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Fiat anni '80 - Viaggio fra segreti e aneddoti


PaoloGTC

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Questo "pezzo" si basa sulla visita di un giornalista di Auto alla Sperimentazione Fiat, nel 1987. Lo riporto perchè includeva, a parte una spiegazione su come nasceva a grandi linee un nuovo modello, alcune interviste interessanti con aneddoti d'epoca, nonchè un contatto ravvicinato con una... Tempra.

(le foto a corredo non sono esattamente centrate sul testo, ma sono di repertorio dell'epoca, senza una fonte precisa. Le ho inserite per dare un po' di colore al "mattone" ;) )

Buona lettura.

LA CREAZIONE

Quando una vettura viene “scoperta” su strada, ancora tutta camuffata, vuol dire che sono già passati cinque o sei anni dall'idea iniziale. Una storia segreta, fatta di fatiche e discussioni, ripensamenti e prove continue.

Tutto comincia come una partita di poker. I giocatori, però, hanno tutte carte bianche che solo più tardi si copriranno di semi, tutti di gran valore. Nessuno vuole giocare per primo.

E' in ballo una specie di test, per saggiare la facoltà di ognuno nel prevedere come andrà a finire la partita. Perchè, intendiamoci, la conclusione è prevista tra almeno cinque anni.

Resta inteso che il bluff, risorsa molto temuta nel poker, qui è assolutamente vietato.

Non stiamo parlando, infatti, di una vera quanto costosissima partita a carte: abbiamo solo azzardato una battuta per cercare un paragone con l'antefatto del concepimento di un'automobile.

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Nei giocatori si identificano le funzioni aziendali della Casa. Le loro mosse danno il via a un progetto che coinvolgerà migliaia di persone e decine di altre industrie; non ultima, in ogni caso, l'economia del Paese.

Si ingigantiscono perciò tensione e responsabilità. La nascita di un'automobile contrariamente a quanto la maggior parte delle persone suppone, non coincide con il periodo in cui i giornali diffondono voci e foto – più o meno rubate – dei soliti prototipi vistosamente camuffati.

Tutto ciò non è altro che la conclusione – spesso volontariamente svelata - di una complessa gestazione iniziata cinque o sei anni prima.

La storia è affascinante. Ed è meglio raccontarla senza la scontata enumerazione dei momenti, squisitamente tecnici e universalmente noti, che limiterebbero terribilmente l'economia della vicenda.

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Uno studio accurato - “Quando si parla di automobile, si deve subito identificarla con un fatto industriale – dice l'ingegnere Piergiorgio TronvilleLa produzione artigianale non esiste più. Per diventare un fenomeno di massa, l'auto deve avere un prezzo accettabile. Va da sé che questo si ottiene solo con la produzione industriale di grande serie.

Solo studiando ogni suo componente e assegnandogli una lunga durata nel tempo, se ne può ottimizzare la riuscita con un ovvio, rapido, ammortamento degli investimenti – sempre colossali – impegnati per produrlo.

Tutto si muove per accontentare il cliente, poiché senza di lui non esisterebbe il mercato.

Le nostre industrie, purtroppo, lo hanno intuito con ritardo. Per anni lo scopo fondamentale è stato quello di produrre. Non importava se bene o male. Produrre molto e basta.

Tanto il mercato assorbiva facilmente qualsiasi prodotto. Solo in seguito la concorrenza tradizionale e quella più inquietante, dei giapponesi, hanno chiarito che era indispensabile fare qualcosa di più e di meglio, nell'esclusivo interesse del cliente.

Secondo questa regola, si debbono cambiare solo le cose più evidenti, senza toccare quelle invisibili e sperimentatissime, sinché il progresso tecnologico non ne consigli la sostituzione”.

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Piemontese, 49 anni (all'epoca dell'articolo ovviamente, ndGTC), sposato, tre figli, Tronville è alla Fiat dal 1962.

Nel suo palmares c'è anche la responsabilità del progetto Uno. L'ingegnere non ha difficoltà ad ammettere certi errori della nostra industria automobilistica che si trova ormai, però, in piena e felice ripresa.

Preziosa quindi la sua testimonianza, visto che lui a quel famoso tavolo da poker sedeva già prima, e siede ancora per nuovi e ambiziosi progetti.

La carta giusta – E' arrivato il momento in cui ogni giocatore cerca di lasciare all'altro il rischio di buttare la prima carta. Spetta quasi sempre al Marketing, impegnato con grande anticipo a scoprire quali saranno le categorie che acquisteranno l'auto ancora in embrione, la loro disponibilità economica, il volume che potranno assorbirne.

Altra prerogativa del Marketing, piuttosto ingrata, è la stima dei costi del prodotto e il suo prezzo di vendita che ultimamente, però, è fatto soltanto dall'industria mondiale dell'auto, preoccupata di riuscire a collocare un'offerta che supera abbondantemente la domanda.

La mano passa subito dopo alle Tecnologie.

Debbono valutare i costi altissimi degli impianti, della manodopera e delle materie prime. E' a questo punto che, in linea di massima, si intuisce cosa aspettarsi dalla nuova automobile. Prevederne con un anticipo di almeno cinque anni il Cx (quello proposto adesso apparirà degno di un'astronave), quanto peserà, con quanti passeggeri marcerà, consumando e correndo chissà quanto.

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Sono tutte notizie fumosamente offerte dal nostro particolarissimo cannocchiale puntato sul futuro – sorride Piergiorgio Tronville – e dovremo essere tanto bravi da intuire certe innovazioni tecniche che non sono state ancora inventate, perché il nostro prodotto non nasca già vecchio”.

Ora le Tecnologie buttano la loro seconda carta e decidono se a costruire la nuova vettura sarà l'uomo o il robot.

Stabiliranno, all'incirca, il costo di certi particolari (limitando enormemente l'opera dei progettisti che anni fa avevano invece incarico di realizzare prodotti che, soprattutto, funzionassero) assicurando al costruttore larghi margini di guadagno.

Oggi si debbono inventare auto allettanti che costino però abbastanza poco. Buona parte del gioco è fatta e si può quindi stilare il capitolato di produzione.

La Direzione Prodotto rilancia e raccoglie i suggerimenti di tutti e specie dei Commerciali.

La Tecnica intanto scopre la sua carta, mentre gli Acquisti buttano sul tavolo la loro, comunicando la lista delle ditte esterne che dovranno sperimentare e produrre certi organi che sarebbe antieconomico produrre in casa.

Il mucchio sul tappeto verde è corposo.

NUOVISSIMA OGGI COME TRA DUE ANNI

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Sulla base delle previsioni (Cx, pesi, consumi, prestazioni e prezzi) la mano passa al Centro Stile per preparare i bozzetti della nuova vettura. Perchè, e può apparire strano, anche se dall'inizio della partita è passato più di un anno, nessuno ha mai immaginato la linea della nuova vettura.

Solo ora comincia la ridda dei bozzetti che tutti i giocatori (e il più alto staff della Casa) esaminano con impazienza.

Della miriade di disegni, solo tre o quattro diventano modellini in scala. Che poi, ampiamente modificati, assumono dimensioni reali.

Contemporaneamente si pensa alla meccanica. Si sceglie un motore già esistente, si opta per uno nuovo di zecca o si cerca la via di mezzo.

Al tavolo da gioco, intanto, arriva un personaggio scomodo. E' una specie di arbitro, Responsabile del Prodotto, che esamina il comportamento di ognuno, scartando certe giocate o modificandone altre, pur senza creare rivalità e mantenendo omogeneo il gruppo.

E' un impegno duro – ricorda Tronville, che ha curato il progetto Uno – perché senza creare malumori si deve evitare ciò che farebbe salire i costi di produzione”.

Una riunione dopo l'altra fino ad esserne sfibrati. Ma il piatto è ormai pieno e il prodotto concepito: si può entrare nella prima fase di sperimentazione.

Si fabbricano, a mano, i primi pezzi che passano all'esame dei tecnici. Mancano ancora più di tre anni all'uscita dell'auto ma le battaglie continuano.

E' il momento in cui si analizzano, con più pignoleria, i costi e i tempi. Se qualcuno rilancia troppo in alto, interviene il solito arbitro.

Tanto per avere un'idea, se il primo anno è costato 100, la sperimentazione costerà 1000 e l'attrezzatura 10000.

Fatidico, perciò, il momento in cui la Direzione Tecnica (che ha sperimentato con successo quanto già esistente) dà il benestare per preparare l'attrezzatura di produzione.

D'ora in poi, ogni modifica al progetto deliberato costerebbe cifre da capogiro, oltre che ritardi di mesi o anni all'inizio della produzione, seppure ancora lontanissima.

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Rischio altissimo - “Si definisce una vettura che uscirà tra più di due anni e che il cliente dovrà trovare nuovissima sotto ogni aspetto. Per questo temiamo i saloni dell'auto – rabbrividisce Tronville – ci vanno sicuramente i nostri grandi capi. Noi a Caselle attendiamo trepidanti il ritorno del loro aeroplanino e ci aspettiamo subito burrasca: ci chiederanno di mettere sulla nuova auto le più importanti novità che hanno appena visto, senza preoccuparsi se è già stata deliberata. Così dobbiamo perdere tempo prezioso per le modifiche. Vorrei che i saloni fossero molto più radi” conclude sorridendo.

Certo si tratta di piccole cose, perché tra le Case c'è un tacito scambio di informazioni (non dimentichiamo che lo stesso fornitore lavora per Fiat, per Volkswagen, per Opel o per Mercedes. E certe cosette sono molto simili).

Il ballo è in fase ormai avanzata; ora si fanno gli stampi della carrozzeria con una particolare fresatrice, detta Fenice, che riproduce esattamente le curve matematiche create da uno speciale computer, in tre dimensioni, su un blocco d'acciaio.

E' come se doppiasse una chiave; bisogna pensare che fino a poco tempo fa si facevano i modelli di legno e i carrozzieri ci battevano sopra le lamiere.

Con quali tolleranze è facile immaginare.

Le prove pratiche – E' l'ora della sperimentazione più spinta. Tutti i componenti vengono messi sui banchi di tortura che li provano in gruppo, per favorire i confronti.

Si fanno un gran numero di analisi metalloscopiche. Lo scopo comune è quello di evitare i difetti.

Fino a qualche anno fa era anche accettabile una percentuale di imperfezione del 10 o 20% - continua Tronville – mentre oggi una imprecisione dello 0,1 per mille è inaccettabile, anche perché dovendo anticipare di anni quanto si produce, e dovendo farlo durare a lungo, la perfezione è indispensabile”.

E' interessante vedere quali sono i periodi di vita dei maggiori componenti di una nuova vettura. Il motore, sul quale adesso si concentrano gli sforzi della sperimentazione, può andare avanti – con ovvi aggiornamenti – per 15 e anche per 20 anni. Il telaio e la scocca debbono durare almeno una decina d'anni, prima di subire un radicale mutamento.

La carrozzeria resterà intatta per pochissimo: circa tre anni. Poi subirà un leggero restyling, e un altro dopo altri tre anni.

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Ma i ritocchi non sono obbligatori – spiega Tronville – per la Uno e per la Thema, per esempio, il restyling era già pronto da tempo. Lo abbiamo rimandato perché le vetture tirano talmente bene che è inutile sollecitare il mercato”.

L'ultima smazzata – Ma la partita è in fase conclusiva. Le attrezzature sono già montate. Pronti i robot e i trasferimenti. Sono anche pronti gli allestimenti interni, la scelta dei tessuti per le tappezzerie è quasi ultimata.

I prototipi scendono su strada e partono per i loro itinerari ripetitivi. I collaudatori simulano ognuna delle manovre che il cliente farebbe solo in casi d'emergenza, in modo da assicurare ai futuri guidatori la massima tranquillità.

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Certo i problemi non finiscono mai. Ricordo che al momento di deliberare le sospensioni torcenti posteriori della Uno – conclude Tronville – si era verificata una serie inquietante di rotture ai pezzi sul banco. Su strada, invece, i guai erano minori. Ero talmente agitato che ogni notte avevo gli incubi. Poi, durante uno di questi sogni, rividi il movimento dei bracci al rallentatore e ne individuai il difetto. Al mattino mi precipitai in sala prove e, tanto per fare un tentativo, feci apportare la modifica che avevo visto in sogno.

Funzionò, e quel particolare è diventato un fiore all'occhiello della vettura”.

Mancano ancora centinaia di giorni, alla presentazione ufficiale della vettura, ma la storia diventa ancora più affascinante.

ECCO LA TIPO 3: HO PROVATO L'ABITACOLO

I prototipi sono veri pezzi di bravura.

Fatti a mano, costano quanto una dream car da esposizione. Solo le grandi industrie ne allestiscono molti. Ognuno con caratteristiche anche appena diverse, per saggiare più soluzioni, utili a una migliore riuscita del prodotto.

Chi non può mettere in strada molti prototipi e provarli per anni (qualche volta succede), è risaputo che non offrirà mai un'auto senza problemi.

Tutti, più o meno, sanno come ogni prototipo viene sperimentato. Interminabili prove su strada di ogni genere, in qualsiasi clima.

Marce in acquitrini densi di sale e lunghe soste in camere stagne con umidità al 98% distruggono le preziosissime vetture in meno di 20.000 chilometri.

Ma l'esperienza è eccezionale e le vetture di grande serie ne fanno tesoro.

Passando qualche ora nel misterioso e segreto centro prove e esperienze di una grande azienda (la Fiat, nel nostro caso) in mezzo a tanti prototipi che farebbero la felicità di ogni cronista, si scopre l'esistenza di una nuova Santa Inquisizione che, in raffinate camere di tortura tecnologica, infligge terribili sofferenze a scocche, sospensioni e cuscinetti.

Motori che urlano, porte dilaniate da milioni di aperture e chiusure danno un quadro completo di quanto tradizionalmente si fa.

Accanto alle torture più cruente, sono nati però dei banchi di prova che tentano di sostituirsi all'uomo-collaudatore, anche nelle prove su strada.

Quelle cosiddette di handling o di maneggevolezza – mi spiega l'ingegnere Mauro Palitto, componente della Direzione Tecnica e Sperimentazione Veicolo ; la messa a punto degli elaboratori che simulano le sollecitazioni della marcia su strada è già a buon punto e, in questo momento, ne confrontiamo l'efficienza con i risultati dell'opera di un uomo. A seconda delle prove che debbono affrontare, le vetture hanno attrezzature diverse”.

Incontri a sorpresa – Si vedono automobili con decine di sensori di calore (termocoppie) montati sui freni, sul differenziale o sul cambio.

Ce ne sono altre invece che hanno sensori per controllare l'eventuale torsione della scocca o l'affaticamento del motore e così via.

Questa vettura, per esempio, è attrezzata proprio per le prove di handling” mi dice Palitto.

Romano, tra i quaranta e i cinquanta, affetto da grande e contagiosa passione per l'automobile, l'ingegnere mi concede un grande privilegio.

La vettura attrezzata che mi sta davanti è un prototipo della chiaccheratissima “Tipo 3”, una media di grandi risorse che avrà, ovviamente, motorizzazioni diverse e quasi certamente i marchi Fiat e Lancia, con le solite differenze di allestimenti.

Di certo è una delle cose attualmente più fotografate d'Italia, e provoca nel vostro cronista il classico tuffo al cuore.

(agevoliamo "da catalogo" :mrgreen: un'immagine del probabile soggetto)

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Camuffatissima, è più lunga della Uno ma dà la sensazione di essere molto compatta.

Nell'abitacolo ha un enorme registratore di dati: “E' capace di memorizzarne oltre 150 contemporaneamente – spiega Palitto – e, in questo caso, deve registrare tutte le variazioni che sopporta la vettura sotto la sollecitazione dei diversi angoli di sterzo (per misurarli visivamente, il collaudatore può guardare un cerchio metallico graduato con una lancetta indicatrice, fissato al centro del volante). Il registratore fissa sul nastro se la macchina scodinzola, se e quanto si inclina, quanto ampie sono le escursioni delle sospensioni” dice l'ingegnere.

Vedo che sotto la vettura c'è un braccio snodato che regge un minislick (di circa 5 cm di diametro) che, toccando il terreno, comunica le variazioni di assetto a un apparecchio basato su un reostato.

La tensione dell'impulso viene trasmessa al registratore che ne decifra il valore e lo analizza, memorizzandolo per una successiva elaborazione che avverrà in laboratorio.

Alla base di tutto c'è ancora il collaudatore: “Ma tra due o tre anni – anticipa Palitto – questi rilevamenti saranno effettuati totalmente in sala prova senza necessità di andare su strada”.

La “prova” - Con la scusa di guardare meglio l'apparecchio mi metto al volante della “Tipo 3”. Plancia e strumentazione sono difese da un telo a “sagoma anticurioso”. Ne indovino comunque il profilo, a sviluppo più orizzontale di quanto non detti la moda corrente: quasi certamente la strumentazione sarà totalmente a cristalli liquidi.

(insomma una Tempra SX :D e allora mettiamo un'altra immagine che non riguarda quel giorno ma serve a creare l'atmosfera ;) ).

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La “3” sfoggia un abitacolo talmente spazioso (in rapporto alle sue dimensioni esterne) da suscitare l'immediato confronto con certe grandi vetture di segmento superiore.

Alto il soffitto. Le porte, di dimensioni generose, hanno pannelli di grande semplicità con maniglie e accessori di forma inedita in casa Fiat.

Piuttosto inclinato il parabrezza che, profittando del contenutissimo ingombro della plancia, accresce lo spazio vivibile dei passeggeri.

Il lunotto è molto inclinato e farebbe pensare a quelli in uso sulle due volumi e mezzo; di più non si vede, perché il tutto è protetto da un alettone posticcio.

L'osservazione è stata breve ma sufficiente a intuire quanto avveniristica sia l'impostazione di ogni nuova vettura.

I COLLAUDI FINALI: LA PROVA DELLA VERITA'

Esaurito lo scoop inaspettato, scopriamo i segreti del collaudo, com'era neppure tanti anni fa, con l'aiuto del principe del volante (come lo chiamano i manager della Fiat), al secolo il cavaliere Alberto Rostagno.

Per quasi trent'anni capo collaudatore, ora in pensione ma consulente della Casa per le vetture più impegnative (come la Uno e la Thema Ferrari) il cavalier Alberto è entrato in Fiat “a quindici anni, con i pantaloni corti e pulivo i volanti” racconta lui sorridendo con la classe di un gentiluomo d'altri tempi.

Piemontese sanguigno, Rostagno è stato il pupillo di Carlo Salamano, forse il più famoso dei collaudatori Fiat che si prese il gusto della paternità della messa a punto del miracolo 600.

Ma la fece troppo sottosterzante” critica dopo trentun anni Rostagno.

Salamano godeva dell'amicizia del professor Valletta, quando a Mirafiori la famiglia era piuttosto ristretta e si conoscevano tutti. “Volle la 600 lenta nelle reazioni per evitare guai alla moltitudine di italiani che l'avrebbero avuta, e che non avevano mai guidato prima un'altra auto” ricorda Rostagno e parte a ruota libera in un fiume di aneddoti ed episodi che è un peccato non poter riportare.

Paletti e fil di ferro - “Più di quarant'anni fa, quando i banchi prova non c'erano, si provava esclusivamente su strada. Si usciva con il sedile imbullonato sullo chassis, senza carrozzeria, e si andava su per le rampe di Superga. Ovviamente – continua Rostagno – i materiali, i lubrificanti e le strade di allora accentuavano centinaia di difetti.

I guasti, durante le.... missioni, erano frequenti. Ma siccome allora (come oggi) era un disonore tornare in fabbrica rimorchiati da un'altra auto, facevamo riparazioni di fortuna, con il filo di ferro delle recinzioni e i paletti delle viti delle Langhe”.

Praticamente tutte le vetture nascevano con certi difetti.

A proposito della 125, Rostagno ricorda che fu il capro espiatorio del magico proliferare delle autostrade: “Le vetture di allora non erano mica progettate per marciare al massimo per ore intere. Così si rompevano. Ho percorso centinaia, forse migliaia di volte la Milano-Roma e più ancora la Roma-Napoli dove, nella discesa di Caianello, inesorabilmente si andava fuorigiri.

Le Lancia, che provavano spesso insieme a noi, sbiellavano allegramente. I nostri motori invece resistevano di più ma si affaticavano.

Portavo con me un motorista che prendeva nota delle temperature e del resto. Poi la notte, a Torino, si facevano piccole modifiche e via di nuovo al massimo sino a Napoli.

Al ritorno altre modifiche, o si metteva un motore rinforzato. Così fino a quando la vettura non fu perfetta”.

Ma è anche chiaro, ascoltando il principe, che diventare un buon collaudatore non è facile: “uno può farlo solo se ha il... sedere, per sentire quanto sta avvenendo in ogni organo della vettura e intuire subito l'eventuale modifica da apportare. Noi lo chiamiamo il punto critico” puntualizza Rostagno che ricorda la faticosa messa a punto della X1/9.

Mi faceva rizzare i capelli in testa, quando toglievo il gas in curva. Girava su se stessa come fanno ancora oggi certe BMW. Per farla stare in strada sono stato costretto ad aumentare al massimo la convergenza delle ruote posteriori, sacrificando un poco le prestazioni. Poi la tenuta della vettura diventò proverbiale.

La storia è inversamente simile a quella della 128 coupè. L'avevo messa a punto con molto sovrasterzo in rilascio. Guidarla era un vero piacere. Dalla Direzione Tecnica però mi ammonirono - “Metterai in crisi i guidatori meno esperti” - mi dissero - “modificala”. Così dovetti farla abbondantemente sottosterzante.

Quanto hai dovuto tribolare per eliminare il bello di questa macchina” mi rimproverò allora Paul Frére, all'epoca consulente della Fiat. Lui, da autentico pilota sportivo, gradiva guidare usando molto il gas, ma è giusto che una vettura di grande diffusione abbia uno sterzo molto graduale, che perdoni gli eventuali errori del pilota. Pazienza”.

Senza freni – Gli aneddoti si susseguono a raffica. La Dino, una stupenda vettura tolta precocemente di produzione, nelle prime uscite non voleva saperne di stare in strada.

Andava di qua, poi di là, e mi faceva prendere tanta paura. Mi servì tutta la mia testardaggine. Toccai un poco da una parte e un poco dall'altra e, alla fine, le diedi un assetto di giusto compromesso.

E con la 1100 quasi mi ammazzavo – sorride (beato lui) Rostagno – Scendevo sparato dal Moncenisio imponendomi di non usare il cambio e di fidarmi solo dei freni, per provarli. Ad un tornante il pedale andò giù senza provocare effetti. Non c'erano muri da strusciare. Vidi una stradina che si arrampicava sulla scarpata. Per fortuna riuscii ad imboccarla. Andava in salita e così mi fermai”.

E se si parla di freni, orrore, si apprende che anche certe vetture di nobile pedigrée non ne avevano.

Ricorda la 8V Berlinetta, che vinse una montagna di gare? - mi chiede Rostagno – Andava tanto forte anche perché non c'era verso di frenarla. Mi vengono i brividi se confronto le sue sospensioni con quelle delle sportive attuali”.

Tuoni, pioggia e vento – E di curiosità di collaudo eroiche ne ricorda anche l'ingegner Tronville: “I prototipi della 130, quando arrivavano a 170 all'ora facevano il temporale: le sospensioni posteriori producevano un rumore simile a quello di tuoni, pioggia e vento.

Accorciammo la scocca fino a farla diventare una specie di A112, cambiammo bracci e ammortizzatori ma non accadde nulla. Continuammo le prove, con grande sprezzo del pericolo, sulle stradine intorno a Pinerolo tra mucche e trattori. Viaggiando dentro il baule pensammo di aver individuato la fonte della vibrazione.

Feci appesantire con delle lastre di piombo da quattro chili i bracci delle sospensioni e tornò il sereno. Inutile dire che le vetture di serie ebbero le sospensioni quattro chili più pesanti.

Un'altra volta dovevamo presentare all'ingegner Giacosa, in Germania,il prototipo di un veicolo militare, paracadutabile, piuttosto simile ad un tavolo con le ruote.

Mancavano poche ore quando da Torino arrivò la scatola guida.

La montammo, ma con grande sorpresa vedemmo che per svoltare a destra bisognava girare il volante a sinistra e viceversa.

Salvò la situazione il mio capo collaudatore che, in segreto, si esercitò a guidare con manovre invertite.

Fu così bravo e fece un'esibizione tanto perfetta che nessuno si accorse di nulla.

Ma oggi la figura del collaudatore è diversa. Si tratta di personaggi di enorme pignoleria che si identificano nel cliente più esigente.

Viaggiano alla ricerca dello scricchiolio, del comando poco dolce, del bracciolo troppo morbido.

Una volta, invece, badavano soltanto a far stare in strada la vettura.

Ma tutto cambia, con la nuova filosofia del mercato che esige vetture sempre più soft, più accoglienti e sicure”.

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Tutto cambia, anche nell'auto, si sa. Così la romantica figura dell'uomo-collaudatore che guida notte e giorno, a rotta di collo, prende nuovi aspetti, ma resta comunque importantissima.

Ma – precisa ancora Rostagno – collaudatori si nasce” e lui, benché in pensione, non demorde.

Oltre che studiare per Fiat sta mettendo a punto un suo servosterzo a depressione “rivoluzionario, piccolo e molto economico. Ma è ancora un segreto”.

Fine. Qualcuno sa andare avanti con questa storia di servosterzo? ;)

GTC

"... guarda la libidine sarebbe per il si, ma il pilota dopo il gran premio ha bisogno il suo descanso... e poi è scattata la regola numero due: perlustrazione del pueblo e ricerca de los amigos... ah Ivana, mi raccomando il panta nell'armadio, il pantalone bello diritto. E un po' d'ordine in stanza... see you later!" (Il Dogui, Vacanze di Natale)

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:clap Ogni volta che vedo un thread aperto da PaoloGTC penso ci sia qualcosa di molto interessante. E puntualmente ogni santa volta che entro, riesco ad incantarmi e farmi coinvolgere da tutto ciò che scrive con molto interesse. :clap
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:clap Ogni volta che vedo un thread aperto da PaoloGTC penso ci sia qualcosa di molto interessante. E puntualmente ogni santa volta che entro, riesco ad incantarmi e farmi coinvolgere da tutto ciò che scrive con molto interesse. :clap

Quoto, e dico inoltre che è sempre bello (nonchè culturale) vedersi uno spaccato di come si lavorava e delle idee del passato... Grazie Paolo

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'90 Fiat Tempra 1.4 ('99 - '00) - '96 Fiat Coupé 1.8 16v ('00 - '01)

'92 BMW 316i ('01 - '05) - '03 BMW 318Ci 2.0 16v ('05 - '15)

'09 BMW 320d xDrive ('15 - now)

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bike: special su base Ducati Monster 800S i.e.

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Beh... famoso adesso :D non esageriamo

(grazie per i complimenti qui sopra ragazzi... ma grazie a voi dico io, lo sapete che per me è un piacere)

Scrivere un libro :) beh di mio ci sarebbe solo l'impegno nel mettere tutto assieme, per il resto non avrei molto di "mio" da raccontare... non faccio altro che continuare a pescare da carta vecchia che altri han buttato. :)

Sicuramente mi direbbero che ho prodotto qualcosa col lavoro di altri. ;)

"... guarda la libidine sarebbe per il si, ma il pilota dopo il gran premio ha bisogno il suo descanso... e poi è scattata la regola numero due: perlustrazione del pueblo e ricerca de los amigos... ah Ivana, mi raccomando il panta nell'armadio, il pantalone bello diritto. E un po' d'ordine in stanza... see you later!" (Il Dogui, Vacanze di Natale)

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Beh... famoso adesso :D non esageriamo ..............

Sicuramente mi direbbero che ho prodotto qualcosa col lavoro di altri. ;)

Famoso, famoso ;) (sabato ti racconto)

Beh scusa il 90% dei libri di Auto ed il 99% degli articoli (di storiche) cosa sono??

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Famoso, famoso ;) (sabato ti racconto)

Beh scusa il 90% dei libri di Auto ed il 99% degli articoli (di storiche) cosa sono??

Ussignur. Se ti riferisci al pranzetto di cui mi hai parlato al telefono... spero che sia un "famoso" in senso buono... non che qualcuno mi stia dando la caccia (la TransAm più veloce ora è sul ponte in attesa di marmitta.... non posso scappare lontano con una F-Bird con l'Iron Duke da 90 cv :lol:)

Riguardo i libri... c'hai ragione, vero vero... alla fine è sempre uno scrivere mettendo assieme.

Chissà magari un giorno ne farò uno (visto che non c'è, sulla Tipo... così venderà sicuramente un sacco e siete tutti estasiati)

(e ci sarà un motivo se non c'è 'sto libro :mrgreen: anche se penso che un bel tomo sui retroscena industriali e di concetto del Tipo 2-3 sarebbe interessante...ma bisognerebbe andare mooooolto più a fondo per fare una cosa come dico io :pz)

"... guarda la libidine sarebbe per il si, ma il pilota dopo il gran premio ha bisogno il suo descanso... e poi è scattata la regola numero due: perlustrazione del pueblo e ricerca de los amigos... ah Ivana, mi raccomando il panta nell'armadio, il pantalone bello diritto. E un po' d'ordine in stanza... see you later!" (Il Dogui, Vacanze di Natale)

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Per Paolì, internet è un mezzo che lo ha reso FAMOSO

.....ma non RICCO.

Nel senso che in altri tempi avrebbe potuto scrivere un libro con la raccolta delle sue retrospettive e guadagnare dei bei $$

C'è sempre tempo...parliamone:mrgreen::mrgreen::mrgreen::mrgreen::mrgreen::mrgreen::mrgreen:

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