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Marchionne rilancia Fabbrica Italia "Bisogna superare interessi personali"


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L'ad Fiat a Toronto: «Dialogo costruttivo con tutte le parti»

«La realizzazione del piano Fabbrica Italia è essenziale per assicurare il futuro della base manifatturiera italiana, per renderla più efficiente e competitiva e per favorire nuovo sviluppo». L’amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, cerca consenso intorno al progetto Fabbrica Italia e chiede che vengano accantonati gli interessi personali. Da Toronto, Marchionne non nasconde neanche le proprie preoccupazioni sugli effetti che la crisi della Grecia e del debito in Europa potrebbero avere «sulla ripresa economica globale» ma anche sullo stesso Vecchio Continente che «ancora una volta» rischia di «rimanere indietro rispetto al resto del mondo» in termini di crescita.

Intervenendo alla St. Francis Xavier University, Marchionne mette in evidenza come il piano Fabbrica Italia «punta ad attuare soluzioni definitive alla debolezza del complesso industriale di Fiat in Italia». Il progetto «riduce il numero dei siti manifatturieri in Italia da sei a cinque», portando la capacità a un livello ottimale: questo «è l’unico modo per garantire un futuro solido per Fiat e per la sua base manifatturiera in Italia». «Quello di cui abbiamo bisogno è superare gli interessi personali: ritengo che un dialogo costruttivo sia necessario e possibile. Soluzioni accettabili possono essere trovate. Ma è necessario che tutti quelli coinvolti si sentano parte del processo e nel trovare una soluzione piuttosto che creare ostacoli lungo la strada. Per questo motivo abbiamo chiesto ai sindacati di rinegoziare accordi con non sono più adeguati» con le attuali esigenze. Ci auguriamo che l’Italia diventi esempio di come il cambiamento può essere raggiunto con successo».

Per quanto riguarda l’alleanza con Chrysler, Marchionne sottolinea che i destini delle due società sono «inestricabili» e ribadisce gli obiettivi fissati nel piano industriale di novembre. A margine dell’intervento alla National Dinner dell’università di Toronto, scelta per studiare da suo figlio Alessio, Marchionne si mostra possibilista sull’eventualità di un ritorno in Borsa della casa automobilistica americana nel 2011. «I risultati ottenuti nel primo trimestre 2010 - aggiunge Marchionne - sono una prova evidente del fatto che i target 2010 sono raggiungibili». Nel corso del suo intervento si sofferma anche sull’attuale crisi europea. Ammettendo di essere tornato sui propri passi e di ritenere che situazioni eccezionali, come quelle create dalla crisi 2008, richiedano risposte eccezionali, come l’intervento dei governi, Marchionne osserva che in Europa con la crisi della Grecia è stato riproposto lo stesso modello di interventi pubblici tentato con l’industria automobilistica, «quando ogni stato membro ha seguito il proprio corso, fornendo in alcuni casi aiuti diretti alle case automobilistiche nazionali».

Alcuni hanno lamentato - spiega Marchionne - che senza aiuti ad Atene si sarebbe potuta scatenare una serie catastrofica di eventi. Il processo per raggiungere un accordo sul pacchetto di salvataggio «è stato caratterizzato da incertezza e nazionalismo. Anche il piano salva-euro si è scontrato con riluttanza e divisioni. Se questo piano risolverà i problemi strutturali che l’Europa si trova ad affrontare non è ancora chiaro. I segnali sono contrastanti e alcuni di questi non lasciano spazio all’ottimismo. Come industriale ho molti timori». Per quelli che credono «in una maggiore integrazione europea, la crisi greca è un’opportunità per spingere l’agenda. Il sogno europeo è nato dall’ambizione di creare un futuro solido e unito per l’Europa. Abbiamo davanti a noi uno di quei momenti in cui il carattere, l’audacia e la visione dei leader può cambiare la direzione in cui i paesi si stanno muovendo e la storia. Stiamo per imparare a quanta sovranità ogni singola nazione europea è disposta a rinunciare per andare avanti verso una piena integrazione economica e politica».

La Stampa 21 magio 2010

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