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DDL "Cirinnà"


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Premessa obbligatoria: in questo forum non si parla di politica, ma a volte i temi "caldi" sono stati trattati (ricordo un thread sull'immigrazione ad esempio).

 

Quello che mi interessa è informare tutti, anche se il thread verrà chiuso l'importante è che tutti sappiano e che turti leggano. 

 

Non mi interessa di discutere sulle unioni omosessuali  (visto che è un tema prettamente politico-etico). Non è questa la sede... allora perché ho aperto il thread?

 

Perché in questa legge c'è un qualcosa che entra nella nostra intimità, lo stato entrerà nelle nostre camere da letto, e questo, da libertario quale sono, mi spaventa non poco.

 

 

Buona lettura.

 

http://thefielder.net/26/01/2016/ddl-cirinna-e-regolamentazione-forzosa-delle-convivenze/

 

Il disegno di legge Cirinnà è in questi giorni al centro dell’attenzione politica o mediatica per le innovazioni che si propone d’introdurre sul tema delle unioni omosessuali. Le implicazioni del riconoscimento legale delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e ancor più quelle del capitolo della stepchild adoption sono state ampiamente affrontate in un dibattito che sta vedendo una forte mobilitazione da parte di quelle sezioni del Paese che, nei due fronti, sono più sensibili alla questione. Sarebbe utile che la legge Cirinnà si occupasse solo del tema delle unioni gay, tanto perché tale tema è in sé ampio e importante, quanto perché è questo il tema che politicamente è stato portato nella discussione pubblica. Quello che preoccupa, invece, è che all’ombra del tema che riempie le prime pagine dei giornali, con la legge Cirinnà si cerchi di nascosto di fare altro, che non ha niente a che vedere coi diritti dei gay, ma che piuttosto ha a che vedere col tentativo statalista di ricondurre sotto la “tutela” del diritto positivo qualsiasi formazione sociale.

In particolare il DDL Cirinnà, per effetto di vari emendamenti che sono stati recepiti, prevede unaregolamentazione forzosa delle convivenze di cittadini (eterosessuali e omosessuali) che hanno deciso volontariamente di non accedere né all’istituto del matrimonio, né a quello delle unioni civili. Se questa legge passa, milioni d’italiani che hanno scelto la convivenza si trovano de facto “sposati” a loro insaputa, con tutta una serie di doveri, incluso l’obbligo di mantenimento. Si realizza una sorta di “matrimonio per usucapione” per cui, se qualcuno ha vissuto per un periodo con te, allora può pretendere da te d’esser mantenuto.

Ovviamente il problema non sta nel fatto che delle persone possano accedere, se lo vogliono, a tipologie, magari differenziate, di contratto familiare, dal matrimonio fino a più leggere unioni civili. Il problema è la pretesa che dal fatto discenda il diritto, al punto che milioni di persone possano trovarsi a dover ottemperare a responsabilità non scelte. In effetti, la “disciplina della convivenza” cui il parlamento sta lavorando prevede di riconoscere legalmente la “convivenza” non sulla base di un accordo delle parti in causa, bensì sulla base del solo dato oggettivo, che è sufficiente a far scattare le varie implicazioni legali.

Insomma, non è la coppia che va in Comune e chiede di registrare la propria unione; qui è lo Stato che entra in casa tua e nella tua camera da letto e decide che hai contratto obblighi nei confronti di un’altra persona. Lo Stato si allarga e sostanzialmente ci porta via la convivenza, che così cessa d’essere un’“alternativa liberale” al matrimonio. 
Le conseguenze della statalizzazione e sindacalizzazione della convivenza possono essere rilevanti. La variabile “alimenti” entra necessariamente all’interno della dinamica di un rapporto di coppia, influendo in un senso o nell’altro sulle decisioni relative al proseguimento di una relazione. Solo la buonafede delle singole persone coinvolte può far sì che della nuova legge non si abusi, ma nel quadro di regole che si sta prefigurando è possibile che la richiesta d’alimenti sia usata come forma di pressione, se non addirittura di ricatto, per non far finire una relazione o comunque come strumento di vendetta una volta che un rapporto ha avuto termine.

Gli esiti potranno essere vari. Da un lato ci sarà sicuramente un “invelenimento” dei rapporti tra le persone, poiché s’introdurrà nelle crisi e nelle risoluzioni delle convivenze il livello di contenziosità che caratterizza oggi le pratiche di separazioni e di divorzio. Metter fine a una convivenza diventerà più lungo, più psicologicamente traumatico, e naturalmente più costoso, con un probabile significativo vantaggio per la categoria degli avvocati. Dall’altro, a mano a mano che si realizzeranno le “conseguenze” delle convivenze, si può prevedere che un buon numero di persone — quelle che nella convivenza cercavano soprattutto la libertà — saranno disincentivate rispetto alla prospettiva d’andare a vivere insieme, al punto da preferire il costo di mantenere due appartamenti separati.

Ci sono poi due considerazioni, di carattere più culturale, che merita fare. Innanzitutto, ses’imbrigliano legalmente le coppie che convivono, ci si può chiedere come mai non far derivare obblighi legali anche dalla convivenza di due sorelle, o di due studenti fuori sede che condividano un appartamento. La legge è chiara, presupponendo per la convivenza la sussistenza di rapporti affettivi e l’assenza di rapporti di parentela. È un modo elegante per scrivere che la “convivenza” rileva legalmente quando c’è di mezzo il sesso. Ora, è chiaro che nessuno si sognerebbe di far scattare un obbligo d’assistenza nei confronti del compagno d’università insieme al quale hai preparato tutti gli esami, né nei confronti del tuo partner fisso di tennis o di tressette. Finché si tratta di queste attività, nessuno si sognerebbe di pensare che dal fatto d’aver passato in modo continuativo o regolare del tempo insieme discendano delle responsabilità legali reciproche. In quest’ottica, imporre obblighi reciproci a chi invece ha condiviso il letto significa ritenere che l’interazione sessuale sia qualcosa di fondamentalmente diverso da tutte le altre interazioni sociali attraverso le quali esprimiamo la nostra personalità. È probabilmente l’esito di una convergenza sessuofoba della politica sull’inaccettabilità culturale e morale del sesso come qualcosa che possa essere preso “a cuor leggero”. Non si fa sesso e poi si va via. Per destra e sinistra, il sesso, in fondo, resta “peccato” e può essere mondato solo nel momento in cui da questo scaturiscono degli obblighi che persistano nel tempo.

Poi, è ragionevole riflettere sul tipo di messaggio che questa regolamentazione delle convivenze porta con sé dal punto di vista dell’uguaglianza di genere. Nella pratica, la “cultura degli alimenti” rappresenta un disincentivo al fatto che le donne sentano il bisogno di rimanere economicamente indipendenti durante tutta la loro vita, anziché limitarsi ad assecondare determinate inerzie culturali che vedono la loro realizzazione altrove rispetto alla carriera — quelle che di norma le conducono a percorsi di studio “scorrelati” dal mondo del lavoro e poi, con la vita di coppia, all’assunzione della maggior parte degli oneri domestici e genitoriali. Affermando un diritto di famiglia che preveda gli alimenti e il collocamento (de facto) esclusivo dei figli in caso di separazione, in pratica stiamo dicendo alle donne che la partita economicamente più importante della loro vita non è quella che passa da un loro successo nel lavoro. Stiamo dicendo alle donne che per loro è più strategico presidiare il ruolo di madre, perché nel caso di una separazione il loro tenore di vita dipenderà più dalla loro capacità di vincere la partita dell’affidamento — e con essa casa e mantenimento — che non da cento o duecento euro in più in busta paga.

In definitiva, questo tipo di norme “perequative” ha, nei fatti, un esito confermativo nei confronti dei ruoli e degli stereotipi di genere tradizionali. È evidente, quindi, che la questione dell’accesso dei gay su base volontaria a un riconoscimento pubblico e legale delle loro relazioni è una cosa; la regolamentazione automatica delle convivenze è cosa ben diversa, ed è grave che il parlamento stia cercando di farla approvare surrettiziamente. La parte relativa alla disciplina delle convivenze dovrebbe essere espunta totalmente dal DDL Cirinnà. A livello di minima decenza, bisognerebbe perlomeno escludere qualsiasi forma d’applicazione alle convivenze già in atto e dare piena pubblicità, anche con campagne televisive, agli obblighi patrimoniali che potranno scaturire dalla decisione d’andare a convivere, perché la gente possa scegliere consapevolmente se fare quel tipo di passo. In ogni caso, la pretesa dello Stato di normare ogni aspetto della vita umana fa veramente paura.

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"É lo stato totalitario, bellezza. E tu non puoi farci niente, proprio niente" (semicit.)

Questa mi mancava.

Ma, dato che a quanto pare l'attuale problema è crocifiggere chi ha coperto i nudi dei musei durante la visita del presidente iraniano, tutto questo può passare in secondo piano. :roll: 

Statisticamente, il 98% dei ragazzi nel mondo ha provato a fumare qualsiasi cosa. Se sei fra il 2%, copia e incolla questa frase nella tua firma

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Però è un po' quello che i detrattori del matrimonio ha sempre chiesto a gran voce.

Volevano avere gli stessi diritti delle coppie sposate pur non impegnandosi nella firma del contratto.

Lamentavano che finita la storia c'erano solo macerie, che non potevano decidere per il partner e bla bla bla mentre "gli sposati" avevano più diritti.

 

Poco importa sottolineare che bastava un matrimonio civile per ottenerli....

 

"fate attenzione a cosa desiderate, perché potreste ottenerlo" (cit. Altro forumista)

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Some critics have complained that the 4C lacks luxury. To me, complaining about lack of luxury in a sports car is akin to complaining that a supermodel lacks a mustache.

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non ho capito questa cosa della regolamentazione forzata della convivenza :pen:

non credo che si vada davvero nelle case delle persone a dire se convivi devi metterti in regola, lo fa chi lo vuol fare, poi che in Italia non si possa chiamare matrimonio per non spaventare taluni (di cosa poi?) va beh...

io concordo con @TonyH, matrimonio civile e stop, naturalmente per tutti, coppie gay comprese

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4 minuti fa, CuoreSportivo86 dice:

Sinceramente, chi di voi era a conoscenza di questa parte della legge?

 

 

scusate, ma dov'è l'articolo di legge che dice che è obbligatoria regolamentare la convivenza? perche l'articolo ne parla ma ne cita l'articolo ne spiega come di fatto "entra in casa tua"

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9 minuti fa, Aymaro dice:

scusate, ma dov'è l'articolo di legge che dice che è obbligatoria regolamentare la convivenza? perche l'articolo ne parla ma ne cita l'articolo ne spiega come di fatto "entra in casa tua"

Dal sito del Senato: 

http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=ListEmendc&leg=17&id=39314

 

TITOLO II

Della disciplina della convivenza

Art. 8.

(Della convivenza di fatto)

1. Ai fini delle disposizioni seguenti si intendono conviventi di fatto le persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela affinità o adozione, da matrimonio o da un'unione civile.

2. Per l'individuazione dell'inizio della stabile convivenza trovano applicazione gli articoli 4 e 33 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223.

 

Art.9

(Reciproca assistenza)

1. I conviventi di fatto hanno gli stessi diritti spettanti al coniuge nei casi previsti dall'ordinamento penitenziario.

2. In caso di malattia o di ricovero, i conviventi di fatto hanno diritto reciproco di visita, di assistenza nonché di accesso alle informazioni personali, secondo le regole di organizzazione delle strutture ospedaliere o di assistenza pubbliche, private o convenzionate, previste per i coniugi e i familiari. 

3. Ciascun convivente di fatto può designare l'altro quale suo rappresentante con poteri pieni o limitati:

a) in caso di malattia che comporta incapacità di intendere e di volere, per le decisioni in materia di salute;

B) in caso di morte, per quanto riguarda la donazione di organi, le modalità di trattamento del corpo e le celebrazioni funerarie.

4. La designazione di cui al comma 3 è effettuata in forma scritta e autografa oppure, in caso di impossibilità di redigerla, alla presenza di un testimone.

 

Art. 10

(Diritto di abitazione e casi di successione nel contratto di locazione)

1. Salvo quanto stabilito nell'articolo 337-sexies del codice civile, in caso di morte del proprietario della casa di comune residenza, il convivente di fatto superstite ha il diritto di abitazione per un numero di anni pari alla durata della convivenza. Tale diritto cessa in caso di matrimonio, di unione civile o di nuova convivenza di fatto.

2. Nel caso di cui al comma precedente, ove la convivenza di fatto abbia determinato il compossesso ultraventennale della casa, il diritto di abitazione si estingue con la morte del convivente superstite.

3. In caso di morte del conduttore o della sua risoluzione anticipata del contratto di locazione della casa di comune residenza, il convivente di fatto ha facoltà di succedergli nel contratto.

 

Art. 11

(Inserimento nelle graduatorie per l'assegnazione di alloggi di edilizia popolare)

1. Nel caso in cui l'appartenenza ad un nucleo familiare costituisca titolo o causa di preferenza nelle graduatorie per l'assegnazione di alloggi di edilizia popolare, di tale titolo o causa di preferenza possono godere, a parità di condizioni, i conviventi di fatto.

 

Art. 12

(Obbligo di mantenimento o alimentare)

1. In caso di cessazione della convivenza di fatto, ove ricorrano i presupposti di cui all'articolo 156 del codice civile, il convivente ha diritto di ricevere dall'altro quanto necessario per il suo mantenimento per un periodo determinato in proporzione alla durata della convivenza.

2. In caso di cessazione della convivenza, ove ricorrano i presupposti di cui all'articolo 438, primo comma, del codice civile, il convivente ha diritto di ricevere dall'altro gli alimenti per un periodo determinato in proporzione alla durata della convivenza.

 

Art. 13

(Diritti nell'attività di impresa)

1. Nella Sezione VI, Capo VI, Titolo VI, del Libro I del codice civile, dopo l'articolo 230-bis è aggiunto il seguente:

«Art. 230-ter. - (Diritti del convivente). -- Al convivente di fatto che presti stabilmente la propria opera all'interno dell'impresa dell'altro convivente spetta una partecipazione agli utili commisurata al lavoro prestato.

Il diritto di partecipazione non spetta qualora tra i conviventi esista un rapporto di società o di lavoro subordinato».

 

Art. 14

(Forma della domanda di interdizione e di inabilitazione)

1. All'articolo 712, secondo comma, del codice di procedura civile, dopo le parole: «del coniuge,» sono inserite le seguenti: «del convivente di fatto».

2. Il convivente di fatto può essere nominato tutore,  curatore o amministratore di sostegno, qualora l'altra parte sia dichiarata interdetta o inabilitata ai sensi delle norme vigenti ovvero ricorrano i presupposti di cui all'articolo 404 del codice civile.

 

Art. 15.

(Risarcimento del danno causato da fatto illecito da cui è derivata la morte di una delle parti del contratto di convivenza)

1. In caso di decesso del convivente di fatto, derivante da fatto illecito di un terzo, nell'individuazione del danno risarcibile alla parte superstite si applicano i medesimi criteri individuati per il risarcimento del danno al coniuge superstite.

 

Art. 16

(Contratto di convivenza)

1. Il contratto di convivenza è un accordo con cui i conviventi di fatto disciplinano i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune e fissano la comune residenza.

2. Il contratto di convivenza, le sue successive modifiche e il suo scioglimento sono redatti in forma scritta, a pena di nullità, ricevuti da un notaio in forma pubblica.

3. Ai fini dell'opponibilità ai terzi, il notaio che ha ricevuto l'atto in forma pubblica o che ne ha autenticato le sottoscrizioni deve provvedere entro i successivi dieci giorni a trasmetterne copia al comune di residenza dei conviventi per l'iscrizione all'anagrafe ai sensi degli articoli 5 e 7 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223.

4. Il contratto può prevedere:

 a) le modalità di contribuzione alle necessità della vita in comune, in relazione alle sostanze di ciascuno e alla capacità di lavoro professionale o casalingo;

B) il regime patrimoniale della comunione dei beni, di cui alla sezione III del Capo VI, Titolo VI del Libro I del codice civile;

5. Il regime patrimoniale scelto nel contratto di convivenza può essere modificato in qualunque momento nel corso della convivenza con le modalità di cui al precedente comma 2.

6. Il trattamento dei dati personali contenuti nelle certificazioni anagrafiche deve avvenire conformemente alla normativa prevista dal codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, garantendo il rispetto della dignità degli appartenenti al contratto di convivenza. I dati personali contenuti nelle certificazioni anagrafiche non possono costituire elemento di discriminazione a carico delle parti del contratto di convivenza.

7. Il contratto di convivenza non può essere sottoposto a termine o condizione. Nel caso in cui le parti inseriscano termini o condizioni, queste si hanno per non apposte.

 

Art. 17

(Cause di nullità)

1.  Il contratto di convivenza è affetto da nullità insanabile che può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse se concluso:

a) in presenza di un vincolo matrimoniale, di un'unione civile o di un altro contratto di convivenza;

B) in violazione del comma 1 dell'articolo 8;

c) da persona minore di età, salvi i casi di autorizzazione del tribunale ai sensi dell'articolo 84 del codice civile;

d) da persona interdetta giudizialmente; 

e) in caso di condanna per il delitto di cui all'articolo 88 del codice civile.

2. Gli effetti del contratto di convivenza restano sospesi in pendenza del procedimento di interdizione giudiziale o nel caso di rinvio a giudizio o di misura cautelare disposti per il delitto di cui all'articolo 88 del codice civile, fino a quando non sia pronunciata sentenza di proscioglimento.

 

Art. 18

(Risoluzione del contratto di convivenza)

1. Il contratto di convivenza si risolve per:

a) accordo delle parti;

B) recesso unilaterale;

c) matrimonio o unione civile tra i conviventi o tra un convivente ed altra persona;

d) morte di uno dei contraenti.

2. La risoluzione per accordo delle parti o per recesso unilaterale deve essere redatta nelle forme di cui al comma 2 dell'articolo 16;

3. Nel caso di recesso unilaterale da un contratto di convivenza, il notaio che riceve o che autentica l'atto è tenuto, oltre che agli adempimenti di cui all'articolo 16, comma 3, a notificarne copia all'altro contraente all'indirizzo indicato dal recedente o risultante dal contratto. Nel caso in cui la casa familiare sia nella disponibilità esclusiva del recedente, la dichiarazione di recesso, a pena di nullità, deve contenere il termine, non inferiore a trenta giorni, concesso al convivente per lasciare l'abitazione.

4. Nel caso di cui alla lettera c), del comma 1, il contraente che ha contratto matrimonio o unione civile deve notificare all'altro contraente, nonché al notaio che ha rogitato il contratto, l'estratto di matrimonio o di unione civile.

5. Nel caso di cui alla lettera d), del comma 1, il contraente superstite o gli eredi del contraente deceduto devono notificare al notaio  l'estratto dell'atto di morte affinché provveda ad annotare a margine del contratto di convivenza l'avvenuta risoluzione del contratto e a notificarlo all'anagrafe del comune di residenza.

 

Art. 19.

(Norme applicabili)

1. Dopo l'articolo 30 della legge 31 maggio 1995, n. 218, è inserito il seguente:

«Art. 30-bis. - (Contratti di convivenza). 1. Ai contratti di convivenza disciplinati dalla presente legge si applica la legge nazionale comune dei contraenti. Ai contraenti di diversa cittadinanza si applica la legge del luogo di registrazione della convivenza.

2. Ai contratti di convivenza tra cittadini italiani oppure ai quali partecipa un cittadino italiano, ovunque siano stati celebrati, si applicano le disposizioni della legge italiana vigenti in materia.

3. Sono fatte salve le norme nazionali, internazionali ed europee che regolano il caso di cittadinanza plurima».

 

 

 

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grazie @CuoreSportivo86

non volevo tutta la legge, ma il paragrafo specifico dell'obbligo di regolamentazione :D

 

comunque ad un occhiata veloce si parla di contratti redatti in forma scritta, non penso che ci sia nessuno che venga a casa mia e mi obblighi a firmare nulla 

Modificato da Aymaro
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Non la trovo la parte dove parla dei contratti, comunque è in cima la regolamentazione.... il resto della legge l'ho messa per completezza.

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