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E' morto Sergio Pininfarina


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Secondo Aldo Brovarone (capo dell ufficio stile Pininfarina e padre della Superfast II, Dino 206, Lancia Gamma coupe ecc)Sergio Pininfarina non disegnava e neppure il suo padre.Sergio sceglieva i disegni degli altri........

Ovviamente, per non essere riduttivi, la genialità di Pininfarina è insita oltre che appunto nelle sue doti personali anche nella sua formazione.. Di certo per poter scegliere dei design unici al mondo, da quelli che poi un tempo erano i discepoli, bisogna avere in mente dei canoni e delle proporzioni che.. -E qui forse c'è la sua più grande forza artistica- che possano dare le giuste indicazioni -e dunque far capire- a chi disegna.. Inoltre: trasmettere ciò che si vorrebbe creare non è affatto semplice: è piuttosto un'impresa. ;-)

Ciò che mi ha lasciato sempre più a bocca aperta di Pininfarina è stato, ad un certo punto della sua carriera, il continuare a creare delle opere d'arte mozzafiato nonostante dedicasse le linee (come tutti) alla ricerca della migliore aerodinamica. Straordinario :-)

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I più attivi nella discussione

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La domanda nasce spontanea (e si tratta di una domanda retorica) che vale anche per i capi dello stile odierni (di un marchio o di un gruppo intero)che hanno compiti burocratizi e amministrativi e meno creativi.

Di chi è il merito?Di Pininfarina o di Fioravanti?Di de Silva o di Maurer,di Bangle o di Arcangeli.....di Vicini o di Baggio,di Brawn o di Schumacher???

Non era nei miei intenzioni di essere riduttivo ma la scomparsa di Sergio Pininfarina (oltre a livelo umane) è una perdita dell industria italiana.Perché considero che Sergio Pininfarina piu che un uomo di design italiano era un grandissimo imprenditore (linee produtive a Grugliasco,galleria del vento ecc).Un imprenditore di buon gusto ma non un imprenditore-disegnatore come lo era Giugiaro,un innovatore,che non si limitava a disegnare una linea, ma creava uno stile nuovo.Gli artisti della ditta di Pininfarina erano ben altri:uomini come i vari Boano,Brovarone,Tjaarda,Fioravanti,Martin ecc. che lavoravano per anni nel ombra della ditta,quasi sconosciuti e le loro matite hanno creato i disegni piu belli del mondo (al pari di quelle della Touring di Anderloni).

Citando ancora una volta Brovarone "il vecchio Pinin imponeva molto il suo gusto mentre Sergio sceglieva, ed era proprio questo a far si che il livello dei progetti Pininfarina fosse sempre alto:perché venivano scelte dalla stessa persona e la scelta era sempre omogenea".Per quanto riguarda le indicazzioni che Pinin dava ogni volta che commisionava ai stilisti un nuovo modello,

Brovarone dice che queste erano pochissime.Dava gli ingombri meccanici e del telaio e poi l' indirizzo:coupe sportiva,coupe speciale,vettura di salone...... e i stilisti erano proprio fabbricanti di idee...........

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  • 6 mesi fa...

Stamane, nuotando nell'archivio, mi sono imbattuto nei periodici Pininfarina degli anni '60 (o meglio trovati quattro, non so dove siano gli altri che ho visto l'ultima volta... due anni fa credo :D) ed in particolar modo nel n.7, anno 1966, che ahimè iniziava con l'omaggio fotografico a Giovan Battista Pininfarina, da poco mancato.

Ci ho trovato una cosa molto bella, poetica e piena di sapori.

L'editoriale (se così possiamo chiamarlo) di quel numero fu scritto da Enzo Ferrari, il quale dedicò due pagine alla memoria di Giovan Battista ma anche ai suoi recenti rapporti col figlio Sergio, per il quale l'anno scorso purtroppo abbiamo dovuto aprire un topic dello stesso genere.

Mi è piaciuto rileggerlo più volte, perché adoro il modo di scrivere del Drake, e così ho pensato che probabilmente poteva far piacere anche a voi questa breve lettura.

Vi anticipo solo che leggerete ben poco riguardo le automobili, anzi. Rileggendolo ancora una volta, mi immagino le scenette interpretate da alcuni dei più grandi personaggi della storia dell'auto e dello sport italiano.

Luglio 1966

SEDICI ANNI...

Fu in novembre, a Torino, sedici anni fa. Incontrai allora per la prima volta Giovan Battista Pininfarina.

Lo ricordavo un tempo corridore, fra l'altro recordman di una Aosta-Gran San Bernardo; lo sapevo carrozziere di gran classe, colui che ha lanciato in tutto il mondo la linea italiana e ha trovato consensi come nessuno.

Ricordo che andammo a colazione nel ristorante del Salone dell'automobile. Lui forse avrebbe preferito ospitarmi altrove, in un ambiente più riservato e tranquillo; rimanemmo invece lì, a quel piccolo tavolo, a conversare e discutere come due uomini d'affari che non hanno tempo da perdere, nemmeno per guardarsi intorno.

Quel giorno è nato il nostro matrimonio. Ricordo, l'ho scritto anche nel mio libro, che in seguito Pinin si stupiva del tempo che gli dedicavo, come io mi stupivo del tempo che lui spendeva con me. Così capimmo. Fu chiaro che uno cercava una macchina famosa e bella da vestire, l'altro un couturier di classe che la vestisse.

Sedici anni. Sono pochi per una vita, tanti per un matrimonio, anche se d'amore. Qualcuno diceva che era impossibile, non sarebbe durato, non poteva durare; ci contavano i giorni, le settimane, i mesi. Poi hanno dovuto contare gli anni.

E arrivò anche l'anno galeotto di tutti i matrimoni, quel settimo al cui pericolo i soliti americani dedicarono un divertente film negli anni quaranta. Ma il prurito per la nuova avventura non ci fu e così scivolò via anche quel settimo anno che combina piccoli divorzi nei matrimoni più felici.

Vuol proprio dire che quello tra la Pininfarina e la Ferrari è un matrimonio che ha superato l'amore: resiste e prospera perché è fatto di stima e comprensione reciproca.

Un cocktail semplice che consiglio a chi vuole unire le proprie forze e le proprie sorti, in una combinazione d'affari come in un ménage familiare, e vivere d'accordo, per quanto questo sia possibile nel nostro mondo sconcertante di oggi.

Ho sempre ammirato Pinin per quel che ha saputo creare, nel suo lavoro e anche nella sua vita, per il gusto che ha saputo mettere nell'uno e nell'altra. Ha lanciato uno stile, una linea, è stato il primo vero “sarto” dell'automobile, quello che ne ha esaltato l'alta moda. Sempre, di fronte ad una sua nuova realizzazione, viene da chiedersi: “Ma cos'è, cos'ha di speciale?”

Nulla, sembra eguale ad ogni altra che l'ha preceduta. Eppure è diversa dalle altre.

E' una linea semplice, nitida, essenziale. Il tempo, i gusti, le mode passano, ma quei vestiti di lamiera da lui modellati sembrano non raccoglierne la sfida. Il tempo, i gusti, le mode vi scivolano sopra senza riuscire a svilirle; anch'esse cambiano, si adeguano, ma non mostrano di cambiare. Tutto questo si riassume in una parola: personalità.

Pinin è stato un grande artista. Ma all'egocentrismo, al disordinato vivere, all'imprevedibile mutare dei sentimenti che molto spesso contraddistinguono i personaggi dell'arte, egli ha saputo contrapporre la previdente e saggia capacità dell'industriale moderno.

Ha saputo creare un assetto familiare e aziendale dall'avvenire assicurato. A pochi uomini come lui è toccata la fortuna di poter affidare la propria opera, la propria fabbrica, il proprio nome a discendenti così degni.

È certo che le fresche energie che oggi hanno nelle mani l'avvenire della fabbrica, il figlio Sergio e il genero Carli, due ingegneri dalle modernissime vedute, hanno saputo tranquillizzare i suoi ultimi anni di meritato relax.

E lui aveva potuto finalmente appagare i suoi hobbies, quelle inespresse e non raggiunte passioncelle giovanili che tutti hanno in serbo e che per il mio amico Pinin sono state l'aviazione, la pittura, la cinematografia, l'editoria.

Col giovane Sergio di parla un linguaggio affine a quello del papà. Me ne accorsi subito, quindici anni fa, già quel sabato prima di Pasqua quando lo incontrai la prima volta in un ristorante di Tortona. Era praticamente in viaggio di nozze con la graziosa sposina. È un ragazzo serio, un ingegnere capace, un industriale avveduto.

Ha una sola... debolezza, un vero tallone d'Achille.

Soffre per il calcio, che identifica nella Juventus di Torino. È tifoso anche il cognato, l'ingegner Carli, ma un tifoso controllato, mentre invece raramente ho visto un “contaminato incurabile” come Sergio.

Carli è stato giocatore della squadra ragazzi della Juve e ride quando racconta: “Non ho mai capito perché mi facessero giocare 'ala sinistra', io che non sapevo calciare né di destro né di sinistro”.

E ricorda, come un avvenimento eccezionale, il giorno che con un volgarissimo puntone gli riuscì di segnare una rete. Carli è dunque un tifoso autocritico, Sergio proprio no e specie in questi ultimi tempi, ogni lunedì è... lutto stretto.

Se poi con la sconfitta della Juve coincide una vittoria del Torino, vede rosso, tanto rosso che farebbe zebrare tutte le macchine di quel colore. Spesso, questo del lunedì, è un mio divertimento.

A Torino ho scoperto due ristoranti: uno gestito da un tifoso della Juve, l'altro da un “ammalato” del Torino.

Ogni volta che mi riesce, invito a colazione l'amico Sergio dal trattore granata, se la Juventus ha vinto, da quello bianconero se ha perso. Vi dico: è uno spasso! Interminabili discussioni in un caso, muro del pianto dall'altro. Anche papà Pinin qualche volta interveniva, da tifoso tranquillo qual'era, e si divertiva insieme a me a seminar zizzania.

La malattia di Sergio tocca il vertice quando si porta il discorso sulla fusione tra Juve e Toro. Per carità! È capace di discutere per ore. Anche con l'avvocato Gianni Agnelli, che sarebbe il promotore di questa “soluzione cittadina”, discute, e si fa sostenere dal Boniperti.

Un giorno, per “lisciare” una volta tanto l'amico Sergio, proprio al biondo Boniperti chiesi: “Ma insomma, si fa questa fusione tra le vostre squadre torinesi?”.

Perché – mi rispose serafico l'ex grande 'mezz'ala' – a Torino c'è un'altra squadra oltre la Juve?

Sergio gongolava, e io replicai: “Ah no, no Boniperti, sarebbe come chiedere a lei se il suo amico Biscaldi è un corridore d'automobile!”

Sergio Pininfarina sopporta bene queste parentesi alle nostre intese di lavoro comune?

Venne una volta in fabbrica, a Maranello, e con gran sussiego mi volle offrire un distintivo d'oro “che mi sarebbe tanto piaciuto” diceva lui, e mi appuntò all'occhiello della giacca il distintivo della Ford.

Passò qualche tempo. L'aspettavo al varco, e finalmente Sergio tornò. “Oggi ho un piccolo regalo per lei” gli dissi consegnandogli una elegante scatoletta foderata di velluto. Sorridendo mi chiese il permesso di soddisfare subito la sua curiosità, ed è inutile cercar di descrivere il suo rossore.

Nella scatoletta c'erano due gemelli d'oro con i colori nero-azzurri. Con noncuranza spiegai: “L'ingegner Lauro dell'Inter è mio amico. Alla vigilia dell'incontro con la Juve chiese il mio pronostico e questo è il premio per aver indovinato giusto. Li tenga lei, Sergio, io li ho guadagnati anche grazie alla sua squadra!”

Sergio per un momento restò senza fiato, immobile, gli occhi fissi a quei due oggettini che sembravano bruciargli le mani.

Si sarebbe sentita volare la classica mosca. Poi scoppiammo a ridere di gusto.

E anche questo cementa la nostra solida intesa.

Enzo Ferrari

Modificato da PaoloGTC

"... guarda la libidine sarebbe per il si, ma il pilota dopo il gran premio ha bisogno il suo descanso... e poi è scattata la regola numero due: perlustrazione del pueblo e ricerca de los amigos... ah Ivana, mi raccomando il panta nell'armadio, il pantalone bello diritto. E un po' d'ordine in stanza... see you later!" (Il Dogui, Vacanze di Natale)

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