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Autopareri - Finanza e Economia


TonyH

Messaggi Raccomandati:

I cc dovrebbero essere garantiti dal fondo di garanzia della BDI fino a 103 mila euro...:pen:

il fondo di garanzia, è una tutela più sulla carta che reale. È formato da partecipazioni degli stessi istituti bancari, non c'entra la banca d'Italia.

e a quanto risulta, ha risorse per coprire solo lo 0,4% dei depositi.....se salta la banca che faccio in cantina ok, se già salta una carige no.

per il conto corrente però stiamo "relativamente tranquilli"?

dipende cosa intendi per "relativamente tranquilli" :)

se l'istituto dove hai il c/C va a gambe all'aria, magari non ti fanno il prelievo forzoso, ma un congelamento dei conti durante la procedura non è una cosa così campata per aria.

hai ok i tuoi soldi che valgono quello. Ma non li puoi toccare.

sul conto, va lasciata la liquidità per le spese correnti e per quelle programmate a breve. Tutta l'altra liquidità, meglio spalmarla sui mercati.

vero che in qualche momento fanno soffrire, tuttavia se scelti bene rimangono sempre liquidi, ovvero, se ho bisogno di soldi, ce ne sono. E so anche quanti.

Modificato da TonyH

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Some critics have complained that the 4C lacks luxury. To me, complaining about lack of luxury in a sports car is akin to complaining that a supermodel lacks a mustache.

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Si è discusso moltissimo sui problemi del nostro Paese, evidenziando e commentando notizie spesso deprimenti.

Ho voluto aprire questa discussione per parlare di tutto ciò che invece c'è da salvare: aziende italiane di successo che danno lavoro qui (non parlerei qui del gruppo Fiat perchè ci sono molti topic già aperti a riguardo in altre sezioni), servizi pubblici efficienti, buona gestione delle nostre risorse (cultura e bellezze naturalistiche) ecc...

Penso sia utile per capire le potenzialità della nostra nazione e da cosa si può ripartire.

Per quanto riguarda le aziende:

La Stampa - ?Scavolini diventerà la cucina più amata anche dagli americani?

“Scavolini diventerà la cucina

più amata anche dagli americani”

Il patron del gruppo di arredamento: con i magazzini automatizzati tagliamo i costi. In Italia il nostro settore ripartirà con l’edilizia

francesco rigatelli

Con la maggiore età ha deciso che sarebbe diventato un imprenditore. E’ una storia che sa di provincia, di creatività e di olio di gomito quella di Valter Scavolini, 71 anni, presidente dell’omonima azienda che produce «la cucina più amata dagli italiani». Slogan che nacque nel 1984, racconta, «quando diventammo i primi per fatturato nel settore, posizione confermata anche nel 2012 con 174 milioni di ricavi. Allora sulla copertina di Sorrisi e canzoni misero il Papa, Pertini e la Carrà: i più amati dagli italiani. Scegliemmo lei come donna immagine dell’azienda per tre anni e poi Lorella Cuccarini per diciotto».

Tra l’altro siete stati tra i primi a usare il marketing sentimentale parlando di amore nella pubblicità, ma prima cosa c’è stato?

«L’azienda è stata fondata nel 1961 da me e mio fratello Elvino, che purtroppo non c’è più. Siamo alla prima generazione, anche se ho due figli e due nipoti che lavorano in Scavolini. Nel 1975 eravamo ancora una delle tante realtà produttrici di cucine, c’erano Salvarani, Snaidero, Del Tongo, molto più grandi, e per distinguerci abbiamo sponsorizzato il basket».

Che famiglia era la sua?

«Di agricoltori. Solo a 50 anni i miei genitori hanno aperto un alimentari e un bar. Io e mio fratello li abbiamo aiutati per un certo periodo e successivamente siamo andati da un vicino che faceva mobili. Dopo quattro anni non volevo più essere dipendente, ma mettermi in proprio. A diciott’anni ci ho provato, ho trovato un socio e ce l’ho fatta a produrre da solo mobili per cucine. A Santa Veneranda, nella periferia di Pesaro: una bottega, poche macchine e molto lavoro manuale. L’azienda è cresciuta costantemente e dal 1967 io e mio fratello ci siamo divisi dal socio. Non per un litigio, ma perché il locale era piccolo e ci siamo spostati a Montelabbate, tra Pesaro e Urbino, che allora sembrava il deserto, mentre oggi è pieno di aziende».

Com’è cambiata la Scavolini?

«Molto perché abbiamo sempre reinvestito gli utili in azienda. Certo non sono più quelli di prima del 2008, ma qualche milione di profitto rimane sempre. Nel 1967 la Scavolini era 1200 metri quadrati e ora è 100 mila con 670 dipendenti».

E’ vero che tre impianti fotovoltaici sul tetto garantiscono da due anni l’autosufficienza dell’azienda?

«Sì, siamo all’avanguardia tecnologica e abbiamo magazzini automatizzati che diminuiscono i costi e consentono di avere tanti prodotti facilmente gestibili. Il che ci permette di aggredire le nicchie di mercato con soluzioni differenti. La crisi la sentiamo, ma dal 2008 non abbiamo mandato via nessuno anzi abbiamo assunto 15 persone».

Lei si è messo in proprio dal nulla a 18 anni, perché oggi è così difficile?

«Allora bastavano meno investimenti, le Marche erano una regione povera, agricola, venivamo dalla guerra e ci si provava. C’era anche molto più desiderio di riscossa di oggi. Una volta poi non c’era bisogno di grandi tecnologie: pochi macchinari e molta fatica. Oggi servono e costano. Poi un tempo bastava produrre e si vendeva. Ora bisogna capire cosa vuole il mercato e andare incontro a tutte le necessità, per chi può spendere e per chi ha meno possibilità».

Il suo segreto per vendere?

«Pensare prodotti che durino. Così che la migliore pubblicità la faccia il cliente soddisfatto tra parenti, amici e vicini di casa».

Dal suo osservatorio com’è la situazione?

«La luce in fondo al tunnel non si vede ancora. L’unica possibilità concreta per crescere è esportare. Noi lo facciamo per il 15 per cento, dunque abbiamo grandi potenzialità. Da tre anni siamo presenti a Soho a New York con il più grande negozio di cucine di Manhattan, un punto di riferimento negli Stati Uniti per il design made in Italy. Perché noi crediamo molto in questa filosofia, producendo tutto nel nostro Paese, dalle Marche al Veneto, e lo pubblicizziamo in più di trecento punti vendita nel mondo, ultimi quelli di Miami e di Mosca».

Cosa deve succedere perché riparta il settore in Italia?

«Deve riprendere l’edilizia, quella fa traino. Perché è soprattutto sul nuovo che si vendono i mobili. Le Marche soffrono e molte aziende col passaggio generazionale non hanno avuto seguito. In queste ultime settimane vediamo però qualche miglioramento. Non so se sia per l’incentivo da giugno per chi ristruttura la casa e acquista mobili. Speriamo duri».

Se potesse domandare una riforma quale sarebbe?

«Vorrei poter aumentare il potere d’acquisto dei dipendenti. Perciò un’azienda dovrebbe avere un costo del lavoro più basso. Se spendiamo 3 mila euro, in tasca ai dipendenti ne vanno 1500: dovrebbero essere di più. All’azienda il lavoro non può costare ancora se no si perderebbe competitività con l’estero, ma lo stato potrebbe diminuire la spesa pubblica invece di aggiungere ogni anno una tassa nuova. Inoltre c’è il calo del credito delle banche, che chiedono molte più garanzie di una volta e questo è un freno per molti. Scavolini è una tipica azienda famigliare che non ha bisogno di capitali, anche perché ne servirebbero tanti per ingrandire la nostra realtà altrimenti non ne varrebbe la pena, ma è un fenomeno che noto attorno a me».

Per finire, com’è la giornata del Signor Scavolini?

«Mi alzo alle 6,45 e alle 8,30 sono in ufficio, non sono molto pratico di computer ma guardo le email, poi mi concentro sul prodotto e sul commerciale, studio delle cucine nuove, vedo architetti interni e esterni all’azienda, seguo la progettazione, le collaborazioni importanti che abbiamo con Diesel e Giugiaro, infine mi interesso della produzione. Massimo alle 18 vado a casa mia alle porte di Pesaro perché ogni giorno faccio una passeggiata o un giro in bici da corsa. In azienda c’è anche un gruppo di ciclisti amatoriali e la domenica gareggiamo».

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Andrò controcorrente ma fino a che per ripartire si invoca l'edilizia :disp2: come se non avessimo già uno dei territori più martoraiti dal cemento ed un sacco di costruzioni vuote , non si andrà mai da nessuna parte.

Archepensevoli spanciasentire Socing.

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Andrò controcorrente ma fino a che per ripartire si invoca l'edilizia :disp2: come se non avessimo già uno dei territori più martoraiti dal cemento ed un sacco di costruzioni vuote , non si andrà mai da nessuna parte.

Considerando la quantità di "nuovo" non richiesto accumulato durante la crisi e l'ancora maggiore quantità di vecchio da recuperare, valorizzare, ristrutturare, potremmo smettere di costruire nuovi edifici per 1 o 2 anni senza che ci sia il minimo problema di carenza di alloggi e abitazioni.

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Andrò controcorrente ma fino a che per ripartire si invoca l'edilizia :disp2: come se non avessimo già uno dei territori più martoraiti dal cemento ed un sacco di costruzioni vuote , non si andrà mai da nessuna parte.

verissimo, però esiste anche un'edilizia di riqualificazione, restauro, messa in sicurezza del territorio (rischio idrogeologico in primis) ed efficienza energetica ;)

Alfa Romeo Giulietta, 1.4 TBI Multiair 170 CV Exclusive (2013)

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... che con i vincoli edilizi dei centri storici, i costi spesso esagerati degli interventi di messa a norma o di riqualificazione energetica è spesso proibitiva.

Mentre per far cassa in vari modi i comuni continuano a dare concessioni edilizie per appartamenti futuri sfitti.

Basta guardarsi un pò intorno, ciascuno nelle proprie città, per rendersi conto dello scempio.

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giustissimo queelo che dite, ma credo che il signor scavolini invocasse nuove costruzioni per nuovi arredamenti, non ristrutturazioni ( dove gl iarredi psesso ci son già ) :)

Un ' altra riflessione: forse 50 anni fa per fare impresa bastavano quattro anni d'esperienza come operaio e tanta buona volontà e voglia di lavorare: oggi temo che non sia più così perchè quel tipo di impresa si è fiustamente trasferita in quei Pasi che hanno oggi le condizioni dell'Italia di 50 anni fa.

Archepensevoli spanciasentire Socing.

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Le nostre città sono di una bruttezza imbarazzante, più o meno tutte.

Da un lato la riqualificazione degli edifici storici fatta spesso con interpretazioni quantomeno "stravaganti" delle leggi vigenti, e dall'altra concessioni edilizie che generano palazzine a tonnellate in qualsiasi buco libero della città. Palazzine bruttissime peraltro, in quartieri senza alcuna organicità.

Per uscire da questa crisi, l'ultima cosa da fare è appellarsi all'edilizia.

Tra l'altro un'altra nota a fronte riguardo all'oggetto del topic: l'italia di successo.

Quest'italia di successo, non so nel caso specifico della scavolini ma è vero molto molto spesso, è comunque un'italia che capitalizza su un uso scriteriato (e legale) del precariato e che fornisce salari irrisori rispetto alle qualifiche del lavoratore.

I lavoratori di queste anziende di eccellenza non vivono meglio della maggiorparte degli altri lavoratori.

Sono dell'idea che una solida base economica di una nazione passi necessariamente per il benessere dei suoi abitanti, sul lavoro, nella retribuzione e, conseguentemente, nel potere d'acquisto.

"Fico, io ti rispondo che al buio tutti i gatti sembrano leopardi e che non bisogna mai comprare un gatto in un sacco. C'entrano qualcosa? Probabilmente no, esattamente come la tua metafora." [Loric]

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Tra l'altro un'altra nota a fronte riguardo all'oggetto del topic: l'italia di successo.

Quest'italia di successo, non so nel caso specifico della scavolini ma è vero molto molto spesso, è comunque un'italia che capitalizza su un uso scriteriato (e legale) del precariato e che fornisce salari irrisori rispetto alle qualifiche del lavoratore.

I lavoratori di queste anziende di eccellenza non vivono meglio della maggiorparte degli altri lavoratori.

Sono dell'idea che una solida base economica di una nazione passi necessariamente per il benessere dei suoi abitanti, sul lavoro, nella retribuzione e, conseguentemente, nel potere d'acquisto.

quanto è vero :(r

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