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La mancanza di nazionalismo degli italiani


fulvio

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L'Italia è stata divisa esattamente come la Germania. Anche loro hanno i loro campanilismi, tant'è vero che è una repubblica federale (vera).

altro GRAVE errore dei Padri della Patria Repubblicana Italiana sia ne dopoguerra che negli anni del Regno, si è mutuato/copiato il sistema organizzativo statale e la macchina burocratica dalla Francia, paese ESTREMAMENTE diverso da noi per Storia e mentalità.

si pensava di formare gli italiani facendo un paese centralizzato (e così la pensava il fascismo), si sono fatti danni. (IMHO).

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Posso commentare citando Massimo Tapparelli D'Azeglio: «Gli Italiani hanno voluto far un'Italia nuova, e loro rimanere gl'Italiani vecchi di prima, colle dappocaggini e le miserie morali che furono ab antico la loro rovina; [...] pensano a riformare l'Italia, e nessuno s'accorge che per riuscirci bisogna, prima, che si riformino loro», oppure Luca Carboni:

Senza dimenticare toto cutugno ...molto gradito in Russia lo stereotipico "Sono un italiano"

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Paragone che non c'entra assolutamente nulla.

I tedeschi, come gli Italiani, hanno una storia di unità (sacro romano impero) ma anche di distretti, in parte indipendenti.

Ma solo in parte. Tra i vari distretti della Germania rimase un legame con il potere centrale che consentì lo sviluppo di una lingua e di una cultura unitari. Sono elementi che creano un popolo.

Non entro nel dettaglio della filosofia tedesca, della letteratura, dei flussi letterari che hanno, comunque, forgiato un popolo.

Nell'Italia questo non è stato possibile.

In primo luogo perchè l'Italia, per la sua posizione, è stata territorio di conquista per diverse nazioni straniere che hanno portato un pesante influsso culturale. Per l'Italia sono passati tedeschi francesi e spagnoli, in alcuni casi si sono divisi i territori e nel tempo gli sviluppi furono diversi. In Sicilia c'erano addiritura gli arabi.

Questa storia di forte divisione ha frammentato in maniera, secondo me, irrimediabile l'Italia.

La Germania ha avuto una storia molto diversa.

Innanzitutto non è mai stata territorio di conquista. L'unico importante contributo culturale che hanno ricevuto fu quello dei popoli scandinavi che diedero un impulso decisivo nella formazione della lingua tedesca. Anche i cosiddetti "territori dei principi" erano divisi solo politicamente ma ne condividevano lingua e cultura. Lingua e cultura che avevano fortissime rassomiglianze con quella austriaca e prussiana, che dovettero "scontrarsi" al momento dell'unificazione della germania.

Ma questi elementi, sviluppati anche qui in secoli e secoli, hanno creato un popolo, il popolo tedesco.

E' stato questo che ha pesato in modo decisivo, insieme ad alcune convenienze legate allo sfruttamento economico del territorio e delle risorse, nella nascita dell'impero tedesco.

Mi pare che sia una situazione estremamente diversa da quella Italiana. L'unica cosa che ci accomuna è una unificazione ufficiale tardiva.

Ma per il resto, il paragone non sussiste ed è anzi piuttosto impietoso nei Ns. confronti.

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e risvuotato subito dopo la guerra da una flotta di politici giornalisti e insegnati delle scuole politicamente schierati a sinistra che hanno chiamato questa nazione "paese" e non "nazione" ,che tutto ciò che era "patria" era negativo ...in totale assenza di un insegnamento di "educazione civica" ,perchè non dovevi pensare alla "patria" ma sottosotto al "partito" .

nb:oggi la pensano diversamente perciò problema risolto.

Secondo me causa ed effetto sono invertiti.

Non è che non si parla più di patria per la scuola impegnata a sinistra ecc ecc e perchè prima veniva il partito e poi lo stato.

E' vero il contrario: è proprio perchè è sempre venuta prima la fazione di ognuno (in questo caso il partito) che la patria rimane un qualcosa di astratto.

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Quoto tutto il tuo discorso tranne quest'ultima considerazione.

Il prodotto italiano C'È ancora, ed è il migliore al mondo. Anche nel campo della tecnologia, dove lavoro.

Cazzarola, sono stato ad omologare un apparato presso un laboratorio tedesco. A parte che lavorano la metà di noi a dire tanto, ma si vede proprio che i crucchi hanno una specie di idolatria per tutto quello che viene dall'Italia. Generalizzare non è mai esatto ma vedo che in genere i tedeschi hanno seri problemi quando affrontano cose diverse da quelle che hanno già visto: in sostanza, mancano di creatività. Per questo sono efficienti: perché seguono le regole, non tanto per correttezza ma perché non ci pensano proprio che potrebbe esistere un'alternativa. Mi riferisco alla Germania in modo particolare perché è l'ultimo paese industriale rimasto in Europa oltre all'Italia.

Cos'è che frega gli italiani allora? Basta guardare cosa è successo alle grandi imprese: sono sparite tutte, tranne la Fiat, minate dal loro stesso interno dal nepotismo e dall'incompetenza degli imprenditori di seconda e terza generazione. Il prototipo di questo sfascio è la Olivetti, distrutta da un incapace che ha venduto quello che ha ereditato invece di svilupparla, e da manager strapagati e incompetenti, piazzati là per motivi che con il merito non hanno nulla a che vedere. In generale, più l'impresa è grande, meno viene sentita come cosa propria da chi ci lavora, e come conseguenza tende ad essere sfasciata da incompetenti assunti per i più svariati motivi. Cazzo, possibile che manager che hanno notoriamente sfasciato grandi imprese, Cimoli per fare un nome ma ce ne sono a bizzeffe, trovino ancora qualcuno che li riassume e li strapaga pure, per farsi a sua volta rovinare?

Il risultato è che abbiamo una miriade di piccole eccellenze, che tuttavia non riescono a crescere. Aggiungiamoci la burocrazia che invece di favorire l'iniziativa privata la reprime, ed ecco che il merito non riesce ad emergere né lavorando da dipendente (perché vanno avanti i leccaculo e gli amici dei politici, e perché chi dovrebbe giudicare il tuo lavoro è a sua volta un incompetente) né per conto proprio (perché lo stato ti mette tanti di quegli adempimenti, tasse e spese varie che anche se riesci ad aprire dopo un po' ti fa chiudere). Qualcuno ancora faticosamente porta avanti le nostre eccellenze. Non si sa per quanto ancora però.

Ho formulato male... non è che il prodotto italiano non c'è..è che non regge il confronto.

Perchè? Perchè tolta la creatività che citi (ed è vero, esiste) l'organizzazione che c'è in Italia è semplicemente penosa.

E a me la cosa fa imbestialire perchè abbiamo davvero delle potenzialità immense, ma ci perdiamo sistematicamente in un bicchiere d'acqua.

Siamo in un forum di auto, ti faccio l'esempio delle auto.

Possibile che FIAT, la prima ad inventare il common rail, una casa automobilistica che ha introdotto innovazioni incredibili, pioniera in un sacco di tecnologia poi ci abbia dormito sopra? O peggio ancora che sui dettagli (cielo che ti cade sulla testa, scricchiolii, usura precoce ecc ecc ecc) capiti ancora che faccia cilecca?

In questo caso non faccio gli elogi della Germania, in quanto come affidabilità meccanica non ci è assolutamente superiore. Però non concepisco che una macchina, anche se mi fa 400'000 km con la manutenzione ordinaria, debba avere delle cagatine vita natural durante. Non si può dormire sui dettagli, non me ne frega niente del piacere di guida se poi devi perdere del tempo con le piccole cose. E non possiamo dire che un'auto è bella o si fa guidare bene come un attenuante perchè NON LO E'. Non lo è nemmeno il fatto che la manutenzione costi poco.

Ed è così per tutto: abbiamo delle idee brillanti e poi quando si tratta di inserirle in un sistema organizzato ed efficiente casca il palco.

I tedeschi lavorano la metà di noi perchè FORSE sono organizzati un pochino meglio, che dici?

Forse non hanno la burocrazia, le sovrastrutture e le zavorre che ci sono qui dove si fa tutto a toppe e rammendi.

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Però questo concetto che l'Italia fosse una "Nazione di Nazioni" non è mai venuto meno, nemmeno nei tempi del medioevo o dei Comuni o delle Signorie; basti pensare a Dante, che nell'Epistola XI (inviata ai Cardinali riuniti in un Conclave) parla dell'Italia come di una patria comune (per l'esattezza usa le parole "Italia nostra") e nel "De vulgari eloquentia" sostiene che sia necessario sintetizzare i migliori aspetti dei vari idiomi italiani, in un unica lingua comune a tutti i popoli della penisola.

Sullo stesso filone poi possiamo trovare gli scritti di Petrarca (Canzone all'Italia), in Machiavelli ("Esortazione a pigliare la Italia e liberarla dalle mani de' barbari") ed in molti altri scritti del passato.

Tutto ciò è un segno di quanto l'idea che l'Italia fosse un qualcosa di unitario, è sempre stata ben presente in ogni epoca ed in ogni classe politico-intellettuale successiva all'Antica Roma.

Non condivido.

O meglio, le opere letterarie che citi sono vere e consultabili, ma dimentichiamo il contesto in cui furono scritte.

Nell'Italia delle signorie, l'intellettuale era al servizio del Signore e spesso scriveva opere a lui dedicate per magnificarne la figura. Questo perchè il signore, ospitando gli intellettuali a corte li manteneva, nel senso letterario del termine.

E' il caso di Machiavelli, che auspica che il suo signore riunisca l'Italia (vedi Il principe) ma si tratta di una cosa puramente astratta.

Ciò che i signori Italiani hanno fatto, sul piano pratico e STORICO, è stato chiamare non i signori ma i RE dei POPOLI stranieri (prima i francesi, poi i tedeschi, poi gli spagnoli, poi ancora francesi) per aiutarli nelle loro guerre tra staterelli. Salvo poi ritrovarsi colonizzati.

Al conformismo l'ironia fa più paura d'ogni argomentato ragionamento.

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Guest EC2277
[…]

Non condivido.

O meglio, le opere letterarie che citi sono vere e consultabili, ma dimentichiamo il contesto in cui furono scritte.

Nell'Italia delle signorie, l'intellettuale era al servizio del Signore e spesso scriveva opere a lui dedicate per magnificarne la figura. Questo perchè il signore, ospitando gli intellettuali a corte li manteneva, nel senso letterario del termine.

E' il caso di Machiavelli, che auspica che il suo signore riunisca l'Italia (vedi Il principe) ma si tratta di una cosa puramente astratta.

Ciò che i signori Italiani hanno fatto, sul piano pratico e STORICO, è stato chiamare non i signori ma i RE dei POPOLI stranieri (prima i francesi, poi i tedeschi, poi gli spagnoli, poi ancora francesi) per aiutarli nelle loro guerre tra staterelli. Salvo poi ritrovarsi colonizzati.

Stai confondendo il piano storico, con quello culturale. Infatti i letterati che ho citato spesso e volentieri non lesinavano critiche ai Signori che imploravano l'intervento dei Re stranieri (vedasi la summenzionata opera di Machiavelli); salvo poi scoprirsi schiavi a casa propria. Nelle classi più elevate è sempre stato ben radicato il concetto che l'Italia fosse un crogiolo di etnie aventi una stessa radice culturale (quella romano-cristiana appunto) ed il concetto di Nazione è un concetto prettamente culturale, non politico. Ciò è dimostrato dal fatto che esistono nazioni senza stato (Paesi Baschi, tibetani…) e che esistano "Stati senza nazione", come molte nazioni africane.

Ovviamente il comportamento politico dei nostri antichi governanti ha avuto fortissime ripersussioni sul popolo, il quale essendo impelagato in questioni troppo pratiche per porsi domande sulla sua identità nazionale, non ha mai nemmeno concepito il concetto d'Italia. Anzi spesso per le popolazioni meridionali l'Italia è stato un concetto imposto dall'invasore sabaudo (in alcune realtà questa credenza è ancora diffusa) e solo a partire dalla 1ª Guerra Mondiale è nato un vero sentimento diffuso d'identità nazionale, che dopo il deleterio periodo fascista, è poi proseguito con l'avvento della televisione, con l'immigrazione interna, con i sempre più frequenti trasferimenti per lavoro e l'avvento dei social network non farà che rendere sempre più forte.

Ma non è possibile negare l'esistenza di un'identità nazionale italiana, solo perché i vari statarelli preunitari erano sempre in guerra tra loro. Lo stesso Risorgimento dimostra il contrario, poiché è nato come un movimento culturale diffuso in quasi tutta la penisola ed è stato capace di trasformarsi in movimento politico e dar vita al processo di unificazione. Non solo le sue origini e la sua diffusione dimostrano che esisteva questo concetto di identità nazionale italiana, ma la stessa avversione fatta dai vari governanti a tale movimento era un'avversione dovuta alla consapevolezza che un'unificazione li avrebbe privati del potere. Infatti l'unificazione è partita dall'unico Stato italiano nel quale erano saliti al potere quegli esponenti politici più vicini alle idee risorgimentali: i liberali del Regno di Sardegna.

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limitandosi al mondo dell auto per me cè anche troppo nazionalismo al punto che ora c'è chi considera prodotto italiano anche roba che viene da fuori solo perchè è roba FCA, vedi freemont, una cosa brutta come il renegade fosse nato identico con marchio tedescoo francese, coreano sarebbe stato preso per culo per anni, poi a me il nazionalismo non piace, son un essere umano, vivo sulla terra, e visto che anche FCA paga le tasse in olanda e non in italia non vedo perchè devo dare i miei soldi a loro solo per nazionalismo quando sono i primi a non esserlo, compro ciò che mi piace e se ne vale la pena.

Ma dai, la Multipla, è da quando è sul mercato che viene perculata in ogni dove...

Sul fatto che FCA non sia "nazionalista"... si potrebbe ribaltare il discorso, domandandosi: "perché devo dare lavoro ad un popolo che dice peste e corna di me qualsiasi cosa faccia"?

- - - - - - - - - - AGGIUNTA al messaggio già esistente - - - - - - - - - -

...

- hai citato il sistema Francia e Svizzera (paesi quanto mai diversi e inconfrontabili) ...ma accomunati dall'essere stati organizzati, seri, con qualche credibilità e infine meno appaltati a malavita dichiarata, organizzata o meno che sia ....

Francia e Svizzera stati seri non si può leggere...

"Ah! Rotto solo semiasse, IO KULO ANKORA!" (cit.)

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Fulvio grazie di aver aperto la discussione, questo tema mi tene a cuore e la vedo veramente come te.

Trucido completamente d'accordo e globalmente con quello detto dalla gran parte delle persone.

Vivo in Francia dall'età di dieci anni. Ho memoria abbastanza buona. Di nazionalismo in casa quando eravamo in Italia non ne ricordo traccia a parte quando c'era calcio.

Ci siamo trasferiti in Francia nell'82.

Oggi vivo in Francia, son cresciuto in Francia dall'éta di 10 anni ed ho studiato ingegneria in Francia (non sapete come sia piu difficile farlo per uno straniero).

Ho la fortuna di lavorare in Svizzera, ho lavorato un bel po in Germania. Dunque conosco abbastanza bene diverse culture. Amo l'ITALIA e ne sono rimasto molto attaccato nonostante sii sposato con un asiatica i cui genitori vivono in America. Ho due bimbi Italo-Franco-Asiatici ma mi sento Italiano e provo a trasmettere questo mindset Italiano a i miei bimbi e per essere sincero é mia moglie a spingermi.

Il nazionalismo in famiglia é nato e cresciuto da quando viviamo in Francia(sempre rispettando la Francia che amo anche).

Per essere onesto abbiamo imparato ad amare e difendere l'Italia in Francia e grazie ai Francesi

Una volta abbiamo impiegato una Aupair Italiana......arrivando mi disse le solite cose dell'Italia i difetti...etc...etc... dopo sei mesi mi disse che non poteva restare e che voleva ritornare in Italia. Arrivando ai confini con l'Italia mi scrisse un sms "gianni doversti rifletterci al ritorno..il nostro paese e troppo bello e ne vale la pena nonostante i problemi"

Insomma é come dice Fulvio ci si rende conto dei pregi dell'Italia quando la perdi o ti allontani.

Scusate per l'italiano non pratico abbastanza ed ho studiato in Francia.

Gianni

Non posso che confermare.

I miei nonni sono emigrati in Francia tra il 50 e il 60. Mio padre è nato li (ma a 20 anni è venuto in Italia e ci è rimasto per fortuna).

Non voglio stare quì ad annoiarvi parlando dei trascorsi della mia famiglia, ma posso dire che in questi ultimi anni i miei nonni stanno rivalutando per davvero l'Italia. Anche i loro amici ogni anno che vado li a trovarli mi dicono che in Italia non si sta peggio, anzi alcuni asseriscono che si sta meglio!

Non so cosa passano nei loro telegiornali ma dell'Italia hanno una visione molto positiva.

Personalmente non ho bisogno di viaggetti esteri per apprezzare il mio paese. Ne sono innamorato già di mio e per nulla al mondo lo considero inferiore ad un altro.

Mio fratello invece si, e ogni estate che andiamo in Savoia e torniamo, apprezza sempre più lo stivale

Il probelma primario da risolvere sono i docenti scolastici. Facendo leva sui disatri del fascismo non fanno altro che allontanare ogni speranza di nazionalismo.

Se i ragazzi, anzi i bimbi li si formano in questo modo è inutile.

Difficile da spiegare, ma il fascismo era sbagliato, fascismo che mirava all'orgogli onazionale. Due accomunanze che fanno danni.

Modificato da Bosco
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Stai confondendo il piano storico, con quello culturale. Infatti i letterati che ho citato spesso e volentieri non lesinavano critiche ai Signori che imploravano l'intervento dei Re stranieri (vedasi la summenzionata opera di Machiavelli); salvo poi scoprirsi schiavi a casa propria. Nelle classi più elevate è sempre stato ben radicato il concetto che l'Italia fosse un crogiolo di etnie aventi una stessa radice culturale (quella romano-cristiana appunto) ed il concetto di Nazione è un concetto prettamente culturale, non politico. Ciò è dimostrato dal fatto che esistono nazioni senza stato (Paesi Baschi, tibetani…) e che esistano "Stati senza nazione", come molte nazioni africane.

L'idea, anzi il concetto che tu descrivi fu però un'epifania di pochi intellettuali (o letterati che dir si voglia) all'epoca del Rinascimento. Non già le classi più elevate, ma un pugno di intellettuali, che spesso giravano di corte in corte.

Ovviamente il comportamento politico dei nostri antichi governanti ha avuto fortissime ripersussioni sul popolo, il quale essendo impelagato in questioni troppo pratiche per porsi domande sulla sua identità nazionale, non ha mai nemmeno concepito il concetto d'Italia. Anzi spesso per le popolazioni meridionali l'Italia è stato un concetto imposto dall'invasore sabaudo (in alcune realtà questa credenza è ancora diffusa)

Fino a qui concordo.

e solo a partire dalla 1ª Guerra Mondiale è nato un vero sentimento diffuso d'identità nazionale,

Qui no. Per quello che riguarda la prima guerra mondiale, fatti salvi i soliti invasati o i precursori di quello che poi sarà il futurismo, l'Italia partecipò alla prima guerra mondiale nonostante la maggioranza del paese fosse per la neutralità. L'intervento fu un errore

info.gifcommesso contro la volontà della maggioranza, per una volta mostratasi più saggia delle minoranze che tenevano in subbuglio la piazza, e che non erano soltanto, come qualcuno ha scritto, quelle della Destra nazionalista. C' erano anche degli elementi di Sinistra: la frazione socialista di Bissolati, un gruppo abbastanza nutrito di sindacalisti: Corridoni, Giulietti, De Ambris; anarchici e sbandati di ogni genere. Fu questa minoranza rumorosa e manesca ad avere il sopravvento su una maggioranza moderata e «benpensante», ma pavida, e la cui rappresentanza parlamentare non trovò il coraggio di reagire alla manovra chiaramente truffaldina con cui i nostri governanti Salandra e Sonnino condussero l' azione diplomatica, per sottrarci agl' impegni della Triplice Alleanza che ci legava con Austria e Germania e trasferirci nel campo della Intesa, come si chiamava quella anglo-francese. Questa manovra, che valse all' Italia la fama di «Paese amico del nemico e nemico dell' amico», che «non termina mai le sue guerre dalla parte in cui le ha cominciate», definizione che sarà poi ribadita e consolidata dal voltafaccia dell' 8 settembre 1943, fu condotta da Sonnino che, a cose fatte, la chiamò «un capolavoro» perché riuscì a tenerla fino all' ultimo giorno segreta. Non solo alla pubblica opinione, sempre più intimidita dalla minoranza interventista. Ma anche al Parlamento. E qui si presentano parecchi interrogativi, alcuni dei quali sono rimasti tali. Per esempio: perché il Parlamento, nel quale i neutralisti erano sempre in cospicua maggioranza, accettò la propria emarginazione da una trattativa in cui si giocavano le sorti, la vita stessa del Paese? Infatti alla fine (primi di maggio del ' 15) il Parlamento si ribellò, esigette di essere informato, e siccome non lo fu, rovesciò il governo Salandra-Sonnino. Il Re consultò Giolitti che declinò l' incarico. Dopo di lui, declinarono Carcano e Marcora. Sicché il Re, invocando lo «stato di necessità», ma violando la Costituzione, confermò il Ministero Salandra. Il quale troncò definitivamente le trattative con l' Austria che si dichiarava pronta a darci gratis, cioè in cambio della nostra neutralità, il Trentino, l' autonomia di Trieste, alcune isole della Dalmazia e mano libera in Albania, cioè quasi tutto quello che poi avemmo come compenso di una guerra di tre anni e mezzo che ci costò 500 mila morti (ma i francesi ne persero altrettanti in una sola battaglia: quella della Marna), un' inflazione che si mangiò tutto il risparmio degl' italiani, e la crisi del regime parlamentare per il discredito in cui il Parlamento era caduto lasciandosi sopraffare dalle piazze prima rosse e poi nere. Nota bene: in tutto questo tramestìo, nessuno, o quasi nessuno, trovò il tempo di chiedere il parere del Comandante effettivo e Capo di Stato Maggiore dell' Esercito, Cadorna, come se le condizioni di armamento e di preparazione fossero un dettaglio di poco conto. Giolitti borbottava: «Durante la guerra di Libia, ho sempre dovuto falsificare i bollettini delle operazioni per non dimostrare che si vinceva solo quando si era in dieci contro uno». E di Cadorna: «Lo conosco. Ma appunto perché lo conosco, tremo». Uomo d' inflessibile carattere, Cadorna era l' autore di un «Attacco frontale e ammaestramento tattico» che rappresentava la summa del suo pensiero strategico, e di cui il critico militare Valori, anni dopo, scriveva: «É terrorizzante pensare ch' esso abbia sul serio servito di base alle operazioni offensive di un esercito in una guerra moderna». Mi pare di aver risposto alla sua domanda. L' intervento dell' Italia nella prima guerra mondiale fu peggio che un errore. Fu un delitto, dal quale presero avvìo tutte le disgrazie di cui ci proclamiamo le vittime, mentre ne fummo gli unici responsabili.

Dove sarebbe qui la coscienza nazionale? Si volle entrare in guerra e per assecondare uno sparuto gruppo di sciagurati e per i soliti magheggi politici.

che dopo il deleterio periodo fascista, è poi proseguito con l'avvento della televisione, con l'immigrazione interna, con i sempre più frequenti trasferimenti per lavoro e l'avvento dei social network non farà che rendere sempre più forte.

Fu con la televisione che gli italiani fecero grossi passi avanti nell'apprendimento dell'Italiano. Questo, se consideriamo che in altri paesi (in particolare la Francia, ma anche la Gran Bretagna) avevano una lingua consolidata da una tradizione secolare di letteratura e di teatro, dovrebbe farci riflettere. E molto.

Posso capire che il fenomeno dell'immigrazione possa spingerci a sentirci più Italiani per distinguere noi da loro (cit) (ed è un modo orribile di arrivare a sentirsi italiani), posso capire che, di fronte ad una realtà diversa possa venirci nostalgia del nostro paese (attenzione, però, a non cadere nella sineddoche: io sono stato qualche mese in Inghilterra e quella che sentivo era la nostalgia per la mia città, non per l'Italia tutta).

NON vedo come i social network possano contribuire a costruire una identità nazionale. Secondo me possono dare un contributo in senso inverso visto che internet è un posto dove si riunisce il mondo e dove spariscono le barriere e i confini culturali e nazionali.

Ma non è possibile negare l'esistenza di un'identità nazionale italiana, solo perché i vari statarelli preunitari erano sempre in guerra tra loro. Lo stesso Risorgimento dimostra il contrario, poiché è nato come un movimento culturale diffuso in quasi tutta la penisola ed è stato capace di trasformarsi in movimento politico e dar vita al processo di unificazione.

Movimento culturale e politico estremamente limitato nei numeri. Non è sbagliato quello che scrivi. Va contestualizzato.

In primo luogo è singolare che un tale fenomeno culturale sia nato sotto il tallone austriaco e non vi fossero tracce di tali spinte accentratrici in passato. Un altro elemento importante è il decadimento pesante sia dell'impero austro-ungarico, che dopo la grande guerra si sarebbe dissolto in parecchie identità nazionali, che dello stato di borbone e della chiesa. Lo stesso regno del Piemonte dovette brigare non poco con Francia, Svizzera e con alcuni stati tedeschi e con l'Austria per evitare intromissioni mentre "si faceva l'Italia". Alcuni stati di lingua germanica non intervennero perchè ciò avrebbe significato la rappresaglia francese (ricordiamo che 9 anni dopo l'unità d'Italia vi fu la guerra franco-prussiana) e lo stesso valeva a parti invertite.

In questo clima di "crollo" dei vecchi sistemi, a livello degli intellettuali (è qui la chiave) nacque un movimento che seppe coinvolgere importanti figure, anche politiche, grazie alle quali si riuscì ad arrivare alla nascita di uno stato unitario (detto all'ingrosso).

Mi sembra che sia un qualcosa di molto lontano da un movimento culturale trasversale, in primo luogo perchè non fu capillare, in secondo luogo perchè non giocava su valori e su un passato comune. Lo stesso Mazzini non pensava all'Italia unita ma a una repubblica cisalpina comprendente solo la parte nord e centrale del paese. Fu Garibaldi a scombinare le carte in tavola, sfruttando anche la debolezza dello stato borbonico.

E infatti il regno d'Italia, per essere un minimo governabile dovette passare attraverso un processo di "piemontesizzazione" dove il governo venne strutturato secondo una struttura centralizzata che aveva un senso in Francia ma non in Italia. Pensa che la bandiera e l'inno Italiani furono trapiantati pari pari dal regno di Sardegna.

Per quanto riguarda i plebisciti del sud, passo la parola a Massimo D'Azeglio :

« A Napoli , noi abbiamo altresì cacciato il sovrano per stabilire un governo fondato sul consenso universale. Ma ci vogliono e sembra che ciò non basti, per contenere il Regno, sessanta battaglioni; ed è notorio che, briganti o non briganti, niuno vuol saperne. Ma si dirà: e il suffragio universale? Io non so nulla di suffragio, ma so che al di qua del Tronto non sono necessari battaglioni e che al di là sono necessari. Dunque vi fu qualche errore e bisogna cambiare atti e principi. Bisogna sapere dai Napoletani un'altra volta per tutto se ci vogliono, sì o no. Capisco che gli italiani hanno il diritto di fare la guerra a coloro che volessero mantenere i tedeschi in Italia, ma agli italiani che, restando italiani, non volessero unirsi a noi, credo che non abbiamo il diritto di dare archibugiate, salvo si concedesse ora, per tagliare corto, che noi adottiamo il principio nel cui nome Bomba (Ferdinando) bombardava Palermo Messina ecc. Credo bene che in generale non si pensa in questo modo, ma siccome io non intendo rinunciare al diritto di ragionare, dico ciò che penso. »
Non solo le sue origini e la sua diffusione dimostrano che esisteva questo concetto di identità nazionale italiana, ma la stessa avversione fatta dai vari governanti a tale movimento era un'avversione dovuta alla consapevolezza che un'unificazione li avrebbe privati del potere. Infatti l'unificazione è partita dall'unico Stato italiano nel quale erano saliti al potere quegli esponenti politici più vicini alle idee risorgimentali: i liberali del Regno di Sardegna.

Ancora: diffusione? Tra un ristretto circolo di persone.

Per quanto riguarda i governanti e la loro avversione all'unificazione, lasciando stare il concetto di Italia, mi puoi trovare UN solo rappresentante di un governo autonomo che accetti di mollare la poltrona?

In questo caso sì, che gli italiani si riconoscono ovunque. :mrgreen:

Nel caso specifico, chi è che si sarebbe buttato volentieri tra le braccia del regno di Piemonte e Sardegna?

RIASSUMENDO: Tu dici che le teorie risorgimentaliste che si ebbero nel periodo antecedente l'unita d'Italia contribuirono a formare una coscienza nazionale.

Io lo nego, sulla base di questi presupposti:

  • Le idee definite "risorgimentali" coinvolsero una minoranza tra intellettuali e letterati, e non la stragrande maggioranza del paese. Per quello che mi riguarda, per avere una coscienza nazionale serve una nazione, un popolo.
  • Non si può dare un peso, in tal senso, agli interventi in guerra in quanto la coscrizione fu obbligatoria e in quanto la prima Italia non fu altro che un regno del Piemonte/Sardegna allargato, le cui leggi venivano (poco) fatte rispettare in punta di fucile.

Per quello che mi riguarda una coscienza nazionale attualmente non c'è.

E non ci sono nemmeno i presupposti per averne una a breve.

Modificato da Waterland

Al conformismo l'ironia fa più paura d'ogni argomentato ragionamento.

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Guest EC2277
L'idea, anzi il concetto che tu descrivi fu però un'epifania di pochi intellettuali (o letterati che dir si voglia) all'epoca del Rinascimento. Non già le classi più elevate, ma un pugno di intellettuali, che spesso giravano di corte in corte.

[…]

In realtà fu un lento processo di riscoperta, che cominciò con l'Umanesimo, si radicò durante il Rinascimento, ma solo con il Risorgimento si trasformò in un vero e proprio movimento politico.

[…]

Qui no. Per quello che riguarda la prima guerra mondiale, fatti salvi i soliti invasati o i precursori di quello che poi sarà il futurismo, l'Italia partecipò alla prima guerra mondiale nonostante la maggioranza del paese fosse per la neutralità. L'intervento fu un errore

[…]

Ho scritto che nacque con la 1ª Guerra Mondiale, non che era già nato prima: il senso d'appartenenza ad un'unica nazione nacque in coloro i quali vennero obbligati a partire per il fronte e tornarono a stento, dopo aver sofferto mille tribolazioni assieme ad altri uomini dei quali riuscivano a stento a comprendere l'idioma. In quell'olocausto (scusate la retorica) sentirono per la prima volta d'essere tutti figli di una stessa nazione e quando tornarono a casa, portarono con loro i ricordi di quell'esperienza, mista al dolore per quanto avevano sofferto ed alla consapevolezza d'aver vinto una guerra che non avevano voluto, che non capivano, ma che pose fine ad uno dei più forti imperi dell'epoca; sebbene fosse già in disfacimento.

Lasciamo perdere gli invasati: quelli non fanno mai testo.

[…]

Ancora: diffusione? Tra un ristretto circolo di persone.

Per quanto riguarda i governanti e la loro avversione all'unificazione, lasciando stare il concetto di Italia, mi puoi trovare UN solo rappresentante di un governo autonomo che accetti di mollare la poltrona?

In questo caso sì, che gli italiani si riconoscono ovunque. :mrgreen:

Nel caso specifico, chi è che si sarebbe buttato volentieri tra le braccia del regno di Piemonte e Sardegna?

Infatti Cavour cercò di dar vita ad una Federazione di Stati Italiani, ma poi le cose degenerarono anche a causa dello stato di dissoluzione politica in cui versavano molti staterelli della penisola. Insomma i Savoia si ritrovarono ad unificare una penisola che non avevano intenzione di unire.

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In realtà fu un lento processo di riscoperta, che cominciò con l'Umanesimo, si radicò durante il Rinascimento, ma solo con il Risorgimento si trasformò in un vero e proprio movimento politico.

Sempre a pannaggio di una minoranza piuttosto ristretta.

Ho scritto che nacque con la 1ª Guerra Mondiale, non che era già nato prima: il senso d'appartenenza ad un'unica nazione nacque in coloro i quali vennero obbligati a partire per il fronte e tornarono a stento, dopo aver sofferto mille tribolazioni assieme ad altri uomini dei quali riuscivano a stento a comprendere l'idioma. In quell'olocausto (scusate la retorica) sentirono per la prima volta d'essere tutti figli di una stessa nazione e quando tornarono a casa, portarono con loro i ricordi di quell'esperienza, mista al dolore per quanto avevano sofferto ed alla consapevolezza d'aver vinto una guerra che non avevano voluto, che non capivano, ma che pose fine ad uno dei più forti imperi dell'epoca; sebbene fosse già in disfacimento.

Lasciamo perdere gli invasati: quelli non fanno mai testo.

Potrei risponderti che molti (o molte famiglie che persero una o più persone care) arrivarono alla cessazione delle ostilità covando risentimento per aver dato tutto per una causa che non sentivano propria, per essere stati obbligati ad andare al fronte anzichè stare al paesello.

Ma anche ammettendo che fosse valido per tutti i reduci si tratterebbe comunque di una minoranza rispetto al totale della popolazione.

Infatti Cavour cercò di dar vita ad una Federazione di Stati Italiani, ma poi le cose degenerarono anche a causa dello stato di dissoluzione politica in cui versavano molti staterelli della penisola. Insomma i Savoia si ritrovarono ad unificare una penisola che non avevano intenzione di unire.

Siamo d'accordo.

Comunque grazie per il bel dibattito ;)

Al conformismo l'ironia fa più paura d'ogni argomentato ragionamento.

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