando Obama ha parlato per la prima volta di noi, siamo sotto la lente del mondo. Lo sappiamo e sappiamo soprattutto che è un'impresa molto difficile, da far tremare i polsi. L'affrontiamo con entusiasmo, ma raddoppiando impegno e lavoro per rafforzare Fiat e risanare Chrysler. È un'occasione irripetibile, ma il lavoro duro inizia adesso».

Avrete brindato, però. Sei anni fa la Fiat andava con il cappello in mano ad Arcore, Paolo Fresco e Gabriele Galateri costretti all'umiliazione. Oggi vi chiama la Casa Bianca. A salvare l'auto americana. «Dico sempre che bisogna guardare avanti. Però sì, qualche volta è giusto anche ricordare da dove si è partiti. E io ricordo molto bene i primi giorni a Torino. Il giovedì mattina ero diventato presidente di Confindustria, la sera morì Umberto Agnelli. Sergio e io ci siamo conosciuti grazie a lui: era stato lui a volerci in consiglio. E il giorno dopo il suo funerale ci siamo ritrovati Sergio a gestire l'azienda, io alla presidenza. Sui giornali del mondo la Fiat era data per fallita».

In effetti lo era.

«Le prime notti non ci abbiamo dormito».

E oggi? L'ha detto lei: già Chrysler fa tremare i polsi...

«Ma oggi partiamo dal lavoro enorme fatto dal management. È con questo che ci siamo creati un punto fondamentale che, se vuole, è il nostro plus: la credibilità. Ed è la credibilità che ha fatto sì che il presidente Obama dicesse di noi quel che ha detto».

È anche però, forse non a caso, un'operazione fatta fuori dal capitalismo di relazione o dei salotti.

«Ma è un'operazione-Paese. Ed è, credo, un orgoglio anche per l'Italia e la sua industria. Gli uomini e le donne della Fiat in questi anni hanno lavorato tornando a occuparsi di auto, fuori dalle stanze della politica. È così che siamo tornati a essere un pò un "ritratto di famiglia" dell'impresa italiana: impresa familiare, privata, grande o piccola non importa, che va per il mondo, raccoglie le sfide, si mette in gioco con i propri prodotti e nient'altro. Al di là dei discorsi sul primo o sul quarto capitalismo, è questa l'Italia delle mille eccellenze. Il manifatturiero è uno dei suoi pilastri, e l'orgoglio è anche una Fiat che traina, con sé, un intero sistema industriale grazie al lavoro duro, di squadra, di tutti: da Sergio Marchionne all'ultimo operaio».

Gli operai, oggi, in America li avrete come soci. Insieme a due governi. Un inedito rapporto pubblico-privato: si potrebbe replicare, in Italia?

«Sono due Paesi, due culture, due situazioni totalmente diverse. Io ho sempre sostenuto la necessità di un forte coinvolgimento dei dipendenti nei risultati delle aziende. Ma la proprietà è un'altra cosa».

Vale anche per eventuali soci pubblici?

«Ho detto prima che il risanamento è stato possibile grazie al gioco di squadra. Nel quale metto le banche, senza il cui appoggio non ce l'avremmo fatta. Ci metto, oggi, gli incentivi al settore che il governo italiano, come tutti gli altri, ha varato per contrastare una crisi mondiale senza precedenti. Ma il punto fermo resta uno: l'aver sentito sempre gli azionisti, prima Ifi-Ifil con Gianluigi Gabetti e ora Exor con John Elkann, dietro di noi. Hanno rischiato, ci hanno creduto e continuano a crederci».

Dicono però che una parte della famiglia Agnelli sia, ora, preoccupata: giusto orgoglio, ma timori per il peso che sta assumendo l'auto. Che patisce la crisi meno di altri, sì, però i debiti sono 6 miliardi e gli unici utili si vedono da Ferrari e Maserati.

«Intanto, Fiat non è solo auto. È camion, trattori, altro ancora. Dopodiché: se guardo agli ultimi due mesi, stiamo reagendo bene alla crisi. In marzo siamo diventati il terzo gruppo più venduto in Germania, e non era mai accaduto. Siamo cresciuti molto in altri Paesi, come la Francia, e abbiamo superato il 9% di quota in Europa. Sulle alleanze, il nostro è un disegno con obiettivi a medio termine. Azionisti preoccupati, dice? Io ho visto grande soddisfazione e grande appoggio. È chiaro che ogni volta che fai un'operazione importante assumi dei rischi. Ma è cambiato tutto, nel mondo. La Fiat da sola forse poteva sopravvivere, certo non essere protagonista. Aver anticipato il cambiamento, aver dato il via ai giochi che comunque scompagineranno gli assetti dell'auto mondiale avrà effetti positivi. Con Chrysler oggi. E con qualcos'altro, spero, nei prossimi mesi».

Se non andasse Opel? Potrebbero essere le attività sudamericane di Gm? O un ritorno su Peugeot? E comunque: si aspettava lo sbarramento tedesco?

«Piano, lasciamo lavorare Sergio. Quel che posso dire è che noi perseguiamo coerentemente una strategia. E poi vediamo. Sappiamo quali sono le nostre carte: ce le giocheremo».

Che cosa direbbe Giovanni Agnelli del tutto e di Chrysler?

«Lui raccontava sempre che quando il nonno, il fondatore, mandò i primi tecnici negli Usa la raccomandazione fu: non cambiate niente, copiate e basta...».

Ora saranno loro a copiare noi, quindi...

«Quindi gli Usa, che sono sempre stati il link dell'Avvocato, sarebbero oggi per lui il sogno che si avvera. L'accordo Chrysler ci apre per la prima volta il più grande mercato di consumo del mondo. Perfetto, spero, per i prodotti che abbiamo: abbiamo lavorato su tecnologia e motori "puliti", ma non abbiamo trascurato il design. Un'auto come la 500 può essere un'icona anche negli Usa».

Con la squadra come farete? Snella e vincente: ma ora basterà?

«Panchina corta, vuol dire? Sappiamo valore e potenzialità di tante persone che ancora non vedete in campo: ne abbiamo molte, pronte ad assumersi responsabilità di primo piano».

Nell'euforia del momento storico abbiamo tutti un pò perso di vista le difficoltà qui. La crisi è tutt'altro che passata, la cassa integrazione c'è ancora, il sindacato chiede garanzie per gli stabilimenti italiani.

«Senza scivolare nel romanticismo, ricordo che Fiat sta per Fabbrica Italiana Automobili Torino. Nemmeno per un secondo abbandoneremo l'impegno verso Torino, l'Italia, i nostri dipendenti. Non siamo diventati americani: il contrario. Bisogna però riconoscere la realtà del momento. Ci sono nodi strutturali che, anche a causa della caduta della domanda, dobbiamo affrontare in modo responsabile insieme al governo e ai sindacati. Poi, non dimentichiamo l'Europa: la Ue si giocherebbe la propria credibilità se assecondasse nazionalismi superati quando, in palio, c'è il futuro di un settore fondamentale come l'auto».

Pensa anche lei che, comunque, il peggio della crisi l'abbiamo già visto, che il fondo sia già stato toccato?

«Sarei molto prudente: rischiamo di alimentare facili ottimismi. Credo che sia rallentata la velocità della discesa, che i primi segnali di risalita ci siano. Ma dobbiamo fare ancora molta attenzione».

L'Italia ha fatto quel che doveva?

«Ci sono questioni che, mi rendo conto, è più facile affrontare dalla tribuna che non dal campo. Ma restano nodi che sono il frutto di decenni di non scelte: il taglio delle spese improduttive, la burocrazia, le pensioni, la sanità. E dobbiamo stare più che mai attenti a che non aumentino i tanti divari. Ricchi e poveri. Nord e Sud. Sarebbe bello se dalle imprese l'intero Paese imparasse il gusto del cambiamento e la voglia di anticiparlo».

Curiosità: con Marchionne, nei giorni caldi di Washington, anche lei parlava via sms?

«Sì. Ma io usavo dieci parole, lui mi rispondeva con una. Io mi firmo Luca, lui "S.". Lo stile di uno che per portarci Chrysler non ha dormito per un mese».

L'ha convinto a farsi almeno questo weekend?

«Ci ho rinunciato: sono partite perse».

Raffaella Polato

03 maggio 2009

"quello che della valle spende in 1 anno di ricerca io lo spendo per disegnare il paraurti della punto." Cit.

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Curiosità: con Marchionne, nei giorni caldi di Washington, anche lei parlava via sms?

«Sì. Ma io usavo dieci parole, lui mi rispondeva con una. Io mi firmo Luca, lui "S.". Lo stile di uno che per portarci Chrysler non ha dormito per un mese».

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il Financial Times di oggi, intervistando Marchionne parla di spin off di fiat auto con una quotazione di una nuova azienda che comprenderà Fiat auto, GM Europe e Chrysler. La nuova azienda chiamata dal FT "super-group" si chiamerà Fiat - Opel e diventerà il secondo guppo al mondo dopo Toyota. sono escluse dall'operazione Ferrari - Maserati, ma a a sorpresa il FT include come effetto collaterale l'acquisizione di Saab.

FT.com / Companies / Automobiles - Fiat plans European car supergroup

Fiat plans European car supergroup

By John Reed and Paul Betts in Monte Carlo

Published: May 3 2009 19:45 | Last updated: May 3 2009 19:45

Sergio Marchionne, Fiat chief executive, is on Monday due to outline plans to transform the global automotive landscape by spinning off Fiat’s core cars division, joining it with Chrysler and General Motors Europe, and creating a new publicly traded European car company.

Mr Marchionne wants Italy’s largest industrial group to separate Fiat Auto from its other divisions, join them with Opel / Vauxhall, Saab, and GM’s other European operations, and Fiat’s stake in Chrysler to create a company with about €80bn ($106bn) of revenues and sales of 6m-7m vehicles a year – second to Toyota, more than Renault / Nissan or Ford Motor, or GM itself, and roughly as many as Volkswagen.

EDITOR’S CHOICE

Fiat’s head is scheduled to present his plan on Monday afternoon in Berlin to Frank-Walter Steinmeier, the German vice-chancellor, Karl-Theodor zu Guttenberg, economy minister, and Klaus Franz, co-chairman of Opel’s supervisory board and head of its works council.

In an interview with the Financial Times, Mr Marchionne said: “From an engineering and industrial point of view, this is a marriage made in heaven”.

He hopes to complete the transaction by the end of May, and list shares of the new company, tentatively called Fiat/Opel, by the end of the summer.

Mr Marchionne said Fiat and Opel would reap synergies of €1bn a year by merging their small B and midsize C segment car platforms, and absorbing Fiat’s ultra-small A platform and Opel’s upper-middle D platform.

If it clears antitrust, political, and other hurdles, the new group would marry GM Europe’s 10 plants, mostly in northern Europe, to Fiat’s 11 – mostly in Italy – to create a pan-continental powerhouse that, with Chrysler, would be a big force in Europe, North America, and Latin America.

Mr Marchionne plans to ask the UK government, and those of other European countries where Fiat and Opel have plants, to offer the new company loan guarantees. GM makes Vauxhall cars at a plant in Ellesmere Port, and vans in Luton.

The new company would see the Agnelli family’s 30 per cent shareholding of Fiat Auto diluted after the spin-off, with GM also a minority shareholder in Fiat/Opel.

Mr Marchionne had spoken of spinning off Fiat Auto from the group’s Iveco trucks, CNH farm and construction equipment, and Ferrari / Maserati luxury divisions as long ago as 2004.

The move marks the opening move in a long-awaited consolidation of an industry in deep crisis, with Mr Marchionne the first car chief to take advantage of heavy state involvement in the sector, and the availability of valuable assets being offered by GM and Chrysler essentially for free.

He said: “It’s an incredibly simple solution to a very thorny problem”.

This follows a week in which Fiat was endorsed by Barack Obama, US president, as Chrysler filed for bankruptcy protection and the two companies signed an alliance that will see Fiat take an initial 20 per cent of the US carmaker when it emerges from “surgical” bankruptcy proceedings.

Fiat’s move could spark further consolidation among competitors, but is likely to face political opposition in Germany, where some trade union and political leaders have voiced opposition to the Italian company. It is also likely to rattle VW by creating a big competitor on its home turf.

Mr Marchionne, who has discussed the plan with GM’s management, will on Monday seek to allay worries in Germany by saying he will close no car assembly plants there, and that Italy will share in any job cuts.

Based on past mergers and the two companies’ size, 8,000-9,000 jobs could be cut across Europe. Fiat Auto employed 39,000 people in Europe and GM Europe 54,500 as at the end of 2008.

Mr Marchionne said he might step down next year as non-executive vice-chairman of UBS. “I can’t do it all, so it’s unlikely that I will stand for re-election at UBS next year.”

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La famiglia ed il cda di domenica pomeriggio, hanno dato il via libera allo spin-off ed al piano di marchionne.

Fiat studia spin-off dell'auto  se va in porto fusione con Opel - Il Sole 24 ORE

Se la fusione con Opel dovesse andare in porto, il Gruppo Fiat è pronto a valutare varie operazioni societarie, compreso lo spin-off di Fiat Group Automobiles in una società quotata che ne unisca le attività con quelle di General

Motors Europe.

Il cda di Fiat riunitosi domenica pomeriggio ha dato dunque pieno appoggio all'ad Sergio Marchionne all'ipotesi dell'integrazione in una nuova società delle attività di Fiat Group Automobiles, inclusa la partecipazione in Chrysler, e di Gm Europe. Se l'operazione verrà finalizzata, si creerebbe un gruppo automobilistico con un fatturato di 80 miliardi di euro. Un colosso che, nei piani del Cda, potrebbe anche approdare in Borsa.

Al termine della riunione il Cda del Lingotto, si legge in una nota, «ha preso atto dei recenti accordi conclusi con la Chrysler. Il consiglio di amministrazione ha dato anche il suo pieno appoggio all'iniziativa che sarà portata avanti nelle prossime settimane dall'Amministratore Delegato, Sergio Marchionne, volta a verificare se vi siano i presupposti per l'integrazione in una nuova società delle attività di Fiat Group Automobiles, inclusa la partecipazione in Chrysler, e di General Motors Europe. Se l'operazione verrà finalizzata, si creerebbe un gruppo automobilistico con un fatturato di circa 80 miliardi di euro».

In questo quadro, «il Gruppo potrebbe valutare varie operazioni societarie, compreso lo spin-off di Fiat Group Automobiles in una società quotata che ne unisca le attività con quelle di General Motors Europe. Obiettivo di tutte queste operazioni è quello di assicurare il miglior sviluppo strategico del settore automobilistico». La decisione del cda Fiat giunge alla vigilia degli incontri che Marchionne avrà nella giornata di lunedì a Berlino con il Governo tedesco per discutere l'operazione Opel.

"quello che della valle spende in 1 anno di ricerca io lo spendo per disegnare il paraurti della punto." Cit.

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