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Morchio Arrivato Momento Di Fare Sistema Paese


Guest fabvio

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..........

Ma qualcuno puòspiegare cosa vuole dire "Fiat che nazionalizzava le perdite e privatizzava i profitti", dati alla mano?. E' uno slogan che da sempre mi lascia perplesso.

ciao

Se te lo spiego io scoppia un putiferio.

Qualcosa l'ha detta Guglielmo.

Guarda, usa Google; rovista un pochettino e trai le tue conclusioni.

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copco come sai oramai ci conosciamo da un po' di tempo..... e seguirti è un piacere (niente lusinghe, solo verità).

La spiegazione è corretta, solo che se lo dici tu (che il pubblico ha creato ricchezza se non liquida quantomeno non meno oggettiva e il privato ha tettato per se stesso da tutte le parti) o lo dico io siamo gente che ha la testa indietro di trent'anni.

A onor del vero fabvio stesso nei messaggi privati che ci siamo scambiati ha chiaramente detto che le aziende private si tirano avanti a suon di sovvenzionamenti.

La piccola (mica tanto) differenza è che per me è uno schifo ed anzi la negazione stessa di essere "impresa privata" oltre ai risvolti sociali negativi che causa; per fabvio è normale così.

Non solo: la corsa alla privatizzazione oramai va perchè gli interessi privati sono riusciti a rompere tanto in tanti anni che oramai la demonizzazione dell'impresa pubblica (carrozzone eccetera) è una costante, ancorchè di fatto (leggi le poste) da quando si sono privatizzati gli enti e le aziende che prima erano pubbliche il servizio è scaduto di qualità.

Sembra quasi che i "padroni" abbiano pensato che tanto, sia che sia imprenditore di per se sia che non lo sia, lo Stato i quattrini li deve avere, quindi li deve dare (a loro) e con il fatto di non averlo come concorrente (perchè ha venduto tutto) da un lato c'è + margine per loro, dall'altro non vi è alternativa che lo stato possa mettere in atto (e può quindi soccombere di fronte ai ricatti sulla sfera sociale).

La manovra è stata molto intelligente, perchè si sono ottenuti una minore concorrenza, per alcuni un acquisto conveniente di aziende ex statali, fermo restando che tanto i soldi "ci sono e devono arrivare".

In soldoni, si diceva che quando Fiat prendeva liquidi o comunque agevolazioni varie, pagava pantalone, e che quando la Fiat andava non è che il guadagno di Fiat venisse versato nelle casse statali a rimpinguare quei cassetti che loro avevano reso meno pingui.

In questo caso, emblematico è che se l'Alfa IRI in effetti tettava, quantomeno prima della crisi quando produceva utili, li riversava nello stesso calderone da cui li aveva presi per finanziarsi.

Se l'operazione Alfasud fosse andata in porto come doveva e poteva, da un lato lo stato aveva scucito danari, ma li avrebbe anche ripresi in via diretta e non indiretta (leggi a mezzo della tassazione sui dipendenti, a mezzo della tassazione sugli utili dell'azienda privata). Salvaguardando una certa socialità, oltretutto.

Per assurdo se Alfa fosse stata tanto forte da non essere venduta non solo sarebbe stata una concorrente di Fiat, ma avrebbe catalizzato su di se, per via della identità della proprietà, il primo pensiero alla voce "finanziamenti pubblici o pubblici aiuti" destinandone meno alla "concorrenza". Non solo: qualora la Fiat non fosse riuscita a risolvere crisi, poteva capitare che lo stato dicesse "io le auto tanto le faccio lo stesso" o che si cuccasse il settore auto di fiat.

Cito ancora Alfa in quanto è un caso che conosco bene: dopo aver ottenuto in regalo l'Alfa, mai pagata, Fiat non paga di aver ottenuto senza scucire, ha colto anche l'obiettivo di non pagare una lira di tasse per anni, in quanto con l'Alfa Lancia ha fuso nello stesso calderone il passivo Alfa e l'utile Lancia (che all'epoca tirava forte) cosicchè gli utili lancia si diluivano fino a scomparire nel passivo Alfa, creando un'azienda sulla carta non redditizia e omettendo quindi di pagare fior di soldi in tasse.

Se quindi aggiungiamo matematicamente lo 0 pagato all'importo di balzelli non versato da Fiat per l'Alfa Lancia da anni (ovvero denaro in meno per l'erario) possiamo credo determinare che, al di là del risultato, sia risultato che l'Alfa invece di fruttare dieci è costata allo stato magari altrettanto, con l'ulteriore perdita del fatto che l'azienda non ce l'aveva più.

A Torino i conti li sanno fare molto bene. In questo, in Italia, se non a tutti insegano a molti.

firmaboh.jpg

'80 Alfasud 1.2 5m 4p --- '09 147 JTDm Moving

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copco come sai oramai ci conosciamo da un po' di tempo..... e seguirti è un piacere (niente lusinghe, solo verità).

La spiegazione è corretta, solo che se lo dici tu (che il pubblico ha creato ricchezza se non liquida quantomeno non meno oggettiva e il privato ha tettato per se stesso da tutte le parti) o lo dico io siamo gente che ha la testa indietro di trent'anni.

A onor del vero fabvio stesso nei messaggi privati che ci siamo scambiati ha chiaramente detto che le aziende private si tirano avanti a suon di sovvenzionamenti.

La piccola (mica tanto) differenza è che per me è uno schifo ed anzi la negazione stessa di essere "impresa privata" oltre ai risvolti sociali negativi che causa; per fabvio è normale così.

Non solo: la corsa alla privatizzazione oramai va perchè gli interessi privati sono riusciti a rompere tanto in tanti anni che oramai la demonizzazione dell'impresa pubblica (carrozzone eccetera) è una costante, ancorchè di fatto (leggi le poste) da quando si sono privatizzati gli enti e le aziende che prima erano pubbliche il servizio è scaduto di qualità.

Sembra quasi che i "padroni" abbiano pensato che tanto, sia che sia imprenditore di per se sia che non lo sia, lo Stato i quattrini li deve avere, quindi li deve dare (a loro) e con il fatto di non averlo come concorrente (perchè ha venduto tutto) da un lato c'è + margine per loro, dall'altro non vi è alternativa che lo stato possa mettere in atto (e può quindi soccombere di fronte ai ricatti sulla sfera sociale).

La manovra è stata molto intelligente, perchè si sono ottenuti una minore concorrenza, per alcuni un acquisto conveniente di aziende ex statali, fermo restando che tanto i soldi "ci sono e devono arrivare".

In soldoni, si diceva che quando Fiat prendeva liquidi o comunque agevolazioni varie, pagava pantalone, e che quando la Fiat andava non è che il guadagno di Fiat venisse versato nelle casse statali a rimpinguare quei cassetti che loro avevano reso meno pingui.

In questo caso, emblematico è che se l'Alfa IRI in effetti tettava, quantomeno prima della crisi quando produceva utili, li riversava nello stesso calderone da cui li aveva presi per finanziarsi.

Se l'operazione Alfasud fosse andata in porto come doveva e poteva, da un lato lo stato aveva scucito danari, ma li avrebbe anche ripresi in via diretta e non indiretta (leggi a mezzo della tassazione sui dipendenti, a mezzo della tassazione sugli utili dell'azienda privata). Salvaguardando una certa socialità, oltretutto.

Per assurdo se Alfa fosse stata tanto forte da non essere venduta non solo sarebbe stata una concorrente di Fiat, ma avrebbe catalizzato su di se, per via della identità della proprietà, il primo pensiero alla voce "finanziamenti pubblici o pubblici aiuti" destinandone meno alla "concorrenza". Non solo: qualora la Fiat non fosse riuscita a risolvere crisi, poteva capitare che lo stato dicesse "io le auto tanto le faccio lo stesso" o che si cuccasse il settore auto di fiat.

Cito ancora Alfa in quanto è un caso che conosco bene: dopo aver ottenuto in regalo l'Alfa, mai pagata, Fiat non paga di aver ottenuto senza scucire, ha colto anche l'obiettivo di non pagare una lira di tasse per anni, in quanto con l'Alfa Lancia ha fuso nello stesso calderone il passivo Alfa e l'utile Lancia (che all'epoca tirava forte) cosicchè gli utili lancia si diluivano fino a scomparire nel passivo Alfa, creando un'azienda sulla carta non redditizia e omettendo quindi di pagare fior di soldi in tasse.

Se quindi aggiungiamo matematicamente lo 0 pagato all'importo di balzelli non versato da Fiat per l'Alfa Lancia da anni (ovvero denaro in meno per l'erario) possiamo credo determinare che, al di là del risultato, sia risultato che l'Alfa invece di fruttare dieci è costata allo stato magari altrettanto, con l'ulteriore perdita del fatto che l'azienda non ce l'aveva più.

A Torino i conti li sanno fare molto bene. In questo, in Italia, se non a tutti insegano a molti.

Il Fusi, è vero, ci conosciamo oramai da molto tempo e conosco il tuo pensiero. Ho sempre condiviso le tue idee ed infatti non mi sorprende che tu condivida le mie. Fra l'altro mi pare che sull'argomento in oggetto ci confrontammo sul forum di 4R quando ti facevi chiamare cvx e forse ancor prima.

In un mondo oramai completamente prono alla dottrina del "privato è bello e pubblico è brutto" mi fa piacere vedere che c'è ancora qualcuno dotato di capacità critiche, che usa la propria testa e che non si è ancora fatto indottrinare.

Con questo non voglio assolutamente dire che solo "pubblico è bello"; semplicemente io credo che una cosa è il pubblico ed altra cosa è il privato, e che quando fra le due cose c'è commistione nascono dei mostri.

Sono dell’avviso che sia il pubblico che il privato possono funzionare bene.

Ma pare che, se parliamo di grandi imprese, tra il 1986 e il 2001, la Fiat ha distrutto ricchezza per 27 mila miliardi di lire, la Montedison per 9 mila, Olivetti per 14 mila e Pirelli per 4 mila.

Invece, contrariamente ai pregiudizi, nello stesso periodo l’Eni ha creato ricchezza per 36 mila miliardi, l’Enel per 22 mila e Telecom per 94 mila miliardi di lire.

Nel privato si salva ovviamente Silvio Berlusconi: ha avuto le palle per riuscire a scalare il paese, ma ahimè, ha prodotto ancora una volta un’altra anomalia italiana. Sembra proprio che l’Italia non sia un terreno fertile per una grande impresa privata che sia sana.

Quand’ero a San Francisco scendevo giù al minimarket del residence per comprare il Pomì Parmalat e preparare poi il sugo per due spaghi da condividere con qualche amico di tanto in tanto. Potevo vantarmi sfoggiando spaghetti De Cecco conditi col sugo fatto con la passata di pomodoro prodotta dalla Parmalat, e spiegavo con orgoglio che la Parmalat era una grande impresa multinazionale con casa madre italiana. Che figuracce che ho fatto!

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Guarda, mutuando il titolo di un libro (che non ho ancora letto) scritto dal vicedirettore dell'Espresso Massimo Mucchetti, ti dico che la mia opinione è che in Italia bisognerebbe "licenziare i padroni".

Ho letto solo alcune recensioni di quel libro, ed ho deciso che dovrò prima o poi comprarlo e leggerlo. Ho solo intuito che alcune cose che Mucchetti scrive nel suo libro io le avevo già scritte sul forum di 4R nelle aree dedicate a Fiat.

A conti fatti le tanto aborrite imprese pubbliche italiane hanno prodotto ricchezza, mentre quelle private hanno distrutto ricchezza.

Nonostante ciò, la corsa forsennata verso le privatizzazioni prosegue. Strano! Molto strano!

La imprese private italiane, non solo Fiat, si sono mantenute in piedi con i soldi pubblici. Per intenderci: con i soldi delle nostre tasche.

Quando senti parlare di "imprenditoria italiana malata" ci si riferisce proprio a questo, nel senso che è facile fare gli imprenditori chiedendo l'aiuto dello stato quando l'azienda va in crisi.

Mi sorprende davvero che rimani perplesso davanti alla frase citata da Guglielmo:"Fiat ha privatizzato i profitti ed ha statalizzato le perdite".

Fiat, prima che le normative europee glielo impedissero, ha sempre preso soldi pubblici a piene mani, nonostante ciò, ad intervalli regolari è andata in crisi. Cioè è andata in crisi nonostante tutti i soldi ed il sostegno pubblici.

E sai perchè Fiat Auto è andata ogni tanto in crisi? Semplicemente perchè quei soldi li ha presi e li ha reinvestiti per costruire un impero poco focalizzato sul suo core business dell'auto. Impero che anche qualora Fiat Auto fallisse e chiudesse battenti permetterebbe alla famiglia Agnelli di non finire sul lastrico. Un bel capolavoro no? Le crisi di Fiat Auto sono servite per costruire un impero. L'ultima crisi è però andata male: hanno dovuto mettersi le mani in tasca loro. Finalmente, forse, si decideranno a fare gli imprenditori sani.

Quanti soldi?

Beh, per esempio, ti basta usare "ricerca avanzata" di Google, e digitare la frase esatta "238 mila miliardi".

Vedi un po te cosa ti viene fuori.

Ma ovviamente puoi fare anche altri tipi di ricerche.

Di certo, i dati precisi di quanto lo stato italiano ha dato a Fiat e di quanto lo stato italiano ha ricevuto da Fiat non li troverai mai. I padroni non sono fessi: controllano l'informazione. I politici accondiscendenti non sono fessi: lasciano controllare ai padroni l'informazione che non controllano loro direttamente.

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Silob, condivido buona parte di quanto sostieni. Ma permettimi di ritornare solo su Fiat, altrimenti dovremmo scrivere un trattato.

Se un paese è civile ha gli ammortizzatori sociali; su questo non ci piove, ed io sono contento di pagare le tasse anche per questo.

Il punto è che pianificare la costruzione di un impero economico-industriale usando come strumento di crescita l’esistenza degli ammortizzatori sociali (e non solo) è una cosa che fanno gli imprenditori malati, non quelli sani. Questo è il capolavoro che è riuscito a realizzare la casa sabauda. Hanno costruito un impero mandando in crisi Fiat Auto di tanto in tanto.

Gli imprenditori sani pianificano il loro sviluppo reinvestendo buona parte dei loro utili nel loro core business in primo luogo, e non in settori di cui non hanno né competenza e né tradizione sapendo che tanto se il core business va male possono affondare le mani nelle casse dello stato. Fiat Auto ci ha sistematicamente ricattati: “ho decine di migliaia di dipendenti, se non pagate quando non mi servono li butto fuori”. Con questo ricatto ha costruito l'impero.

E’ ammissibile un ricorso fisiologico agli ammortizzatori sociali, non un ricorso patologico per non dire banditesco. Intendiamoci: non è solo responsabilità Fiat. Il sistema era bacato. Nel territorio della repubblica delle banane sono state concesse fin troppe scorribande alla real casa sabauda. E non mi si venga ad obiettare con la banalità che siamo diventati la sesta potenza economico-industriale del pianeta. Perchè controbatto che se siamo cresciuti 100 avremmo potuto banalmente crescere 200.

Io dico: meno male che in Italia abbiamo avuto la grande Fiat, specialmente quella che ad un certo punto era arrivata ad occupare il primo posto in Europa nel settore auto. Semplicemente sarei stato più contento se la grande mamma Fiat fosse riuscita a costruire un impero creando ricchezza in Italia invece di distruggere ricchezza in Italia. Perché a questo punto io mi chiedo se per caso l’Italia non si ritroverebbe ad essere più ricca se invece di avere in casa il gruppo Fiat avesse avuto in casa degli impianti produttivi Toyota, Ford, Volkswagen, Mercedes Benz, Opel, Honda etc.

No! Abbiamo avuto in casa una Fiat che non solo ha impedito gli investimenti stranieri in Italia nel settore della mobilità, ma ha anche fatto tabula rasa di tutto, omologando l’incredibile varietà di knowhow che avevamo (Lancia ed Alfa Romeo in primis) ai suoi standard, impoverendo il paese anche dal punto di vista della tecnologia, della competizione, della creatività, dell’economia, etc. Quindi non si tratta più solo di aver sottratto ricchezza all’Italia sfruttando le crisi nazionali dell’auto per ingrandirsi all’estero e diventare una multinazionale con interessi nei campi più disparati. Il discorso si espande a macchia d’olio. Come ha già accennato il Fusi, la vicenda Alfa Romeo è stato un affare davvero fallimentare per lo stato italiano. Lo stato praticamente regalò Alfa Romeo a Fiat, invece di venderla a Ford. Lo fece in cambio di tutta una serie di garanzie nessuna delle quali è stata rispettata. Non solo: Fiat ha sfruttato il regalo ricevuto per sottrarre ulteriori soldi alle nostre tasche. Sarei stato contento di un’Alfa Romeo in mano Fiat se Fiat avesse saputo cosa fare di Alfa Romeo. Così non è stato, anche se ora, finalmente, comincia ad intravedersi sul lontano orizzonte qualche barlume di Alfa Romeo.

Non parliamo poi della triste vicenda di Melfi e di come in una repubblica delle banane possa succedere che una regione si dissangui per offrire su un piatto d’argento degli impianti di produzione e delle infrastrutture ad un’azienda privata al puro scopo di collocarvi un po’ di manodopera locale a prezzi da saldi di fine stagione. Fulgido esempio di come, per espandersi, il fiore all’occhiello dell’imprenditoria privata italiana non abbia avuto remore a cavalcare la disperazione delle aree economicamente più depresse del paese. Ancora una volta qualcosa che non quadra: va benissimo cercare di creare sviluppo in un’area che ne ha bisogno; non va bene che questo lo faccia un’azienda privata con i soldi pubblici.

Arrivo alla stessa conclusione di prima: quando il vero motore di un’impresa è la nostra tasca allora bisognerebbe licenziare i padroni. Non ne abbiamo bisogno.

In tutto ciò intravedo un’assoluta incapacità, oramai decennale, della nostra classe dirigente di assumersi delle responsabilità; si preferisce delegare al settore privato e si paga profumatamente quel settore privato in cambio di un pessimo servigio.

Un siffatto sistema-paese non potrà mai funzionare, perché non puoi offrire un agnello ad un leone chiedendogli di crescertelo amorevolmente e restituirtelo quando l’agnello è diventato una pecora gravida; inevitabilmente succede che il leone si pappa l’agnello e festa finita.

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Indubbiamente in questo paese si è sviluppato una commistione

fra potere politico e potentati economici che alla fine ha

letterelmente bruciato un valore rilevante di risorse.

Ho sempre pensato che lo straniero che veniva in italia a fare shopping

di aziende avrebbe portato via l'azienda il know out ecc.ecc.

non è stato così ..anzi spesso direi prorpio il contrario.

Ma se giudicassi la Fiat a Milano bhe

a parte la Fiat Impresit e le tangenti sulla metropolitana ecc.ecc.La Rinascente ...acquistata e rivenduta ai francesi di Auchan

La Galbani...acquistata e rivenduta ai francesi di Danone

L'Alfa ...che a Milano non c'è più

forse era meglio venderla direttamente alla Ford ...

Così si comportano i finanazieri d'assalto ..gli squali ....

ecco perchè a Milano la Fiat non ha una buona reputazione.

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Indubbiamente in questo paese si è sviluppato una commistione

fra potere politico e potentati economici che alla fine ha

letterelmente bruciato un valore rilevante di risorse.

Ho sempre pensato che lo straniero che veniva in italia a fare shopping

di aziende avrebbe portato via l'azienda il know out ecc.ecc.

non è stato così ..anzi spesso direi prorpio il contrario.

Beh, io conosco personalmente una società americana che ha comprato molti anni fa una azienda italiana in crisi leader in Italia per la produzione di beni ad altisssimo contenuto tecnologico.

E' successo che la ricerca e sviluppo, da quando sono arrivati gli americani, è stata potenziata. Non solo: per fare questo, gli americani hanno penalizzato la struttura di ricerca e sviluppo che avevano di già in USA nello stesso settore. Per loro l'importante è fare profitti, e se si possono fare più profitti in Italia che in USA non ci pensano due volte; investono in Italia. Tutto questo crea ricchezza non solo per gli americani, ma anche per l'Italia. La ricchezza spettante agli americani è rappresentata dai profitti prodotti dalla società e che poi gli americani reinvestono dove gli pare (l'azienda stessa in primis). La ricchezza per l'Italia consiste nei posti di lavoro e nelle tasse che l'azienda ed i suoi dipendenti pagano all'erario nazionale. Sarebbe stato auspicabile che a comprare la società italiana fossero stati degli italiani, ma se la gente italiana disposta a intraprendere non si trova allora benvengano gli imprenditori esteri.

Il governo dovrebbe prendere due tipi di provvedimenti:

1) Incentivare ancora di più gli investimenti stranieri in Italia.

2) Fare qualcosa per spezzare il marciume esistente nel sistema imprenditoriale italiano. In Italia assistiamo ad una imprenditoria che aborrisce il rischio. Quando si tratta di intraprendere veramente non si trova più un imprenditore disposto a rischiare di suo. Questo succede perchè in Italia è possibile costruire delle piramidi societarie fatte di scatole cinesi addentrandosi nelle quali ci si perde, ma che permettono ad un Tronchetti Provera di controllare un grande impero economico rischiando di tasca propria solo una percentuale risibile del valore di quell'impero. Che l'azienda vada bene o vada male, l'imprenditore manager rischia ben poco di tasca propria. Fintanto il sistema consente di diventare un imperatore sensa rischi non si troverà mai un imperatore disposto a rischiare. Il sistema è marcio anche sul piano dell'individuazione delle responsabilità. Occorre fare un immane lovoro certosino per individuare un responsabile, e se si ha fortuna si riesce a beccare un individuo o un gruppo di individui con responsabilità limitate.

Assistiamo a situazioni in cui la famiglia Agnelli detiene il 50 % dell'IFI, l'IFI controlla il 53 % dell'IFIL, IFI ed IFIL detengono quasi il 30 % di Fiat, e Fiat detiene l'80 % di Fiat Auto. Alla fine ci si chiede: ma chi kakkio è realmente il proprietario di Fiat Auto? Tutti sanno che l'azionista di riferimento è la famiglia Agnelli, ma sulla carta sembra che se la famiglia Agnelli si mette le mani in tasca per risanare Fiat Auto, lo fa per puro spirito di carità cristiana e gli dobbiamo anche baciare le mani.

Ma se giudicassi la Fiat a Milano bhe

a parte la Fiat Impresit e le tangenti sulla metropolitana ecc.ecc.La Rinascente ...acquistata e rivenduta ai francesi di Auchan

La Galbani...acquistata e rivenduta ai francesi di Danone

L'Alfa ...che a Milano non c'è più

forse era meglio venderla direttamente alla Ford ...

Così si comportano i finanazieri d'assalto ..gli squali ....

ecco perchè a Milano la Fiat non ha una buona reputazione.

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