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Alfa: dinamiche aziendali e influenze esterne negli anni '60, '70 e '80


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Questo non poteva avvenire. Significava ammettere quello che è, e cioè che il sabaudo monopolio in fieri veniva minato alle fondamenta dal secondo gruppo mondiale. Che aveva respiro internazionale come a torino ancora se lo sognano anche con mezzo management straniero, che aveva un'elasticità di produzione ed una efficacia di politiche commerciali che OGGI la rete fiat che ha anche ford ci implora di copiare.

Ma soprattutto sarebbero stati slegati da giochi di potere sociopolitici. Quindi questo non poteva accadere.

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adesso non mi fermo più :mrgreen:

ho scoperto il Vaso di Pandora

in 3-5 anni Pomigliano e Arese chiusi con Ford, ACS.....

le vendite all'estero facevano già defecare...scusa.....

AFFARE ALFA - FORD DETROIT HA CHIESTO UN PATTO DI TRE ANNI

Repubblica — 10 agosto 1986 pagina 42 sezione: ECONOMIA

MILANO - Agosto non finirà mai per gli uomini della Finmeccanica e della Ford impegnati nella trattativa per l' Alfa Romeo. Le riunioni tra le due delegazioni andranno avanti infatti a ritmo serrato per tutto il mese sui due tavoli di Roma e Londra, con l' assistenza degli esperti finanziari della Credit Suisse First Boston (per la Finmeccanica) e della Goldman Sachs (per la Ford). Il negoziato, serio e costruttivo, è riuscito a delineare le caratteristiche tecnologiche e industriali del futuro accordo, e a isolare quei punti del piano finanziario su cui le due parti sembrano ancora distanti. Sfogliando il carciofo, ormai si tratta sul "nocciolo duro", l' impegno finanziario chiesto alla Ford e la richiesta degli americani di avere la possibilità, fra tre anni, di riconsiderare la loro presenza in Alfa Romeo, con un eventuale disimpegno. Sono nodi complessi e intrecciati. Per l' Alfa Romeo, il pareggio di bilancio è previsto non prima del 1990. Gli scenari di fronte ai negoziatori sono quindi oggi vari, e dipendenti in ultima analisi dalle scelte di politica industriale e commerciale che verranno fatte: non esiste perciò un "valore" dell' azienda Alfa Romeo in astratto. Ed è questa impostazione che gli italiani stanno cercando di far digerire ai loro colleghi venuti da Detroit: non si deve considerare l' Alfa Romeo solo una azienda che, a livello di gruppo, perde centinaia di miliardi all' anno, ma occorre tener conto del valore che potrà avere in prospettiva, quando potrà essere inserita a pieno titolo in un grande gruppo multinazionale come la Ford, sfruttandone tutte le sinergie. I negoziatori della Ford nicchiano, e avrebbero rilanciato la palla in campo avverso avanzando la richiesta di avere una opzione di ritirata a scadenza triennale. Una richiesta che difficilmente potrebbe essere accettata dagli italiani, visto che andrebbe inevitabilmente a scontrarsi con veti a livello politico. Legate a questi problemi vi sono poi le varie e complesse questioni dell' assetto azionario e della ripartizione, in ultima analisi, dell' onere degli investimenti. E la copertura delle perdite, deve o no essere considerata come investimento? E come deve essere anch' essa ripartita? Ford non vuole dare l' impressione di regalare quattrini all' Alfa, gli italiani devono continuamente fare i conti con la necessità di ottenere alla fine il placet politico su tutta l' operazione. L' impressione è tuttavia che i vertici dell' Iri tengano molto al buon esito di questo negoziato, e che l' ordine di scuderia sia di esplorare e sfruttare tutti gli interstizi possibili di trattativa, senza tuttavia "svendere" l' Alfa: un compito certo non facile con negoziatori duri e decisi come sono quelli della Ford. Se la "commissione finanziaria" è entrata nel vivo degli incontri, le altre due commissioni (il numero iniziale era di sette) stanno dando le ultime pennellate agli aspetti industriali-tecnologici e dell' organizzazione del lavoro. Per la realizzazione dei nuovi prodotti e l' introduzione di tecnologie più moderne è previsto un volume di investimenti di 3.300 miliardi a valori 1986 da distribuire nell' arco di dieci anni, con una ripartizione pressochè uguale tra gli stabilimenti di Arese e Pomigliano. Più che sulla struttura aziendale, l' appeal dell' Alfa sta nel marchio e in alcuni segmenti della gamma dei modelli. Ecco quindi che la Ford è d' accordo sul mantenimento delle attuali tre fasce in cui l' Alfa è presente con i modelli 33, 75 e 90. La novità viene dal previsto, largo impiego del motore boxer sul modelli Alfa e Ford, sia potenziandolo (verrà preparata anche una versione a duemila centimetri cubi) sia adottando soluzioni tecnologicamente avanzate come le quattro valvole per cilindro. In settembre, inoltre, l' Alfa Romeo entrerà nel settore delle medie vetture a gasolio presentando la nuova Alfa 33 diesel. Nelle vetture a benzina, la 33 in questi mesi si è comportata piuttosto bene dal punto di vista delle vendite, assicurandosi una quota di mercato in Italia, nella sua fascia, del 19 per cento a aprile, del 21 a maggio e del 20 a giugno. Rimane tuttavia l' handicap del mercato estero. Oggi l' Alfa Romeo vende prevalentemente in Italia: il mercato interno assorbe tra il 70 e l' 80 per cento della produzione. Su 36 mila Alfa 75 prodotte nei primi sei mesi di quest' anno, per esempio, circa 26 mila (il 72 per cento) sono state vendute in Italia. Su mercati esteri tradizionali l' Alfa ha registrato in questi anni una regressione marcata, che secondo gli esperti della Ford potrà essere tamponata avvalendosi anche della rete commerciale della casa americana per avviare la penetrazione in aree giudicate molto interessanti, come il Nord Europa, gli Stati Uniti, l' Estremo oriente. - di MARINO VARENGO

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:mrgreen: bellissimo..amarcord.

sicuramente c'era chi era fortemente contrario....mi ricordo...molte polemiche.

cmq sia chiaro (per i più giovani) che Alfa era un'azienda FALLITA, io me lo ricordo bene

EDIT: questo articolo di Giorgio Bocca (con cui storicamente sono d'accordo al 20% :lol:) è BELLISSIMO, leggetelo

MEGLIO VIVERE FIAT CHE MORIRE ALFA

Repubblica — 14 luglio 1988 pagina 9 sezione: INCHIESTE

MILANO Gli operai milanesi non hanno ancora digerito la conquista Fiat. E' un sentimento diffuso più politico che sindacale, più civile che di classe contro lo strapotere Fiat mi dice Antoniazzi, segretario regionale della Cisl, un sentimento comprensibile in una fabbrica e in una città di alte tradizioni operaie e tecniche. D' accordo, il sentimento è comprensibile e anche degno del massimo rispetto: in una Milano che resta per molti aspetti capitale morale del paese il cedimento automobilistico ai torinesi può essere visto come una anomalia che lascia il segno, che fa male. Però i milanesi non dovrebbero dimenticare questa doverosa premessa: l' Alfa non era un' azienda sul mercato da comperare o da vendere, l' Alfa era un' azienda finita, alla bancarotta, da sistemare comunque in termini di liquidazione, nazionale o straniera che fosse. Ma questa verità contabile e gestionale nella testa dei milanesi non ci entra proprio. E' innegabile che la Fiat, in fase di trattative, ha fatto ampio uso di promesse e di seduzioni che non aveva alcuna intenzione di mantenere. Se ricordate si mosse di persona persino Cesare Romiti per colloquiare fraternamente alla televisione con gli operai Alfa. Ma un sindacalismo non dico maturo, ma fornito di comune buon senso, avrebbe pur dovuto mettere nel conto un matrimonio meno gradevole del corteggiamento, essendo accertato dai tempi del senatore Agnelli che la Fiat ha sempre acquistato per incorporare non per guarire le aziende decotte e poi per congedarle amorevolmente verso i loro autonomi destini. A sentire certo operaismo deluso, anche fuori dei no sistematici e aprioristici di Democrazia proletaria, qualcuno ad Arese sperava davvero che la Fiat scucisse cinquemila miliardi e poi stesse a guardare la meravigliosa ripresa del glorioso esercito Alfa. Ecco cosa succede a dimenticare la premessa di cui si diceva, la premessa della realtà Alfa, le perdite continue e crescenti, un sindacalismo anarcoide con code terroristiche, costi di produzione proibitivi, progressivo smantellamento dell' apparato assistenziale e distributivo, una clientela sfiduciata, a volte infuriata per la pessima qualità delle ultime automobili, specie della 90. Si sa che un tale disastro può essere attribuito solo in parte minore ai sindacati e agli operai: era sbagliato in partenza il progetto della produzione di massa a Pomigliano, era mediocre o estranea la dirigenza politica. Ma sono cose che possono interessare allo storico dell' industria italiana, non a chi acquista come la Fiat per cambiare radicalmente le cose. Il mondo industriale è ricco di follie e di stupidità, ma una grande azienda che ne compera un' altra lasciandola ai suoi metodi bancarottieri è piuttosto rara e comunque non si chiama Fiat. Dice l' ingegner Vittorio Ghidella, l' uomo della Fiat auto: Nella industria in genere e in quella automobilistica in particolare i piani rigidi sono un forte rischio. Già il tempo fra la progettazione e la produzione è lungo, ma sarebbe stolto andare oltre questo vincolo obbligato. Una grande azienda automobilistica deve agire con prudenza, deve prevedere le mode e i capricci del mercato come i fenomeni recessivi o inflattivi che le piovono addosso dal mondo. Lei, ingegnere crede che siamo alla vigilia di tempi difficili?. Noi sentiamo tuonare da ogni parte, ma non piove. E' un segno buono o cattivo? C' è molta incertezza: il prezzo di alcune materie prime come rame e alluminio sta salendo, quello del petrolio resta basso. Una nuova inflazione porterebbe a una politica di contenimento dei consumi e comunque l' attuale boom delle vendite non continuerà all' infinito. Ciò che vuol dire Ghidella sembra chiaro: se la Fiat è prudente a Torino, perché non dovrebbe esserlo a Milano o a Chivasso? La grande lamentazione milanese sulla integrazione Alfa nella Fiat è comprensibile e degna di rispetto, ma lo sono anche le vedove o gli orfani e non per questo fanno rinascere i loro cari. C' è una domanda realistica che i milanesi hanno tutti i diritti di porsi, almeno per sapere ciò che li attende: la integrazione Alfa consisterà in una divisione delle sue spoglie o nella nascita di una nuova efficiente sezione produttiva Fiat? A giudicare dai fatti, da ciò che si vede nelle fabbriche, nella pubblicità, nella rete distributiva la risposta più credibile è la seconda. Solo che bisogna abituarsi a una concezione meno territoriale, meno provinciale dell' industria e convincersi che un apparato produttivo completamente autonomo all' interno di un gruppo è una contraddizione in termini. Eppure la vecchia civiltà industriale del marchio è dura a morire anche nella testa degli esperti. Di recente un giornalista inglese dopo aver provato una Thema ha detto, con un certo rossore per l' audacia, Scusatemi, ma sulla Thema si sente che è una Lancia e non una Fiat. E invece, piaccia o meno al marketing Lancia che fa gran conto sulle distinzioni psicologiche, la Thema è un Fiat prodotta alla Fiat, indifferentemente a Mirafiori, a Chivasso o Arese. Ed è a giudizio comune e del mercato una delle migliori auto della fascia medio alta. L' amico Antoniazzi mi mostra i progetti di massima delle Alfa per gli anni Novanta che sono un segreto di Pulcinella: la nuova 75 avrà il pianale T 3 della Lancia Prisma e forti interventi Fiat nel motore, nel cambio e nelle sospensioni. La nuova 33 avrà il pianale Fiat T 2 della Tipo e identici interventi Fiat nella meccanica. La 164 turbo benzina viaggia con un motore Thema rinforzato. Una tale integrazione può essere letta in modi diversi: per i milanesi è, se non la fine dell' Alfa, una sua mesta rassegnazione, una sua rinuncia a competere con i rivali tradizionali: la Mercedes, la Bmw, la Volvo. Prospettive poco allegre per chi sta a Milano: o la Fiat rinuncia ai suoi propositi di competere con le grandi case nel mercato medio alto oppure si affida a una joint venture con una di esse. L' ingresso della Deutsche Bank nella Fiat potrebbe essere un segno. Noi diremmo che la scelta fatta, per ora, da Ghidella non appare né trionfalista né rinunciataria, è la scelta di chi vuol provarsi a mettere d' accordo costi e richieste del mercato. Tutti, anche i milanesi, supponiamo, sanno che negli anni passati ogni Alfa venduta era un regalo di quattro milioni a chi la acquistava o comunque un analogo pedaggio per il contribuente. Per le ragioni generali che si sono dette, ma anche perché i bravissimi tecnici Alfa si preoccupavano molto della tecnica e niente della economia e non badavano a spese con uso di materiali preziosi e soprattutto del famoso ponte Dionne che persino Alejandro De Tomaso giudicava un lusso per le sue Maserati di lusso. Ghidella dice: Noi sappiamo che il cliente Alfa non è il cliente Fiat o Lancia. E' un guidatore normale ma con aspirazioni sportive, da quasi corridore. Naturalmente non possiamo dargli auto da 280 chilometri l' ora, però possiamo dargli ottima ripresa, agilità, tenuta di strada, maneggevolezza e tutto ciò che fa una macchina sportiva. Allora quale è il problema? Vedere se è possibile produrre tali automobili a costi meno alti. Noi diciamo che è possibile. Se è possibile, ovviamente, lo si vedrà alle prove di strada e di mercato, ma intanto conviene sapere che oggi la competizione nella fascia medio alta non si fa sui prezzi che sono omologhi attorno ai trenta milioni ma sui costi. Se così stanno le cose la pretesa di fare tutto in casa e di eccepire se un motore invece che essere fatto ad Arese è fatto a Foggia o a Cassino sembra francamente superata. Riuscirà la Fiat a fare dei motori meno costosi e con alte prestazioni? Gli uomini Fiat rispondono: abbiamo fatto la Thema, abbiamo fatto la Delta integrale, faremo anche delle buone Alfa. E poi diciamo che la esterofilia degli italiani è un fenomeno di provincialismo destinato, si spera, a ridursi a più ragionevoli dimensioni. Ci sono italiani per cui solo l' estero è innovativo. Bene, la famosa Golf della Volkswagen è del ' 74, ha i suoi bei quattordici anni di vita; le Mercedes sono andate avanti con gli stessi tipi per decenni e l' apparizione delle 190 ha destato nella sua clientela resistenze e sconcerto; la Bmw ha da vedersela con problemi finanziari e di tenuta di strada; la Volvo vive soprattutto sullo snobismo o sul bisogno di sicurezza che induce ad acquistare un auto-carro armato. Così dicono gli uomini Fiat e si può convenire che la pratica generale di vendere il vecchio per nuovo non contraddice il generale uso del vecchio che funziona. La Uno ha avuto il successo trionfale che ha avuto partendo con il motore della 127 che risaliva a un prototipo vecchio di venti anni. Dove le doglianze dei milanesi mordono nel reale e sono suscettibili di effetti reali è nel rapporto di lavoro. Sapevamo che la Fiat veniva ad Arese con l' intenzione di mettere ordine dice Antoniazzi. Ma non riusciamo a capire e non accettiamo la durezza sistematica nelle relazioni umane e organizzative, la immutabile solfa O mangi di questa minestra o salti dalla finestra. Non capiamo perché la Fiat debba essere più rigida e fiscale della Assolombarda. La Fiat si trincera nel più rigido formalismo. Sì, d' accordo, nello Statuto dei lavoratori non è detto che il delegato di reparto possa spostarsi in altri reparti e affiancare altri delegati. Ma questa è la pratica Alfa, la pratica milanese da anni. La Fiat ha fatto pressioni stringenti sugli impiegati del tipo: o con noi o contro di noi. Molti per quieto vivere hanno dato le dimissioni, altri lo hanno fatto per avere premi e promozioni. Si procede all' assunzione di figli di operai Alfa per creare un rapporto ricattatorio di assoluta dipendenza. E si manda via la gente: sono già usciti dalla fabbrica in 3500 fra prepensionati e dimissioni agevolate. Per la Fiat l' operaio in fabbrica deve lavorare e basta. Le trattative sono nazionli e avvengono a Roma, a Mirafiori o a Arese non si discute. Adesso hanno proposto di agganciare i salari ai profitti e hanno subito ottenuto l' effetto di spaccare il sindacato, comunque ne discuteremo. Gli uomini Fiat rispondono chiaro e duro e se è concesso dirlo ispirato. Credo che parlare come si fa di filosofiat sia riduttivo, la Fiat è qualcosa di più e di diverso da una filosofia, è una religione. Nella sua lunga vita, questa fabbrica di automobili è diventata sempre più simile a un ordine religioso, e se uno entra nei Gesuiti o rispetta le regole dettate da Ignazio di Layola o se ne va, di discutere non se ne parla proprio. In un ordine religioso si entra forse per esercitare la critica, la gestione assembleare, la contestazione più o meno violenta? Certamente no e chi non lo capisce è per gli uomini Fiat un tipo strano prima che un avversario. Gli uomini della Fiat dicono pacatamente ma perentoriamente: i tempi di lavoro sono quelli europei e come chiunque può costatare sono tempi ragionevoli, né asfissianti né ossessivi. Il lavoro operaio è spesso un lavoro stupido? Diteci come si può fare a meno della industria e lo cambieremo. Gli impiegati Alfa erano iscritti in buona parte al sindacato perché il sindacato era il vero padrone della fabbrica. Non è vero che abbiano dato le dimissioni perché controllati dall' azienda, chi vuole può iscriversi al sindacato anche senza passare per l' azienda. Abbiamo chiesto l' osservanza delle regole sindacali e delle leggi, anche perché abbiamo trovato una piena anarchia, nessuno sapeva chi fossero i delegati che spesso si autonominavano e giravano a piacere per la fabbrica. Al processo delle Br Vittorio Alfieri e gli altri della Walter Alasia non hanno chiesto scusa per i morti e per i sequestrati, ma hanno ammesso: ci siamo sbagliati. Bene, vorremmo evitare sbagli del genere. Quest' anno i conti Alfa chiuderanno in pareggio o con una lieve perdita ampiamente compensata dai profitti Lancia. La filosofiat è dura, arcigna, poco simpatica ma sul sistema precedente ha un vantaggio non trascurabile: con lei si sopravvive, con l' altro si crepa. - di GIORGIO BOCCA

Modificato da Matteo B.
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Modificato da ACS

"The great enemy of the truth is very often not the lie -- deliberate, contrived and dishonest -- but the myth -- persistent, persuasive and unrealistic"

(John Fitzgerald Kennedy)

"We are the Borg. Lower your shields and surrender your ships. We will add your biological and technological distinctiveness to our own. Your culture will adapt to service us. Resistance is futile!"

"Everyone is entitled to their own opinion, but not their own facts!"

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apparte svariati strafalcioni come quello sulla Golf che nell'88 aveva già 14 anni (forse Bocca non sapeva che nell'83 era uscita la seconda serie), alcuni dettagli inquietanti che non conoscevo, come quello della pratica ricattatoria delle assunzioni dei figli degli operai, dice tutto il finale.

con Fiat si SOPRAVVIVE. e infatti è da 24 anni che Alfa sopravvive. e credo che continuerà anche nei prossimi anni così. anche perché senza uno stabilimento proprio, non la comprerà nessuno, a meno di non pagare a due lire il marchio.

questo a differenza delle varie Jaguar, Land Rover e Volvo, che le loro fabbriche (e le loro tecnologie) ce le hanno.

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Teo, non ce n'è. Basta vedere come hanno gestito Volvo e Jag, non perdendo quote di mercato e produzione locale (c.v.d), nel tempo, e mantenendo dignità, coerenza e continuità alla filosofia dei marchi pur innovando e sfruttando le sinergie.

Con Land poi sono riusciti dove neanche bmw è riuscita.

Non avranno saranno diventati bmw stessa, ma non sono neanche arrivati al punto in cui siamo noi adesso sotto questi senzaspina.

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Nessuno sta dicendo che Alfa doveva rimanere indipendente. Era si fallita e non c'era altra possibilità che l'acquisizione da parte di un grosso gruppo.

Bocca aveva capito tutto di fiat come entità culturaleconomica, ed un kaiser del mercato auto.

Infatti ha azzeccato cosa ha fatto fiat (eterna follower in mezzo al guado) e nulla di quello che è successo con i competitors.

Da buon italiota servo del potere, di un certo potere. Ed infatti scriveva e scrive tutt'ora sul fogliaccio di cui sopra.

ACSquando arrivi a sti punti (cit) sei in piena FUSIZZAZIONE :mrgreen::§

LA Ford HA BUTTATO UN POZZO di soldi nel PAG, li ha bruciati , è stata costretta a svendere

Tu vuoi* Alfa dei quattro milioni del contribuente ogni Alfa che usciva dalla catena (vedi articolo)

ACS in Fiat han fatto 5000 boiate ma DI FATTO non ci sarebbero state altre strade di profitto....

andava a Ford? faceva la fine di JAg in tempi anche più brevi, perchè meno globale come immagine e più legata a segmenti medio bassi

Modificato da ACS

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** io avevo letto (non so con che verità alla base) che Alfa nella sua storia è stata in attivo solo tra le due guerre-per circa 12-13 anni- e per un periodo degli anni del boom economico)

non so se è vero....

Alfa è stata in attivo sino a quando era presidente Luraghi il quale voleva investire su Arese per potenziarlo ma a Pomicino De Mita servivano voti quindi via Luraghi e viva Pomigliano.

23/07/2012 => Doktoren in Economia Aziendale :-D

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