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Triste anniversario: la morte dell'Avvocato...


Guest DESMO16

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Guest DESMO16

...intervista a C. Romiti..

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Un anno senza avvocato: parla Cesare Romiti

«L’Avvocato? Che fastidio i rimpianti ipocriti

Mi parlò della morte nell’ultimo incontro»

«Le telefonate alle sei del mattino? Aveva troppo rispetto degli altri». «A livello internazionale ci manca moltissimo»

Gianni Agnelli con Cesare Romiti: hanno lavorato insieme per 25 anni (Ansa)

Le telefonate alle sei del mattino? Aveva troppo rispetto degli altri.

Due battute e fotografava un uomo, una storia, una situazione

« A lei ha mai telefonato alle sei di mattina?».

Macché. « Visto? Neanche a me», ride Cesare Romiti bevendo un caffè, «Siamo tra i pochi, pare. Ci ho lavorato insieme, fianco a fianco, 25 anni. E ci crede? Mai una volta che mi abbia telefonato alle sei. Una delle caratteristiche dell'Avvocato era il rispetto per gli altri. Nel dubbio pensava: 'sto poveraccio di Romiti magari è andato a letto all'una.

Eppure, a leggere i giornali, pare che non facesse altro che chiamare tutti alle sei di mattina. Mah...Francamente: una melassa di rimpianti spesso ipocriti. Senza sincerità. Quello che mi dà fastidio è questa sorta di santificazione. L'ho scritto anche a Marella, la moglie. Spiegandole che, con dolore, non sarei andato alla commemorazione ufficiale di una persona che non è quella che ho conosciuto io. L'Avvocato era profondamente un uomo, nel bene e nel male, nei pregi, nei difetti. Un uomo. E certe cose che ho letto in questi giorni credo che gli avrebbero dato fastidio. Spero che lei, Marella, abbia capito. Spero. Ho letto certe confidenze sui sentimenti più intimi... Anche da parte di preti...».

Parla del cardinale Poletto secondo il quale Agnelli è morto "cristianamente e seriamente, da cattolico e da torinese"?

«Beh, insomma... Se c'era un laico, era l'Avvocato. Poi, per carità, non metto in dubbio niente. Ma ha ragione Jas Gawronsky: il "nostro" Agnelli era un laico. Penso che certe cose, poi, siano così private... Quello che conoscevo io era un uomo che aveva pudore per i sentimenti. Quelli degli altri e i propri. Se gli parlavi di qualcosa che lo aveva profondamente addolorato, ti rispondeva: "eh, sì, già, certo... Senta un po', Romiti, quel suo impegno di domani..."».

E cambiava discorso.

«Aveva la testa d'un militare. Non parlava volentieri di ciò che aveva dentro. La retorica di questi giorni! Avevo visto più sincerità nel dolore, anche nei giorni successivi alla morte, in tante persone comuni, impiegati, operai. Quelli che sfilarono per ore alla camera ardente. Ricordo un'intervista televisiva a un operaio. Aveva lavorato alla Fiat non so quanti anni senza aver mai visto l'Avvocato di persona. Ma per lui era comunque una presenza. Sapeva che c'era, che era lì, che era attaccato alla città e alla fabbrica.

E mi dispiace non aver letto servizi che siano andati a scavare lì, nei sentimenti della gente. Per capire quanto manca a loro».

A lei manca?

« Sì. Ricordo l'ultimo incontro con lui. Stava lì, nel suo ufficetto, seduto alla sua scrivania. La gente se lo figurava come un monarca che viveva in chissà quale villa. Aveva invece una bella casa, ma niente di sfarzoso...».

Niente mausolei, galoppatoi, saloni delle feste?

«Per carità: la bella casa di un borghese facoltoso. Mi parlò della morte. Per la prima volta. Serenamente. Ma come sempre con grande pudore».

Parlaste anche di Edoardo, il figlio perduto?

«Era morto da poco, la ferita era aperta...No, non ne parlammo... Eravamo due vecchi ufficiali, con la testa da ufficiali. Questione di educazione».

C'è chi dice fosse un uomo arido.

«No, arido no. Un vecchio ufficiale. Di quelli che si fanno un punto d'onore nel non mostrare cosa provano dentro».

Dica un difetto.

«Certe volte sapeva essere cinico. Se pensava che una persona non fosse più utile all'azienda o alla Juventus, se ne liberava. Era una scelta razionalmente sana. Ma in quei casi poteva anche rimuovere i rapporti personali. Poteva ferire...».

C'è qualcuno al quale pensa che non manchi affatto?

«Beh, sì».

Ad esempio?

«Dovrei darle la risposta più cattiva del mondo».

Cioè?

«Lasciamo perdere».

A Berlusconi, secondo lei, manca?

«Mah...».

Curioso: lo stesso giorno, il 24 gennaio, oggi, si celebra l'anniversario della morte di Agnelli e del battesimo politico di Berlusconi. Due monarchi...

«...molto diversi. Pensi al giorno in cui il Cavaliere ricevette i vertici della Fiat. Li convocò a casa sua ad Arcore, li fece aspettare per ore, arrivò con una Mercedes...Una cosa così l'Avvocato non l'avrebbe fatta mai. Mai e poi mai. Aveva un'altra idea del proprio ruolo e del rispetto per gli altri».

Certo non avevano la stessa idea del potere.

«Agnelli non faceva mai pesare "chi" era lui. Altro stile. Non era un demagogo o un populista, non fingeva di stare "in mezzo alla gente". Non studiava la mossa giusta per sembrare affabile. Se dava la mano a un portiere era perché gli veniva naturale» .

Senza consulenti d'immagine?

«Ma si figuri».

Lifting?

« Per carità: se ne sarebbe vergognato. Non gli sarebbe passato per l'anticamera dell'anticamera dell'anticamera del cervello » .

Non negherà che gli piaceva piacere.

«Molto. Gli piaceva essere abbronzato, vestire con quella sua eleganza naturale...Si divertiva a giocare con la propria immagine. L'orologio sopra il polsino o la cravatta sul pullover li mise per questo: "vediamo quanti mi vengono dietro". Era ricco di autoironia. A New York mise gli occhi su un quadro della collezione di una vedova italiana molto ricca. Le fece sapere che l'avrebbe comprato volentieri. Quella rispose: "dica all'Avvocato che potrei permettermi io di comprare la sua casa, con tutti i suoi quadri e lui stesso dentro". Mica se la prese: ci rideva raccontandolo a tutti » .

Cos'avevano in comune, lui e il Cavaliere?

«Il calcio. Con la differenza che la Juve, finché c'era l'avvocato, era chiamata la Signora. Non mi pare succeda più spesso, oggi».

Mai disegnato, lui, gli schemi agli allenatori?

«Non credo proprio».

Mai inciso un disco?

«Per carità: ascoltare musica, per lui che pure era un uomo colto, era una sofferenza. Non gli piaceva. Non era roba per lui».

Il rapporto col denaro?

«Non ce l'aveva. Era bravissimo, a trattare. Ma il denaro in sé non gli interessava. L'idea che chi aveva più denaro era più meritevole non lo sfiorava».

Insomma, non era un calvinista.

«Assolutamente no».

Vanesio?

«Era troppo ironico con se stesso, per esserlo».

Non pensò mai di entrare in politica?

«Certo che ci pensò. Nel 1976 Ugo La Malfa, che secondo lui era l'unico politico italiano che si poteva votare senza vergognarsi, lo pressava molto. Avrebbe fatto volentieri, questo sì, l'ambasciatore a Washington, anche come garante di quel momento storico in cui cercavano di coinvolgere il Pci».

Comunista pure lui?

«Non scherziamo. Certo, lui non credeva nell'anti-comunismo senza i comunisti».

Nel 2001 chi votò?

«Non lo so. Non gliel'ho mai chiesto. C'è stato un momento in cui lui credette anche che Berlusconi potesse rappresentare una novità. Potrebbe anche aver votato lui».

Pentendosene?

«Mah... All'inizio lo difendeva. Poi il modo in cui Ruggiero fu costretto ad andarsene gli pesò molto. Certo in questo ultimo anno avrebbe avuto molte cose da dire. Sul degrado del Paese, della sua classe dirigente, del senso del bene comune. Non si sarebbe lasciato scappare anche qualche battuta delle sue».

Anche il Berlusca è un battutista.

«Sì sì, ma l'Avvocato era un'altra categoria. Due parole e fotografava un uomo, una storia, una situazione. Agnelli era con la parola ciò che Giannelli è con la penna».

C'è chi dice che, anche se non entrò mai direttamente in politica, lui pure governava nell'ombra facendo preparare a Corso Marconi qualche legge da far votare in Parlamento.

«Non è vero. Un giorno un giornale scrisse che nove ministri erano stati imposti dalla Fiat. Dissi all'Avvocato: non facciamo smentite, se vogliono crederci che ci credano. Ma era una balla. Lobby sì, abbiamo fatto lavoro di lobbying. Ma da qui a scrivere una legge e imporla confondendo gli interessi della Fiat e quelli del Paese...».

Eppure l'Avvocato diceva che ciò che va bene alla Fiat va bene anche al Paese.

«Ripeteva quello che aveva detto Ford della sua impresa e dell'America. La Fiat era davvero una realtà importante che dava la misura anche della salute economica del Paese. Ma certo non faceva confusione».

La corte, però, ce l'aveva anche lui.

«Era un uomo curioso. Curiosissimo. Gli piaceva conoscere tutti quelli che lo interessavano, da Dahrendorf ad Andy Warhol, dal finanziere al calciatore. Faceva mille domande, gli piaceva ascoltare. Gli piacevano le persone stimolanti. Divertenti. Ma la corte come l'intende lei no. Anzi. Odiava gli untuosi».

Mentre Berlusconi...

«Oddio, ho l'impressione che non gli dispiacciano».

Oggi, con quello che vien fuori sulla Parmalat e dintorni, crede che ripeterebbe che "l'investimento meno rischioso è quello in vino: mal che vada invecchia"?

«Credo di sì. Diceva sempre che la gente lo rispettava perché non aveva mai lasciato Torino, non aveva mai lasciato la Fiat, non aveva mai lasciato l'auto. Una sua parola, in questi giorni, sarebbe stata importante. Forse decisiva. A livello internazionale ci manca moltissimo. Più ancora di quanto avremmo immaginato».

http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2004/01_Gennaio/24/intervista_romiti.shtml

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questa mattina ho comperato il corriere e la stampa.... non ho ancora avuto il tempo di aprirli

per chi non lo sappia con la stampa c'è allegato un libro che racconta la storia di agnelli attraverso le proprie interviste al giornale torinese.....

chi fosse interessanto corra....

........

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Ho acquistato la Stampa con allegato il libro, proprio ieri sera. Ho già letto diverse interviste che lasciò l'avvocato in passato. Penso che al di là di molti giudizi negativi che sono stati rivolti a questa persona, ci si debba rendere conto della vera spinta che seppe dare con la Fiat a tutto il paese. E anche se a tanti può essere sembrato "antipatico", non gli si può negare una classe impareggiabile. Sarà difficile trovare altri imprenditori come lui qui in italia, viste le figuracce che stiamo facendo in questi giorni dopo le vicende emiliane.....che ci fanno apparire davanti agli europei come i soliti.....italiani. Mi spiace....

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Credo che insieme a Enzo Ferrari

e a Fellini ,Giovanni Agnelli rappresenti

quell'italia che noi tutti conosciamo,operosa e geniale ,bella e eterna,

che

spesso per comodità e interesse ,certe nazioni europee in particolare la Germania

e la Francia, ne negano l'esistenza,

richiamando i soliti stereotipi mai stati realmente veri.

A un'anno dalla morte però mi sembra che il suo sogno

prosegua

insomma ... in questi ultimi mesi credo che l'italia s'è desta

a fronte di sondaggi che ne sottolineano la crisi e l'involuzione.

Quello che ricordo ,in ogni situazione ,Giovanni Agnelli parlava

dell'Italia ,dell'importanza di raggiungere obbiettivi ,del fatto

che agli italiani nulla era precluso.

Devo aggiungere che essendo Juventino ho anche in questo

caso ricordi fantastici

di uno stile che non è riconscibile in nessun'altra squadra italiana

e che era il suo.

Pur essendo Milanese devo dire che Berlusconi,non me ne voglia ,

non gli tira neanche dietro le ciabatte (frase dialettale)

e dispiace che il suddetto impieghi più tempo per cercare

di distruggerne l'immagine invece di imparare da lui.

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Indubbiamente un grande dell'Italia. Ma anche un uomo. Un uomo che a mio avviso ha solo fatto, umanamente, qualche errore. Un uomo che sapeva valutare le persone ma che paradossalmente ha chiamato al suo fianco qualche persona non all'altezza.

Poche sere fa ho beccato un pezzettino di una breve intervista ad Umberto Agnelli, mi pare fosse su un telegiornale RAI.

Ha detto che Fiat intende tornare alle origini e focalizzarsi nuovamente sui motori, cioè su Fiat Auto, IVECO e CNH.

A mio avviso quel "nuovamente" implica che loro stessi ammettono che su quel fronte si erano un pò rilassati, e cioè che per un certo periodo avevano mollato l'attenzione sul loro core business.

Mentre qua dentro c'è ancora gente che pensa che Fiat non ha sbagliato niente, che non c'è una Fiat in crisi, e che, se crisi c'è, essa derivi dall'esterofilia degli italiani oppure dalle contingenze internazionali o che sia calata dal cielo.

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Copco ha detto

A mio avviso quel "nuovamente" implica che loro stessi ammettono che su quel fronte si erano un pò rilassati

posso assicurarti che qua dentro c'è tanta gente che a ragione

pensa che la crisi ,i risultati negativi sono il risultato di distrazione

di risorse e perciò di un lento e progressivo indebolimento della

azienda nel suo core-business ,e non di incapacità

poi scrivi ancora

Mentre qua dentro c'è ancora gente che pensa che Fiat non ha sbagliato niente, che non c'è una Fiat in crisi, e che, se crisi c'è, essa derivi dall'esterofilia degli italiani oppure dalle contingenze internazionali o che sia calata dal cielo.

questo è vero ,ma guarda posso assicurarti che questa è una reazione

ad altre persone che qua dentro pensano che la Fiat

faccia solo bidoni ,brutte auto ,auto che si guastano

e che stronfi della loro vettura tedesca , godono,per invidia

verso la famiglia più ricca d'italia ,degli insuccessi e delle difficoltà.

Riescono a parlare male anche della Ferrari

e sono aiutati in questo dalla rivista automobilistica che un popolino

piccolo e diviso merita.

credo che comunque siano una razza ,anche se faccio fatica a chiamarla

razza ,in via di estinzione

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Il grande "tycoon" , l'uomo azienda che contraddistingue e da' il la ad un periodo, e' in declino in tutto il mondo. Se si pensa che l'unico che che puo' parzialmente rispondere a tale descrizione e' Guglielmo Cancelli....

Archepensevoli spanciasentire Socing.

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