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Fiat investimenti in Brasile


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«Fiat in Brasile? Investiremo ancora»

19 marzo 2004 - CORRIERE DELLA SERA

SAN PAOLO - Il Brasile resta al centro della strategia mondiale della Fiat. Ha tenuto nei mesi più neri della crisi del gruppo, soffre ancora le conseguenze di una economia stagnante, ma il grande Paese sudamericano è uno dei vertici del triangolo che Giuseppe Morchio usa come immagine per sintetizzare la strategia Fiat nel mondo. «L'Europa, innanzitutto, la Cina nel nostro futuro, e il Brasile come presenza forte e storica», dice l'amministratore delegato, aggiungendo un quarto mercato strategico, gli Stati Uniti, «per quanto riguarda le macchine agricole». Ottimismo, quindi, e nuovi investimenti dentro e fuori quella prima fabbrica di Belo Horizonte che l'avvocato Agnelli volle nei primi anni Settanta e che fu la prima grande intuizione della Fiat al di fuori dell'Italia. Oggi, in quello stabilimento più volte modernizzato, Morchio incontrerà il presidente Lula, che tra le fabbriche di auto nella cintura industriale di San Paolo è cresciuto come leader sindacale, prima di iniziare la scalata verso la guida del suo Paese. Il manager genovese parla a San Paolo del suo primo compleanno alla guida della Fiat, dichiara raggiunti molti degli obiettivi che si era prefisso, ribadisce le linee guida del piano di rilancio che terminerà nel 2006, l'obiettivo break-even a fine 2004 e confessa che - una volta risolti i problemi urgentissimi come il salvataggio finanziario - è venuta l'ora di occuparsi più a fondo delle province dell'impero Fiat. Il Brasile, da molti anni, è il Paese che conta di più dopo l'Italia. Qui ha mantenuto la leadership nella vendita di auto, nell'eterno testa a testa con la Volkswagen, qui investirà quasi un miliardo di euro in quattro anni e sperimenterà le nuove tendenze del mercato.

Morchio dichiara in via di esaurimento l'era della worldcar, economica e uguale per tutti, «perché la segmentazione è ovunque, il cliente è sofisticato ovunque e il marketing deve capire tutto questo: non esistono più i mercati avanzati e quelli meno avanzati». Certo, in Brasile i numeri si fanno ancora con le vendite della gloriosa Uno e della onesta Palio, ma Morchio cita il nuovo centro di sviluppo costruito qui e totalmente autosufficiente da Torino come esempio della necessità di capire un mercato mondiale sempre più raffinato. Anche perché oggi, dice, «l'obiettivo di generare profitti è più importante della difesa delle quote di mercato a tutti i costi». Oggi Morchio tranquillizzerà Lula. Non sono previste chiusure di fabbriche in Brasile o significative riduzioni di personale. La Fiat resta per investire, esportare da qui verso altri Paesi e guadagnare.

Anche negli ultimi mesi, gli esodi qui in Brasile si sono limitati a poche centinaia di persone. Al governo brasiliano, Morchio ripeterà quello che ha affermato ieri in una conferenza stampa. «La Fiat non venderà più nulla, la situazione finanziaria è tranquilla. Caso mai, una volta finito il piano di risanamento, vogliamo tornare ad acquistare qualcosa».

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Guest frallog

..... mi domando perche' tenere fuori mercati come Stati Uniti e Giappone. Io prevedo che l'Alfa potrebbe veramente spopolare negli USA, la' dove invece la Lancia potrebbe dettare legge nelle lussuose in Giappone. E la FIAT potrebbe conquistare il mercato che oggi e' delle giapponesi in Europa.

Regards,

Francesco :P

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Tentando di ripetere all'estero quello che Valletta fece in Italia, ossia motorizzare un intero paese, Fiat Auto mise la sua pianta in Brasile, Argentina, Polonia, Turchia, Russia ed India. Non credo che gli sia andata malissimo, ma così facendo è rimasta esclusa dalla competizione nei mercati ricchi e stabili come quello europeo ed nordamericano. Oggi si sente parlare di Cina e nuovamente di Russia. Io ci andrei cauto:esiste il serio rischio di una dispersione delle risorse con conseguente debolezza nella capacità di penetrare e mantenere tutti questi mercati. Senza contare l'instabilità di alcuni di essi. A mio avviso occorre puntare sì in Brasile vista la tradizione e la posizione di leadership che oramai Fiat ha in quel paese, ma se Fiat continuerà ad essere debole in Europa allora resterà sempre in balia delle onde. Inoltre, investire nei mercati di prima motorizzazione sottintende che quegli investimenti sono diretti solo sul potenziamento delle capacità di produzione e vendita ma non verso una maggiore competizione con i concorrenti sul piano tecnologico e dell'innovazione. Rimango dell'idea che l'obiettivo strategicamente più importante è di diventare forti in Europa e dopo viene il resto.

Quanto agli USA il discorso è molto complesso. Da una parte mi verrebbe da dire che Fiat Auto non ha ancora i modelli adatti, ma dall'altra vedo che giapponesi e coreani hanno avuto un enorme successo in USA. Forse quindi il problema vero consiste nell'enorme sforzo economico rischiesto per sbarcare in USA. La pregressa esperienza Alfa Romeo forse dimostra che in USA o ci vai alla grande oppure te ne stai a casa tua. Ed inoltre: che probabilità di successo hai in USA se lo consideri solo come un mercato di consumo? Così facendo non troverai mai nessuno disposto a spianarti la strada. Prova ne sia che con CNH, che sviluppa e produce in USA, le cose non sembrano andar male.

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Ed inoltre: che probabilità di successo hai in USA se lo consideri solo come un mercato di consumo? Così facendo non troverai mai nessuno disposto a spianarti la strada. Prova ne sia che con CNH, che sviluppa e produce in USA, le cose non sembrano andar male.
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Tentando di ripetere all'estero quello che Valletta fece in Italia, ossia motorizzare un intero paese, Fiat Auto mise la sua pianta in Brasile, Argentina, Polonia, Turchia, Russia ed India. Non credo che gli sia andata malissimo, ma così facendo è rimasta esclusa dalla competizione nei mercati ricchi e stabili come quello europeo ed nordamericano. Oggi si sente parlare di Cina e nuovamente di Russia. Io ci andrei cauto:esiste il serio rischio di una dispersione delle risorse con conseguente debolezza nella capacità di penetrare e mantenere tutti questi mercati. Senza contare l'instabilità di alcuni di essi. A mio avviso occorre puntare sì in Brasile vista la tradizione e la posizione di leadership che oramai Fiat ha in quel paese, ma se Fiat continuerà ad essere debole in Europa allora resterà sempre in balia delle onde. Inoltre, investire nei mercati di prima motorizzazione sottintende che quegli investimenti sono diretti solo sul potenziamento delle capacità di produzione e vendita ma non verso una maggiore competizione con i concorrenti sul piano tecnologico e dell'innovazione. Rimango dell'idea che l'obiettivo strategicamente più importante è di diventare forti in Europa e dopo viene il resto.

Quanto agli USA il discorso è molto complesso. Da una parte mi verrebbe da dire che Fiat Auto non ha ancora i modelli adatti, ma dall'altra vedo che giapponesi e coreani hanno avuto un enorme successo in USA. Forse quindi il problema vero consiste nell'enorme sforzo economico rischiesto per sbarcare in USA. La pregressa esperienza Alfa Romeo forse dimostra che in USA o ci vai alla grande oppure te ne stai a casa tua. Ed inoltre: che probabilità di successo hai in USA se lo consideri solo come un mercato di consumo? Così facendo non troverai mai nessuno disposto a spianarti la strada. Prova ne sia che con CNH, che sviluppa e produce in USA, le cose non sembrano andar male.

Quoto tutto al 100%

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Fiat non può andare a produrre negli USA richiederebbe investimenti ingenti, e gli stabilimneti in Italia? già oggi sono poco sfruttati

è + verosimile esportare in nord america prodotti ben costruiti in Italia con le specifiche del caso,

approfittando x riqualificare operai e stabilimenti italiani, gli americani comprano tutto non credo si pongano problemi simili

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