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Marchionne: "Senza l'Italia"


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I più attivi nella discussione

I più attivi nella discussione

Io parlo di cambiare ancora di più. Ovvio che continuare a saltare di azienda in azienda non si risolverà mai nulla perchè a meno di non trovare un datore di lavoro buon samaritano ci sarà sempre poco da fare :roll:

Accanto a me in campagna è sorta una piccola azienda agricola biologica-biodinamica e sai chi sono i proprietari?Un informatico e la moglie laureata in biotecnologie :roll: stufi di essere vessati da aziende che li trattavano come cassieri del CRAI e pagare cifre astronomiche per vivere in quella topaia sporca che è Milano.Sono scemi?Hanno buttato via la loro vita? Secondo me hanno fatto un affare ma la cosa è soggettiva, di certo l'unica via non è solo ed unicamente attico in centro+SUV+managgggger ;)

Io ribadisco che piuttosto di stare a piedi e girare a zonzo forse bisogna avere il coraggio di rimettersi in gioco e re-inventarsi completamente ;) il mio gelataio sotto casa fino a 6 mesi fa era un'agente immobiliare :lol: ha perso il lavoro,è uscito dal giro e si è rimesso in gioco ;) Scemo? Anche qui secondo me no, anche perchè in una Estate ha già 2 dipendenti.Molta altra gente starebbe lì a crepare di ulcera per "rientrare nel giro" solo perchè noi italiani abbiamo questa visione che "questo abbiamo iniziato e questo faremo tutta la vita".Non che gli USA siano un esempio da seguire per forza, ma loro questa visione ottusa non ce l'hanno

Ti quoto in pieno!! Tra l'altro mi ritrovo anch'io in una situazione analoga, ma meditando una "via d'uscita"!

Il problema dell'italia è che si è persa la dignità del lavoro.

Negli anni 60-70 e anche 80 la posizione nel lavoro era più sentita. Ossia il meccanico era fiero di essere meccanico perchè riusciva a riparare le auto, dando un servizio alla gente. Ed era considerato un "mago" perchè con la sua abilità risolveva i problemi, che per i comuni mortali erano irrisolvibili. E più una persona era brava più era considerata, più uno era bravo più lavorava e più gli riconoscevano.

Invece oggi tutti i lavori sono considerati m@rda, vuoi perchè non sono sottopagati, vuoi perchè la tv degli anni 80 ha incultato nella testa che per essere fighi bisogna lavorare a wall street etc.

E forse anche noi e/o i nostri genitore hanno "sbagliato", perchè bisognava diplomarsi, poi laurearsi andare a fare lavori sempre più in alto nella "vecchia" classe sociale. Col risultato che oggi non c'è più una distribuzione piramidale nella società o cmq all'interno delle azienda, ma anzi è una piramide rovesciata, dove il vertica in basso rappresenta il Fantozzi di turno che lavora 2000 ore al mese e guadagna un cazzo, mentre sopra ci stanno tutti i buffoni rappresentanti, commerciali dirigenti che, seppur vendendo aria fritta, guadagnano un botto!!

E' questo che bisogna cambiare in italia, bisogna ridare dignità ad ogni lavoro!

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forse che oltre ai 1200 euro in mese le aziende metalmeccaniche ti offrono anche una tutela sindacale che il grosso delle piccole (quasi tutte) non ti offrono?

è cosa ben diversa essere dipendente in un'impresa fino a 15 dipendenti o esserlo alla Fiat.

il che poi è una sonora ingiustizia, perché in una hai anche troppi diritti, e anzi la parola privilegio non è del tutto inappropriata :), in un'altra praticamente zero. chiaro che tutti preferirebbero trovarsi nella prima situazione che non nella seconda, io per primo...

e qui torniamo al discorso SCELTE POLITICHE, che non riguardano solo i politici, ma tutti i soggetti politici, e quindi anche sindacati e confederazioni: avere il coraggio di cambiare le leggi sul lavoro.

La sai qual'è la cosa "comica" (per non spararsi immediatamente)...che tutti lottano per non cedere sui diritti...e non si accorgono che c'è un'intera categoria di lavoratori che non ha diritti. Nel rispetto della legge.

Si lotta per mantenere i diritti di chi ha 50 anni, a scapito dei loro figli.

E più ci si arrocca a difendere i primi, più si dà l'alibi per tartassare i secondi. Bella merda. "ma tanto sono giovani"....e già....

Cmq, concordo con chi dice che non bisogna limitarsi al proprio settore (ne sono un esempio, come potrei dire diversamente?)

Concordo anche col fatto che bisogna ri-dare nobiltà al lavoro manuale. Se fai l'idraulico, non è che sei necessariamente uno zotico (come viene dipinto nei film "impegnati" nostrani).

E spingere quindi sull'istruzione superiore professionalizzante per coloro che non vogliono /non possono fare l'università. Se poi uno vuole continuare....può anche benissimo farlo uscendo dall'ITIS. Ma se non vuole continuare, almeno ha in mano qualcosa.

Ho solo però una domanda per quello che si lamentano che non trovano nessuno. Se un 19-enne bussa alla porta di un falegname o un pasticcere, con voglia di lavorare e imparare, questo, me lo assume con regolare contratto da apprendista, riconoscendogli il lavoro e compensando la minore retribuzione insegnandoli sul serio il mestiere?

Perchè in troppi casi si lamenta la scarsità di figure altamente specializzate....ma morire a trovare quelli che investono tempo per crearle. Devi essere già specializzato. Come e dove sono problemi tuoi........

grande verità, così come andrebbe abolito il valore legale della Laurea.....vero imbroglio italiano....

Dove devo firmare? Magari aggiungi anche l'abolizione degli ordini....così mi levo dalle palle l'esame di stato da ingegnere!

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Some critics have complained that the 4C lacks luxury. To me, complaining about lack of luxury in a sports car is akin to complaining that a supermodel lacks a mustache.

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lo so, infatti la mia scelta è stata quella del lavoro "vero" (come ho specificato nel mio post precedente).

tuttavia se è vero che non tutti possono fare i ricercatori.. perchè allora è consentito farlo? perchè la maggiorranza delle facolta non sono a numero chiuso? perchè ogni anno si laureano mille mila avvocati? eh, chiediamoci anche questo.... 10.000 facoltà e corsi di laurea, università nate ovunque anche in città da neanche 60.000 abitanti, è normale se poi la forza lavoro si dissipa in modo improduttivo

Semplice, perchè hanno tagliato tutti i fondi all'università, e per mantenersi si basano sulle rette degli iscritti!

Lo scandalo è che non si possono licenziare le miriadi di tecnici-amministrativi strapagati e nullafacenti all'interno delle università! E anche che i ricercatori una volta assunti non possono essere licenziati, se cazzari.

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Veramente con le riforma universitaria la figura del ricercatore é stata abolita.....

comunque sfaterei anche un pochino tutto questo lavoro semi-artigianale disponibile.

Un cugino di mia moglie ( prov. di Venezia ) pur essendo disposto più o meno ad ogni lavoro, non trova nulla ( formazione III media )

Archepensevoli spanciasentire Socing.

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Un cugino di mia moglie ( prov. di Venezia ) pur essendo disposto più o meno ad ogni lavoro, non trova nulla ( formazione III media )

ok, questa crisi ha peggiorato tutto (e me ne sono accorto pure io)...

tuttavia qui al Nord il fenomeno dei lavori "non affatto male" snobbati dagli italiani perchè alla fine sei sporco di farina/grasso lubr./segatura di legno ecc.. era realtà "reale"

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La sai qual'è la cosa "comica" (per non spararsi immediatamente)...che tutti lottano per non cedere sui diritti...e non si accorgono che c'è un'intera categoria di lavoratori che non ha diritti. Nel rispetto della legge.

Si lotta per mantenere i diritti di chi ha 50 anni, a scapito dei loro figli.

E più ci si arrocca a difendere i primi, più si dà l'alibi per tartassare i secondi. Bella merda. "ma tanto sono giovani"....e già....

Condivido in toto...anche perché dando più soldi ai giovani e non tenendoli nel limbo di stage reiterati per anni si mette in moto un circolo vizioso sui consumi, perché un giovane se ha un pò di soldi o si sposa e mette su casa (cosa che da stagisti non si può fare perché non ti "accendono" il mutuo creando nuovi soldi che circolano) o li "sperperano" con divertimenti.

Vi porto l'esempio di un amico che lavoora presso uno studio commercialista che prende 500€ al mese, se prendesse anche solo 1000€ la sua vita cambierebbe completamente potendo ad esempio andare a sciare più spesso, uscire la sera per mangiare la pizza con gli amici o andare al cinema o altro.... al commercialista cosa se ne fa di quei 6'000€ in più? Dici che a 65 anni va di più al cinema...li accumulerà inutilmente come ha fatto per anni e anni visto che non ha figli e non si concede mai un vizio...

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Il mio sito "Gruppo Hainz": http://www.gruppohainz.it - I miei articoli su Automotivespace http://www.automotivespace.it/author/enzo/ - E quando ci sarà il nuovo sito di Autopareri anche su http://www.autopareri.com - I video del salone di Ginevra 2012 http://www.youtube.com/playlist?list=PL7CA738888644DB9

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Questo é esattamente come avevo inteso io le dichiarazioni di Marchionne...

"Fiat non divida la politica"

Marcegaglia difende Marchionne

Il confronto su Fiat, anche dopo le parole dell'ad Sergio Marchionne, "non deve diventare motivo di scontro e di divisione politica". Lo ha detto la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia. Per la leader degli industriali la trattativa deve essere "motivo per unire le forze, affrontare i problemi di produttività di cui soffrono le imprese italiane".

C_0_articolo_494280_listatakes_itemTake_0_immaginetake.jpg"Mi sembra che la cosa da dire è: Fiat, la famiglia, John Elkann, Marchionne, non hanno affatto detto che intendono lasciare l'Italia - sottolinea la presidente di Confindustria -. Se un imprenditore decide di lasciare e chiudere gli stabilimenti non va in televisione, li chiude e basta".

"Mi è sembrato che l'appello di Marchionne sia un appello a guardare i problemi dell'Italia, i problemi di competitività e produttività, dei quali parliamo spesso e da molto tempo. Quindi mi è sembrato più un appello a cercare di risolvere i problemi italiani, che sono effettivi". Problemi "veri".

Il gap per le imprese italiane "è un dato tecnico e non riguarda solo la Fiat ma tutte le aziende". Emma Marcegaglia ha parlato a Napoli a margine dell'iniziativa ''Orientagiovani''di Confindustria".

Fonte TGCom

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Oggi su LaStampa:

Fiat, l'Italia si autoassolve

e non discute

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MARIO DEAGLIO

Negli ultimi due giorni gli italiani - e in particolare la classe politica italiana - sono stati sottoposti a quello che si può definire uno choc da globalizzazione; e complessivamente non hanno gradito. La globalizzazione, però, pur con alti e bassi, resta e l’Italia - che agli italiani piaccia o no - è costretta a viverci dentro, nel senso che il Paese, come parte dell’Europa, deve guadagnarsi il pane in un mondo globalizzato vendendo i suoi prodotti in competizione con altri Paesi per acquistare nel resto del mondo ciò di cui ha bisogno.

E’ questo il senso del «ciclone Marchionne», ossia della risposta alle dichiarazioni dell’amministratore delegato della Fiat (e dell’americana Chrysler) nel corso di un programma televisivo domenicale e delle amplissime ripercussioni che hanno riempito la giornata politica di ieri.

Marchionne non è certo un diplomatico e ha detto, con la chiarezza un po’ rude che caratterizza i nove decimi dell’umanità, cose assolutamente vere e sgradevoli che gli italiani in cuor loro già sanno ma spesso preferirebbero non sentire: che l’Italia è diventata un Paese inefficiente e non competitivo, che l’organizzazione del lavoro permette in certi casi l’assenteismo di massa, che le fabbriche italiane della Fiat non contribuiscono neppure per un euro all’utile del gruppo.

Con un raro miracolo Marchionne è così riuscito a mettere quasi tutto il mondo politico d’accordo in un rigetto viscerale. Il presidente della Camera Gianfranco Fini ha dichiarato che si vede che Marchionne è più canadese che italiano; Pierluigi Bersani, segretario del Pd, ha detto che non possiamo diventare cinesi; il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi ha affermato che l’Italia sta già facendo quello che deve fare; il leader di Italia dei Valori Antonio Di Pietro ha definito «offensive» e «indegne» le parole di Marchionne; Nichi Vendola, portavoce nazionale di Sinistra Ecologia e Libertà, l’ha invitato a fare autocritica e ha accusato la Fiat di non aver prodotto niente di innovativo.

In vario modo e con varie sfumature, buona parte dell’Italia ufficiale si autoassolve, non argomenta, al massimo ricorda pesantemente gli aiuti dello Stato alla Fiat, che peraltro sono stati un fattore comune della politica industriale dei Paesi ricchi durante la crisi degli ultimi due anni, in Italia sono stati inferiori alla media europea e comunque hanno riguardato tutte le auto vendute in Italia e non solo quelle qui fabbricate. Ci si è rifugiati in un’italianità di maniera, come i bambini convinti che il mondo esterno smetta di esistere se loro chiudono gli occhi.

Da quasi tutte le parti si è preferita l’invettiva, più o meno aperta, alla discussione. E’ mancato, insomma, un confronto critico. In particolare, in un caso purtroppo non infrequente di «cecità mediatica» che distrugge le sfumature delle notizie, si sono del tutto trascurate le parti «positive» dell’intervento del leader della Fiat che, tutto sommato, dovrebbero sembrare interessanti come la promessa (l’impegno?) di investimenti cospicui, di salari a livello europeo, di un rilancio a livello mondiale.

Marchionne può aver esagerato puntando i suoi riflettori soltanto sulle fabbriche italiane, trascurando il «cervello» della Fiat che continua a essere italiano in misura molto larga: centri di ricerca, progettazione, uffici che si occupano di strategia, amministrazione, programmazione e quant’altro certamente contribuiscono - e molto - agli utili aziendali. Ha però messo il dito sulla piaga quando ha segnalato il divario di produttività con gli altri Paesi; la causa da lui indicata - essenzialmente il sistema di relazioni industriali che non permette di trarre dalle fabbriche tutte le loro potenzialità - può non essere l’unica ma dovrebbe costituire l’oggetto di una discussione pacata e attenta. Altri possibili motivi di ritardo, legati al territorio, all’apparato legislativo, alla tassazione non andrebbero trascurati. Lo stesso ruolo dell’azienda può essere serenamente oggetto di discussione; ma proprio la serenità è la parola chiave, ed è proprio la serenità che pare mancare oggi. Per cui il tono delle discussioni si alza e la loro qualità si abbassa.

E intanto, per parafrasare Einaudi, gli imprenditori votano con i piedi. La Stampa ha documentato recentemente la migrazione di centinaia di «aziendine» non già verso Paesi dalla manodopera mal pagata ma verso nazioni vicine all’Italia, come la Svizzera. Molte imprese medie e medio-grandi, pur mantenendo in Italia il loro centro sviluppano all’estero le iniziative nuove. E questo non per «fuggire» ma perché, in caso contrario, andrebbero rapidamente fuori mercato. Di tutto ciò occorre che il Paese prenda atto e discuta con sobrietà.

Fiat, l'Italia si autoassolve e non discute - LASTAMPA.it

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