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Marchionne ai sindacati: non prendiamoci in giro

Sciopero di lunedì indetto perchè giocava la Nazionale, se vogliono ammazzare Fiat lo dicano

ALTAVILLA VICENTINA (VICENZA) - "Cerchiamo di smetterla di prenderci per i fondelli". Così l'ad di Fiat, Sergio Marchionne riferendosi in particolare allo sciopero di lunedì scorso a Termini Imerese indetto perché "l'unica ragione è che stava giocando la nazionale italiana".

"Come lo fanno a Termini Imerese (lo sciopero, ndr) - ha poi aggiunto Marchionne - lo hanno fatto a Pomigliano e in tutti gli stabilimenti italiani". Secondo il manager "o facciamo il nostro lavoro seriamente o la Fiat non è interessata". Marchionne ha poi proseguito rilevando che "noi abbiamo bisogno, come negli Stati Uniti, di un solo interlocutore con cui parlare e non di dodici. Anche il fatto - ha sostenuto - che i nostri operai si siano divisi in gruppetti dà fastidio e non è la cosa più efficiente. Non si può andare avanti così: per portare una macchina in Italia bisogna parlare con dieci persone, è una cosa incredibile, mai vista". L'ad del Lingotto ha poi proseguito: "se la Fiat non avesse voluto bene a questo Paese non avrebbe mai fatto una mossa simile: con 20 miliardi di investimento avremmo più che raddoppiato la produzione in Italia, stiamo - ha rilevato - discutendo un discorso teorico sull'affronto alla Costituzione italiana. Ma stiamo scherzando!".

VOGLIAMO AMMAZZARE INDUSTRIA? DITEMELO - "Se la vogliamo ammazzare me lo dite, lo facciamo, sono disposto a fare quello che vogliono gli altri". Così l'amministratore delegato di Fiat, Sergio Marchionne in merito alla situazione di confronto tra i Fiat e i sindacati sul futuro degli stabilimenti. "L'Italia - ha aggiunto - non avrà un futuro manifatturiero, l'industria non esisterà piu".

MI SPIACE PER POLEMICA- - "Mi dispiace che ci sia tutta questa polemica su un accordo che doveva essere fondamentalmente estremamente semplice". E' quanto ha detto l'Ad di Fiat, Sergio Marchionne a proposito del referendum tra gli operai di Pomigliano previsto il 22 giugno. A Marchionne é stato poi chiesto se ci sono stati segnali dalla Fiom. Il manager ha risposto: "no, le posizioni sono state prese e sono piuttosto chiare. Ai cronisti che poi gli chiedevano su che percentuali si aspetti l'esito del referendum, l'ad ha aggiunto senza voler fornire cifre: "una percentuale tale da permetterci di poter utilizzare lo stabilimento". Marchionne ha poi sottolineato in merito alla vicenda: "mi aspetto un esito positivo, vediamo cosa succede".

IO PEGGIO DI ROMITI? NON LO SO - "Non conoscevo Romiti, può darsi che aveva ragione: non lo so". L'ad di Fiat Sergio Marchionne risponde con una battuta ad una domanda dei cronisti su una recente dichiarazione dell'ex leader della Cgil, Sergio Cofferati che ha affermato che Marchionne è peggio di Cesare Romiti.

PER CIG A LUGLIO DIPENDE DA MERCATO - Per la cig a luglio "stiamo valutando, tutto dipende dal mercato e il mercato è quello che è: stiamo cercando di fare del nostro meglio". E' quanto ha detto l'ad di Fiat, Sergio Marchionne a margine della consegna del Master CUOA honoris causa al Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi.

FIOM, TERMINI SACRIFICATA PER SALVARE POMIGLIANO - "Per salvare lo stabilimento di Pomigliano la Fiat ha sacrificato 2.200 lavoratori di Termini Imerese. E' bene dirlo a quanti in queste ore stanno enfatizzando l'accordo per Pomigliano, penso al ministro Sacconi, al presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, al Pd, al segretario della Cisl Raffaele Bonanni, alla Fim e alla Uilm. Alcuni di questi sanno benissimo cosa c'é dietro la vicenda". Ne è convinto il segretario della Fiom di Palermo, Roberto Mastrosimone. Per Mastrosimone "la scelta di chiudere Termini Imerese rientra in una precisa strategia messa a punto dalla Fiat sotto le pressioni della politica e delle lobbies preoccupate per il futuro dei 15 mila lavoratori di Pomigliano, che è ovvio che andavano tutelati ma non sacrificando altri operai". "La Fiat aveva firmato un accordo con il sindacato che prevedeva la produzione a Termini Imerese della nuova Lancia Ypsilon - dice Mastrosimone, ex delegato Fiat nella fabbrica - L'investimento programmato era di 550 milioni di euro, 100 milioni furono spesi per l'acquisto di un capannone e per la formazione degli operai. All'improvviso l'ad Sergio Marchionne cambia rotta, non rispetta gli impegni. Il motivo è che per trasferire dalla Polonia a Pomigliano la Panda era necessario assegnare un'altra vettura allo stabilimento di Tichy. Quale? La Fiat ha scelto la Lancia, scrivendo la parola fine sulla storia della fabbrica di Termini Imerese". "Sacconi, Marcegaglia, Bersani lo sanno questo? - conclude - Cosa dicono alle 2.200 famiglie di altrettanti operai che a fine 2011 non saranno più dipendenti della Fiat? Oppure vogliono continuare a raccontare la storiella che nella loro fabbrica si gireranno film per il cinema o si costruiranno le auto elettriche?"

Fonte: Marchionne ai sindacati: non prendiamoci in giro - Economia - ANSA.it
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Ed inoltre circa un anno e mezzo prima aveva avvertito lo stato e la regione dell'impossibilità di mantenere Termini se le Istituzione non avessero provveduto a riqualificare le infrastrutture dell'area permettendole di rimanere competitiva...

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Scusa eh, ma settimana corta, malattia, indennità di disoccupazione ti sembrano privilegi? Sono le conquiste di tutto il mondo occidentale civilizzato, costate anni di lotte, di sacrifici, anche di morti. La globalizzazione non è un buon motivo per mandare a donnine queste conquiste di civilità, gli stati possono difendersi dallla concorrenza sleale con dazi e tassando pesantemente chi delocalizza.

sono certo che lo sai già, ma per informazione a tutti mi limito a ricordare che lo Stato italiano, a prescindere che al governo ci sia Berlusca o i suoi nemici, da alcuni decenni non può più gestire i dazi a proprio comodo, cosiccome non può penalizzare chi delocalizza.

I poteri in materia sono nelle mani dell'Unione Europea e lì (dove io lavoro...) i Paesi del nord fanno sempre muro contro ogni vincolo al mercato. Loro ci guadagnano con prezzi più bassi per consumatori e imprese, visto che o non hanno industria o la hanno troppo evoluta per temere gli effetti negativi della globalizzazione.

Solo la Francia è in bilico e... se ne fotte delle regole e aiuta Regie e PSA. Ma la Francia lo ha sempre fatto e noi non ne siamo mai stati capaci, a partire dal governo Prodi che per obbedire alle regole UE regalò un bel pezzo di ENEL ai francesi.

Tornando più IT,

i turni sono duri ma ho amici poliziotti, carabinieri, infermieri, medici, etc. che sebbene non facciano lavori fisicamente duri come i minitori citati nel topic a mio avviso fanno molti più sacrifici dei lavoratori di Pomigliano.

E poi, diciamoci la verità: in quanti stanno a Pomigliano per meriti, per aver passato una selezione seria e per la loro professionalità?

Diciamole ste cose, caro V6 Busso, non ci nascondiamo sempre dietro ai principi delle lotte sindacali.

Nessuno è andato a Melfi a dire che si chiudeva bottega.... nè tantomeno a Tichy. E ad una azienda che sposta Panda dalla Polonia a Pomigliano bisogna dare un giusto "compenso".

Ciao

Luxan

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Come spiegare ad un polacco che si preferisce costruire una vettura togliendola dal miglior stabilimento Fiat per qualità e produttività per andare nel peggiore?

secondo me il sindacalista polacco un pò ci fà, in effetti la scelta pare assurda, ma io penso che a tychy (dopo averli spaventati) daranno da fare auto più grandi.

del resto è la miglior fabbrica fiat come qualità, perchè non saturarla?

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è un teatro...adesso è iniziata la recita vera e propria..aspettiamo il prossimo intervallo..

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Mi avete fatto venire fino a quassù e mi avete detto...mi avete detto che mi compravate una bomba...arriverò tardi per il pranzo e mia mamma...ahhh...ahhh..e non mi farà mangiare per punizione..aaaaaah che vigliacchi.........nessuno ha una cioccolata??? un croccante???

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secondo me il sindacalista polacco un pò ci fà, in effetti la scelta pare assurda, ma io penso che a tychy (dopo averli spaventati) daranno da fare auto più grandi.

del resto è la miglior fabbrica fiat come qualità, perchè non saturarla?

se non erro si beccano già la futura Ypsilon che male non fa... magari qualche jeep può finirci :pen:

Alfa Romeo Giulietta, 1.4 TBI Multiair 170 CV Exclusive (2013)

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La fabbrica delle libertà

di Stefano Livadiotti Il caso Pomigliano segna una svolta nelle relazioni sindacali. E il governo ne vuole approfittare per cambiare la Costituzione

Torino torna a fare da apripista. Trent'anni dopo la marcia dei 40 mila che costrinse il sindacato ad alzare bandiera bianca davanti alla Fiat, anche oggi prende le mosse dal Lingotto la partita finale sul rinnovo del sistema italiano delle relazioni industriali. Il fischio d'inizio è arrivato lunedì 14 giugno, con il puntuale niet dei metalmeccanici della Cgil al piano di Sergio Marchionne: 700 milioni di investimenti su Pomigliano in cambio di una super-flessibilità sul lavoro dei 5 mila dipendenti. La mossa della Fiom ha aperto uno scenario destinato a proiettarsi ben oltre le linee di montaggio del disastrato stabilimento campano.

Anche perché la vicenda Pomigliano ha spinto il governo ad accelerare i progetti di riforma delle relazioni sindacali. A dirlo a chiare lettere è stato per primo il ministro del Welfare. Davanti al via libera al progetto da parte di tutte le altre forze sindacali (e al consueto, faticoso stop and go della Cgil di Guglielmo Epifani), Maurizio Sacconi ben prima della firma di martedì 15 ha parlato di svolta storica e annunciato il varo del nuovo Statuto dei lavori, destinato a superare lo Statuto dei lavoratori del maggio 1970. Mentre il titolare dell'Economia, Giulio Tremonti, guadagnandosi il plauso del premier Silvio Berlusconi, ha cominciato a prospettare una modifica all'articolo 41 della Costituzione (quello sul ruolo sociale dell'impresa) all'origine, secondo il ministro, dei troppi lacci e lacciuoli che imbrigliano l'Azienda Italia. Queste uscite del governo hanno paradossalmente più danneggiato che favorito un esito positivo della vertenza di Pomigliano, accentuando i timori della sinistra. "Sarà la prova generale per eliminare il sindacato", è stato il grido d'allarme dell'"Unità". "Alcune parti dell'accordo sono illegittime perché derogano rispetto ai diritti allo sciopero e alla contrattazione collettiva, che non sono negoziabili", dice il leader della Fiom, Maurizio Landini: "Le misure previste, oltretutto, non producono effetti su produttività e assenteismo".

La vicenda di Pomigliano è semplice quanto emblematica. Gli impianti marciano a scartamento ridotto. Complice un assenteismo da Guinness dei primati (un giorno dell'aprile 2008 sono risultati non pervenuti 1.518 dipendenti su 4.473), la capacità produttiva viene sfruttata per non più di un quinto. Con un simile dossier sul tavolo, chiunque chiuderebbe subito baracca e burattini. A meno di non voler temerariamente giocare un'ultima carta: traslocare nello stabilimento campano la produzione di un veicolo capace di impegnare al massimo le linee di montaggio. E oggi la Fiat nel suo listino ha un solo bene che corrisponde a questo identikit: la Panda. Il problema è che la fortunata vetturetta è stata finora realizzata nella fabbrica polacca di Tychy, in grado di sfornare un'auto ogni 35 secondi, con un margine di imperfezione del 3 per cento: i 5.798 dipendenti di Fiat Polland producono quanto i 20 mila dei cinque stabilimenti italiani del gruppo.

Secondo i calcoli che circolano al Lingotto, a bocce ferme realizzare la Panda a Pomigliano significherebbe spendere tra i 500 e i 600 euro in più per ogni vettura finita. Così, la Fiat prima di prendere una decisione in controtendenza (riportare la produzione in Italia) e costosa (700 milioni) ha chiesto precise garanzie: la possibilità di ricorrere a 18 turni settimanali di lavoro e a un pacchetto di straordinari prestabilito. Ma anche il divieto di scioperare contro il nuovo accordo e misure incisive per contenere l'assenteismo. "Forse l'azienda non ha alternative, e non ce l'hanno nemmeno i lavoratori", ha scritto lunedì 14 giugno su "la Repubblica" il sociologo Luciano Gallino. Tant'è: il giorno stesso la Fiom ha risposto picche, accusando il piano Marchionne di violare i contratti, la legge e la Costituzione. E cercando di chiudere la porta al referendum tra i lavoratori (convocato invece per martedì 22), consapevole che pochi voterebbero per la condanna del proprio posto di lavoro. "La Fiom non è un sindacato, ma un partito e fa le sue scelte in un'ottica puramente politica", sibila Raffaele Bonanni, numero uno della Cisl. Dice invece Stefano Fassina, responsabile economico del Pd: "La competitività delle imprese è importante, ma i diritti e la dignità del lavoro non possono essere la variabile compensativa delle rendite e degli interessi corporativi difesi dalla destra di Sacconi, Tremonti e Berlusconi".

Ora, il punto è questo: l'adesione al piano Marchionne di tutti gli altri sindacati segna la possibilità di raggiungere sul territorio forme di intesa giudicate vantaggiose da entrambe le parti. È questa, del resto, la strada già faticosamente imboccata da Cisl, Uil e Ugl (ma non dalla Cgil) nell'accordo-quadro firmato nel luglio 2009 con la Confindustria per il rinnovo della contrattazione: un livello nazionale che faccia da cornice e lasci ai negoziati decentrati la distribuzione dei margini economici (detassati, oltretutto) ottenuti attraverso gli aumenti di produttività. Per le centrali sindacali è un prezzo da pagare in termini di puro potere. Per i loro iscritti la possibilità di ritirare a fine mese una busta-paga più pesante. Con il vecchio sistema, che riservava al contratto nazionale di categoria il grosso della trattativa, non si va più da nessuna parte: se lo stesso accordo deve poter essere applicato alla Fiat e a una piccola azienda metalmeccanica della Basilicata è chiaro che il suo aspetto economico verrà fissato tenendo conto della media tra le due realtà. E il risultato si vede: i salari medi netti degli italiani sono al ventitreesimo posto nella classifica dell'Ocse e risultano inferiori del 16,5 per cento rispetto alla media, superati pure da quelli greci.

Un percorso, quello del decentramento, la cui prossima tappa secondo il governo dovrebbe essere lo Statuto dei lavori. "Il contratto nazionale", sostiene Sacconi, "è diventato una mera cornice di ordinaria manutenzione, con un depotenziamento del carattere politico che una parte del sindacato gli aveva dato. Pomigliano farà scuola perché dimostrerà che sul territorio si possono raggiungere punti di incontro tra le esigenze di competitività di impresa e quelle legate a qualità e buona remunerazione del lavoro".

"È la via moderna al sindacalismo", sostiene Carlo Callieri, per otto anni vice presidente della Confindustria per le relazioni industriali: "Si tratta di limitare il ruolo della legge e valorizzare l'autonomia contrattuale". Dice Giuliano Cazzola, ex sindacalista di lungo corso della Cgil e oggi vicepresidente della commissione Lavoro della Camera: "Gino Giugni, il padre dello Statuto dei lavoratori, amava ripetere che è un diritto di ciascuno leggere il giornale, ma che se qualcuno ti chiede di non farlo durante l'orario di lavoro non viola il tuo diritto".

La gran parte dei sindacati italiani sembra dunque aver capito qual è la strada da seguire. Ed è senz'altro una buona notizia. Così come positive sono le seppur incerte aperture mostrate in questa direzione dalla Cgil, prossima a passare dalle mani del timoroso Epifani a quelle di Susanna Camusso, una che vede come il fumo negli occhi gli estremismi della Fiom. Resta però un problema. Per come è congegnato oggi il sistema di relazioni industriali in Italia basta che una piccola minoranza si metta di traverso per rallentare qualsiasi innovazione. Un aspetto ben presente a Marchionne, che (forse anche tatticamente) aveva inizialmente condizionato l'attuazione del suo piano all'accordo di tutti. Libera dal vincolo della firma, infatti la Fiom, con appena 540 iscritti, sarebbe comunque in grado di infilare qualche zeppa negli ingranaggi di Pomigliano.

Ha scritto con la consueta lucidità Pietro Ichino: "O il nostro sistema delle relazioni industriali saprà darsi da solo le regole necessarie, in materia di rappresentatività, di legittimazione a contrattare e di efficacia del contratto (ivi compresa l'eventuale clausola di tregua sindacale) mediante un accordo sottoscritto da tutte le confederazioni maggiori, o dovrà farlo il legislatore in via sussidiaria. Molto meglio la prima ipotesi". Riformarsi, insomma, per non lasciare carta bianca al governo, che altrimenti potrebbe sfruttare l'inconcludenza del sindacato per cercar di metterlo definitivamente nell'angolo, magari in nome della libertà d'impresa.

"Dopo la batosta della marcia dei quarantamila", ricorda Cazzola, "Lama, Carniti e Benvenuto mandarono a quel paese i capetti delle rispettive sigle metalmeccaniche e andarono a firmare l'accordo con la Fiat".

L'Espresso - La fabbrica delle libertà

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sono certo che lo sai già, ma per informazione a tutti mi limito a ricordare che lo Stato italiano, a prescindere che al governo ci sia Berlusca o i suoi nemici, da alcuni decenni non può più gestire i dazi a proprio comodo, cosiccome non può penalizzare chi delocalizza.

I poteri in materia sono nelle mani dell'Unione Europea e lì (dove io lavoro...) i Paesi del nord fanno sempre muro contro ogni vincolo al mercato. Loro ci guadagnano con prezzi più bassi per consumatori e imprese, visto che o non hanno industria o la hanno troppo evoluta per temere gli effetti negativi della globalizzazione.

Solo la Francia è in bilico e... se ne fotte delle regole e aiuta Regie e PSA. Ma la Francia lo ha sempre fatto e noi non ne siamo mai stati capaci, a partire dal governo Prodi che per obbedire alle regole UE regalò un bel pezzo di ENEL ai francesi.

Lo so bene, infatti i dazi dovrebbe imporli l'Ue verso i paesi dove i diritti sindacali non esistono e fanno concorrenza sleale alle spalle dei dipendenti sfruttati. Se l'Ue non lo fa lo possiamo fare noi: è una violazione? Sì, ma le sanzioni ci costerebbero molto meno del bagno di sangue causato dalla concorrenza sleale.

Tornando più IT,

i turni sono duri ma ho amici poliziotti, carabinieri, infermieri, medici, etc. che sebbene non facciano lavori fisicamente duri come i minitori citati nel topic a mio avviso fanno molti più sacrifici dei lavoratori di Pomigliano.

E poi, diciamoci la verità: in quanti stanno a Pomigliano per meriti, per aver passato una selezione seria e per la loro professionalità?

Diciamole ste cose, caro V6 Busso, non ci nascondiamo sempre dietro ai principi delle lotte sindacali.

Le ho già scritte queste cose, mi autoquoto:

Non condivido la tesi "a Pomigliano ci sono troppi operai assenteisti, ladri o sabotatori, quindi meritano questo e anche peggio": questi operai non meritano neanche di lavorare, andrebbero licenziati in tronco ;);

[...]

Credo che molti operai negligenti (per usare un eufemismo) abbiano le spalle coperte da qualche potente raccomandazione, altrimenti non potrebbero permettersi certi comportamenti ;).

"Se passi una vita noiosa e miserabile perché hai ascoltato tua madre, tuo padre, tua sorella, il tuo prete o qualche tizio in tv che ti diceva come farti gli affari tuoi, allora te lo meriti."  Frank Zappa

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Il problema è che la fortunata vetturetta è stata finora realizzata nella fabbrica polacca di Tychy, in grado di sfornare un'auto ogni 35 secondi, con un margine di imperfezione del 3 per cento: i 5.798 dipendenti di Fiat Polland producono quanto i 20 mila dei cinque stabilimenti italiani del gruppo.

Secondo i calcoli che circolano al Lingotto, a bocce ferme realizzare la Panda a Pomigliano significherebbe spendere tra i 500 e i 600 euro in più per ogni vettura finita. Così, la Fiat prima di prendere una decisione in controtendenza (riportare la produzione in Italia) e costosa (700 milioni) ha chiesto precise garanzie: la possibilità di ricorrere a 18 turni settimanali di lavoro e a un pacchetto di straordinari prestabilito.

Insomma ragazzi, il problema è questo...vogliamo le industrie in Italia? e allora bisogna mollare qualcosa....i 6000 di Tychy producono quanto i 20.000 italiani (ok che fanno Panda e 500)....meditate....

V6 busso---------------> "sono conquiste dei lavoratori" cosa vuoi che ti dica, la Storia (con la S maiuscola) è andata avanti, il comunismo è caduto e tutti stanno un pò meno bene.

altrimenti si chiude e chi se ne frega.

tra l'altro (finalmente si butta l'occhio quando ci sono queste notizie importanti) ha sempre prodotto macchine fatte su col kulo. non ne sentiremo la mancanza della vecchia Pomigliano.

l'alternativa è tirare giù la serranda.

Modificato da Matteo B.
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