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Tanzi, Geronzi, "Il manifesto", "Il Foglio&qu


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Inviato

Mi sono reso conto solo dopo che il link non collegava direttamente dove volevo io, quindi adesso faccio un copia/incolla .

da www.dagospia.com

“HO DATO CINQUECENTO MILIONI BREVI MANU A GIULIANO FERRARA

I SOLDI LI HO PORTATI IO PERSONALMENTE A ROMA. MI DISSE SOLO: GRAZIE”

FINANZIATO “IL MANIFESTO” - AL MINISTRO LA LOGGIA UNA CONSULENZA FISSA...

Alessandro Sallusti per "Libero"

Politici, ma non solo. Nei suoi interrogatori-fiume Calisto Tanzi ricostruisce anche i rapporti con la stampa e i giornalisti. I pm che ascoltano le confessioni trascrivono. E alla fine decidono di segretare il verbale. Ci sono rivelazioni molto delicate. Una in particolare, che riguarda Giuliano Ferrara, grande firma del giornalismo italiano, fondatore e direttore del quotidiano “Il Foglio.”

Nel suo racconto l’ex presidente di Parmalat parte da lontano, da quando, all’inizio degli anni ’90, gli fu «consigliato» di finanziare la nascita del quotidiano «L’Informazione», che chiuse pochi mesi dopo. In seguito - racconta Tanzi - il banchiere romano Cesare Geronzi gli chiese di entrare nel capitale sociale del “Manifesto”, e poi del “Foglio”. Il quotidiano della sinistra fu finanziato dal gruppo di Collecchio, il “Foglio” no. Spiega: «Non avevo soldi per fare un’operazione del genere ma feci sapere che sarei stato disponibile ad aiutare in qualche modo».

E la cosa avvenne. «Ho dato cinquecento milioni brevi manu a Giuliano Ferrara», dice Tanzi. La tensione, nella cella dove avviene l’interrogatorio, è alta. I pm chiedono: in che senso? Sul verbale si legge: «A domanda risponde...». E la risposta del signor Parmalat è questa: i soldi li ho portati io personalmente a Roma al direttore Ferrara, erano contenuti in una borsa. Non ricordo se fossero cinquecento milioni o un miliardo. E ancora: non so da che voce di bilancio quei soldi fossero stati presi, né a che servissero. I pm insistono e chiedono: Ferrara che cosa le disse? Risposta di Tanzi: «Mi disse solo: grazie».

Poi Calisto racconta, senza fare nomi, di aver «finanziato anche giornalisti di testate locali» dell’Emilia per ottenere in cambio un occhio di riguardo sulle attività del gruppo.

Soldi, a volte tanti, a volte meno, che Tanzi mette sotto la voce «finanziamenti». Spese che è convinto, e lo dice ai pm che lo interrogano, siano indispensabili per ottenere benevolenza e all’occorrenza aiuti. O almeno così lui spera.

E in questa logica Calisto fa anche il nome di Enrico La Loggia, avvocato, senatore di Forza Italia, ministro per gli Affari Regionali. L’ex presidente fa mettere a verbale che alla fine è convenuto «dare a La Loggia una consulenza legale fissa». Insomma, Tanzi dice che un ministro era di fatto a libro paga dell’azienda.

La Loggia non è comunque l’unico esponente del centrodestra, e neppure del governo, che l’ex presidente di Parmalat ritiene di aver aiutato in vari modi e varie forme. C’è attesa di sapere. Tanto che il comando generale dei carabinieri ha inviato ieri sera una pattuglia nel nostro stabilimento di stampa a Roma per prendere la prima copia di “Libero”. Chissà perché.

Dagospia 05 Marzo 2004

Perchè qui in Italia c'è chi vorrebbe anteporre la verifica della nostra tolleranza verso le idee altrui, prima ancora di assicurarsi della loro nei nostri confronti.

(Massimo Tosti, giornalista)

Inviato

Questa è una denuncia di Feltri sul silenzio che avvolge i verbali del processo a Tanzi...

Sempre da www.dagospia.com

TANZINTOPOLI – FELTRI ALL’ATTACCO: CONGIURA DEL SILENZIO SULLE RIVELAZIONI DI “LIBERO”: I “FINANZIAMENTI” PARMALAT NON ESISTONO PER STAMPA E TV – IL SERVIZIO DI FEDE MAI MANDATO IN ONDA…

Vittorio Feltri per "Libero"

Cari lettori, l’informazione italiana sta sprofondando nel ridicolo, esattamente come la politica. Calisto Tanzi ha pagato tutti, la sinistra, il centro, la destra.

Milioni e miliardi di defunte lire sottratti all’azienda per rimpolpare le tasche di chiunque potesse ricambiare la cortesia.

Un articolo, due articoli, tre inchieste, un elogio. Oppure un disegno di legge, un finanziamento straordinario, una spinta, un’apertura di credito. Do ut des. Comprarsi la benevolenza, una vecchia pratica che non scandalizza. Siamo uomini di mondo e non diamo giudizi moralistici. Però, attenzione. Alcuni distinguo sono d’obbligo.

Primo. L’imprenditore parmigiano foraggiava in contanti amici nemici e giornalisti, così almeno dice lui e finora molti riscontri gli danno ragione. Perché in contanti?

Fosse stato denaro regolarmente registrato nei bilanci egli non avrebbe avuto alcuna esigenza di elargirlo sottobanco. Evidentemente erano quattrini neri.

Ora, anche un deficiente sa che se un industriale ammolla banconote anziché assegni, ciò avviene con una tacita intesa: io ti ungo le ruote, tu non dici che te le ho unte. Le personalità destinatarie delle donazioni (Di Pietro le definirebbe dazioni) nella maggioranza dei casi non negano di essere state beneficate; ma precisano: Calisto mi ha regalato non 100 milioni, come lui afferma, bensì 10. Perché questa discordanza? O mente Tanzi o mentono gli accattoni

Secondo. Gli accattoni hanno incamerato effettivamente cento, ma trattandosi di denaro contante hanno denunciato solo 10. E il resto? In tasca. Altre ipotesi non vengono in mente. Qualcuno dovrebbe spiegare a questo punto quale sia la differenza fra Tangentopoli e Tanziopoli. Io non la scorgo, amici.

Denaro occulto che passa da un imprenditore a un politico, e non per vie ufficiali, pulite, ma attraverso un giro tortuoso al termine del quale qualcuno rimane fregato: per esempio il fisco, e Parmalat nonché tutti coloro che in Parmalat hanno investito convinti di investire nel latte e che invece hanno versato i risparmi ai partiti o ai giornali.

Se l’azienda è andata a ramengo, un sostanzioso contributo è stato dato dai mungitori abusivi della grande e generosa mucca.

Tanzi dice la verità? A giudicare dalle reazioni di molti gentili signori premiati dalla ditta casearia, si direbbe di sì.

Hanno infatti ammesso la riscossione. Altri viceversa negano. Quindi?

Male che vada Calisto ha detto mezze verità, più che bastevoli però a farci capire che l’inchiesta va approfondita e non accantonata con la trovatina della segretazione .

Si aprano gli armadi ed escano gli scheletri. Parliamone, almeno. Nessuno spera che le manette tornino a tintinnare. Ci mancherebbe.

Vogliamo solo capire, e magari mandare a casa chi se ne è approfittato. Chiediamo troppo? Pare di sì. Infatti, mentre Libero da ormai cinque giorni pubblica i verbali degli interrogatori a Calisto, in cui si rivelano particolari imbarazzanti, che fa l’informazione italiana? Organizza la congiura del silenzio.

Nelle redazioni dei giornali e delle emittenti televisive il nostro quotidiano viene letto con stupore dai colleghi. È commentato, spulciato, analizzato. Ma non c’è anima che decida di venirci dietro per raccontare ai cittadini quale effettivamente sia la realtà di Parmalat e corte dei miracoli. Tutti zitti, spaventati, timorosi di avere grane coi potenti della maggioranza e della minoranza. C’è da inorridire. Il giornalista Gomez dell’Espresso, mi ha detto Marco Travaglio (Repubblica e Unità), aveva in mano i nostri stessi documenti, però non ne ha ricavato nulla, forse perché ha visto che Libero era bene avviato.

Sta di fatto che il settimanale non ha pubblicato un rigo. Le agenzie di stampa, a parte l’Ansa diretta da Pierluigi Magnaschi, hanno finto di non aver notato i nostri servizi (figuriamoci). Le altre testate, grosse o piccole, idem. E le televisioni?

Da rotolarsi per terra dal ridere. Non un cenno. Non un’allusione. Zero. I verbali di Tanzi da noi divulgati non esistono. Va tutto bene madama la marchesa. Correte a nascondervi, maggiordomi del potere autentico o presunto.

Avete presenti le rassegne stampa al seguito dei tigì? Di norma Libero vi compare con la prima pagina. Ebbene, da quando ci stiamo occupando del grano sperperato da Parmalat allo scopo di alimentare Tizio e Caio, basta, è sparito. Dimenticato. Oddio che sbadati, non lo abbiamo mostrato. Meglio discutere di Sanremo piuttosto che delle stecche finite in saccoccia ai big ai vip e ai padroni delle istituzioni. Casini, citato da Tanzi quale percettore di liquido, querela noi anziché fornire delucidazioni. Il ministro Buttiglione delucida, aggiunge che Berlusconi si è pappato 400 milioni, cioè ricorda quanto ricevuto dal premier ma scorda quanto ricevuto da se medesimo, e querela. Al diavolo.

Emilio Fede, di Retequattro, amico simpatico e direttore di qualità, ubbidisce al proprio istinto e manda qui, nei nostri uffici, un redattore e una troupe che intervistano Alessandro Sallusti, autore degli articoli in questione, poi però non trasmette il pezzo per il quale aveva scomodato i colleghi.

Lasciamoli dire, quei fessi di Libero: lasciamoli sfogare con i loro scoop. Gli italiani sono idioti, è preferibile che non sappiano.

Dagospia 06 Marzo 2004

Perchè qui in Italia c'è chi vorrebbe anteporre la verifica della nostra tolleranza verso le idee altrui, prima ancora di assicurarsi della loro nei nostri confronti.

(Massimo Tosti, giornalista)

Inviato

Ma di questa cose non ve ne frega proprio niente? :roll:

NESSUNO E’ “LIBERO” – ANCHE PRODI QUERELA FELTRI PER LE CONFESSIONI DI TANZI («TRECENTO MILIONI VERSATI IN CONTANTI») – SCENDE IN CAMPO, SPONSOR D’ECCEZIONE, ANTONIO DI PIETRO – ARTICOLO DELL’”UNITA’”…

Da L’Unità

Il presidente dell’Unione Europea, Romano Prodi, ha deciso di querelare il quotidiano Libero, diretto da Vittorio Feltri, che da molti giorni sta dando ampio risalto ai risvolti politici legati allo scandalo Parmalat.

Così ieri è stato messo nel mirino (per la seconda volta) Prodi, quale destinatario di «trecento milioni versati in contanti» a suo favore da Calisto Tanzi. Secondo il quotidiano sarebbe stato lo stesso ex patron di Parmalat ad ammettere la circostanza nel corso di un interrogatorio reso ai giudici (nel quale dichiarava anche finanziamenti attraverso Speroni e Stefani alla Lega di Bossi).

Appena comparsa la notizia è scattata la querela dei legali di Prodi, con relativa richiesta di danni. Per la verità il nome di Prodi aveva già fatto la sua comparsa sul giornale di Feltri, in un articolo dello scorso 2 marzo. Anche in quell’occasione veniva fatto riferimento a un interrogatorio di Tanzi, che avrebbe ammesso di aver effettuato «due pagamenti » a Prodi.

Alla querela del leader ulivista, Feltri ha così replicato: «Quello che abbiamo scritto è preso dai verbali degli interrogatori e non ce l'ha certo detto l'uccellino. Perché prendersela con lo specchio e non con la realtà?». Intanto la direzione del giornale promette nuovi, clamorosi, scoop che coinvolgerebero anche politici stranieri.

Ma ecco il passaggio, publicato tra virgolette, che sarebbe contenuto nei verbali pubblicati da Libero relativo alle affermazioni di Tanzi: «Debbo precisare che sia in occasione delle elezioni politiche del 1996 sia recentemente, circa un anno fa, ho fatto erogare al presidente Prodi del denaro. Si è trattato di due versamenti di 150 milioni cadauno. Il finanziamento mi venne richiesto da Gianni Pecci, amico personale di Prodi, il quale poi ricevette il denaro da Piergiovanni Tanzi, che è il capo della mia segreteria. Il denaro venne prelevato dalle casse della Parmalat per contanti».

La campagna politica di Libero ha intanto trovato uno sponsor d’eccezione in Antonio Di Pietro, che ha scritto una lettera al direttore invitandolo «a non demordere». Di Pietro segnala la «sua disponibilità a sostenere questa sua battaglia di verità » e aggiunge: «Ciò, non solo perché ritengo scandaloso il silenzio omertoso che si sta architettando attorno a questa vicenda, ma perché quasi tutte le persone chiamate in causa da Tanzi hanno annunciato querele nei confronti di Feltri. Probabilmente hanno la coda di paglia. Temono che possa scapparci il testimone di riscontro, la traccia da cui desumere che il versamento di denaro o il favore ci sia stato davvero».

Dagospia 09 Marzo 2004

Perchè qui in Italia c'è chi vorrebbe anteporre la verifica della nostra tolleranza verso le idee altrui, prima ancora di assicurarsi della loro nei nostri confronti.

(Massimo Tosti, giornalista)

Inviato

ma quando il giornale diffamò Di Pietro e fu costretta dal giudice a pubblicare una pagina di scuse (con la stessa evidenza delle diffamazioni), il direttore era Feltri?

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