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Il fallimento del 3+2: parliamone


TurboGimmo

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Le borse di studio basterebbe darle a chi le merita veramente.

Non a gente i cui genitori portano a casa 5mila euro al mese, e li versano oltreconfine facendoli sparire.

Cosi' poi la figlia prende borsa di studio + buono pasto + rimborso treno.

Di questi ne vendono a secchiate.

Vedrete.

[scritto in data 18 Luglio 2013 - Riferito a Jeep Cherokee]

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Le borse di studio basterebbe darle a chi le merita veramente.

Appunto, ma quelle che si danno oggi sono poche, proprio perché guardano altre cose prima del merito.

Volendo premiare il merito, devi redistribuire le borse già disponibili (già in conto pre-riforma) e aggiungerne altre via via meno sostanziose.

Il problema è mantenere una velocità di pensiero che sia superiore alla velocità della macchina.

E NON VALE SOLO NEL RALLY!!! :§

Gli accenti? Usiamoli bene! Gli accenti in italiano

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Appunto, ma quelle che si danno oggi sono poche, proprio perché guardano altre cose prima del merito.

Volendo premiare il merito, devi redistribuire le borse già disponibili (già in conto pre-riforma) e aggiungerne altre via via meno sostanziose.

Vedo che siam concordi.

Speriamo si agisca anche in questa direzione!

Di questi ne vendono a secchiate.

Vedrete.

[scritto in data 18 Luglio 2013 - Riferito a Jeep Cherokee]

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Ma la riforma Bologna in Italia e' stata fatta a pene di segugio, spesso e purtroppo.

Per quanto riguarda la ricerca che citi, se è del 2003, è comunque roba di 9 anni fa, magari le cose intanto sono cambiate.

Certo che fanno spavento certi numeri, soprattutto per chi come me viene da un posto dove esiste, per il dopo diploma, l'Universita' e basta (mentre se non sbaglio in Germania c'e' qualcosa di analogo alle SUP).

Sul fatto che dia fastidio alle Uni, non mi stupisco, visto che porterebbe via clienti.

In Canton Ticino, per esempio, le tasse di iscrizione all'Uni sono doppie rispetto alla SUP, a fronte di un servizio praticamente analogo. Quindi, o pagano troppo gli studenti di Lettere, o pagano troppo poco gli studenti di Ingegneria...

Factum abiit, monumenta manent.
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Ma per studi come ing., ma anche arte, mgmt e altri direi che é una cosa assurda, fare differenze o preferire le uni. Tu pensa solo che un dentista deve studiare 6-7 anni medicina, poi 2 anni specializzazione per fare roba che si impara anche in 3-4 anni. Solo perche devi fare medicina... Roba da matti

Va bene cercare di accorciare il percorso razionalizzando la formazione, però occhio a non esagerare: per ingegneria la strada della laurea secondo me è insostuibile: l'ingegnere non è un ragioniere, che lavora di calcolatrice e matita. Vanta una formazione completa, di ALTO livello, e non dimentichiamoci che ingegneria è una delle 3 colonne dell'università. Da sempre.

Il dentisa è una professione sanitaria che dà il titolo di dottore. Ergo, il percorso è quello di medicina, perché il dentista DEVE possedere competenze tali da saper operare nei principali ambiti della scienza medica, sia perché la professione che svolgerà al 99% della sua carriera ha vasti agganci con la medicina generale, sia perché gli può capitare un'emergenza in cui serve una minima competenza chirurgica, ecc.

Si può discutere su un lieve accorciamento, ma pensare a una formazione dentistica di 3+2 anni, non mi entusiasma.

D'accordo invece su arte, economia aziendale, informatica (non ing. informatica), scienze della comunicazione, ecc.

Il problema è mantenere una velocità di pensiero che sia superiore alla velocità della macchina.

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Va bene cercare di accorciare il percorso razionalizzando la formazione, però occhio a non esagerare: per ingegneria la strada della laurea secondo me è insostuibile: l'ingegnere non è un ragioniere, che lavora di calcolatrice e matita. Vanta una formazione completa, di ALTO livello, e non dimentichiamoci che ingegneria è una delle 3 colonne dell'università. Da sempre.

No: Le facoltá classiche sono teologia, scienze umanistiche(:filosofia, psicologia etc) , legge, medicina. Poi, in un secondo tempo anche la ing. ;)

Il dentisa è una professione sanitaria che dà il titolo di dottore. Ergo, il percorso è quello di medicina, perché il dentista DEVE possedere competenze tali da saper operare nei principali ambiti della scienza medica, sia perché la professione che svolgerà al 99% della sua carriera ha vasti agganci con la medicina generale, sia perché gli può capitare un'emergenza in cui serve una minima competenza chirurgica, ecc.

Esistono dal 1986(!) richieste da parte dei medici e dentisti, delle loro aggregazioni che richiedon un´accorciamento dei studi per la professione del dentista. Come é fatto in america e inghilterra. cioé 5/6 anni. e non quasi 10.

Si può discutere su un lieve accorciamento, ma pensare a una formazione dentistica di 3+2 anni, non mi entusiasma.

Questo é piú che altro un parere. Ha il suo perché ma detto cosi non ha fondamenta. Per di piú se si pensa che il sistema 3+2 corrisponde al Baccalaureo e il diplomato di bologna/sarbonne.
D'accordo invece su arte, economia aziendale, informatica (non ing. informatica), scienze della comunicazione, ecc.

Secondo me e l´esperienza dipende. Se devi p.e. lavorare in campo internazionale su tematiche diritto e tasse (raggioniere internazionale) devi studiare parecchio, se fai il commercialista di sutto casa va bene i tre anni.

T!

Factum abiit, monumenta manent.
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Le 3 facoltà portanti dell'università italiana sono Giurisprudenza, Medicina, Ingegneria. Sono probabilmente le più complesse all'interno dell'ambito del sapere che coprono.

Lettere e filosofia (qui si parla un po' camminando sulle uova, perché tutto è soggettivo) sono generalmente più semplici di legge, e nessuna facoltà scientifica eguaglia la completezza e l'offerta formativa globale di ingegneria.

Teologia? :pen:

Quanto al dentista. Un conto sono 6 anni (e dipende dalla qualità e dalla selezione della formazione che ti offrono certi ambienti), un conto sono 3 di "riassunto di medicina" + 2 di specializzazione. Ripeto, sono favorevole a un accorciamento, se serve a velocizzare l'ingresso nel mondo del lavoro, e soprattutto se si mantiene (o si acquisice) un livello adeguato di istruzione.

Se però serve solo a dequalificare la professione, meglio 8 anni e vera competenza, che 5 e "trapano zoppicante"...

Il problema è mantenere una velocità di pensiero che sia superiore alla velocità della macchina.

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Le 3 facoltà portanti dell'università italiana sono Giurisprudenza, Medicina, Ingegneria. Sono probabilmente le più complesse all'interno dell'ambito del sapere che coprono.

Lettere e filosofia (qui si parla un po' camminando sulle uova, perché tutto è soggettivo) sono generalmente più semplici di legge, e nessuna facoltà scientifica eguaglia la completezza e l'offerta formativa globale di ingegneria.

Teologia? :pen:

Quanto al dentista. Un conto sono 6 anni (e dipende dalla qualità e dalla selezione della formazione che ti offrono certi ambienti), un conto sono 3 di "riassunto di medicina" + 2 di specializzazione. Ripeto, sono favorevole a un accorciamento, se serve a velocizzare l'ingresso nel mondo del lavoro, e soprattutto se si mantiene (o si acquisice) un livello adeguato di istruzione.

Se però serve solo a dequalificare la professione, meglio 8 anni e vera competenza, che 5 e "trapano zoppicante"...

Factum abiit, monumenta manent.
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  • 1 mese fa...

Neanche io la vedo bene, specie per chi non si è "attrezzato" lavorativamente.

A proposito di lavoro:

Alcuni la chiamano “pezzo di carta”, eppure la laurea piace ancora a chi seleziona il personale per aziende e multinazionali. Il mondo del lavoro, anche dal punto di vista normativo, è in continua evoluzione e richiede sempre maggiori competenze, meglio se tecniche. Ecco, perché, malgrado la fortissima concorrenza, e una certa inflazione del titolo, chi compie un percorso accademico vincente e formativo parte, generalmente, da una posizione di privilegio. A patto che sappia intercettare le esigenze di un mercato che dà occupazione solo a chi compie, a monte, scelte oculate in relazione alle prospettive occupazionali. Yahoo! Finanza ha intervistato Patrizia Origoni, marketing manager di Randstad, multinazionale olandese che opera nell’ambito della ricerca, della selezione e della formazione delle risorse umane, che ha filiali in tutto il mondo, anche in Italia.

Qual è il pregiudizio sul rapporto lavoro-laurea che più spesso viene sconfessato nel suo ambito?

Non è una domanda semplice. Direi, per paradosso, il fatto stesso di affermare che ancora oggi con la laurea sia più semplice trovare lavoro. Non è sempre vero. Dipende dal tipo di laurea che si possiede e dalla professione che si intende fare. I diplomati tecnici hanno, nella fase attuale, molte più possibilità di collocarsi rispetto al laureato umanistico, o di chi generalmente ha una laurea debole. In questi casi, se non si ha una forte propensione, una conoscenza perfetta di una lingua straniera, se non due, e anche l’esperienza pregressa collocarsi diventa difficile. Le figure generiche non le cerca più nessuno. Al laureato in ingegneria, in economia invece si chiedono, oltre alle competenze, attitudini che a volte si allontanano dal "core" aziendale.

Qual è il classico limite di un laureato italiano?

Sono tanti, lingue in primis: molti credono che nel mondo si parli italiano. Poi, l’assenza di esperienze pregresse all’estero, non solo dopo la laurea, ma anche prima, nel periodo della formazione. Infine, l’assenza di flessibilità, specialmente “in entrata”. Spesso è più flessibile il cinquantenne che deve rimettersi in gioco che il neolaureato.

Parla di una flessibilità contrattuale o mentale, ovvero accettare un lavoro non aderente agli studi fatti?

In particolare dell’adeguarsi al mercato, a prescindere dagli studi fatti. C’è chi obietta: ma non è il mestiere per cui ho studiato! C’è chiusura. I giovani spesso non capiscono che è più semplice muoversi una volta entrati nel mondo del lavoro piuttosto che stare fuori e mandare curriculum dove non figura alcuna esperienza. Chi entra in azienda, matura esperienze, contatti con i fornitori, con altre realtà aziendali e può solo migliorare.

Conta la geografia dell’ateneo da cui si proviene?

Per molte aziende no, non è rilevante che la persona sia laureata a Napoli piuttosto che a Catania o al nord. Poi esistono atenei che compiono determinate scelte in merito a corsi di studio, progetti e metodi di insegnamento. Ma in tal caso sono le aziende che tendono a selezionare certi profili. Tranne il caso di pochi atenei blasonati, contano le persone e le competenze.

E il voto di laurea?

Può essere una discriminante di ingresso, soprattutto nelle multinazionali, che ricevono migliaia di curriculum e tendono a fare selezione a partire da voti come 105,106. Negli altri contesti aziendali si preferisce valutare la persona. Ci sono laureati che hanno una marcia in più pur non avendo il massimo dei voti, perché hanno un’esperienza pregressa all’estero o hanno un atteggiamento più produttivo in una dinamica di assessment (l'assessment di gruppo è uno strumento utilizzato in casi specifici di selezione. Caratterizzato da una breve durata complessiva, consente la valutazione su più candidati contemporaneamente, ndr) Ci sono laureati col massimo dei voti che faticano a risolvere un business case o a rapportarsi in un confronto a 15, 16 persone.

La crisi ha rimesso in discussione il mondo delle banche o delle finanza. Si nota anche nel mondo del lavoro?

Non più di tanto, dalle ricerche effettuate riscontriamo che la capacità di attrazione delle banche, per un laureato in economia, resta alta. Semmai sono le banche che, a causa della crisi, mirano a inserire meno persone, richiedendo un laureato che abbia sostenuto esami di econometria o con competenze nell’ambito del risk business, che sappia quindi misurarsi con certe tecnicalità.

Ingegneria ed economia sono molto richieste: ci sono nicchie più ambite, in queste discipline?

Nel caso degli ingegneri, c’è molta richiesta nell’ambito della meccanica, una laurea ostica, che ha a che fare con la produzione, con lo sporcarsi le mani, rispetto all’ingegneria gestionale, ad esempio. In economia invece sono richiesti molto profili per il risk management o il credit managment.

Meglio un master o un’esperienza pregressa?

Dipende dalle aziende. In alcune banche, si preferisce il candidato che ha un master nel curriculum, laddove si mira a inserire poche persone e c’è una job rotation abbastanza continua. In altri casi, al pezzo di carta, si preferisce l’esperienza.

Arrivare ai vertici senza laurea è possibile o vale solo per Steve Jobs?

Si tratta di mosche bianche, di persone che hanno dentro di sé forte carattere e propensione all’obbiettivo. Senza titoli si possono comunque coprire ruoli di rilievo, pur non arrivando a essere il megadirettore, in posizioni di vertice, soprattutto nelle aziende di medie dimensioni.

Cercare lavoro, cosa pensano i selezionatori della laurea - Yahoo! Finanza Italia

Confesso che per la parte in neretto....ho goduto come un riccio....

[sIGPIC][/sIGPIC]

Some critics have complained that the 4C lacks luxury. To me, complaining about lack of luxury in a sports car is akin to complaining that a supermodel lacks a mustache.

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Mo' pero' viene fuori il sindacalista che c'e' in me

In questi casi, se non si ha una forte propensione, una conoscenza perfetta di una lingua straniera, se non due, e anche l’esperienza pregressa collocarsi diventa difficile. Le figure generiche non le cerca più nessuno.

Me lo spiega la tizia come fa uno a fare 2 lingue straniere?

O e' fortunato, come la mia Donna che ha studiato Lettere a Torino, e si e' puppata l'esame di Inglese e di Spagnolo (30 ore di lezione, un cazzo in pratica. Infatti ha fatto tutto da sola, con 6 mesi di ritardo) oppure non si puo' pretendere che un laureato in Filosofia conosca 2 lingue straniere.

TU, universita', contatti Randstad, Adecco, etc, e chiedi: "Cosa manca ai miei studenti?" e ti adegui: levi 4 esami idioti, e metti i corsi di lingue anche a Filosofia.

Qual è il classico limite di un laureato italiano?

Sono tanti, lingue in primis: molti credono che nel mondo si parli italiano. Poi, l’assenza di esperienze pregresse all’estero, non solo dopo la laurea, ma anche prima, nel periodo della formazione.

Per le lingue rimando sopra.

La formazione durante la laurea. Prendono in giro o cosa? Se non c'e' il tempo fisico di farlo? Se non ti vengono riconosciuti crediti? Se non ti pagano? Cazzo lo fai a fare?

TU, universita', contatti Randstad, Adecco, etc, e chiedi: "Cosa manca ai miei studenti?" e ti adegui: levi 4 esami idioti, e metti stage, RETRIBUITI, che valgano come fossero esami. Come si fa in ogni paese civile dell'universo conosciuto.

Conta la geografia dell’ateneo da cui si proviene?

Per molte aziende no, non è rilevante che la persona sia laureata a Napoli piuttosto che a Catania o al nord.

Ecco, questa e' lo schifo completo.

Allora perche' uno dovrebbe andare consapevolmente in uni dove ci si fa il culo, se poi viene equiparato a chi il culo se lo gratta?

Scusate la scurrilita', ma il mio animo sindacalista e' uscito prepotentemente

Di questi ne vendono a secchiate.

Vedrete.

[scritto in data 18 Luglio 2013 - Riferito a Jeep Cherokee]

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