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10 anni senza l'Avvocato


Pandino

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Chissà cosa direbbe Gianni Agnelli del matrimonio con Chrysler, dell'avventura Jeep in Cina e degli orizzonti sempre più globali della sua Fiat. Probabilmente accennerebbe un sorriso per il coronamento di quello che Sergio Marchionne ha definito il "sogno" del patriarca, lo sbarco in Usa, una nazione che il senatore a vita amava - ricambiato - e che gli diede amici come Henry Kissinger. Di certo, se dovesse commentare questo genere di questioni, l'Avvocato userebbe ancora l'impeccabile eleganza e il divertito cinismo di sempre, tratti tipici del bon viveur che diventò presto il volto più noto dell'imprenditoria italiana del Novecento. Protagonista del suo tempo, sempre e comunque, Agnelli fu un uomo molto ammirato e un padrone altrettanto ferocemente criticato, soprattutto dopo la morte. Di lui si dice spesso che fu un "dominus", non solo della Fiat ma anche del Paese, al quale diede tanto e dal quale ricevette tantissimo: applausi, affetto, contributi. E fango.

Fine di un'epoca. Il "Re", come lo ricordano pure all'estero, se ne va il 24 gennaio 2003. Sono solo dieci anni, ma pare un secolo. Come lontanissimo sembra il 1966, quando il 45enne Gianni sale alla guida dell'azienda di famiglia fondata dal nonno. Anche con l'Avvocato, la Fiat continua a vivere - e a fare - la storia della penisola: l'autunno caldo del 1969, periodo di fortissime tensioni sindacali (concluso con la firma del contratto dei metalmeccanici), è lo stesso momento in cui Agnelli acquista il controllo della Ferrari, compra una partecipazione in Citroën (operazione naufragata pochi anni dopo), conferma storiche joint venture in Spagna (Seat) e in Jugoslavia (Zastava), ne avvia altre in Turchia (Tofas) e in Polonia (con la Pol-Mot a Tychy per la 126). L'Avvocato vola persino in Brasile, a Belo Horizonte. Nel '70, acquista anche la Lancia. Sono gli anni dell'indimenticabile 127 e della massima espansione del grande stabilimento di Mirafiori, 50mila operai, seguiti tuttavia dal primo tonfo finanziario e dalla crescente minaccia della concorrenza straniera. Ed è l'era di Cesare Romiti, il manager che accompagnò Agnelli fino al '98; della trasformazione di Fiat in holding finanziaria; della vendita del 10% ai libici e della sfilza di scudetti vinti dalla Juventus sotto la presidenza Boniperti. Eppure, poco dopo, nonostante il grande successo di alcuni modelli (Panda, Uno, Croma, Thema) e l'acquisto dell'Alfa Romeo, nel 1986, Agnelli deve assistere al lento e progressivo declino della sua azienda. In Italia, la quota della Fiat passa dal 75% nel 1968 al 35% nel 2001. Per l'Avvocato è il momento forse più difficile. Proprio nel Duemila, nasce la travagliata alleanza con General Motors, la cui conclusione, cinque anni più tardi, resterà sconosciuta al suo promotore. L'uomo con il vezzo dell'orologio sul polsino della camicia si spegne infatti nel 2003 per un tumore alla prostata, lasciando un'azienda ormai sull'orlo del baratro. Il resto è storia: la folla alla camera ardente, allestita nella Pinacoteca del Lingotto; i funerali in Duomo; le Croma e le Thesis in processione verso il cimitero di Villar Perosa, dove si trova la tomba di famiglia; la brevissima successione del fratello Umberto, scomparso un anno più tardi; l'eredità industriale, difficilissima ma avvincente, raccolta dal nipote John Elkann e da Marchionne.

Nuova pagina. Nel 2013, l'Avvocato è ormai il simbolo di un'epoca scomparsa. E anche di una Casa molto diversa. "Quella di oggi non è più la Fiat che gli italiani ricordano - ha detto proprio l'ad al Quattroruote Day - ma ci sarà sempre un un po' di Fiat in ognuno di noi". E così sarà per il ricordo di Gianni Agnelli, lo si voglia o no: lo testimoniano persino i suoi detrattori, che gli rinfacciano ancora i quasi otto miliardi di contributi pubblici ricevuti dalla Fiat dal 1977 al 2009 (la stima è della Cgia di Mestre), dimenticando tuttavia gli oltre sei miliardi che tornarono indietro sotto forma di lavoro, sviluppo e investimenti. Ma anche questa polemica, ormai, è un ricordo lontano nell'Italia che ha voltato pagina. Passando dai completi e dai capelli grigi di un affascinante mito imperfetto al nuovo corso dei pragmatici maglioni blu.

Quattroruote

Gianni Agnelli - Dieci anni senza l'Avvocato - Quattroruote

:(

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Autobianchi Y10 1.1 i.e. (1992) - Fiat Bravo 1.4 T-Jet Emotion (2008) - Fiat 500 1.2 Lounge (2017) - Alfa Romeo Mito 1.4 TB GPL Super (2017)

 

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Le sue opere memorabili però rimangono queste: l'orologio sopra, e non sotto, il polsino della camicia; la cravatta sopra, e non sotto, il pullover.

:roll:

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Aveva un suo stile, inimitabile. E a modo suo amava la sua azienda e le auto, penso. Ma facciamo attenzione a non beatificarlo troppo :?

Aveva lo stile, aveva il carisma, l'influenza ed il giro giusto di conoscenze ma credo non si possa definire un caso se, dopo l'uscita di scena degli Agnelli, la Fiat abbia cambiato strada rispetto a quella imboccata verso il fallimento.

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Secondo me, il miglior ritratto dell'Avvocato è quello fatto da Enzo Biagi nel suo libro "Il Signor Fiat" (2° versione completata - ed. 2003) dove ne parla, come direbbe il Manzoni, "vergin di servo encomio e di codardo oltraggio".

"ciò che non c'è non si può rompere" (Henry Ford I).

"Non condivido ciò che dici, ma lotterò sempre affinché tu possa continuare a dirlo" (Voltaire).

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