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Se n'è andato troppo in silenzio: Renato Dulbecco


J-Gian

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Mi sembra doveroso dedicare una discussione al Nobel per la medicina (1975), scomparso ieri :(

Il premio Nobel per la medicina avrebbe compiuto fra due giorni 98 anni. Le sue ricerche hanno rivoluzionato la lotta contro i tumori. Se n'è andato negli Stati Uniti, dove viveva. "Era un preveggente. Oggi la comunità scientifica ha perso uno dei suoi più autorevoli testimoni"

ROMA - E' morto Renato Dulbecco, premio Nobel per la medicina nel 1975. Pioniere delle ricerche sulla genetica del cancro, era nato a Catanzaro nel 1914. Fra due giorni avrebbe compiuto 98 anni. Se n'è andato in California, nella sua casa di La Jolla, dove viveva con la famiglia. La sua lunga carriera ha dato grande impulso alla medicina personalizzata e alla possibilità di dare a ogni paziente il farmaco giusto. "Era un preveggente, una persona rigorosa ma di grande gentilezza", ricorda Paolo Vezzoni, uno dei suoi più stretti collaboratori al Cnr di Milano.

Appassionato di fisica, chimica e matematica, Dulbecco si laurea in medicina all'università di Torino a 22 anni. Undici anni dopo, nel '47, lascia l'Italia per gli Usa, chiamato dal futuro premio Nobel Salvador Luria all'Università di Bloomigton, nell'Indiana. E' la svolta, anche se il suo legame con l'Italia rimarrà sempre molto forte.

Negli Stati Uniti Dulbecco studia i "fagi", virus batteriofagi, i meccanismi cellulari che riparano il Dna quando è danneggiato da radiazioni. Viene poi chiamato al Cal Tech, California Institute of Technology, dove diventa professore ordinario e si dedica allo studio dei virus di origine animale. Molti i successi di una carriera lunghissima: nel 1955 isolò il primo mutante del virus della poliomielite, che servirà a Sabin per la preparazione del vaccino.

Cinque anni dopo iniziò ad interessarsi della ricerca oncologica, studiando virus animali che provocano fenomeni di alterazione delle cellule e che determinano forme di cancro invece di provocare la morte delle cellule stesse. La sua indagine si spinse a livello molecolare invece di arrestarsi alla superficie delle cellule. Scopre anche che il Dna del virus viene incorporato nel materiale genetico cellulare, per cui diventa quasi come un gene nella cellula medesima. E che la cellula subisce un'alterazione di tipo permanente.

Nel 1972 ebbe una breve parentesi londinese, allo Imperial Cancer Research Fund, dove continuò gli studi di oncologia. Per questi studi e "per le sue scoperte in materia di interazione tra virus tumorali e materiale genetico della cellula" nel 1975, insieme a David Baltimore e Howard Temin, che erano stati suoi allievi, gli venne conferito il premio Nobel per la medicina. Ritorna poi negli Stati Uniti, al Salk Institute di La Jolla, in California, dove ancora viveva.

"Era una persona estremamente seria sul lavoro, con tutti. Ma anche molto gentile. Fermo, rigoroso, dava giudizi in modo chiaro e diretto. Era una rarità nel panorama scientifico italiano. Se dovessi scegliere una caratteristica per ricordarlo, è proprio la serietà che mi viene subito in mente", racconta a Repubblica.it Paolo Vezzoni.

"Sono stati i suoi lavori sui virus oncogeni, che riuscivano cioè a trasformare una cellula sana in una cellula tumorale, a portarlo al Nobel", spiega. "Vedeva più in là degli altri, è stato un preveggente, concentrandosi, fra i primissimi, sulla genetica dei tumori. E all'avanguardia è rimasto per diversi anni", conclude Vezzoni.

Per il mondo della genetica, se n'è andato un modello. "Aveva capito oltre 25 anni fa che la strada per combattere il cancro è quella della medicina personalizzata", dice Giuseppe Novelli, preside della facoltà di medicina e chirurgia e direttore dell'Istituto di genetica umana dell'Università degli studi di Roma Tor Vergata. "Era un punto di riferimento, a cui dobbiamo moltissimo", commenta.

Tornato negli Stati Uniti, nel 1986 Dulbecco lanciò la sua ultima grande impresa: identificare tutti i geni delle cellule umane e il loro ruolo, per comprendere e combattere concretamente lo sviluppo del cancro: è il "progetto genoma", allargato poi a tutto il mondo come progetto di collaborazione internazionale al quale Dulbecco ha lavorato negli ultimi anni presso l'Istituto di Tecnologie Biomediche del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) a Milano. L'esperienza si concluse nel 1995 e Dulbecco, deluso, si trasferì di nuovo negli Stati Uniti. "Ma per l'Italia ha continuato a ricoprire un ruolo importante, anche a livello sociale", dice ancora Vezzoni.

Quella matricola dagli occhi nerissimi, con l'aria trasognata ed assorta, come lo ricordava all'università Rita Levi Montalcini, che divenne sua cara amica, ha avuto una vita decisamente piena: durante la guerra fu mandato a combattere in Russia, nel 1945 fece parte della Giunta popolare della città di Torino, ma capì in fretta che la sua strada era un'altra e puntava verso gli Stati Uniti.

"Con la morte di Dulbecco la comunità scientifica mondiale perde uno dei suoi più autorevoli testimoni. Era curioso, rigoroso, ottimista, aperto ai giovani e all'integrazione fra saperi diversi, era riuscito, soprattutto attraverso il progetto genoma, ad avvicinare e a chiarire alla gente il ruolo e la funzione sociale del lavoro dello scienziato", dice Luigi Nicolais, presidente del Cnr.

Tra i ricordi dello scienziato, spicca quello commosso del presidente della Repubblica: "Una figura di grande rilievo nel panorama della ricerca scientifica mondiale". "L'ingegno e la tenacia dei suoi studi pionieristici", dice Giorgio Napolitano, "costituiscono uno stimolo affinché il nostro Paese sappia, con coerenza, continuare su questa strada e valorizzare appieno le proprie migliori risorse intellettuali". Il presidente del Senato Renato Schifani esprime il proprio cordoglio, sottolineando quanto il premio Nobel abbia "onorato il Paese in modo esemplare". Il suo lavoro e il suo impegno "continueranno a ispirare il lavoro delle nuove generazioni di ricercatori", rimarca Gianfranco Fini, presidente della Camera. E il presidente del Consiglio Mario Monti, nel manifestare il suo "profondo dispiacere" osserva che "al cordoglio per la scomparsa dello scienziato si unisce la certezza che la sua figura resterà un punto di riferimento per coloro che, soprattutto se giovani, decidono di dedicare la propria vita alla ricerca scientifica".

La gente ha imparato a conoscere il sorriso e la spontaneità di Dulbecco dal palco dell'Ariston di Sanremo, dove nel 1999 salì insieme a Fabio Fazio e Letitia Casta, devolvendo il suo compenso a favore del rientro dei cervelli fuggiti all'estero. "Ha vissuto una vita lunga e piena di successi e di soddisfazioni, da persona libera, di quella libertà mentale che è fondamentale per chi fa ricerca", ricorda oggi Fazio. "Non è stato uno scienziato estraneo al mondo, ma aperto agli altri", forte di "quel coraggio e di quella lucidità che producono le visioni fuori dal comune di chi arriva a qualche scoperta. Una persona speciale, dolce di modi, dal sorriso magnifico e sempre disponibile con tutti".

(20 febbraio 2012)

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Dico anche per lui quanto ho scritto per l'inventore del pace-maker: non ha importanza quante parole vengano scritte sulla sua morte. Ogni vita che è stata salvata grazie alle sue ricerche, è un omaggio all'opera ed alla memoria di Dulbecco infinitamente più grande.

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Dico anche per lui quanto ho scritto per l'inventore del pace-maker: non ha importanza quante parole vengano scritte sulla sua morte. Ogni vita che è stata salvata grazie alle sue ricerche, è un omaggio all'opera ed alla memoria di Dulbecco infinitamente più grande.
Verissimo ;)

Mi farebbe piacere però che ci si fermasse un attimo di più a riflettere circa l'attività di queste persone ed i loro conseguimenti, fossero più valorizzate forse ci sarebbero più possibilità per persone come lui e probabilmente ancora più vite salvate.

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La gente preferisce cantare:

http://www.youtube.com/watch?v=E4BYDNbMAtU

che soffermarsi su certe cose e secondo me è meglio così: è meglio se certi lavori vengano svolti da chi vuole realmente far progredire la scienza e la medicina, che da "cacciatori di fama o di stipendi".

Certo però che il mondo sarebbe più bello, se ci fossero meno aspiranti Totti o Belen e più aspiranti Dulbecco; ma così non è.

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Aveva già la sua bella età, ma dispiace lo stesso. La mia famiglia non può che essergli riconoscente: anche grazie alle sue ricerche mia madre qualche anno fa si è salvata i ciapet e può ancora raccontarlo

CI SEDEMMO DALLA PARTE DEL TORTO VISTO CHE TUTTI GLI ALTRI POSTI ERANO OCCUPATI

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a 98 anni uno normalmente se ne va in silenzio..ragazzi parliamoci chiaro..uno gli ultimi anni della sua vita penso che se li voglia "godere" in pace e senza rompicoglioni intorno, famoso o meno...

tra l'altro credo che tra amici e parenti +o- coetanei ne abbia seppelliti un bel po'...spesso vicino ai 100 gli anziani si sentono soli..non hanno più nessuno con cui hanno instaurato un rapporto negli anni più "attivi"..solo i figli....

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