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La Peugeot 605, l'Alfa 164 e le altre ammiraglie generaliste anni '90: mettiamo in chiaro le cose.


PaoloGTC

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Buondì.
Ho fatto una roba. :)


Alcuni si chiederanno il perché di questo topic, visto che la vettura che ne è protagonista ha avuto un'importanza piuttosto marginale sul nostro mercato, ed anche oggi non è esattamente fra le più ricordate (non per mancanza di motivi validi, ma perché... vabbè non serve spiegarlo).
La ragione è questa: tempo fa siamo tornati a parlare della somiglianza fra 605 e 164, e sul momento io stesso mi sono soffermato a mettere alcuni puntini sulle i, dicendo però che la storia meritava di essere studiata meglio, anche perché fortunatamente, rispetto ad altre vetture, le notizie sulla gestazione di quest'ammiraglia Peugeot, se uno sa dove andare a cercarle, non mancano mica.
Partendo quindi dal punto 0 che era la somiglianza fra le ammiraglie Alfa e Peugeot di fine anni '80, ed avendo in passato ampiamente illustrato la storia progettuale di quella italiana, ci ritroviamo oggi a dare un'occhiata a quella della rivale francese.
Una cosa in comune le due ammiraglie sicuramente l'hanno: una gestazione piuttosto complicata. Anche in questo caso, infatti, è praticamente necessario andare “a prenderla da Adamo ed Eva”, per arrivare poi al punto. Altrimenti non è possibile fare la necessaria chiarezza.
Sono riuscito a rimettere insieme parecchi pezzi del puzzle, e ne è uscito un racconto più esteso di quanto immaginassi in principio.
Sarò quindi logorroico, e vado subito a citare la fonte principale da cui ho tratto le memorie, nonché alcune immagini, nella speranza di non offendere nessuno e di non creare problemi al forum. D'altra parte, quando si scrive di fatti d'epoca non si può far altro che ispirarsi a chi li ha messi su carta in precedenza. Il testo che leggerete, quindi, per quanto condensato e rimaneggiato, non si basa assolutamente su mie memorie o documentazioni personali, bensì sul volume


Peugeot 605” di Jan P. Norbye, edito da Automobilia nel giugno del 1990


che fa parte di una splendida collana di volumi anni 80-90 dedicati alle vetture se vogliamo più “normali” e alle loro fasi di progettazione. Ripeto, spero di non creare malumori o fare danni nei confronti di nessuno, citando questo scritto e le sue immagini. In caso contrario, rimuoverò prontamente il tutto con l'aiuto dei moderatori. Non ho alcun merito riguardo ciò che vado a raccontare, semplicemente trarre spunto da un libro è l'unica maniera per riscrivere oggi una storia vecchia di oltre 25 anni.


Dunque dunque: 605 faceva parte di un programma di cooperazione fra le due Case francesi Peugeot e Citroen. In tale programma, il modello Peugeot era contraddistinto dalla sigla Z.6 e quello Citroen (che sarebbe poi diventato la XM) aveva la sigla Y.30. Il tempo per sviluppare tali modelli, dal tavolo da disegno alla linea di assemblaggio, fu di cinque anni.


Però... però però però. Come nel caso dell'Alfona, c'è anche qui un “prima”. E ci tocca andare proprio a quel 1981 in cui anche ad Arese, coincidenza, stavano succedendo alcune cose che avrebbero avuto parecchia influenza su ciò che avremmo visto su strada nel 1987.
La situazione finanziaria e di gamma che aveva infatti Peugeot nel 1981, sono parte integrante degli accadimenti che faranno poi da sfondo alla nascita della 605.
Peugeot-Talbot aveva non una ma ben due auto sul mercato, nella fascia alta: la 604, che era stata presentata nell'estate del 1975, e l'indimenticabile :-) Tagora, che era nata da pochi mesi, nel settembre del 1980.

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Appena sotto di esse, la terza vettura importante come dimensioni, la 505 che era nata nella primavera del 1979.


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Con la 604, Peugeot aveva commesso un errore: quello di proporre una vettura grande e potente, dal prezzo medio, che probabilmente usciva da quello che era il suo contesto di mercato. Col V6 da 2.7 litri si aggiungeva ad una gamma in cui la berlina più cara (al lancio del 1975) era la 504, modello che aveva visto nelle sue varianti coupè e cabriolet le uniche concessioni della Casa del Leone al mercato delle vetture di prestigio, valorizzate dal V6 e da disegno e costruzione Pininfarina.

604 era la più grossa vettura mai prodotta dalla Peugeot sin dagli anni Venti: costruita su un passo di 2.80 metri e con una lunghezza di 4.72, pesava 1455 kg.
Le caratteristiche tecniche erano piuttosto avanzate, ma il design (frutto di un progetto a più mani con Pininfarina) le dava un'aria piuttosto datata.
Aggiungiamoci poi la sempre presente, quando si parla di vetture sfigate, crisi petrolifera, e la frittata è fatta. Quando gli arabi chiusero i rubinetti, verso la fine del 1973, la progettazione della 604 era terminata e non si potevano apportare modifiche importanti se non attraverso quello che spesso si definisce un “bagno di sangue”.
Andò quindi a finire che la 604 arrivò sul mercato nel momento peggiore, totalizzando (per fare un esempio) circa 95.000 esemplari prodotti nel periodo 1975-78, che pochi potrebbero non sembrare al primo impatto, ma vanno confrontati con i 300.000 esemplari di 504 prodotti nello stesso periodo.
I risultati furono deludenti e di conseguenza anche il motore V8 da 3.2 litri che Peugeot teneva in serbo per una versione performante della 604 fu messo in soffitta. Nacque invece una 604TI con maggior potenza, che fu affiancata nella primavera del 1979 da una turbodiesel alimentata dal quattro cilindri 2.3 litri siglato XD2S, ma tutto ciò non fu sufficiente ad incrementare le vendite.

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L'Europa attraversava in quel periodo una seconda crisi energetica ed il mercato delle ammiraglie era in una fase di serio declino, che sarebbe durata per altri cinque anni. Invecchiando mese dopo mese, la 604 continuò a perdere quota, con la produzione che scese a 5.700 unità nel 1982 per crollare poi a 3.500 l'anno successivo.


Nel 1979 però c'era in Peugeot un giovane e coraggioso presidente, tale Jean-Paul Parayre, che pensava di sostituire la 604 con la Tagora (per la serie “dalla padella alla brace”).
Tagora era figlia di un progetto siglato C-9 che era stato avviato nel lontano 1970 (quando fai le cose con calma, vengon sempre fuori bene) al Centro Tecnico Europeo della Chrysler (vicino a Coventry) e che era finito in mano a Peugeot quando essa aveva rilevato la Chrysler francese, inglese e spagnola nel 1978.

Tagora dalla progettazione divisa in due: design e progetto della scocca vennero effettuati in Inghilterra, mentre telaio e propulsore nacquero a Poissy nell'impianto che un tempo era stato Simca.


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Quando Peugeot decise di utilizzare la vettura C-9 per rientrare nella fascia alta del mercato, essa venne riprogettata in modo da poter utilizzare il retrotreno della 505 al posto di quello progettato dagli ingegneri Chrysler, e le sospensioni anteriori McPherson della 604 invece dei doppi bracci ad “A” preparati in precedenza, ma fu mantenuto il motore Chrysler, solo aumentato di cubatura fino a raggiungere i 2.2 litri.
Tagora venne proposta anche con motori V6 e turbodiesel, ma ricevette come sappiamo un'accoglienza fredda dal pubblico, per non dire gelida. Inoltre, spulciando i dati relativi all'assistenza tecnica dei tempi, si notava che la vettura era affetta da problemi di affidabilità di non facile risoluzione. Parayre a quel punto si rese conto che sarebbe stato meglio accantonarla e proseguire con l'aggiornamento della 604, ma la verità era che lui stesso, oltre a tutti coloro che stavano al suo fianco, sapeva bene che la cosa migliore era accantonarle entrambe e ripartire da zero.


Peugeot in quel momento aveva in casa il progetto di una vettura di classe superiore, codice H.9, che veniva definita in gergo una “anti-Mercedes” e che prevedeva come optional il motore V8 da 3.2 litri che tornava a farsi vivo, ma la Casa aveva iniziato a registrare cospicue perdite di bilancio. La situazione era quindi rischiosa e la scelta di sviluppare la H.9 fu accantonata sperando in giorni migliori.
Nel 1983 la Peugeot SA dichiarò una perdita netta di 8 miliardi di franchi. Roland Peugeot ed i suoi consiglieri si resero conto di aver lasciato troppa libertà a Parayre, che secondo loro aveva gestito la fabbrica in modo piuttosto personale, e per questo gli misero accanto Jacques Calvet, per tenerlo a bada.

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Calvet era un ex-funzionario di Stato nonché ex-banchiere (il Partito Socialista lo aveva appena estromesso dalla carica di Presidente della Banque Nationale di Paris), e fu inserito nell'organigramma aziendale in maniera piuttosto anomala e decentrata rispetto alle normali gerarchie.
Dopo alcuni mesi fu messo a capo della Peugeot Divisione Automobili, occupando lo stesso ruolo che aveva Jean Baratte nella gestione Citroen.


Non tutta la gestione Parayre fu però avventata e criticabile: occorre dargli onore e credito per aver spinto con tutte le sue forze il programma 205 che sappiamo bene cosa significò per la Casa francese. Tuttavia, egli fu incolpato di essere il responsabile delle gravi perdite finanziarie che gravavano sugli ex-stabilimenti Chrysler, e da lì in poi non ebbe vita facile anche a causa della personalità di Calvet che ne minava l'autorità. Il tutto si concluse con le sue dimissioni, nel settembre del 1984.
Calvet divenne amministratore delegato del Gruppo e nel 1985 la casa del Leone tornò in attivo. La produzione delle due vetture d'alta gamma venne interrotta (prima quella della Tagora, poi quella della 604). Nel frattempo la 205 era diventata il modello più venduto, ma i guadagni maggiori si facevano con la vendita delle 505.
La 505 era in pratica una 504 rivisitata sotto il profilo stilistico: una mossa azzeccata perché con il contributo di Pininfarina, Peugeot si era dotata di una vettura di prezzo medio con un look completamente diverso, il tutto con investimenti tutto sommato contenuti. Di proporzioni classiche, aveva comunque un aspetto elegante e moderno. Rispetto alla 504 era stata perfezionata nell'aerodinamica, nell'insonorizzazione e nella tenuta di strada. Alla sua nascita le rivali più serie erano la Renault 20 TS, la Ford Granada, l'Opel Rekord, l'Audi 100, la Volvo 244 e.... la Fiat Argenta (capirai che paura....).


Inserita tra 504 e 604 nel 1979, non sostituì immediatamente la prima delle due, che rimase in produzione nella sola versione con motore 1.8 e assale posteriore rigido. Le sue vendite tuttavia furono lente a decollare, forse perché la 504 si vendeva ancora parecchio. Col tempo, comunque, la 505 dimostrò di avere una buona tenuta sul mercato. Nel 1985 lo stabilimento di Sochaux ne sfornava ancora oltre 530 esemplari al giorno, e tra l'aprile del 1979 ed il giugno del 1985 ne furono costruite ben 845.000.
In quella prima metà degli anni '80, comunque era evidente che sarebbe stato necessario trovarle un'erede. Le sue vendite erano minacciate da quella che si chiamava Renault 25,


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ed i vertici Peugeot avevano già deciso che la parte medio-alta della gamma sarebbe stata presidiata da due modelli. Al livello inferiore si sarebbe posizionata la D.60 (che abbiamo poi conosciuto come 405) e in quella superiore il progetto H.2, che avrebbe sostituito la 505 oltre a coprire il vuoto lasciato dalla 604 (non distante da quanto fece Alfa con 164 che coprì il vuoto di 90 e quello della 6).


La progettazione della piccola, la D.60, ebbe inizio il 15 ottobre del 1982, ed il disegno della carrozzeria, definito dalla Casa stessa “con forti connotazioni Pininfarina” terminò nel maggio del 1984.


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E qui interrompo il racconto, per arrivare al punto che avevo sottolineato tempo fa. E' la 405 la Peugeot a nascere in tempi “più o meno” allineati a quelli della 164, e se il carrozziere torinese deve essere “incolpato” di aver disegnato due vetture simili, il confronto va fatto tra l'Alfa e la media Peugeot, non con la grande. In questo momento la 605 non è affatto una realtà. Tanto che alla fine, l'onore di aver mostrato al pubblico un certo design andrebbe alla Peugeot, che arriva sul mercato prima dell'Alfa, ma sappiamo che dietro le quinte questi discorsi valgono poco.


Ma torniamo alla storia: 405 disegnata e congelata nel 1984, su pianale di derivazione Citroen BX. Con l'obbiettivo di entrare nella fascia di mercato della 305 giocando un poco al rialzo, ebbe una buona accoglienza sia in Francia che in Europa, mentre le cose le andarono parecchio male in America (eh si, non tutti ricordano che la 405 fu proposta anche “di là”), essenzialmente per due motivi: il primo fu che la Casa non ebbe le capacità di presentare la vettura al pubblico americano nel modo adeguato, ed il secondo, il più importante, fu che la media Peugeot si trovò nel bel mezzo di un mercato in cui la guerra fra le cinque più importanti Case giapponesi era già iniziata.
Passando alla sorella maggiore, la H.2, essa nell'immaginario degli uomini Peugeot era in pratica un ridimensionamento di quella grande H.9 che era stata accantonata anni prima, nel periodo difficile. L'idea rimaneva quella di attaccare Mercedes dal basso, ma a quel punto c'era di mezzo anche la Citroen perché la sua CX (datata 1974) era ormai anzianotta.

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Ottimo si rivelava in quel frangente il progetto del pianale di H.2, impostato con l'idea di una grande versatilità che avrebbe permesso di avere due modelli con due differenti tipi di trazione, anteriore e posteriore. Se era impensabile infatti che Citroen realizzasse una nuova ammiraglia mettendo da parte la trazione anteriore, era altrettanto certo per gli uomini Peugeot che la nuova “grande”, spaziosa e ben dimensionata, dotata anche di motore 3 litri, avrebbe dovuto spingere con le ruote posteriori.
Vedere, col senno di poi, che la 605 arrivò sul mercato con la trazione anteriore, ci fa pensare che le idee degli uomini Peugeot non siano sopravvissute a quella lotta rappresentata dalle mille discussioni che si fanno all'interno di un'azienda prima di decidere come impostare un nuovo modello. Fu in questa fase di processo dialettico che la H.2 si trasformò nel progetto Z.6, che poi noi abbiamo conosciuto come Peugeot 605.


Da H.2 a Z.6, quindi: fatti alcuni cenni riguardo la gestazione di 405, ritorniamo al 1983 ora per vedere le prime mosse dell'evoluzione progettuale della “grande”.

A quei tempi, nessuno sarebbe stato in grado di prevedere cosa sarebbe stato il mercato nella fascia più alta, nel 1990. Per Peugeot era quindi una scommessa puntare, come si pensava, molto più in alto della 505. La variazione prevista, per quanto riguardava peso e dimensioni, non doveva superare il 12 per cento, ma per quanto riguarda le prestazioni, si voleva che la H.2 avesse in dote potenze superiori anche del 200 per cento rispetto alla 505. Una vettura importante, quindi, il cui prezzo avrebbe subito una decisa impennata rispetto a quello della vettura in listino a quei tempi.
Così ricordava Michel Forichon, responsabile dell'Ingegneria di Progettazione del gruppo Peugeot: “Volevamo un'automobile che avesse una base di tecnologie avanzate e fosse percepita dal pubblico come un modello di classe superiore, invece di partire da una vettura di classe media e perfezionarla successivamente fino al punto che potesse reggere il confronto con le altre vetture di classe superiore.”


Quando l'auto prese forma, le ambizioni in Peugeot crebbero ancora: fu abbandonata l'idea di preparare una vettura che consentisse alla Peugeot di riconquistare la sua posizione nella fascia delle ammiraglie e si decise di puntare senza se e senza ma ai vertici del mercato.

La migliore soluzione è a malapena sufficiente” divenne lo slogan per le persone a capo dei vari settori del progetto, e l'ossessione per l'eccellenza qualitativa divenne un chiodo fisso per tutti coloro che erano impegnati nella creazione e nello sviluppo della vettura.

Gli avvenimenti successivi dimostrarono che avevano ragione a puntare in alto: la 605 arrivò in un momento in cui il suo segmento di mercato era effervescente. Era la fine del 1989 e due anni prima tale fascia di mercato aveva fatto registrare un boom delle vendite.
A lato di questa considerazione, è necessario farne una seconda che guarda ciò che stava accadendo all'interno di Peugeot, riguardo le tipologie di prodotto e le loro comunanze.
Facendo un passo indietro, ai tempi in cui s'era iniziato a disegnare la 205, l'idea industriale era stata quella di dare la massima priorità al rinnovamento dei modelli prodotti in grandi volumi, mentre si era preferito sospendere la produzione di quelli marginali. Le versioni “speciali”, infatti, erano state affidate a Heuliez (ambulanze), Chausson (furgoni) e Dangel (4 ruote motrici).
Questo perché... nel 1980 il gruppo Peugeot produceva 10 linee completamente diverse di auto, senza componenti standardizzati, e aveva otto motori completamente diversi fra loro (alcuni dei quali forniti a loro volta con diverse dimensioni e comprendenti, in alcuni casi, anche il diesel).


Al lancio di 605 le linee di auto erano nove ed i motori sette. Sul piano dei numeri non sembrava un grosso passo avanti nella standardizzazione, ma quello che i numeri non dicevano era che l'impiego dei componenti comuni si era imposto a tal punto da stravolgere completamente la struttura industriale del Gruppo.
Avendo quindi in casa lo sviluppo delle nuove “grandi” Peugeot e Citroen, la tentazione di abbinare l'erede di CX (ricordiamo, Y.30-XM) alla H.2 era irresistibile per i vertici aziendali. Entrambe le case avevano ovviamente nel cassetto delle idee per le nuove vetture, ed assieme a loro dovevano risolvere i problemi di sviluppo dati dalla voglia di arricchire i nuovi modelli incrociata con l'inadeguatezza delle basi su cui erano costruiti quelli a listino in quel periodo.
Per dirne un paio, Peugeot voleva mettere da parte lo chassis della 505, ormai inadeguato, e Citroen desiderava fare altrettanto con la struttura della CX, inadatta ad ospitare il V6 che sicuramente la nuova ammiraglia del double chevron avrebbe dovuto avere per giocarsela ad armi pari sul mercato europeo.
L'attività di progettazione comune ebbe quindi inizio, e nel settembre del 1984 i Centri Stile Peugeot e Citroen (insieme ai loro consulenti ITALIANI) ricevettero l'ok per andare avanti con le proposte stilistiche. I disegni in scala 1:1 furono completati per entrambe le marche in quattro mesi, tenendo conto anche di possibili versioni a quattro ruote motrici.


Facciamo un altro punto della situazione. Settembre 1984, iniziano i lavori. Riassumendo, 164 esiste già, 405 pure, 605 inizia il suo cammino progettuale in questo momento.

Fine prima parte. ;)

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"... guarda la libidine sarebbe per il si, ma il pilota dopo il gran premio ha bisogno il suo descanso... e poi è scattata la regola numero due: perlustrazione del pueblo e ricerca de los amigos... ah Ivana, mi raccomando il panta nell'armadio, il pantalone bello diritto. E un po' d'ordine in stanza... see you later!" (Il Dogui, Vacanze di Natale)

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Seconda parte. ;)

Proseguendo con la storia, arriviamo al punto in cui la H.2 Peugeot a trazione posteriore viene uccisa. La sua progettazione (con la costruzione di un prototipo) andò avanti per tre mesi circa (siamo nel 1985), ma col passare del tempo tra i quadri tecnici nacquero parecchi contrasti sulle soluzioni adottate.

Ingegneri come Michel Forichon, Marcel Provent e Georges Oberlé sostennero che la Peugeot doveva adottare la trazione anteriore anche sulla sua “grande” e presentarono dei solidi argomenti a sostegno della loro idea. Michel Durin, direttore tecnico del gruppo con l'incarico di sovrintendere al tutto sia per Peugeot che per Citroen, li appoggiò.

Il proposito di costruire un modello di base con due versioni, ciascuna col suo tipo di trazione, ci rende impossibile ottimizzare sia una sia l'altra”, fu la tesi avanzata da Oberlé.

Se, per esempio, pareva logico che la Citroen avesse il motore trasversale, era altrettanto ovvio che la Peugeot lo avesse longitudinale per l'erede della 505. Il problema era che i capi delle due Divisioni, Xavier Karcher (Citroen) e Jean Boillot (Peugeot) avevano entrambi le idee molto chiare su quali auto volevano costruire. Ciascuno di essi voleva la “sua” vettura.

Oberlé fu il primo a sostenere che un atteggiamento del genere era incompatibile con la necessità di mettere in comune la struttura e i propulsori.

La Peugeot aveva un'esperienza nel settore delle vetture a trazione anteriore che risaliva al 1965, anno del lancio della 204, ma sia Boillot che Calvet negativi di fronte alla prospettiva di montare la trazione anteriore su una vettura grande e potente, di prestigio.

Data la sua grande esperienza con i progetti di ogni tipo di vetture, Oberlé era pienamente consapevole del valore delle obiezioni che erano state avanzate, tuttavia, sottolineando il fatto di essere perfettamente a conoscenza di alcuni limiti fisici, tipici della trazione anteriore, ribadiva che con anni di studi la Casa francese era riuscita a risolvere tali problemi, portando come esempio l'ottima trazione anteriore della 205 e chiedendo se per caso qualcuno degli scettici poteva affermare che tale vettura sarebbe stata migliore con la trazione posteriore.

Gli fece eco Marcel Provent, dichiarando alla Direzione che sarebbe stato in grado di produrre una vettura migliore, utilizzando la trazione anteriore.

Ora, per non allungare troppo il brodo (le memorie sulla gestazione di 605 a questo punto affondano in una serie di discussioni filosofiche e non, basate appunto su pensieri come “ormai siamo capaci di fare la trazione anteriore da millemila cavalli”, “eh ma la gente è meglio che guidi una trazione anteriore”, “il futuro dell'auto è a trazione anteriore per qualsiasi livello di vettura”, e via dicendo, che possiamo ridurre tutte ad una parola che è “costo”) sorvoliamo un pochino su tutto il successivo bla bla bla e arriviamo alla fine della vicenda. Per motivi che conosciamo perfettamente, la 605 fu una vettura a trazione anteriore. Punto.

Dalle memorie riportiamo quindi che nel corso di una riunione solenne, avvenuta nel marzo del 1985, Jacques Calvet, Jean Boillot e Xavier Karcher decisero di aderire al nuovo schema di progetto. La Y.30 della Citroen sarebbe stata portata avanti come da programma, ma la H.2 Peugeot sarebbe stata abbandonata e sostituita da un veicolo di diversa configurazione, la Z.6 appunto, conforme a quanto presente nel capitolato della Y.30.

Arriviamo quindi alla fase più interessante per quel che riguarda il nostro discorso, e cioè la definizione stilistica, nella quale riscontriamo un'altra analogia con il processo che diede vita alla 164. Un carrozziere esterno (il medesimo, come sappiamo) che lavorava in concorrenza con il Centro Stile della Casa. Questo per quanto riguarda gli esterni, per i quali in Peugeot il capo del progetto era Gerard Welter. Per gli interni, invece, si decise di dare a Pininfarina maggior voce in capitolo (e ce ne siamo accorti tutti).

Iniziando col dire che per quanto riguarda la ricerca aerodinamica fu Peugeot ad impegnarsi in prima persona, nonostante Pinin avesse a disposizione la sua galleria del vento, va detto che il passaggio da H.2 (che comunque era già stata abbozzata, a grandi linee) a Z.6 non fu traumatico dal punto di vista del design, o meglio, non lo fu come dal punto di vista tecnico. Insomma, l'idea più o meno era già quella.

I primi bozzetti, eseguiti all'inizio del 1984, mostravano un coupè, non una berlina. “Stavamo cercando di ottenere un coupè dalle proporzioni armoniose e dall'aspetto dinamico”, disse Welter. “Gli elementi angolari erano stati scelti per conferire alla forma dinamismo e un senso di modernità.”

I disegni del profilo con svariate ipotesi per le linee del tetto, da quelle tipiche di un coupè GT a quelle delle due volumi più classiche, permisero di stabilire che la sistemazione di quattro portiere all'interno delle dimensioni prescelte era fattibile.

Tra le caratteristiche salienti del tema dominante c'erano le grosse ruote eleganti, scelte per riempire completamente i parafanghi. Una parte contratta “scolpita” a livello delle soglie delle portiere, un cofano dolcemente inclinato di lunghezza piuttosto contenuta ed un posteriore alto e corto. Parabrezza inclinato, tergicristalli nascosti dalla palpebra del cofano, proiettori anteriori di ridotte dimensioni. Assenza di mascherina, sostituita dal logo col Leone a sovrastare una sottile presa d'aria a livello del paraurti, abbinata ad una grande bocca nella parte inferiore dello stesso. Vettura non troppo alta, con un posto guida piuttosto basso e montanti abbastanza sottili se confrontati a quanto si vedeva nel segmento.

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Ci furono molte discussioni sul profilo, su quanto dovesse essere cuneiforme e su quanto sarebbe stato necessario svilupparlo in orizzontale.

In uno dei moltissimi bozzetti realizzati si raggiunse un ottimo compromesso, fatto di linea cuneiforme abbinata ad un profondo incavo che correva su tutta la fiancata, appena sotto la linea dei finestrini, che spiccava nei confronti dell'altro taglio prettamente orizzontale che correva da paraurti a paraurti.

In linea generale, per tutti gli artisti il diktat comunque era che la futura 605 avrebbe dovuto avere lo stesso pianale della prossima ammiraglia Citroen. Ma la configurazione coupè che si cercava avrebbe richiesto un passo più corto, e Welter ebbe l'autorizzazione per tagliare il pianale Citroen di 50 mm (portando così il passo da 2,85 a 2,80). Una differenza del genere non avrebbe creato problemi ai tecnici e la direzione autorizzò la cosa in quanto avrebbe contribuito a differenziare maggiormente le due vetture.

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Attenzione: per molti mesi il Centro Stile Peugeot e la Pininfarina lavorarono nella più totale segretezza, senza confronti e scambi di informazioni. Gli stilisti italiani non ricevettero indicazioni da quelli francesi, ma soltanto dai tecnici. Allo stesso modo, per parecchio tempo le proposte di Pinin non furono mostrate a quelli dello Stile. Le presentazioni avvennero soltanto a livello direttivo.

Quando Pininfarina presentò la sua prima proposta, nel 1984 a novembre, si trattava di una vettura con una calandra simile a quelle utilizzate in seguito da Opel su vetture come Vectra A, Omega e Kadett face lifting, ed una appariscente scanalatura che correva lungo tutta la fiancata, la quale però non si rifaceva ad un qualche studio per Alfa Romeo, bensì ricordava parecchio l'andamento del fianco della Lancia Gamma coupè. Caratteristici erano i montanti così sottili da mostrare quasi l'unione fra i vetri laterali ed il bordo del parabrezza, così come particolare era la soluzione dei cristalli laterali che scendevano maggiormente rispetto all'ipotetica linea di cintura suggerita dal punto di arrivo del cofano motore, andando quindi a creare un angolo netto sulla fiancata, nella zona di inizio portiera anteriore e fine portiera posteriore.

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Come detto, Welter ed i suoi collaboratori in quell'occasione non videro il lavoro di Pininfarina, che ricevette il sollecito a proseguire nella direzione mostrata dai bozzetti, tenendo presente però le critiche che erano state mosse alla sua proposta. Luce verde per proseguire anche per il Centro Stile interno, il quale era non solo più avanti nel lavoro, ma anche più vicino all'obbiettivo finale. Il tema prescelto internamente per lo sviluppo, ispirato all'ottimo esempio di 405, era pervenuto ad una sagoma di base soddisfacente sotto tutti i punti di vista.

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Dopo un susseguirsi di modelli in scala corrispondenti ad altrettante proposte in lizza, realizzammo il primo modello 1:1 in polistirene”, spiegò Welter. “Lo portammo all'aperto, per esaminarlo alla luce del sole e confrontarlo con alcuni esemplari di vere vetture concorrenti. Tra le vetture messe a confronto c'erano Jaguar e Mercedes.”

Se in quel modello, presentato nell'aprile del 1985, c'erano dei motivi cuneiformi, essi erano così sfumati da agire quasi subliminalmente. Una scanalatura poco profonda correva lungo tutta la vettura appena sopra le maniglie delle portiere, mentre la fascia gommata che circondava la vettura, andando da paraurti a paraurti a livello della parte alta della ruota sottolineavano la connotazione orizzontale. La mascherina in quel momento era molto simile a quella che si sarebbe poi vista con la 405.

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Non tutto era filato liscio, però. La vettura aveva perso parte della sua aria da coupè, ed il frontale era cresciuto fino a raggiungere una dimensione che dichiarava apertamente la presenza della trazione anteriore.

Quando Calvet la vide, si limitò a dire: “Rendetela più dinamica.”

Sia Calvet che Boillot erano rimasti sorpresi dalla suggestione della trazione anteriore che traspariva dal modello che avevano visto. Era normale per una Citroen avere una grossa parte frontale sporgente e un inconfondibile aspetto da trazione anteriore, ma non lo era affatto (fino a quel momento) per una Peugeot.

Boillot, soprattutto, aveva orrore per qualsiasi proposta che avesse anche solo un vago sentore di Audi, ed inoltre, bisognava sempre tenere presente il fatto che non era per nulla il caso di mettere in cantiere una Peugeot che sembrava una Citroen. A tutto ciò si aggiungeva Calvet che la voleva più dinamica.

Welter: “La galleria del vento ci aiutò molto sotto questo punto di vista. La sagoma di base della scocca era stata provata nel tunnel fin dalla fine del 1983, e le ragioni del basso coefficiente di Cx nonché dei contenuti fenomeni di portanza risiedevano nella sagoma stessa, non in qualche accessorio aggiunto per migliorare il comportamento aerodinamico.

Il compromesso tra Cx e stile venne raggiunto lavorando soprattutto sulla parte bassa dei parafanghi e relative minigonne, sulla forma a cupola del lunotto, sul taglio della coda e sulla definizione di un'altezza del pianale che impedisse il crearsi di turbolenze dannose. Furono effettuati anche esperimenti sulla carenatura del pianale e sul flusso dell'aria nel vano motore.”

Dopo oltre 700 ore di galleria del vento, i tecnici raggiunsero gli obbiettivi che si erano prefissati, concentrandosi a quel punto su un solo studio (fra quelli che avevano ipotizzato in casa) per ottimizzare i coefficienti di resistenza e anche i vari carichi verticali.

Ne venne fuori un Cx di 0,28 per le versioni a quattro cilindri e di 0,30 per le 6 cilindri (differenza dovuta al sistema di raffreddamento maggiorato). Ottenute nel contempo forze verticali del tutto trascurabili.

Il restringimento presente nella zona delle soglie portiera non era esclusivamente un elemento aerodinamico, ma era presente fin dai primi bozzetti come elemento caratterizzante, e nelle intenzioni degli stilisti aveva il compito di far risaltare le ruote.

Torniamo un attimo agli “artisti” e al loro impegno nel cercare di annullare l'immagine da trazione anteriore data dal volume del frontale. Senza modificare le proporzioni di quella parte, tentarono di ottenere il risultato con altri “trucchi”, come quello di centrare il punto d'unione tra montante posteriore e vano bagagli sulla verticale della ruota posteriore, dando quindi maggior risalto al terzo volume nell'ottica di mitigare la massa di quello anteriore. E qui scopriamo il perché di quella differenza abbastanza evidente fra 164 e 605, a livello di fiancate, con il montante posteriore che sull'Alfa “cade” più vicino al piano di coda, dando l'immagine di un abitacolo più “seduto” sulla ruota posteriore, abbinato ad un bagagliaio più corto. Personalmente ho sempre preferito l'Alfa anche per questo motivo, perché proprio quella ruota posteriore più “esterna” rispetto all'abitacolo, su 605, a me non è mai piaciuta.

Tornando ora alle tappe del percorso di design, nel settembre del 1985 Pininfarina era ancora in lizza. Presentò un altro modello, che era decisamente simile a quanto era stato concepito in Peugeot.

La cosa non deve stupire, data una collaborazione che ai tempi durava da 35 anni e che portava il carrozziere torinese a conoscere bene lo spirito di marca, presentando sempre modelli che già in partenza tentavano di visualizzare appieno quelle che potevano essere le idee del management francese.

La silhouette del nuovo modello era quasi identica a quella della 405, ma le fiancate erano state trattate in modo diverso.

La scanalatura sotto le maniglie delle portiere iniziava DIETRO la linea di divisione delle ruote del parafango anteriore e si apriva come un cuneo per terminare in corrispondenza del gruppo ottico di coda.

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L'elemento orizzontale che correva da un paraurti all'altro era piuttosto sottile nella parte compresa fra le ruote, ma si allargava e assumeva un aspetto funzionale, tipico di un paraurti, nella parte anteriore e in quella posteriore.

Per tutta l'estate del 1985 anche il Centro Stile Peugeot aveva lavorato ad un nuovo modello, e fece in tempo a presentarlo per un confronto con quello di Pininfarina.

Nel trattamento dei finestrini laterali il modello Peugeot presentava una certa simmetria fronte/retro che rafforzava l'idea di coupè, ed il notevole spessore del montante centrale era stato dissimulato dalla copertura in plastica nera che aiutava a separare nettamente la parte vetrata dai lamierati.

C'erano ancora dettagli che non andavano, ma aveva già le dimensioni e le proporzioni desiderate ed il dinamismo che Calvet aveva chiesto.

La proposta di Welter risultò vincente e Pininfarina fu eliminato dalla partecipazione al progetto riguardante la parte esterna della 605.

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Per quanto riguarda l'interno della vettura però il trionfo fu di Pininfarina (e quindi in questo caso possiamo puntare un po' di più il dito....), ma questo lo vedremo nella terza parte del racconto.

Fine seconda parte ;)

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"... guarda la libidine sarebbe per il si, ma il pilota dopo il gran premio ha bisogno il suo descanso... e poi è scattata la regola numero due: perlustrazione del pueblo e ricerca de los amigos... ah Ivana, mi raccomando il panta nell'armadio, il pantalone bello diritto. E un po' d'ordine in stanza... see you later!" (Il Dogui, Vacanze di Natale)

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Capitolo tre. ;)

La Peugeot aveva già realizzato i suoi interni mentre Pininfarina aveva fino a quel momento limitato le sue proposte alla progettazione della parte esterna.

Qui sotto vediamo, in sequenza, le proposte Pininfarina del novembre 1984...

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...una del CS Peugeot del mese successivo...

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...ed un paio di bozzetti francesi di inizio 1985.

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Demmo inizio al lavoro di progettazione nel settembre del 1984”, ricorda Paul Bracq, responsabile del Centro Stile Peugeot che si occupava degli interni.

Il confronto, che ebbe luogo davanti alla direzione il 30 aprile del 1985, vide partecipare tre modelli degli interni in scala 1:1, due del Centro Stile Peugeot e uno di Pininfarina.

Uno degli interni Peugeot era stato sviluppato partendo da un progetto firmato Keith Ryder, un brillante inglese che lavorava in stretta cooperazione con Bracq, e da un progetto alternativo che era essenzialmente frutto del lavoro di Bracq in persona.

Ryder aveva usato la pulsantiera della show car Oxia e Bracq aveva scelto dei colori molto chiari.

La direzione fu sorpresa dai sedili beige”, ricorda.

Qui sotto, due immagini (con lievi varianti) della proposta Peugeot, e per ultima la foto dell'interno Pininfarina che venne approvato. (Personalmente, quello proposto dai designer francesi era molto carino)

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Anche il modello di Pininfarina aveva colori chiari, ma erano usati con maggior misura.

Il tema centrale era un pannello che sembrava essere supportato centralmente da una console, che dal lato passeggero non mostrava altro che il cassetto portaoggetti e le bocchette di aerazione.

La palpebra del cruscotto, incurvata dolcemente verso il basso su entrambi i lati, si allargava fino a includere i piccoli comandi montati sulla parte superiore della consolle.

Nel settembre e alla fine del novembre del 1985 tutti e tre i modelli furono migliorati e riproposti. Il confronto finale avvenne il 9 dicembre del 1985. Fu accettato il progetto firmato Pininfarina e le proposte della Peugeot vennero scartate.

Da quel momento Pininfarina non prese più parte al programma ed il modello di Torino in scala 1:1 fu portato a La Garenne-Colombes per adeguarlo alla vettura.

Furono preparati diversi livelli di finiture, disposti fianco a fianco, sotto la supervisione di Bracq, facendo attenzione alla congruità di ciascun insieme.

Gli interni sono un lavoro da gioielliere. Lavoriamo con una precisione di 1,5-2 mm; e ciò richiede tempo. Non ho mai avuto personale sufficiente”, dice. “Quando abbiamo realizzato gli interni della 205 o della 305 avevamo solo 65 parti. Ora lavoriamo con vetture della classe top e abbiamo circa 250 parti per l'interno.”

La Peugeot doveva avere in comune con la Citroen il sistema di riscaldamento e climatizzazione: ciò voleva dire adoperare le stesse bocchette dell'aria nella XM e nella 605, soprattutto come posizionamento. Cosa che venne abbinata abbastanza facilmente al modello proposto da Pininfarina.

La Peugeot voleva anche il freno a mano della XM”, ricorda Bracq, “ma Calvet disse 'no, mettetelo sulla consolle centrale, ma verificate che vi sia anche lo spazio per un radiotelefono'. A questo punto però notammo anche che la base del parabrezza di Welter incurvata in avanti per il cruscotto proposto da Pininfarina e dovemmo modificarlo per adattarlo alla forma esterna.”

All'inizio del mese di marzo del 1986 tutto era pronto, all'interno e all'esterno. Il team che si occupava dell'esterno approntò il modello di riferimento, corretto in ogni dettaglio.

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Esso venne “siglato” da parte della direzione ad ogni intervento successivo. In teoria non era consentito scostarsi in nessun modo da questo modello di riferimento.

Abbiamo dei principi teorici a cui attenerci, è vero, ma cerchiamo anche di lasciare un margine per interventi che possano abbellire la vettura. Non vogliamo rinunciare a qualcosa di grazioso in nome di una norma astratta”, asserisce Michel Forichon.

A 1986 inoltrato Calvet, Boillot e Karcher, accompagnati da altri dirigenti, videro per la prima volta la XM e la 605 fianco a fianco. Volevano essere assolutamente sicuri che non si somigliassero.

In precedenza era stato allestito un “Centro Diagnostico” di design, frequentato da una rappresentanza del pubblico, al fine di valutare la reazione dei clienti rispetto ad un veicolo anonimo, senza nessun particolare scudo o marchio che permettesse di identificare la vettura come una Peugeot. All'inizio il modello in scala 1:1 risultò non avere nulla che lo identificasse come una vettura del Leone.

In una successiva “seduta”, nell'ottobre del 1985 il 14 per cento degli intervistati ritenne che si trattasse di una Ford. L'undici per cento dichiarò trattarsi di una Lancia e un altro 7 per cento di una Alfa Romeo (buffa 'sta cosa).

L'8 per cento avanzò l'ipotesi che si trattasse di una Citroen e il sette per cento di una Renault. Il sei per cento disse che era una Opel. Infine, il nove per cento indovinò che era una Peugeot. Quest'ultima percentuale era ancora ben al di sotto del minimo accettabile.

La diagnosi finale fu fatta nell'aprile del 1988, con un modello il cui aspetto in pratica non si discostava per niente dal modello di produzione. Mancavano solo il Leone della Peugeot e le scritte del modello. Ora il 58 per cento degli spettatori la identificò come una Peugeot (e sai che scoperta, anche senza il Leone sul frontale, gente appena appena erudita in fatto d'automobili, che guarda una vettura con tre righe sulla calandra fra i fari anteriori che deve dirti, che è una Bmw? :-D).

Stranamente il 7 per cento fece l'ipotesi che si trattasse di una Rover (imho plausibile) ed il 5 per cento di una Renault (pure...).

L'Opel non ebbe alcun voto. Nessuno pensò che si trattasse di una Lancia, ma il due per cento dichiarò trattarsi di una Alfa Romeo (1988... ma come mai? :-D).

Un due per cento disse che si trattava di una vettura giapponese... ed un altro 2 per cento disse che era una Ford.

Riassumendo, dopo che venne approntato il modello di riferimento, ci vollero oltre 12 mesi per completare il primo prototipo marciante. Fu approntato nel giugno del 1986. Quattro mesi più tardi, dopo la costruzione di altri tre prototipi a La Garenne, l'intero progetto passò dal gruppo Peugeot SA alla Peugeot Automobiles di Sochaux, sede dello stabilimento in cui la vettura sarebbe stata prodotta.

Siamo quindi alla fine della prima parte del racconto, e possiamo passare direttamente alla seconda, che della 605 ci racconta lo sviluppo e la produzione.

Poco prima della fine del 1986 il primo prototipo marciante venne consegnato alla Automobiles Peugeot dal Centro Aziendale di Ricerca e Engineering di La Garenne.

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La data per l'inizio della produzione (pienamente rispettata) fu fissata al settembre del 1989.

Perché il gruppo PSA voleva lanciare la 605 a così breve distanza di tempo dalla presentazione della XM?

La decisione di sferrare un'offensiva sul mercato fu una decisione di gruppo”, ricorda Georges Oberlé.

Avevamo un budget fantastico, ma solo 8 settimane per assemblare il primo prototipo”, rievoca Pierre Villaume, ingegnere capo dello sviluppo della 605.

Il primo prototipo costruito a Sochaux fu completato nel gennaio del 1987. “Era stato realizzato a mano, con attrezzature di stampaggio o fusione improvvisate”, racconta Villaume. “I prototipi successivi furono realizzati con attrezzature in plastica o cemento.”

Il fatto che la Z.6 contenesse tanti elementi nuovi creò un sovraccarico di lavoro per ingegneri e tecnici, ma Villaume prese una posizione molto decisa: “Un approccio analitico, accompagnato da un collaudo e da uno sviluppo integrali, ci aiuta ad evitare un gran numero di modifiche nella fase successiva. Dovevamo verificare e misurare le caratteristiche qualificanti del prodotto in molteplici modi. La mole dei controlli era enorme.”

La SV 3.0 era il punto focale dell'intero progetto. “Tutti gli altri modelli derivano dalla SV 3.0”, spiega.

Nella primavera del 1987 a Sochaux vennero costruiti in tutto, per fini di valutazione, 47 prototipi con versioni “messe su alla buona” della vera scocca.

Nel lotto successivo di 36 vetture sperimentali c'erano già molti componenti di serie. C'erano inoltre dei “muletti”, spesso di marche rivali, preparati per verificare alcune caratteristiche specifiche.

A tal fine facemmo ampio ricordo alla Lancia Thema per il V6, perché dopotutto la Thema era la prima vettura a montare il V6 trasversale. Ciò ci fece risparmiare moltissimo tempo.”

Qui sotto, una Z.6 in partenza a Belchamp per una prova di durata.

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Gli ingegneri della Peugeot inventarono nuove incastellature per il motore, a oscillazione pendolare, con blocchi di supporto idroelastici e bracci di reazione, un sistema che venne adottato anche sui motori a quattro cilindri.

Un Centro Stile fu istituito anche a Sochaux, col compito di assicurare un legame permanente con quello di La Garenne, facendo ruotare il personale ogni 2-3 mesi.

La loro funzione principale era di supervisionare i lavori, seguendo le sorti della loro creatura.

Un modello stilistico in scala 1:1 non è una salvaguardia sufficiente a garantire che nella fase di sviluppo non vengano introdotte modifiche arbitrarie”, dice Gérard Welter, che si recò spesso in prima persona a Sochaux per verificare i singoli stampi delle vetture di prova.

Gli architetti avevano dedicato molta attenzione alla questione dello stile delle parti presenti nel vano motore, senza peraltro rinunciare alla funzionalità. Tutta la parte elettronica fu installata in un punto in cui la temperatura era relativamente bassa. Fu previsto un raffreddamento ad aria forzata per le cosiddette “scatole nere” (centraline et similia), mentre la batteria, posta in un contenitore a tenuta sul lato sinistro, era raffreddata da un flusso d'aria a lei dedicato.

Malgrado la dovizia di attrezzature di collaudo presenti a Belchamp, i test della 605 si basarono moltissimo sulle prove su strada. Di solito nelle “spedizioni” che si facevano sulle strade pubbliche c'era un prototipo di Z.6, non camuffato, e tre-quattro auto di servizio, di solito delle marche rivali. Il riferimento principale era la Audi 100.

Il personale di solito cambiava vettura ogni 30-40 km, ma poteva anche accadere che un pilota stesse al volante per 400-500 km.

A queste spedizioni venivano spesso invitati dei rappresentanti della possibile clientela, in qualità di osservatori degni di fede. Da tali viaggi derivarono delle modifiche alla parte posteriore, perché i primi prototipi, visti da dietro, non avevano ancora una fisionomia netta che consentisse di identificarli come Peugeot.

La preoccupazione principale era quella della qualità: tutte le deficienze, le anomalie di funzionamento, eccetera, vennero registrate per essere controllate nelle fasi successive, con l'utilizzo di programmi al computer per determinare lo schema di distribuzione di tale eventi anomali.

Qui sotto, un prototipo 605 equipaggiato con l'apparecchiatura di Zimmer per la rilevazione dinamica delle variazioni degli angoli caratteristici.

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Come disse Pierre Willaume, “l'80 per cento dei perfezionamenti introdotti è derivato dalle osservazioni e dalle critiche dei collaudatori.”

L'interesse dei grandi capi per il progetto Z.6 fu sempre molto alto, e dirigenti di alto livello continuarono a fare visite periodiche a Belchamp per vedere e guidare i prototipi.

Jacques Calvet dimostrò di avere un occhio finissimo per i minuti dettagli. Il minimo difetto nelle finiture, il disallineamento di un parasole o di uno specchio, un accessorio mancante o un'angolatura sbagliata di un portacenere o di un bracciolo di un sedile stimolava puntualmente le sue critiche, spesso sotto forma di osservazioni spiritose o caustiche.

Ma chi sedeva nella vettura quando lui guidava, concludeva che Calvet era più a suo agio dietro una scrivania che al volante di un'auto....

Jean Boillot invece era universalmente considerato come un ottimo guidatore. “Egli sa come valutare una vettura stando seduto al posto guida”, fu l'apprezzamento positivo di un ingegnere collaudatore.

La seconda serie di vetture pre-produzione, che partì nel novembre del 1987, era composta di 80 vetture, di cui nove furono consegnate al Dipartimendo Metodi. La pianificazione della produzione procedeva di pari passo, e quando si ebbe la disponibilità dei componenti di serie, il tempo di costruzione di un prototipo si era ridotto a due settimane.

Ben presto le scocche complete iniziarono ad essere costruite con attrezzature da produzione.

In effetti l'engineering di base della struttura della scocca era ben avviato già nel marzo del 1985, ma lo sviluppo richiese molto tempo a causa dei molteplici requisiti contrastanti fra loro e della complessità dell'insieme.

Il responsabile dell'Ingegneria della Scocca era Bruno de Guibert. L'enormità del compito che gravava sulle sue spalle fu un po' alleviata dal fatto che la 605 veniva realizzata con un solo tipo di scocca. Si sapeva già infatti che non ci sarebbe stata una 605 station wagon (l'idea era quella di tenere in produzione ancora per un certo periodo di tempo la 505 break).

Gli stampi del pianale Z.6 erano identici a quelli della Citroen, inclusa la culla del motore, e tutti gli esemplari di quest'ultimo particolare erano prodotti dalla Peugeot a Sochaux.

Ricorda Villaume: “La messa in comune della culla fu una scelta condizionata dal fatto di avere in comune anche il pianale. Abbiamo avuto delle discussioni terribili con la Citroen in merito al prodotto finale.”

605 ed XM avevano in comune anche radiatori e ventole, bracci di controllo delle sospensioni anteriori, ruote, componenti freno montati sui mozzi, piantone dello sterzo ed il già citato impianto di riscaldamento/climatizzazione.

Nel corso della fase di sviluppo furono apportate modifiche rilevanti alla struttura della scocca per migliorarne la rigidità e la resistenza all'affaticamento. Ad esempio, la sospensione posteriore nella forma definitiva del progetto non imponeva alla struttura carichi più elevati ma più concentrati, e per tale motivo la sezione di coda fu rinforzata con un'altra traversa.

A tale scopo si compilarono dei programmi al computer per definire i requisiti ottimali in fatto di distanza dal suolo e capacità del vano bagagli.

Il peso totale della scocca (parti mobili incluse) era di 310 kg, suddivisi in 238 parti che venivano assemblate mediante 3800 punti di saldatura, eseguiti da 91 robot.

Fine capitolo tre, il seguito nella prossima ed ultima (credo :) ) parte.

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"... guarda la libidine sarebbe per il si, ma il pilota dopo il gran premio ha bisogno il suo descanso... e poi è scattata la regola numero due: perlustrazione del pueblo e ricerca de los amigos... ah Ivana, mi raccomando il panta nell'armadio, il pantalone bello diritto. E un po' d'ordine in stanza... see you later!" (Il Dogui, Vacanze di Natale)

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Quarta ed ultima parte. ;)

Alcune immagini dei collaudi svolti in diverse zone del Vecchio Continente.

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Le caratteristiche tecniche della 605 furono rese definitive nel luglio del 1988 e contemporaneamente fu costruita una terza serie di vetture di pre-produzione. Lo stesso personale che aveva costruito i prototipi, a quel punto lavorava alle linee di assemblaggio.

Il prototipo finale fu costruito esattamente 10 mesi prima dell'inizio della produzione.

Poco prima di tale data avevamo intrapreso un programma di abbattimento del rumore per rendere la vettura più silenziosa. Nelle prime Z.6 di prova il rumore che penetrava nell'abitacolo era davvero eccessivo, ma più preoccupante era il fatto che alcuni dei più recenti prototipi perdevano nel confronto con le vetture rivali delle altre case”, confidò Villaume.

Dovemmo eliminare ciascuna fonte di rumore, andando alla radice del problema. I fori presenti nella paratia furono esaminati uno ad uno, analizzati e trattati opportunamente. Installammo una nuova attrezzatura per la rilevazione del rumore e sottoponemmo la vettura a sollecitazioni intense. Lavorammo tantissimo per eliminare i rumori parassiti, sia quelli che si possono manifestare nelle nuove vetture, sia quelli che possono insorgere nel corso della loro vita utile.

I nostri specialisti di insonorizzazione alla fine ottennero un pacchetto di misure che realizzava l'obbiettivo voluto, ma faceva salire di circa 30 kg il peso della vettura.

Le porte adesso sono dotate di una tripla guarnizione che assorbe il rumore ad alta velocità proveniente dall'esterno.”

Risultò che lo chassis del prototipo necessitava di ben più di un semplice ritocco.

Abbiamo studiato per un intero anno il perfezionamento della sospensione. Con la Z.6 l'obbiettivo era di ottenere un comportamento su strada simile a quello di una trazione posteriore, affinché il cambio di traiettoria fosse più agevole di quanto non lo sia tipicamente in una grossa vettura a trazione anteriore, quale la Audi 100 o la CX.”

Inizialmente la Z.6 e la Y30-XM avevano una geometria simile nelle sospensioni anteriori.

Le nostre vetture di prova erano afflitte da un eccessivo sottosterzo, e con una tale configurazione l'effetto anti-dive (che previene l'abbassamento del muso della vettura) era così pronunciato da dare origine a durezza e vibrazioni dello sterzo. Avevamo imparato a controllare il sottosterzo durante lo sviluppo di 205 e 405 nelle versioni spinte e ritenevamo che con le molle metalliche non ci fosse bisogno di una geometria anti-dive, per cui facemmo marcia indietro in fatto di angolo anti-dive, diminuimmo l'inclinazione verso la parte posteriore della vettura ed aumentammo l'effetto ammortizzante.”

Le vibrazioni generate dalla sospensione furono “filtrate” senza compromettere l'efficienza dello sterzo, e la guida divenne più dolce.

Alla fine, dopo uno studio molto approfondito del comportamento della vettura su strada, si riuscì ad ottenere un angolo massimo di rollio in fase di sterzatura di 1,5 gradi. La Z.6 ora teneva la strada molto meglio dell'Audi.”

Lo sviluppo della Z.6-605 durò in tutto 60 mesi. Complessivamente beneficiò di 4 milioni di chilometri di collaudi, prima del suo lancio. Questa fase si concluse con una prova grandiosa di affidabilità. Trenta vetture di pre-produzione furono sottoposte ad una prova di durata di 100.000 km da concludere in poche settimane.

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Siamo giunti alla fine, e chiudiamo con le ultime considerazioni di Villaume.

L'esercitazione svolta sulla 605 ha dato effetti benefici che potremo sviluppare sui prossimi modelli. L'azienda Peugeot ora ha una marcia in più, e con questo modello noi puntiamo ad una clientela dalla mentalità contraria al cosiddetto gadget. Volevamo che il prodotto finale avesse doti di semplicità, sobrietà, discrezione e raffinatezza. Un costruttore di automobili è contento quando può mettere sul mercato qualcosa di assolutamente inedito.”

Chiudo il racconto con le immagini che restano...

Guado salino a Belchamp

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Trasferta al calduccio.

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Crash test frontale e tamponamento.

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Banco prova triassiale.

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Restano alcune immagini del processo produttivo, le posterò a seguire perchè altrimenti supero la capacità fotografica del post. ;)

The end

Abbiamo finito. Doverosamente torno a citare lo splendido volume “Peugeot 605” di Jan P. Norbye, edito da Automobilia nel giugno del 1990, dal quale ho recuperato buona parte di ciò che avete appena letto e che di conseguenza non mi appartiene assolutamente, ma che ho voluto (sperando di non creare problemi, visti i 25 anni passati dalla data di pubblicazione e l'essere da tempo fuori da catalogo del volume in questione) riassumere per raccontare un po' la storia di una delle tante ammiraglie generaliste dei tempi, e soprattutto per fare un po' di luce sulla questione della curiosa somiglianza fra l'ammiraglia francese e la cugina milanese del progetto Tipo4.

GTC

(so che non era un'Alfa, ma spero che la lettura sia stata di vostro interesse ;) )

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"... guarda la libidine sarebbe per il si, ma il pilota dopo il gran premio ha bisogno il suo descanso... e poi è scattata la regola numero due: perlustrazione del pueblo e ricerca de los amigos... ah Ivana, mi raccomando il panta nell'armadio, il pantalone bello diritto. E un po' d'ordine in stanza... see you later!" (Il Dogui, Vacanze di Natale)

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Noi tutti ti dobbiamo per lo meno un applauso davanti al monitor Paolo!!! Leggere le tue retrospettive è sempre un'avventura coinvolgente e affascinante!!!

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'90 Fiat Tempra 1.4 ('99 - '00) - '96 Fiat Coupé 1.8 16v ('00 - '01)

'92 BMW 316i ('01 - '05) - '03 BMW 318Ci 2.0 16v ('05 - '15)

'09 BMW 320d xDrive ('15 - now)

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bike: special su base Ducati Monster 800S i.e.

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Innanzi tutto complimenti per il lavoro, ricco di informazioni e documenti davvero gustosissimi!

Leggendo, poi, mi è venuto in mente di come sarebbe interessante leggere lo sviluppo parallelo e gli attriti e reciproche influenze dalla parte del Double Chevron per un'auto, la XM, che gode di personalità completamente propria rispetto alla sorella più tradizionale.

1986 Renault 4 950 TL

1994 Volvo 940 2.0i Polar

La mia pagina su bikepics: http://www.bikepics.com/members/caronte/

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Innanzi tutto complimenti per il lavoro, ricco di informazioni e documenti davvero gustosissimi!

Leggendo, poi, mi è venuto in mente di come sarebbe interessante leggere lo sviluppo parallelo e gli attriti e reciproche influenze dalla parte del Double Chevron per un'auto, la XM, che gode di personalità completamente propria rispetto alla sorella più tradizionale.

Cito il tuo post per ringraziare tutti per le belle parole, come ho detto io ho solo radunato le info, era già tutto scritto. :)

Miiii... ora me tocca fa' la XM!! :D

Beh, a parte gli scherzi, ci ho pensato pure io, infatti mentre realizzavo questo testo mi è venuto in mente di andare a recuperare nella libreria l'analogo volume scritto dallo stesso autore per la XM (la caverna è la caverna :D), per vedere se la vicenda raccontata dal punto di vista Citroen potesse portarci degli altri aneddoti di questa collaborazione-sfida di cervelli.... ma niente.

Le date di sviluppo sono più o meno quelle (stile definitivo, primo prototipo, primi collaudi, ecc.) ma il problema è che la XM è nata PRIMA della 605 ed il libro con la sua genesi è stato pubblicato più o meno mentre la 605 veniva presentata... per cui l'autore non fa cenno in nessun passaggio riguardo al fatto che due vetture stessero nascendo in contemporanea in PSA.

Con la 605 fu il contrario, la cugina era già nata e quindi fu concesso di spiegare per bene ciò che era accaduto dietro le quinte. L'autore non poteva certo mettersi a parlare della 605 che doveva ancora uscire, mentre realizzava questo volume.

C'è solo un lieve cenno, nel capitolo dedicato ai collaudi, al fatto che lo sviluppo sia avvenuto in parte a La Garenne, in collaborazione con gli uomini Peugeot per motivi di "gruppo".

"... guarda la libidine sarebbe per il si, ma il pilota dopo il gran premio ha bisogno il suo descanso... e poi è scattata la regola numero due: perlustrazione del pueblo e ricerca de los amigos... ah Ivana, mi raccomando il panta nell'armadio, il pantalone bello diritto. E un po' d'ordine in stanza... see you later!" (Il Dogui, Vacanze di Natale)

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