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La Rai sull'AlfaSud e dintorni del mondo Alfa


renyuri71

Messaggi Raccomandati:

Dovessi aspettare di leggere fatti e aneddoti come questi sui libri che costano 80€, starei fresco.

Meno male che c'è Paolo che pesca nella caverna e pubblica :idol:

Una domandina al volo circa l'aneddoto del record.

Mi sfugge la portata della cosiddetta beffa :pen:

Il 928 era un 4 litri e rotti. Non sono forse categorie differenti?

Perchè provare imbarazzo? Solo perchè porsche si è intrufolata sotto il loro naso? Mah

"... guarda la libidine sarebbe per il si, ma il pilota dopo il gran premio ha bisogno il suo descanso... e poi è scattata la regola numero due: perlustrazione del pueblo e ricerca de los amigos... ah Ivana, mi raccomando il panta nell'armadio, il pantalone bello diritto. E un po' d'ordine in stanza... see you later!" (Il Dogui, Vacanze di Natale)

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Molto interessante. Quella parte di storia Alfa Romeo è un qualcosa di troppo e tanto importante.. E, rileggerla o rivederla per approfondire ogni volta di più è quasi un dovere..:o

PS: Fantastica ed ovviamente appropriata la colonna sonora di Bianco Rosso e Verdone utilizzata nei primissimi minuti;)

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...........Un recente studio di un settimanale economico profetizzava nel futuro tutto bene per Fiat mentre Alfa, che non aveva possibilità di altre produzioni che non fossero auto, la vita sarebbe stata dura.

Il presidente dell'IRI avv. Sette ha messo sul mercato l'Alfa e l'unica azienda in grado di prendersi un onere di 120 miliardi annui di deficit in Italia, oltre lo Stato, è la Fiat, che certamente non ha interesse a vedere stranieri entrare anche via Alfa in Italia, non certamente un De Tomaso, cui vengono affidati – tramite GEPI – piccole aziende (e gli si vorrebbe data anche la Lamborghini, ma lui sta cercando di dare la Maserati alla Chrysler).........

;)

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Leggere di Porsche che considerava Alfa come "la concorrenza" al punto di fargli gli "schersi" alla Landini è quasi incredibile con gli occhi di oggi!

In effetti questo pensiero made in Stoccarda lascia perplesso pure me, anche posizionandolo nel contesto dei tempi. Sbaglierò io ma non le ho mai viste esattamente come concorrenti, neanche nel mercato dell'epoca. Ho sempre pensato che fosse stata questa una mossa fastidiosa non tanto nell'ambito della battaglia fra gamme, quanto per immagine e richiamo. Alfa era ancor più vicina nel tempo a quel periodo in cui aveva fatto STORIA in pista, e probabilmente tutti coloro che erano nel campo delle sportive provavano più desiderio di infastidire le operazioni sportivo-markettare rispetto ad oggi.

Perchè tutti anche ai tempi avrebbero potuto esclamare un grosso "vabbè, e allora?" leggendo di una Porsche che sottolinea un primato di 928 compiuto a fianco di uno Alfa con le Alfette TD :D... dicendolo in parole povere, credo fosse soltanto PER ROMPERE LE BALLE. :)

Intanto postiamo la seconda parte.

Articolo del 16 luglio 1985, piuttosto breve, sull'Assemblea Straordinaria che si terrà a breve.

AGOSTO, ALFA MIA COME TI RICONOSCO?

L'Alfa Romeo vive le sue ore decisive? Venerdì scorso si è riunito il Consiglio di Amministrazione della società e pare sia stata votata la richiesta di una Assemblea straordinaria dei soci da tenersi prima della fine d'agosto.

In quella sede verrà decisa la sorte di un'azienda che al momento è allo sbando. Come hanno riferito recenti dati, le vendite anche di modelli nuovi, con un restyling dignitoso ma non sufficiente a ridare l'immagine perduta in questi ultimissimi anni, non sono più in grado di giustificare i costi crescenti.

All'IRI di Prodi l'industria dell'auto non è più considerata “settore strategico” e quindi il ripiano dei 400 miliardi di reale deficit Alfa si potrà fare solo con soluzioni drastiche. Quali possano essere, visto che la Fiat non mostra di volersene accollare il recupero, è difficile dirlo.

Forse non basterà una alleanza, forse l'operazione General Motors potrà andare oltre certi confini, senza creare un caso SME, per minore appetibilità dell'impresa.

Al momento è stata stoppata anche un'operazione di semplice riciclaggio al vertice. E ciò anzitutto perché la DC (leggi De Mita) ha continuato a sostenere Massacesi, al quale si voleva offrire un'alternativa appagante. Ma la situazione RAI non si sblocca e la sua candidatura alla vicepresidenza resta perciò in sospeso. Inoltre – dopo la nomina di Viezzoli alla Presidenza della Finmeccanica ma con Fabiani amministratore delegato – pare non siano stati considerati accettabili i nomi affiorati.

Per esempio l'ing. Sguazzini e il “commerciale” Di Capua. Pare che al vertice di Finmeccanica e IRI i nomi presentati siano stati considerati troppo tecnici! Evidentemente si preferiscono manager più politicizzabili. Cioè più duttili alle istanze politiche. Come dire che non si è capito nulla della crisi delle industrie IRI, fatte gestire sempre meno da tecnici preparati che risultano poco disponibili ai giochi di Palazzo.

Di contro, in attesa dei movimenti di vertice, proprio da settori di lottizzazione politica partono inviti a vari dirigenti Alfa, specie quelli il cui sollevamento recente con la famosa Rivoluzione delle Funzioni (che è costato l'allontanamento dell'amministratore delegato Innocenti che ne era stato l'ispiratore) non nascondevano le intenzioni di lasciare l'azienda, di non precipitare le proprie decisioni in attesa del new look aziendale.

Tra questi, il richiestissimo ing. Surace, sollecitato a nuovi compiti dalla Fiat Componenti come dalla Piaggio, industria in notevole ripresa, proprio per la sua preparazione tecnica.

Non resta che attendere: tutto andrà a maturazione, vedrete, mentre l'Italia sarà distratta dalle vacanze d'agosto. Così le scelte, specie quelle discutibili, possono farle digerire meglio...

Fine

1986, Gianni Cancellieri intervista per AUTO Franco Perugia.

QUESTA NOSTRA ALFA ROMEO

E' l'industria automobilistica di stato e lo stato... siamo noi, il che significa che le sue vicende ci riguardano molto direttamente. Le nuove strategie per il risanamento e il rilancio della gloriosa marca.

Di Gianni Cancellieri

AUTO-1986

Non so se qualcosa di simile accada anche a voi: le vicende dell'Alfa Romeo mi toccano, mi coinvolgono sempre con una intensità del tutto particolare.

Il fatto è che non solo le vetture costruite dall'industria automobilistica di stato ma anche la stessa Alfa Romeo – nel bene e nel male – mi appare made in Italy.... ma così made in Italy che di più non si può.

Il caro vecchio biscione è l'emblema non di una fabbrica bensì di una intera nostra Weltanschauung, di una concezione del mondo con il Bel Paese a mo' di ombelico, specchio di una capacità di emergere inventando o esaltando risorse, talenti, a volte – ebbene, si – autentico genio... non di rado, ahimè, mortificato poi dalla inguaribile “sregolatezza” che ci è altrettanto peculiare.

E che è sintetizzabile in una visione dei problemi contorta o distorta da inopinate “variabili” politiche che dà luogo a scelte conseguentemente influenzate e, infine, a risultato fatalmente “figli” (oltretutto non sempre legittimi) di tali scelte e via rotolando.

Il Bel Paese ha pagato e tuttora paga duramente i costi talora spropositati di questo modo di gestirsi – o farsi gestire, che è la stessa cosa – ma, fortunatamente, da qualche tempo in qua veniamo captando diversi ed inequivocabili sintomi di... ravvedimento, salutari correzioni o inversioni di rotta, un modo nuovo – nuovo per noi: cioè, finalmente compreso e adottato – di programmare, di fare, di produrre tante “cose”, automobili evidentemente incluse.

E fa piacere prendere atto che l'Alfa Romeo sembra fermamente decisa a proseguire su questa via recentemente imboccata.

Ne parlavo a Roma, qualche giorno addietro, con il capo ufficio stampa dell'industria milanese Franco Perugia, fra un turno di prova e l'altro di quel nuovo missile terra-terra chiamato 75 Turbo.

-Perugia, qual'è oggi il problema numero uno dell'Alfa?

“Non vorrei essere scambiato per.... Catalano (l'indimenticabile ovviologo di “Quelli della notte”, ndr). In realtà il problema fondamentale per l'Alfa Romeo è quello di... fare delle vetture Alfa Romeo”.

-Ovvero non fare più vetture che siano Alfa Romeo soltanto di nome.

“Il nostro mercato potenziale si aspetta da noi automobili che offrano contenuti, prestazioni, stile in sintonia con la nostra immagine e con la nostra storia. Automobili, diciamo così, da un certo livello in su, veloci, brillanti, divertenti da guidare, tecnologicamente raffinate, confortevoli”.

-Quante vetture di questa qualità e categoria di prezzo può assorbire il mercato?

“Ecco il punto: secondo i nostri studi, 230-240 mila unità/anno: ossia molte meno delle 430 mila che costituivano fino a qualche tempo fa il nostro obbiettivo produttivo...”.

-...per raggiungere il quale, peraltro, avete puntato per anni su modelli non in linea con la vostra immagine: Alfasud e Arna, per intenderci.

“L'Alfasud aveva tutti i numeri per aprirci, anzi spalancarci le porte di una fascia di mercato nuova ma estremamente interessante, come del resto appare ogni giorno più chiaro da una quindicina di anni in qua”.

-Purtroppo, gli enormi problemi di Pomigliano d'Arco vi hanno fatto perdere un'occasione diciamo pure “storica”. Ma mi pare altrettanto “storico”, come errore di strategia, quello che vi ha portati a dar vita all'operazione-Arna, ossia il costruire un'altra non-Alfa.

È vero che, a monte di tutto il discorso, l'ipoteca politica era di quelle pesanti, ma ciò non toglie che siamo ancora in molti a chiederci perché.

“A parte il fatto che secondo me l'Arna resta comunque un'ottima vettura, tutta l'operazione è nata in funzione dell'obbiettivo di volumi di produzione e di vendita che non sono alla nostra portata”.

-Mi sembra, peraltro, che nemmeno le 230-240 mila vetture siano alla vostra portata: nel 1985 quante ne avete costruite?

“Ne abbiamo costruite circa 160.000. E' chiaro che dovremo cercare altre soluzioni per contribuire a far uscire l'azienda da quella pericolosa 'area di rischio' in cui da tempo si trova. Cercheremo altre joint venture, ma in questa nuova ottica, che dovrebbe consentirci di tenere sempre bene a fuoco la nostra immagine.”

-E la gamma andrà dalla 33 alla 164?

“Partirà dalla 33, considerata come famiglia di automobili, articolandosi poi su quella della 75/90 che è in piena evoluzione (la 75 non ha ancora un anno di vita) e avrà il suo top in un modello del segmento 6 o segmento F: quello, insomma, dell'Alfa 6”.

(Perugia.... e dillo. La 164, l'ha già detto Cancellieri :), ndGTC)

L'altro grande, fondamentale obbiettivo resta, naturalmente, l'indispensabile riequilibratura del rapporto fra costi e ricavi. Un problema troppo complesso per essere affrontato qui ora, ma del quale ci occuperemo con il dovuto approfondimento non appena conosceremo nei dettagli le linee strategiche del risanamento e dello sviluppo di questa nuova Alfa Romeo. Le cui sorti, non fosse altro che per motivi di... sano egoismo, tutti dovremmo sinceramente avere a cuore. È l'industria automobilistica di stato, si o no? Ebbene, abbiate pazienza, lo stato siamo noi.

Fine

Mentre si vive il periodo in cui tutti si chiedono chi sarà a prendere in mano le sorti del Biscione, spunta questa intervista ad Eugenio Alzati, che discute di Alfa e di futuro con una certa vivacità. In coda, un breve trafiletto - che era abbinato all'intervista - che parla di Robert Opron alle matite in Fiat.

L'ALFA CORSE A FUROR DI ALZATI

Mentre ai vertici Finmeccanica si sfoglia la margherita Fiat-Ford, il nuovo “d.g.” di Arese va forte sulla strada della (ri)scossa.

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GARDONE RIVIERA – Per un anno intero è stato zitto. E conoscendo l'uomo, estroverso e dinamico, per lui non deve essere stato facile. Poi è venuta l'occasione, la presentazione della nuova serie della 33, con quella 1700 a carburatori da duecento e passa orari, una vera Alfa Romeo.

E a cena con pochi giornalisti, a rotta di collo, ha detto tutto, senza filtri e veline. Come un personaggio del suo calibro sa fare.

Un vulcano, gli occhietti vispi che lanciano bagliori ammiccanti.

Eugenio Alzati, da un anno direttore generale per l'area tecnico-produttiva dell'Alfa Romeo, sette anni in Ferrari, undici in Lancia e tutti gli altri, prima, a Mirafiori, ingegnere aeronautico che ha cominciato dalla gavetta, come allora si usava.

Quando entrai appena laureato a Mirafiori, nel reparto presse, dopo il cosiddetto 'ponte dei sospiri' rimasi di ghiaccio. Pensai: da caposquadra al massimo diventerò capo reparto. Ho stretto i denti e sono andato avanti. Un bel giorno Soria mi ha chiamato e a freddo mi ha chiesto: Scusi, ma lei, ha coraggio?

Non potevo dirgli di no, a patto che sapessi fare un certo lavoro. Il giorno dopo ero responsabile del montaggio in Fiat. Una città, migliaia e migliaia di persone. Se mi fermavo io si fermava Torino...”

Poi le esperienze in Lancia e gli anni con Ferrari. Se non si amano le automobili non si può resistere, con Ferrari. Fino a quando mi hanno chiamato in Alfa.

Certo, se stavo a quello che dicevano i giornali non sarei mai venuto. Parlavano di azienda decotta, di destino segnato. Sono stato tra i pochi a credere il contrario, e ora posso dire che avevo ragione io.

Comunque dovevo venire a rimettere in piedi l'azienda, la cui parte esteriore era stata decisamente travisata. Era stata venduta carta d'argento per carta da pacchi, ma soprattutto gli uomini erano in ginocchio. Bisognava rivalorizzarli, recuperarli.

E posso dirvi che in Alfa c'è uno staff magnifico. Sapete cosa hanno detto quelli della Ford? Guai a toccare il patrimonio umano. Deve essere gestito come adesso.

Ora anche la Fiat se ne è accorta e cerca di tamponare la falla. Comunque col lavoro che è stato fatto ora possiamo già sederci allo stesso tavolo.”

Ovviamente cerchiamo di portare ancora il discorso sull'attualità, sui rapporti con la Ford. Alzati parla, ma non cade così ingenuamente nel trabocchetto.

Non fatemi parlare di più: posso solo dirvi che presto saremo all'altare...” E continua con foga. “Comunque sia ben chiaro, il cuore delle nostre macchine sarà sempre Alfa. Potremo transigere forse sul vestito, ma sul motore mai. Io sono andato in Ford e ho visto i motori che hanno loro. Ma vogliamo scherzare??

Noi siamo avanti anni luce. Le attrezzature che abbiamo in Alfa? Io quando le ho viste mi sono tolto tanto di cappello, come faceva Ford. Ora dobbiamo solo armonizzare tutto: qualcosa è ancora al Portello, dobbiamo unificare i centri studi e prove.”

Non è vero che in Alfa non c'era niente. Qui, nei cassetti, c'era già tutto, c'erano i motori turbo, c'erano i quattro valvole... ma non chiedetemi chi ha tenuto chiusi i cassetti, non lo dirò mai...

Semplicemente c'era da tirarsi su le maniche e lavorare a testa bassa. Bisognava fare conoscere un prodotto di ottime caratteristiche, fare modelli nuovi.

I primi esempi sono le 33, le 75 e le 90. Ci vogliono due anni per rifare le serie? Abbiamo cambiato tempistica, le 33 le abbiamo fatte in sei, otto mesi. Era l'unica carta da giocare. Ora, da 15 giorni, a Pomigliano si fanno 428 vetture al giorno. Certo, bisogna essere drastici, quello che ci vuole ci vuole.

Ma io ho il coraggio di fregarmene di tutto e di tutti, anche del budget, per quel che riguarda la qualità. Sapete che cosa hanno detto gli americani della 75? Che è la vettura italiana più tedesca! Se non è un complimento questo... io comunque l'ho già detto: vogliamo lavorare in Alfa per tre anni senza nessuna interferenza. L'azienda è degli italiani, dobbiamo valorizzarla recuperando gli uomini. Dobbiamo far trovare al nostro partner un terreno fertile...”

Ingegnere, lei viene dalla Ferrari, e da quando è arrivato lei in Alfa c'è stato un cambiamento di direzione radicale per quello che riguarda lo sport dell'automobile. Ora in Alfa non si parla che di sport, di modelli sportivi, di corse. Dobbiamo pensare che il suo intervento...

Certo, lo sport è tornato a furore di Alzati.... In Alfa ci sono delle tradizioni sportive che bisogna tenere alte, ma soprattutto bisogna venire incontro ai giovani. I ragazzi sono sulla strada, hanno bisogno di un addestramento con macchine opportune, come i piloti da jet.

Per loro ci vogliono monoposto addestrative, che costino poco e funzionino bene. Per questo ho spinto per la realizzazione di questa monoposto, che vorrei chiamare Alfa Boxer... Ho chiamato Stirano, un giovane ingegnere con molta esperienza, e ci siamo messi al lavoro con i miei tecnici dell'Alfa Corse. Tra l'altro li conoscevo tutti benissimo, da Tonti, col quale ho lavorato in Lancia sulla Stratos, al vecchio Di Virgilio, il progettista di tanti motori sempre in Lancia, che è un po' il papà di tutti noi.

Ho detto a Tonti: parti e vai, se sbagli è colpa mia. Ora il formulino piace a tutti, anche ai politici. Io vorrei che ci fosse un bel campionato, anche al Sud. Vorrei unire l'Italia con la formulina, che tra l'altro utilizza tutto materiale di serie Alfa.

Per questo costa solo trenta milioni, e spero che con altrettanti si possa fare un intero campionato; ho fatto un accordo con Pirelli per avere le gomme a 800 mila lire per treno. Buono, non le sembra?

Per i regolamenti ci siamo affidati alla CSAI, ma voglio che prima piloti, meccanici e tecnici vengano a Balocco a provarlo. Anche voi giornalisti.

Quando? Prestissimo, diciamo entro il mese. Bisogna davvero darla una mano a questi giovani, e poi portarli a vanti: alla F.3...”

E poi, per arrivare in F.1? Non avete modo di imporre un pilota, magari già ora alla Ligier....

Con la Ligier si, avremmo peso. Ma ho preferito lasciar fare a loro. Ho detto a Ligier: Guy, vai avanti tu. Noi ti diamo i motori, tu devi solo dirci se vanno bene o no. Certo, con quel programma motori da F.1 dovevamo andare avanti. A me piace chiamarlo il motore 'damigiana' per via di quella doppia struttura. Tutti, quando lo hanno visto, hanno detto: devi andare avanti.

Sono stato quattro volte da Frank Williams, che forse si è servito anche di queste basi per continuare ad avere l'Honda. Altrimenti sarebbe stato con noi. Poi quando sia Patrick Head che Tetu mi hanno detto che era cosa valida non potevo tirarmi indietro.

Io sono uno che combatte, la fortuna aiuta gli audaci. E poi la Ligier era una struttura adatta a noi, alle nostre dimensioni. Ho detto a Ligier: Guy, tu sei il capo, vai avanti e poi dicci il tuo parere. Ma ci siamo fidati anche di Tetu, un tecnico che aveva lavorato molto in Alfa.”

Ma ingegnere, con questo cambiamento di regolamenti, voi non vi sentirete spiazzati col 4 cilindri turbo? Il presidente Serena continua a difendervi...

Ma io Serena certe volte non lo capisco.... E poi non è vero che noi siamo contrari all'aspirato. Noi siamo d'accordo invece, che per lo sport si cambino i regolamenti in questo modo. Forse è sulla tempistica che non ci troviamo sulla stessa linea. D'altronde, a Monza insieme a Tramontana e Ligier, avevamo già parlato col presidente Balestre e glielo avevamo già detto. A noi sta bene anche l'aspirato, senza limitazioni. Non voglio sentire parlare di otto, dodici cilindri. Io vorrei che fosse tutto libero, anche di fare un motore stellare a 24 cilindri.”

Allora in Autodelta, pardon, Alfa Corse, ci sarà da lavorare a testa bassa...

Si, in tutti i sensi. Vede, solo lei e pochi addetti ai lavori parlano di Autodelta. Io voglio che si parli di Alfa Corse, è l'Alfa Romeo che corre, che fa le macchine sportive. Ora in questo reparto, come Tonti, ci sono una sessantina di persone che lavorano, ma dovranno arrivare presto a cento.

Ora stanno facendo le formuline: bisognerà farne cinquanta in questi mesi. Pensi che in passato si era creata una situazione difficile, per cui tra Autodelta e Alfa non c'era dialogo tecnico.

No! Io voglio che ci sia questo travaso, sto riattivando i terminali tra Settimo e Arese. Voglio che Tonti, quando non ce la fa, venga a consigliarsi con i progettisti che abbiamo in Alfa, col reparto esperienze delle auto di serie, e viceversa.”

Allora l'Alfa tornerà alle corse in prima persona, magari anche nel Mondiale Turismo?

Io non ho detto questo. In F.1 diamo i motori alla Ligier, in gruppo A faremo le macchine, complete, pronte per correre, e verranno affidate all'amico Lucchini della Mirabella e a Trivellato. Anche in questa categoria stiamo aspettando i regolamenti. Si, lo so che se passa il nuovo coefficiente 1,7 per il turbo la 75 non è più competitiva, ma abbiamo anche una testata a doppia accensione... poi per la cilindrata vedremo, non abbiamo ancora deciso.”

Prende fiato, sorseggia un bicchier d'acqua. Poi mi guarda e butta lì:

E se facessi una SZ, o un bello spider sportivo, cosa ne direbbe lei? Si ricorda quelli che ha presentato Pininfarina al Salone di Torino? Non erano abbastanza belli?...”

E' una provocazione: ma quel diavolo di Alzati ci sta pensando seriamente, a un coupè e uno spider sportivi. Ci ha messo in difficoltà, anche se vede che i nostri occhi brillano...

No, non ho tempo. In questi tre anni devo lavorare a testa bassa. Poi penserò anche a queste cose, anche ai motori di aerei per i piccoli aeroplani. Magari assieme alla VM”, e dà un occhiata all'ing. Breghigna della VW, che spiega che loro, sì, stanno facendo un motore aeronautico...

Ma ingegnere, mi tolga una curiosità: chi è veramente Alzati, e come se la cava in questo contesto Alfa attuale?

Alzati è sostanzialmente uno che si diverte a lavorare in questo modo. Vede, io sono uno venuto dalla gavetta. L'altro giorno c'era un problema con un tetto apribile: io sono stato assieme agli operai, ho fatto vedere loro come si poteva risolvere. Un capo deve sapere fare anche questo.

Sa che giorno dopo giorno io me ne trascino dalla mia parte sempre di nuovi? Con Tramontana lavoro benissimo. Certo lui è molto più quadrato, ogni tanto mi guarda storto...

Ma io voglio che siano tutti convinti, anche se è un consenso prezzolato... Tanto se va male la colpa è mia, io non mi tiro indietro. Ma soprattutto mi piace convincere la gente, perché credo nel prodotto Alfa Romeo.

L'inverno scorso ero a Bardonecchia, con un amico ingegnere, e l'ho portato a fare un giro con la Giardinetta 4x4. Lui non credeva che la quattro ruote motrici avesse queste capacità. Ne è sceso sconvolto, l'ha voluta a tutti i costi. Bene, ne ho vendute tre!”

Ma così deve essere la macchina fuoristrada, la gente deve dimenticare le catene. Ho una mia idea precisa sul prossimo fuoristrada che faremo... ma non scriva tutto per carità, se no mi copiano le idee...

Voglio che sia leggera, la macchina deve galleggiare sulla neve, non affondare per il peso. Deve essere facile da guidare, per tutti, anche per le donne: come se usassero la loro lavatrice.

La macchina sarà pronta tra un paio d'anni: abbiamo già portato un prototipo col boxer a Passo Corese e i militari ne sono andati matti. Vedrete l'Alfa cosa sarà in grado di fare! Alzati ve lo promette, e non parlerà più. Solo quando avrà da presentare qualcosa di veramente valido.”

Fine

ANCHE FIAT CAMBIA STILE

TORINO – Da qualche settimana la Fiat ha un nuovo responsabile dello stile nella persona di Robert Opron, francese, 55 anni, proveniente dalla Renault.

Anche se, come spesso accade nell'ambito del gruppo torinese, la definizione è sfumata e non delinea esattamente i contorni operativi del personaggio, la funzione di Opron è questa: non avrà tanto il compito di disegnare le nuove Fiat, quanto quello di coordinare il lavoro del Centro Stile, suggerendo forme e metodi.

In pratica, quello che faceva a suo tempo Boano e quello che sta facendo attualmente l'architetto Mario Maioli, un uomo di forte personalità i cui rapporti – ora – con Opron non sono ancora chiariti.

Robert Opron è uno dei “mostri sacri” del disegno automobilistico, un uomo che raccorda esaltanti esperienze del passato con la più moderna concezione dell'auto.

Da giovane era stato alla Citroen al tempo in cui Bertoni disegnava la mitica DS, poi lui stesso fu il responsabile della forma, ancora attuale, della CX.

Nel 1975 passò al centro stile della Renault, rimanendovi fino ad un paio di anni fa, fino al momento cioè del passaggio di consegne fra il vecchio presidente Hanon ed il nuovo presidente Besse, che lo sostituì con Gaston Juchet, un fedelissimo Renault che aveva già disegnato la 18.

In Renault, comunque, Opron è rimasto abbastanza per firmare le più attuali auto come la nuova 5 e la 21 (e qui ci sarebbe da dire....ma è un'altra storia, ndGTC).

Fine.

Queste righe, per pure caso, stavano nelle stesse pagine con l'intervista ad Alzati. In quel momento il nesso non c'era ma poi ci fu, perché Alfa fece veramente una SZ (dopo che tante cose erano successe :) ) e lo stile prescelto fu quello della proposta nata allo stile Fiat, la quale sconfisse il progetto nato in Arese, e che fu impostata sotto la guida di Opron.

E per chiudere, (per il momento), la chicca.

Non vi anticipo nulla, vi lascio leggere, vi lascio pensare che chi scriveva fosse veramente convinto, e vi lascio poi arrivare al finale. Mi limito a dire che il signor Luca Grandori in questione, era il da me stimatissimo (e purtroppo compianto, oggi) "signor Autocapital".

Caro Presidente,

come responsabile della Scuderia del Portello, da molti additata come la vera causa dei problemi finanziari e strutturali dell'Alfa, porgo con questa lettera le mie dimissioni irrevocabili.

E le spiego perché: quando la Scuderia del Portello, squadra ufficiale Alfa Romeo di auto storiche da competizione, primo team al mondo a godere di un appoggio ufficiale, si è presentata sui campi di gara nel 1982, è stato come se la Ferrari al completo si presentasse all'improvviso in una gara in salita a Pescasseroli o sulle Murge.

E cioè, un nugolo nutritissimo di gentleman di ogni paese, abituato da anni ad arrivare sui circuiti con carrello, tenda, cassetta degli attrezzi e un completo da picnic, ha sgranato gli occhi nel vedere una bisarca piena di macchine ufficiali, un camper con veranda, sedie a sdraio, hostess, una squadra di meccanici attrezzatissimi, fiammanti Alfa Romeo ultimo tipo come vetture-appoggio ai piloti di grido con caschi, tute rosso fuoco e scritte di sponsor, bandiere e striscioni.

E poi nomi mitici: Derek Bell, Rolf Stommelen, Henry Pescarolo, Nanni Galli.

Ecco, hanno pensato in molti, l'Alfa, che rimedia batoste in Formula Uno, cerca adesso più facili allori contro noi modesti collezionisti.

I risultati sembrano dare ragione a questi signori: il Portello ha vinto il titolo europeo assoluto e due titoli di classe, cioè tutto quello che poteva vincere.

Quello che ben pochi degli stupiti gentleman sanno è che questo “squadrone”, questo team ammazzasette, è partito con un'organizzazione tale da fare sembrare l'armata Brancaleone un esercito prussiano.

Pensata, nata e resa operante in pochi mesi la Scuderia del Portello sulla carta era davvero imbattibile. C'era una macchina ammiraglia, la TZ Uno del Museo Storico, che non avrebbe dovuto avere avversari.

Invece alle prime gare si è rivelata un ferro da stiro, in confronto alle tante TZ private dei modesti gentleman: se non fosse stato per i piloti di prima grandezza, avrebbe preso delle paghe immemorabili. C'era una 1900 SS del concessionario Alfa di Udine Pietro Rondo, imbattibile nulla carta (infatti ha vinto l'assoluto), ma inavvicinabile dai meccanici perché il suo proprietario, timoroso che qualcuno sia pure tutelato ci mettesse sopra il sedere, impediva a chiunque gli essenziali controlli pre-gara.

Edilberto Mandelli, il collezionista bolognese che ha corso per il Portello con la sua Giulietta SZ, è andato anche oltre: tra una gara e l'altra, si portava via la chiave di accensione, per impedire che la macchina fosse toccata, tanto che si è dovuto ogni volta assoldare volontari per spingerla a mano su e giù dalla bisarca.

Quanto al quarto pilota, il finanziere milanese Stefano Senin, pilota abilissimo ma molto distratto da altri pensieri, ha cominciato subito col piede sinistro, scegliendo e preparando una macchina, la Giulietta SS, che era perdente in partenza a causa di un regolamento che la faceva correre con auto molto più competitive.

Anche l'organizzazione sui circuiti non ricordava certo quella di Federico Il Grande. Il camper, ultraccessoriato, era un po' l'oggetto misterioso: nessuno sapeva mettere in funzione tutte le apparecchiature, men che meno l'acqua dei servizi igienici.

Così quando a Monza, nella gara di apertura, Nanni Galli ha dovuto soddisfare i propri bisogni corporali nell'accogliente toilette, nessuno ha avuto il coraggio di avvertirlo, col risultato che ancora un mese dopo il camper viaggiava verso Parigi con le testimonianze di Galli nel serbatoio di scarico; solo un audace funzionario dell'Alfa Romeo France, avvertito con molto imbarazzo dell'inconveniente dopo che anche Pescarolo aveva fatto lo stesso gesto di Galli, ha guidato il camper in piena notte in un prato deserto, dove, di fronte a tutta la squadra un po' in ansia, ha portato a termine l'opera di evacuazione del serbatoio.

E che dire di Rolf Stommelen che, arrivato al Nurburgring di fronte a 80 mila spettatori, si è accorto di avere dimenticato a casa casco, guanti, tuta e scarpette da corsa, ed è stato addobbato come un manichino della Rinascente mentre una solerte fraulein dell'Alfa Deutschland cuciva in tutta fretta all'incontrario la scritta “Scuderia del Portello” su una tuta trovata chissà dove?

Anche il parco ricambi faceva invidia a un team di Formula Uno: tre gomme di scorta per quattro macchine, tutte spaiate, un po' di olio e tanta pasta lavamani erano il contenuto dell'Alfasud familiare di servizio, per altro stracarica dei souvenir che i piloti e accompagnatori compravano un po' in tutta Europa.

Risultato: Pietro Rondo passerà l'inverno in giro per l'Europa per restituire i pezzi presi a prestito dai vari soci di Alfa Romeo Club sparsi oltre frontiera.

A stagione finita, infatti, la sua 1900 sembra la carta del Mec: il differenziale è stato trovato in Olanda, l'albero di trasmissione in Germania: un collezionista americano presente a quasi tutte le gare, all'ennesimo guasto di Rondo, ha preferito nascondere con molta diplomazia la propria 1900 nel timore di tornare negli States solo col portachiavi.

Poi c'era il problema delle lingue: di tutta la squadra (9 persone complessive), 2 e mezzo parlavano inglese (nel senso che Senin si era fermato alla sesta lezione di Linguaphone), uno solo il francese, nessuno il tedesco (al di là degli scontati ja e nein).

Quanto all'olandese e al belga, si è dovuto ricorrere all'alfabeto muto, poi al Morse e, nei casi più urgenti, al linguaggio gestuale (con l'unica eccezione di Pietro Rondo che si accaniva a tradurre in inglese i proverbi italiani: nessuno, nemmeno Derek Bell che è un professionista, ha capito cosa voleva dire “in the mouth of the wolf”, cioè “in bocca al lupo”, prima di ogni gara).

Ma il punto di forza della squadra sono stati i servizi logistici: l'autista della bisarca è riuscito a girare l'Europa senza spiaccicare una parola diversa da quelle del dialetto piemontese. Ha bloccato la City di Londra quando, cercando di arrivare in qualche modo a Donington, ha imboccato un sottopasso del Tamigi più basso di un metro rispetto al camion: scortato, era ormai notte fonda, dalla polizia con tanto di “uau uau” e faro blu fino all'autostrada, si è riperso tre volte in 130 km, arrivando a Donington quando i piloti si erano ormai rassegnati ad andare a vedere una partita di calcio.

La filiale tedesca di Francoforte, ha invece rischiato il fallimento (le cifre del collasso le darà Spadolini stesso a Natale): reduce da Zolder dove tutte le macchine, pur vincendo, erano ridotte a minestroni, la squadra si è infilata il lunedì nei garage della filiale per uscirne il venerdì con le macchine rimesse a nuovo, pronte per la gara del Nurburgring della domenica.

Solo che tutti gli addetti della filiale hanno dovuto lavorare per il Portello. Certo trovare uno spinterogeno del 1954, e una coppa dell'olio elaborata nel 1959, non era impresa facile, ma se si aggiunge che un pilota doveva telefonare alla mamma tutti i giorni perché sennò stava in pensiero, che l'altro, abituato a mangiare solo crusca integrale, aveva bisogno di un interprete per il giro mattutino delle drogherie, che i meccanici venuti da Milano rimpiangevano la pur non idilliaca atmosfera della squadra di Formula Uno, che nei disperati telex a Milano, Felici risultava a Zeltweg, Ughi a Digione, Chiti dentro al turbo, Banderali a Poona per avere abbracciato la religione Zen, si capisce come il prussiano staff Alfa minacciasse uno sciopero ad oltranza.

Senza contare i giornalisti tedeschi che, sparsasi la voce in città, bussavano a frotte per sapere “kosa preparare qvesta squatra in crande secreto”.

E qui entrano in ballo le consociate, coi loro addetti stampa, che dopo aver avuto a che fare con il Portello, potrebbero essere tranquillamente nominati direttori del Corriere della Sera.

Antonio Cerlenizza, per esempio, Gaulaiter della stampa tedesca, è uno che ha i nervi talmente saldi da avere sopportato con il sorriso sulle labbra l'intero stato maggiore del Registro storico in trasferta al Nurbugring per quattro giorni.

Eppure l'ho visto schiantarsi quando due piloti del Portello (silenzio sui nomi) gli hanno rivelato, dopo che lui aveva passato la giornata a soddisfare tutti i loro desideri, l'impossibilità di dormire nella stessa stanza perché uno russava e l'altro si vergognava a lasciare la dentiera sul comodino.

Henry Morisi, invece, si è insediato nel posto di addetto stampa, a Parigi, due giorni prima che arrivasse il Portello: ha rivisto la sua scrivania una settimana dopo, perché ha passato sette giorni nella banlieue parigina a tirare fuori dal commissariato uno dei piloti, il quale, dopo avere perso a Monthlery passaporto, patente, soldi, licenza sportiva, certificato anticolera e immagini di San Cristoforo, pretendeva di varcare la frontiera all'aeroporto De Gaulle esibendo una carta di credito dei Supermarkets Esselunga.

Paul Henry, invece riceverà un attestato da Baldovino del Belgio, suo sovrano, per avere risolto una grave controversia internazionale. Questi i fatti: il successo di immagine del Portello è stato tale che a Zandvoort una telefonista dell'Alfa olandese, improvvisatasi hostess, ha deciso di passare tutte le vacanze con la squadra.

Ora, poiché questa telefonista era uno schianto di ragazza (vent'anni e due seni che sembravano schizzare fuori dalla 'A' di Alfa e dalla 'E' di Romeo stampate sulla sua aderentissima t-shirt) tutta la scuderia ha cominciato a girarle intorno, ciascuno sperando di fare sua questa ragazza dei box.

L'armonia della squadra si era già incrinata nella gara successiva (Monthlery) perché la ragazza, nonostante il fascino dei piloti, si era invaghita dell'autista del camper, un uomo bello quanto Fernandel.

Ma a Zolder si è rischiata la tragedia. È accaduto infatti, che Pierre Dieudonne, pilota personaggio di turno, arrivato alle ore 19 del venerdì senza conoscere l'ambita miss, alle ore 21 l'aveva già imbarcata sulla sua Rover 3500 (lui, pilota Alfa) e di qui trasbordata in luoghi più confortevoli.

Per i tre italiani, che da mesi con lusinghe, moine, tecniche raffinate e modi rozzi, forse anche ricatti, cercavano di cogliere il frutto proibito, l'affronto del belga era da lavare col sangue.

E così Henry, aiutato dalla sua affabile moglie, ha iniziato, novello Musatti, un'opera di persuasione psicologica su tutti e tre i piloti per convincerli che il regno belga, l'Alfa Romeo Italia, la filiale belga e lui stesso erano sdegnati dal fatto e non avrebbero mancato di avanzare proteste diplomatiche.

C'è voluta una gita premio in un ristorante di grido (che conto, presidente!) per fare tornare il sorriso.

Informato dell'episodio, Rolf Stommelen ha molto lodato l'operato di Henry, ma ha ricordato che la gita premio era già in voga vent'anni fa quando lui era pilota ufficiale Autodelta.

Ricorda Stommelen che a Daytona, lui stesso, Ignazio Giunti e Nanni Galli erano stati convocati da Chiti per sperimentare una nuova diavoleria sulla 33.

Parte Giunti e alla prima curva esce diritto. Parte Galli e fa lo stesso. Parte Stommelen e finisce sulle carcasse delle altre due macchine. Cosa era successo?

Non si saprà mai, perché alle rimostranze dei piloti, Chiti oppose un silenzio assoluto, disse solo “Oh si va tutti a Cape Canaveral a vedere i razzi che partono”.

“Fu una gita bellissima” mi ha confidato Rolf, “e nessuno di noi si ricordò più dell'incidente.”

Nonostante questi precedenti, caro presidente, non me la sento di sostenere con lei quello che ho sfacciatamente sostenuto con i giornalisti durante le conferenze del Portello: e cioè che la scuderia è un team professionista a tutti gli effetti. Per questo le pongo a disposizione il mio mandato come uno responsabile di questa armata Brancaleone; nonostante le vittorie, tutti insieme non meritiamo una Balilla, figuriamoci una TZ.

N.B. Le dimissioni, gli episodi raccontati fanno parte di un tentativo semiserio di raccontare cosa succede dietro la facciata di un'attività così nuova e strampalata come le corse storiche.

C'è, in questo racconto, una buona dose di verità e qualche esagerazione.

In realtà non mi dimetterei per nessuna ragione al mondo e con me tutta la scuderia, che, al di là di ogni scherzo, si è comportata in modo esemplare.

Caro Presidente, se però qualche alto dirigente Alfa, o addirittura IRI, chiedesse la mia testa, gliela porti pure sul piatto d'argento: grazie al Portello mi hanno offerto un posto nella commissione internazionale delle gare storiche, a recarmi l'invito sono stati due autorevoli membri, uno psichiatra tedesco che sul biglietto da visita, a fianco del numero dell'ospedale ha quello dell'autosalone dove vende personalmente Alfa Romeo, e un banchiere olandese, anzi il più grosso banchiere olandese, la cui moglie ha ottenuto da poco il divorzio perché lui si ostinava a tenere un motore tipo 33 in mezzo al salotto che perdeva l'olio su un tappeto di Bukara.

E queste non sono bugie.

Cordialmente

Luca Grandori

:) questa lettera, a titolo personale, la vorrei intitolare "Amore per l'Alfa". Dalle parole di Luca vedo uscire davanti ai miei occhi quello che è il sentimento che un Alfista prova per il Marchio, con tutti i suoi primati, i suoi difetti, le auto mitiche e quelle malfatte. Credo che Luca sia stato l'esempio di cosa voglia dire provare amore per questo marchio, incamerando gioie e dolori, complimenti e critiche, momenti stupendi ed altri terribilmente negativi. Non è la questione di ridursi al discorso "eh le Alfa di una volta" vs "eh le Alfa di una volta le facevano male", è un'altra cosa, qualcosa che solo da alcuni sarà condivisa, ma va bene così. Qualcosa di immortale, che si vive si mangia e si respira.

Modificato da PaoloGTC

"... guarda la libidine sarebbe per il si, ma il pilota dopo il gran premio ha bisogno il suo descanso... e poi è scattata la regola numero due: perlustrazione del pueblo e ricerca de los amigos... ah Ivana, mi raccomando il panta nell'armadio, il pantalone bello diritto. E un po' d'ordine in stanza... see you later!" (Il Dogui, Vacanze di Natale)

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In effetti questo pensiero made in Stoccarda lascia perplesso pure me, anche posizionandolo nel contesto dei tempi. Sbaglierò io ma non le ho mai viste esattamente come concorrenti, neanche nel mercato dell'epoca. Ho sempre pensato che fosse stata questa una mossa fastidiosa non tanto nell'ambito della battaglia fra gamme, quanto per immagine e richiamo. Alfa era ancor più vicina nel tempo a quel periodo in cui aveva fatto STORIA in pista, e probabilmente tutti coloro che erano nel campo delle sportive provavano più desiderio di infastidire le operazioni sportivo-markettare rispetto ad oggi.

Perchè tutti anche ai tempi avrebbero potuto esclamare un grosso "vabbè, e allora?" leggendo di una Porsche che sottolinea un primato di 928 compiuto a fianco di uno Alfa con le Alfette TD :D... dicendolo in parole povere, credo fosse soltanto PER ROMPERE LE BALLE. :)

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  • 2 settimane fa...

Altri articolozzi per il weekend, poche cose in attesa che sia pronto tutto il resto del malloppone cartaceo-storico.

Il tema è ARNA, in senso generale. L'auto non c'è ancora, questi articoli ricostruiscono una parte di ciò che girava attorno alla vicenda all'inizio degli anni '80. Come sempre, sottolineo che si tratta di pensieri dell'epoca e soprattutto come essi possano magari non rappresentare la cosiddetta VERITA', questo non per parlar male della carta stampata ma.... insomma ci siamo capiti. C'era chi diceva così, e chi diceva cosà. Quindi prendete sempre tutto, stancherò mai di ripeterlo, nel corretto modo.

1 Marzo 1980

MASSACESI: La prima macchina nell'82

Allo stand dell'Alfa Romeo al 50mo Salone di Ginevra l'unica novità, oltre alla versione dell'Alfetta per il mercato svizzero con il cambio automatico, era l'Alfasud III serie. Una vettura già vista, almeno per il pubblico italiano, ma soprattutto una vettura le cui novità non erano tali da giustificare la presenza in Svizzera del Presidente Massacesi.

Invece sia pure con la scusa ufficiale di rendere omaggio al Presidente della Confederazione elvetica, che ha inaugurato il Salone, Massacesi il tempo per fare una rapida scappata a Ginevra lo ha trovato.

Si è fermato un paio d'ore. Lo stretto necessario per affrontare il fuoco di fila di domande sull'affare Alfa-Nissan, da parte dei numerosi giornalisti presenti.

La disponibilità e, in un certo senso, l'aggressività con cui il Presidente dell'Alfa ha retto l'assalto, fanno credere che in fondo Massacesi questo scontro l'abbia cercato, forse per dare, una volta per tutte, la risposta alle mille domande che in questi ultimi tempi attraverso “voci” e indiscrezioni, erano sorte su questa joint-venture con i giapponesi.

Infatti anche se come è logico a livello ufficiale non ha potuto ancora dichiarare nulla, Massacesi ha se non altro fatto intendere almeno quella che è la posizione dell'Alfa nell'affare.

In pratica– ha detto – lo stabilimento Alfasud di Pomigliano oggi come oggi ha una produttività inferiore alla saturazione degli impianti. Infatti lo stabilimento che aveva alla nascita una potenzialità di 200.000 vetture all'anno, non è mai arrivato a questi traguardi per tutta una serie di motivi. La stabilizzazione è ora ferma su circa 100.000 pezzi all'anno. Aumentare questo tetto sarebbe difficile se non impossibile, anche perché il mercato che alla nascita dell'Alfasud, dieci anni fa, contava nel segmento una concorrenza di 13 modelli, oggi sfiora i 40.

Per aumentare o togliere utenti agli altri, stabilito che la concorrenza oggi i costruttori non se la fanno sui prezzi ma sui nuovi modelli o la loro diversificazione, e che l'Alfasud comincia a sentire gli anni, l'Alfa Romeo deve progettare una nuova vettura da costruire a Pomigliano. Poiché questa operazione solo per la carrozzeria costa almeno 150 miliardi, e l'Alfa questi soldi non li ha, si è pensato ad un partner. Dopo lunghi colloqui con tutti i costruttori europei ed extraeuropei solo la Nissan si è detta disposta ad arrivare ad una trattativa seria ed approfondita, ed è nato l'accordo.”

L'impegno per i giapponesi – ha proseguito Massacesi – anche se è vietato dire i termini di un accordo in fase precontrattuale, pena sanzioni, è legato alla fornitura delle lamiere per assemblare un'auto, di cui motore e componenti saranno italiani, da costruire in circa 60.000 unità annue in uno stabilimento da costruire nella zona attorno a Pomigliano. Il disegno della carrozzeria è già pronto (sarà di un noto stilista torinese, n.d.r – EH SI, COME NO! NdGTC) e quindi se arriveremo al 1982 per il lancio, sarà perché il tempo andrà più che altro per costruire lo stabilimento.

Con questa nuova vettura, da esportare per la metà solo in Europa, in America e in Giappone, l'Alfa sarà presente nel settore più basso della cilindrata da 1100 a 1500, mentre quello più alto sarà coperto dalla nuova Alfasud (la 33, ndGTC), una vettura più sofisticata ed elegante come disegno della carrozzeria.

Per l'impianto si prevede una nuova occupazione di circa 3500 persone. In parte però proverranno da Pomigliano, ed il numero dipenderà dal grado di assorbimento di mano d'opera che la Alfasud della seconda generazione richiederà.”

In termini commerciali, oltre al risparmio delle spese del progetto e degli stampi, per la realizzazione dei quali c'è anche un risparmio di tempo facendoli in Giappone, l'accordo Alfa-Nissan vorrà dire per noi avere una vettura da vendere a prezzi mediamente inferiori del 10 per cento e quindi un attivo prevedibile per la bilancia dei pagamenti italiana di circa 100 miliardi.”

Quanto alla Fiat – ha ribadito il Presidente Alfa accalorandosi – stiamo studiando e valutando le loro proposte, anche se siamo stati indotti ad accettare un dialogo in uno stato di forte disagio psicologico perché non c'è nella storia industriale il precedente di una industria che mentre stava per chiudere una trattativa è stata obbligata ad esaminare una alternativa.

Comunque anche nei confronti dell'industria torinese noi abbiamo la coscienza pulita perché con loro, come con chiunque, ci siamo sempre comportati con estrema correttezza.”

Ci accusano di voler dare il Cavallo di Troia ai giapponesi per entrare in Europa. Ma se vendono già 700.000 auto in Europa! Se in Italia finisse il contingentamento, l'Alfa sarebbe un fastidio per loro. La verità è che noi abbiamo offerto a tutti nel mondo l'idea di questo programma e nessuno in precedenza ha voluto dargli fiducia. Oggi però si ipotizza non si sa quali idee nascoste. Invece non c'è niente altro che un piccolo accordo per dare respiro all'Alfa, che d'altronde essendo una piccola industria ha bisogno di piccoli accordi. Di nascosto non c'è nulla, anche perché con il dibattito pubblico a cui siamo costretti per fare i nostri programmi, intenzioni nascoste non potrebbero durare.”

La cosa cosa che tengo a precisare è che non ho alcuna intenzione di fare diventare reversibile l'accordo con la Nissan. D'altronde i politici si sono già espressi, e quello che lo hanno fatto non mi sono sembrati contrari. Quindi diciamo che il contratto è solo da chiudere e noi siamo pronti a farlo. A chi di competenza stabilire poi quanto tempo occorrerà per arrivarci.”

IL PARERE DEGLI ALTRI – Tutti contro?

BOB LUTZ, Presidente della Ford Europa

Era una mossa che l'Alfa poteva risparmiare ad un mercato automobilistico già difficile come quello europeo. Io non conosco con esattezza come si svilupperà l'accordo, ma in ogni caso dico che non era il caso di rendere le cose ancora più facili per far arrivare i giapponesi in Europa. Spero proprio che la Fiat riesca ad offrire una valida alternativa alla Nissan, e che l'Alfa per risolvere i suoi problemi faccia un accordo 'in famiglia'. Devo essere sincero, non mi piace l'idea che ai giapponesi si stendano anche i tappeti rossi.”

ING. VITTORIO GHIDELLA, Amm. Delegato della Fiat Auto

L'accordo, secondo me, non risolve il problema di fondo dell'Alfa. La aiuta forse, ma i problemi della casa milanese sono di altra natura. Quelli dell'industria automobilistica italiana in genere. Nell'ottica dell'industria europea, invece l'accordo Alfa-Nissan rappresenta un grosso problema, perché introduce, sia pure in modo surrettizio (e protervo :D, ndGTC), delle vetture che verranno a turbare l'equilibrio di un mercato, già di per sé instabile.

I giapponesi, se riescono ad entrare con componenti a costi giapponesi, si fanno una base che alla lunga sarà un danno per tutti, Alfa compresa. Gli americani, anche se più ricchi e più forti, sono, come rivali, meno preoccupanti. Ma con i giapponesi non c'è confronto. Così gli facciamo aprire una testa di ponte, di cui non si sanno i futuri sviluppi, ma che, anche se non li conosco, posso intuire.”

ALEJANDRO DE TOMASO, Presidente della Innocenti

E' una cosa senza senso. Ma come, per creare 3000 posti di lavoro a Napoli rischiamo, tirandoci in casa i giapponesi, di eliminarne 100.000 a Torino! Io fra qualche giorno farò una conferenza in cui dirò tutto fuori dai denti. Fino a ieri si lamentavano che a Pomigliano c'era il 26 per cento di assenteismo e che la fabbrica non produceva e ora invece si sente la necessità di un nuovo stabilimento! No, io dico che se i giapponesi vogliono venire in Europa, devono lavorare qui e guadagnarsi il loro spazio al pari degli altri, non con l'aiuto di una industria che oltretutto è sovvenzionata dallo Stato.”

BERNARD HANNON, Responsabile della Renault Auto

Avrei senza dubbio preferito che l'Alfa si fosse appoggiata ad un partner europeo per questa operazione. Tra la Nissan e l'Alfa c'è troppa disparità sul piano tecnico e finanziario e quindi accordi tra due contraenti in queste condizioni non possono essere che a senso unico, in fatto di vantaggi. Quindi credo che alla Nissan si sarebbe potuto rendere la vita anche un po' più difficile. I giapponesi sono dei rivali seri, e il loro arrivo in queste condizioni farà sentire il suo effetto negativo proprio in Italia per prima.”

Fine.Parte seconda, considerazioni di Sabbatini su quel che stava accadendo fra mercato dell'auto e politica.

SI SALVI CHI PUO' – L'affare Nissan diventa... di stato (ora decidono tutto i politici...)

L'affare Alfa-Nissan finirà, vogliamo scommetterci? (no, no, per carità, cosa salta in testa di scrivere con certi giochi di “puntate che... tirano) con il... forfait dei giapponesi.

Affare svelato, mezzo saltato, così diceva un illustre manager italo-americano. Figuratevi se i giapponesi, tanto ossequiosi ma riservati, amanti del lavoro serio, rapido e continuato, avranno voglia di aspettare la interminabile tiritera che salterà fuori adesso dai “confronti” su questa vicenda!

Il Giappone è un paese serio, dove i conti si fanno subito e non si lavora domani ma oggi. Figuratevi se potranno seguirci in tutti i machiavellismi dello straziante disquisire spaccacapello di attuale nostra moda politica.

Dovrà essere solo un affare di tale imperscrutabile vantaggio, quello di usare l'Alfa come un “cavallo di Troia” per poter pensare che i giapponesi accettino di tirarla ancora per le lunghe.

Già prima del “blocco al progetto” deciso dal Governo Cossiga dopo la tempestosa riunione di fine settimana scorsa, che ha smentito il Ministro delle Partecipazioni Statali Lombardini (il quale ha subito la stessa figura di scavalcamento di alcune settimane fa nel caso ENI-tangenti), si parlava di conclusione per fine estate.

Figuratevi adesso che alla Fiat sono sicuri di averci messo una pezza definitiva. Non si farà magari l'accordo compensativo con i cugini pubblici di Arese, ma quello con la Nissan appare un programma stoppato comunque.

Dovrebbe essere un Ulisse versione '80 l'Ettore Massacesi (o il suo mentore Viezzoli), per riuscire a capovolgere la situazione, dopo l'accusa di “progetto masochistico” e di “sciagura nazionale” lanciata con identità di parole, da Umberto Agnelli prima e dal suo portavoce Luca Montezemolo poi, in un'analoga occasione di discorsi pubblici. (E dire che in quel di Ginevra il solerte responsabile di stampa di Corso Marconi si era affannato a bloccare una dichiarazione del nuovo superdirettore Fiat Auto, Ing. Vittorio Ghidella, che definiva appena un “inghippo” tutta la vicenda!).

L'inghippo degli inghippi di tutta questa pochade resta la storia dell'obbiettivo di 60 mila macchine ipotizzate a saltar fuori da questa joint-venture. E per far questo occorre fare un'altra cattedrale nel deserto (della voglia di lavorare) in quella singolare Campania? Ma se un'Alfasud non riesce a fare le sue 700 mila vetture annuali possibili, perché costruire una seconda fabbrica per 60 mila sole vetture?

Altra domanda (che si sente in giro): ma come è possibile che sia un affare un accordo coi giapponesi, i quali non ci esportano certo la loro abitudine al lavoro? Il dilemma, direbbe un tale, resta... cornuto.

Resta l'altro dramma: che l'automobile, dopo essere stata per diversi anni nella lista nera dei politici, ora è presa sotto l'ala protettrice dei partiti. E questi se ne vogliono interessare a tutti i costi insieme agli immancabili sindacati. Il dramma vero è tutto qui.

Perché se quando l'auto era nella lista nera, è riuscita in qualche modo a sopravvivere, fregandosene di questo mondo del disprezzo “culturale” albergante e poteva almeno continuare pur nelle difficoltà di politica energetica e degli ukase sindacali, a esprimere il meglio con la fantasia di chi ci lavorava, ora che tutto lo schieramento politico vuol dire la sua, ora che si inventa la commissione all'uopo, è da temere l'apocalisse.

Ci pensate a un programma di produzione, di nuovi investimenti e modelli, da attuare in compensazione continua di giochi d'equilibrio, di confronti di divergenze parallele, di solidarietà generali, di blocchi Est-Ovest? Babilonia è alle porte anche nel nostro microcosmo.

Ed allora diventerà quisquilia capirci qualcosa come nel caso Alfa-Nissan, dove siamo arrivati al punto che il sindacato del lavoro-a-rendimento-tranquillo e delle frontiere intangibili per la nostra manodopera privilegiata, scopre invece la grande importanza di accordarsi con i giapponesi.

Pare che il viaggio in Oriente – promosso dall'Alfa – di un gruppo qualificato di esponenti sindacali, abbia entusiasmato i protagonisti, tornati con l'impressione della grande operatività giapponese, popolazione scoperta col gusto e col piacere di lavorare in serenità e nel mito della propria azienda!

Questo avrebbe fatto ritrovare nuovi orizzonti agli “ex sindacalisti d'assalto”, facendo maturare forse ripensamenti su non tanto passate abitudini da loro stessi inculcate.

Sta a vedere che diventerà questo l'unico risvolto positivo dell'accordo Alfa-Nissan! Si faccia o meno... (Quello che purtroppo si farà – e presto – è l'aumento benzina a 700 lire, il libretto fiscale al posto del bollo di circolazione e... - udite udite – l'UNA TANTUM '80).

Sabbatini

Fine

Passati pochi giorni dal primo dei pezzi che posto oggi; siamo sempre nel marzo del 1980.

ROMA – La riunione di mercoledì scorso a Roma fra la Fiat e l'Alfa Romeo per il tentativo della casa torinese di bloccare l'accordo Alfa-Nissan è miseramente fallita perchè le proposte portate da Umberto Agnelli al Presidente Massacesi sono sembrate inadeguate e forse fatte solamente per cercare di bloccare l'accordo (già stilato e ora solo da ratificare dal Governo, dopo l'improvviso parere positivo dei sindacati metalmeccanici) o per lo meno di farlo slittare il più possibile nel tempo. L'Alfa Romeo ha già fatto tutto o quasi con la Nissan.

Il presidente Massacesi e l'amministratore delegato Innocenti sono riusciti a piazzare dai 50 ai 100.000 motori all'anno, produzione possibile da realizzare a Pomigliano, per una vettura da costruire assieme al colosso Nissan, di cui l'80% è materiale italiano e il 20% è giapponese, il tutto assemblato da manodopera italiana al 100%.

L'idea di questo “matrimonio” parte da lontano... Parte dalla consapevolezza che oggi in Alfasud si possono produrre più motori di quelli che servono. Per motori intendiamo parti meccaniche complete di cambio ecc..... la cifra in eccedenza è variabile da 50 a 100.000 pezzi, fermo restando che la produzione è prevista per il 1980 di oltre 110.000 Alfasud.

Il “giro d'orizzonte” del presidente Massacesi trovò ben disposte diverse società (strano, perchè qualche giorno prima in Alfa ci si lamentava che nessuno avesse risposto alla chiamata, ndGTC), ma la scelta cadde sulla Nissan che, ricordiamolo, è una società che pesa per il 5,5% del mercato mondiale dell'auto, praticamente la sesta nel mondo. La Nissan si è detta disposta a diventare un partner in una società la cui maggioranza del 51% è dell'Alfa Romeo.

Il progetto Alfa-Nissan prevede uno stabilimento a Pomigliano (dove doveva sorgere la “famosa” APOMI 2) in cui sarà impegnata manodopera per un totale di oltre mille persone, che con l'indotto vuol dire occupazione per altre 3000.

Dal Giappone arriveranno le parti stampate di una nuova vettura che non si sa ancora se verrà chiamata Alfa o Nissan o i due nomi assieme. Una vettura della classe 1000-1500 cmc che sarà venduta ad un prezzo inferiore del 20% (orientativamente) a quello a titolo di esempio dell'attuale Alfasud. In Italia si farà solo l'assemblaggio delle scocche. Se tutto andrà in porto la futura società Alfa-Nissan, si prevede che già al primo anno avrà un fatturato di oltre 500 miliardi di lire.

Altri vantaggi per l'Alfa Romeo l'essere associata ad un colosso del genere, vuole dire vedersi aperte le porte degli USA, dove Alfa potrà contare in caso di accordo della estesa rete commerciale della Nissan, oltre a vedere commercializzata la nuova vettura in tutta Europa e nei paesi emergenti.

Per ora l'offerta Nissan accettata, parla solo di motori Alfasud, ma non si esclude in un secondo tempo che i motori possano essere quelli dell'Alfetta o della sei cilindri per progetti ulteriori nel tempo.

L'Alfa Romeo come azienda IRI non può associarsi a nessuna altra azienda senza previa autorizzazione del Governo. Ed è stato proprio questo l'obbiettivo della Fiat nella scorsa settimana, le cui proposte sono state giudicate dallo staff Alfa “del tutto deludenti”, anche se il presidente Massacesi aveva già fatto filtrare il suo parere negativo tramite un quotidiano milanese, per poi alla vigilia far diramare una smentita, e poi riconfermare coi fatti.

L'offerta per Roma è partita dalla cartella di cuoio marron di Umberto Agnelli accompagnato da Cesare Romiti e Vittorio Ghidella. Dall'altra parte ad ascoltare c'erano Viezzoli, il presidente della Finmeccanica, lo stesso presidente Massacesi con Innocenti.

Da sempre la Fiat, che aveva smentito aiuti all'Alfa Romeo o sue pretese di acquisto “... per non affondare con loro...”, portava avanti una proposta che è stata ora giudicata “poco veritiera”.

La Fiat ha proposto che avrebbe acquistato essa i motori dell'Alfasud per la macchina degli anni '80, quella che porta ancora la sigla “Progetto 1” (vettura che sarà presentata nel 1983), mentre il motore Fiat che equipaggerà questa vettura, definito rivoluzionario per il suo basso consumo, sarà pronto solo nel 1985 (insomma il Fire, ndGTC). Quindi la Fiat si offriva di coprire due anni con il motore Alfasud o derivato tale.

Il matrimonio con la Nissan invece è presentato più sostanzioso e forse anche più importante sia dal punto di vista dello sviluppo dell'Alfasud sia da quello dei sviluppi futuri per i “novelli sposi”. Ecco perchè il presidente Massacesi che già conosceva a larghe linee quanto aveva da offrire la Fiat, ha detto no anticipato a quanto offerto da Umberto Agnelli.

Da parte Fiat non si vuole che il matrimonio avvenga perchè “i gialli” fanno paura, sono più grandi della Fiat nel mondo con un quarto dei dipendenti e possono vendere a prezzi spaventosamente bassi.

L'associazione con l'Alfa Romeo è vista come un tradimento: portare il nemico a casa.

La Fiat comunque farà pesare la sua realtà industriale nel tessuto economico italiano. Essa pesa, è ovvio, sulle scelte di Governo e non è escluso che ora decida di servirsi delle “offerte” del PCI, specie se dal Congresso DC prevale la linea-di-bottega (oscura) di Zaccagnini. Di contro l'Alfa fa pesare il vantaggio opposto, quello che per le nostre esportazioni vuol dire un accordo che già cosi apre alle nostre auto la strada giapponese senza compressioni doganali.

Dall'alto del suo grattacielo a Tokyo, Ryuzo Imazaki, amministratore delegato della Nissan Motor aspetta intanto il telex di conferma del raggiunto accordo ratificato dal Governo Italiano per venire a Roma a mettere la sua “riverita” firma.

Forse non ci vorrà ancora un chiarimento politico, perchè le implicazioni sono troppe per non aspettare il varo definitivo di un Governo meno di transizione, o perlomeno con una maggioranza parlamentare non “da golpe”. Anche perchè la risposta Fiat potrebbe essere altrettanto spettacolare e traumatizzante, visti i problemi in cui si dibatte la Società Auto:

1- Una associazione con diverso gruppo straniero, leggi Chrysler o Volkswagen, con opposte e diverse implicazioni economiche, politiche e sociali anche di strategie internazional.

2- Un orientamento, specie se il PCI arrivasse al Governo, a cedere il passo alla famosa creazione di una Industria Nazionale dell'Auto, come è avvenuto per la poi non certo felice Superindustria alimentar-dolciaria di Stato (ex Motta e Alemagna).

Non sarebbe allora più la Fiat a cooptare per l'Alfa, ma l'Alfa-di-Stato a dar via all'ennesimo carrozzone di stravolgimento di una realtà economica diversa, fatta non tanto con rivoluzioni materiali, ma con quelle striscianti dei decreti-legge o delle demago-leggi di tipica maggioranza d'ammucchiata parlamentare sotto il mantello (sperimentatissimo per tutti i giochi) dell'Emergenza Continua.

Comunque finirà, se il Governo non riuscirà a trovare un esperto cui affidare la valutazione del problema vero, non sarà certo un rilancio dell'un tempo fiorentissima industria motore della nostra serenità economica, guastata dalle esasperazioni politico-sindacal-manageriali dal 1969 in poi.

Fine

La storia prosegue con l'ultimo dei pezzi di oggi, e ci ritroviamo tutti al Salone di Torino. Massacesi accoglie l'On. Bisaglia allo Stand Alfa Romeo e c'è un vivace attimo di conversazione riguardo la futura Alfa-Nissan. Subito dopo, un simpatico confronto faccia-a-faccia con De Tomaso che aveva tirato pietre ma....

IL MINISTRO CERCAVA L'ALFA-NISSAN – Le curiosità dell'On. Bisaglia

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L'unico guizzo all'espressione asettica, con cui il ministro dell'Industria Bisaglia, ha visitato il Salone di Torino, che inaugurava, si è avuto allo stand dell'Alfa Romeo. Dopo i convenevoli di rito con il Presidente Massacesi, il parlamentare con un mezzo sorriso ha chiesto al “big” dell'Alfa: “Ma l'Alfa-Nissan, quando la vedremo?”.

Poi mentre Massacesi, che forse non aveva colto l'humour della domanda, farfugliava “Mah se non me lo dice lei?” la maschera è calata nuovamente sulla faccia del Ministro di quella industria, che in Italia, come nel resto delle civiltà più avanzate, riposa direttamente o indirettamente per una grossa fetta proprio sull'automobile ma che per Bisaglia non ha significato niente più di una vaga domanda (“Quanto costa?”) di fronte ad una meraviglia tecnica e stilistica come la Ferrari BB, o di un compunto silenzio mentre l'euro-parlamentare Sergio Pininfarina gli dettagliava le meraviglie della quattro porte Pinin.

In compenso sul piano politico il nuovo Ministro dell'Industria, nel discorso di inaugurazione, ha saputo tenere fede alla fama di uomo abituato alle navigazioni più tempestose, leggendo un discorso da cui è trasparita più preparazione sulla problematica dell'auto, di quella dimostrata “sul campo”.

Infatti Bisaglia ha esordito dicendo: “Questo Salone viene a cadere mentre si è aperto un dibattito sulle politiche e sulle scelte che riguardano il settore automobilistico. È una industria che occupa un posto notevole come rilievo per lo sviluppo della economia nazionale e quindi dei livelli di occupazione.... I governi non possono certamente restare indifferenti, pur nel rispetto delle regole fondamentali del mercato, a strategie dalle quali dipendono proporzioni ragguardevoli della produzione e dell'occupazione.”

Precisando meglio questo concetto il Ministro dell'Industria ha proseguito: “La redditività e la competitività delle imprese vanno ritrovate in modo diverso perseguendo in lungo periodo politiche coerenti di lavoro, di controllo e qualificazione della domanda e dell'offerta. In un Paese come il nostro, dove il sospetto dell'esistenza di occulti legami politici è forse più diffuso di quanto non siano i legami stessi, il ricorso al mercato come strumento di politica industriale può rappresentare una garanzia, purché opportunamente incanalato.

In ultima analisi, l'economicità di gestione resta l'unico paradigma indispensabile per qualsiasi sistema, voglia esso massimizzare il profitto o il suo risultato sociale. Anche nei settori nei quali per ragioni strategiche o sociali, lo Stato intenda essere o restare presente sopportando oneri particolari, occorre che l'economicità di gestione sia garantita.”

Volendo ora arrivare all'incontro Massacesi-De Tomaso, la prendiamo un attimo larga e partiamo dalla conferenza tenuta da Alejandro riguardo la situazione Innocenti.

INNOCENTI – Proprio le cifre giuste?

Dopo aver letto piuttosto in fretta le cifre del consuntivo della sua presenza al vertice della Innocenti, Alejandro De Tomaso non ha saputo identificare con altrettanta precisione le componenti del “miracolo” che a suo dire sarebbe avvenuto a Lambrate.

Infatti non altrimenti si può commentare un prospetto secondo il quale, in anni bui come i recenti, con tutti gli industriali dell'auto (Agnelli capintesta) che piangono per la cronica mancanza di produttività delle aziende italiane, alla Innocenti con soli 193 operai al lavoro in più (2105 del 1977 contro 2298 del 1979) la produzione abbia fatto un balzo record in avanti di 11.540 unità.

Tuttavia nel piroettante scambio di battute con i giornalisti questo è stato il solo punto, visto che c'erano delle cifre da discutere e non delle teorie, per il quale De Tomaso ha preferito affidarsi a una non meglio identificata sua “filosofia” (proprio così) nei rapporti con i sindacati per convincere la gente a lavorare.

Per il resto l'industriale argentino, molto vicino al Governo, vista l'affabilità con cui si è intrattenuto con il ministro Bisaglia, ha usato la scontata arma che “la miglior difesa è l'attacco”.

Così in un fuoco di fila di botta e risposta ha preannunciato per il 1981, il lancio della Maserati due litri da progettare e costruire alla Maserati, e da assemblare poi alla Innocenti. Contemporaneamente per lo stesso periodo è in arrivo la nuova 650, la piccola utilitaria con motore di derivazione motociclistica Guzzi o Benelli.

Inoltre sempre a Lambrate ci sarebbe allo studio il cosiddetto “piano moto” per motori da 350-500 e 650.

Una sequenza di programmi da ipotizzare uno stato di salute piena per la Innocenti, ma che così non è ancora, come parimenti non è per la Maserati, in cui De Tomaso stesso ammette di non voler toccare le proporzioni dell'accordo con la GEPI, 92% alla finanziaria pubblica, 8% alla De Tomaso Industries.

Definita “una barzelletta” l'ipotesi che gli americani vogliano entrare sul mercato europeo con le pronosticate “world-cars” che non esisterebbero, Don Alejandro ha invece dato il meglio nella sua oratoria focosa e polemica riferendosi all'affare Alfa-Nissan.

Identificati i mali dell'Alfa in una incapacità manageriale dei vertici dell'azienda milanese De Tomaso ha fatto capire che per lui è una specie di “guerra santa” quella che lo impegna a respingere ogni ipotesi di accordo con gli industriali dell'Estremo Oriente. Non per la tecnologia e la qualità dei prodotti made in Japan, ma solo perché si tratta di automobili costruite sfruttando condizioni di lavoro, per De Tomaso inaccettabili, e quindi vendute a prezzi da concorrenza sleale.

(parlando di De Tomaso che non ne vuol sapere di giapponesi, ci sarebbe da aprire un discorso che va da qui fino alla Luna :D ndGTC)

In compenso, in attesa di definire con gli inglesi della Leyland, ancora soci di minoranza nell'azienda di Lambrate, il futuro del contratto sulla fornitura dei motori, che scade nell'81 (proprio mentre a Londra vedrà la luce la nuova utilitaria chiamata Metro, ndr) De Tomaso ha comunicato il prezzo della inedita Mille superaccessoriata presentata in anteprima a Torino: 5 milioni 150 mila lire, Iva inclusa.

Fine

E fu così che in quel del Salone, i due si incontrarono...

DE TOMASO CERCA SCUSE DI FRONTE A MASSACESI

Dopo aver fatto precipitosamente rinviare all'ultimo la conferenza stampa programmata poche ore dopo quella della Fiat, il Presidente dell'Alfa Romeo Massacesi ha trascorso comunque qualche ora al Salone. In attesa di ricevere allo stand il ministro Bisaglia, Massacesi, che ai giornalisti incuriositi rispondeva solo “Non ho più niente da dire, anche perché quello che dico viene subito usato per fare polemica”, ha avuto modo però di evidenziare tutto il nervosismo che in questo momento lo colpisce.

L'esplosione si è avuta quando il Presidente dell'Alfa nel camminare attraverso gli stand del Valentino si è trovato faccia a faccia con De Tomaso. L'industriale argentino, qualche ora prima, aveva sparato le sue cartucce, a proposito dell'affare Alfa-Nissan, puntando su una critica pesante del management dell'Alfa, come causa prima dei guai dell'industria di Arese.

Massacesi trovatosi di fronte Don Alejandro gli ha subito rinfacciato “Così io sarei quel manager che non è capace di fare andare avanti l'Alfa?”

De Tomaso confuso e certo meno aggressivo di come era apparso alla conferenza stampa obbiettava “Ma no! Io facevo così per dire, non c'erano riferimenti personali.”

Massacesi però rincarava la dose.. “Il fatto è che in questo Paese ognuno può parlare, anche a sproposito. Infatti l'importante non è fare le cose ma parlarne. Sarebbe ora invece che ognuno cominciasse a farsi gli affari suoi e guardasse in casa propria prima di sentenziare sui problemi altrui.”

A questo punto De Tomaso preferiva battere in ritirata.

Fine

GTC

"... guarda la libidine sarebbe per il si, ma il pilota dopo il gran premio ha bisogno il suo descanso... e poi è scattata la regola numero due: perlustrazione del pueblo e ricerca de los amigos... ah Ivana, mi raccomando il panta nell'armadio, il pantalone bello diritto. E un po' d'ordine in stanza... see you later!" (Il Dogui, Vacanze di Natale)

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Grazie Paolo, belle testimonianze.

Grazie a te :)

Prossimamente ne arriverà una ancora più bella. Si parlerà di Alfa ai tempi di Jano, e la penna - in un lungo monologo in cui l'autore decide di mettere tutti i puntini sulle "i" - è nientemeno che Enzo Ferrari (che avrebbe dovuto fare anche lo scrittore.... quando inizi a leggerlo non ti fermi più, non solo per le cose che diceva ma anche per lo stile).

"... guarda la libidine sarebbe per il si, ma il pilota dopo il gran premio ha bisogno il suo descanso... e poi è scattata la regola numero due: perlustrazione del pueblo e ricerca de los amigos... ah Ivana, mi raccomando il panta nell'armadio, il pantalone bello diritto. E un po' d'ordine in stanza... see you later!" (Il Dogui, Vacanze di Natale)

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Certo che la uno col boxer sarebbe stata proprio da vedersi . Vabbe' che il 1116 lampredi mostrava i suoi anni, ma il boxer 1.2 anche con un solo monocorpo la uno la avrebbe fatta volare

Archepensevoli spanciasentire Socing.

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