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50 mln Euro per colonnine ricarica EV bloccati da 3 anni


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Che fine hanno fatto i soldi pubblici per la ricarica delle auto elettriche?

I fondi per costruire nuove colonnine ci sarebbero, ma sono congelati dalla burocrazia. Al momento, le uniche spese hanno riguardato il lancio di un bando del 2013

Photo: reshape from Håkan Dahlström on Flicrk.com. License CC BY 2.0 Photo: reshape from Håkan Dahlström on Flicrk.com. License CC BY 2.0

In quattro anni l’Italia ha speso 6.286,28 euro per dotare l’intera penisola di una rete di ricarica per le automobili elettriche. E questi 6.286,28 euro non sono serviti per pagare una colonnina a cui fare rifornimento di energia o la consulenza di un esperto, ma sono passati dalle casse del ministero dei Trasporti (Mit) a quelle del Poligrafico dello Statoper coprire le spese di pubblicazione di un bando per finanziare nuove infrastrutture.

E dire che i soldi ci sono: il Mit ha messo a disposizione 50 milioni di euro tra il 2013 e il 2015 per il suo “Piano nazionale infrastrutturale per la ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica”. Scritto dal 2012, approvato nel 2014, sottoposto immediatamente a un aggiornamento dal 2015 e quindi approvato una seconda volta il 18 aprile 2016. Nel frattempo i soldi, che avrebbero dovuto finanziare i primi interventi urgenti, sono rimasti nel cassetto.

La Corte dei conti ha fatto le pulci al piano del ministero del Trasporti, scoperchiando un groviglio di burocrazia.

E mentre le carte che viaggiavano avanti e indietro dagli uffici pubblici, si adoperavano i privati o le società partecipate per garantire alle auto elettriche un punto di ricarica. In questo copione recita una parte anche l’Unione europea, che attraverso la direttiva 94 del 2014 ha sollecitato gli Stati a dotarsi entro il 31 dicembre 2020 di una rete di ricarica adeguata e accessibile a tutti nelle grandi città e nelle aree più popolate. Per Bruxelles quest’opera è un “obiettivo prioritario e urgente”, scrivono i magistrati contabili italiani, ma la Corte ha rilevato “ritardi per quanto attiene sia all’approvazione del piano” “sia alla sua realizzazione”.

Poter fare un pieno di energia senza macinare chilometri è una delle condizioni necessarie per stimolare la vendita di veicoli elettrici. Per questo anche l’Italia deve dotarsi di colonnine ad hoc nelle città, lungo le autostrade e le grandi arterie del traffico, vicino a porti e aeroporti. I 50 milioni del Mit (30 milioni di euro nel 2013 e 15 milioni sia per il 2014 sia per il 2015) dovrebbero finanziare i progetti di regioni e Comuni, con un contributo del 50% sul costo delle opere.

Il decreto legge 83 del 2012, che dà impulso alla realizzazione del piano, all’articolo 10 prescrive che i primi 5 milioni del 2013 siano destinati “alla risoluzione delle più rilevanti esigenze nelle aree urbane ad alta congestione di traffico”. Già cinque anni fa, quindi, si sente l’esigenza di premere l’acceleratore.

Ma l’azione si arena nelle secche della burocrazia. “Balza in evidenza la durata molto lunga del procedimento di approvazione del piano e del suo aggiornamento”, si legge nella relazione della Corte dei conti. Il programma dei lavori nel 2015 passa per un aggiornamento “che in realtà è un nuovo piano”, rilevano i magistrati contabili. Il piano si articola in due fasi: prima la dotazione di ricarica elettrica nelle città, nelle aree extraurbane e lungo le autostrade; poi l’installazione di punti di rifornimento “veloci”, che impiegano meno di mezz’ora per un pieno.

Per sapere quante colonnine installare, il piano del ministero, che si dota di un apposito tavolo di lavoro sul tema, comprende una serie di variabili, come la popolazione residente e quella attiva, l’estensione dell’area, la densità abitativa, il tasso di motorizzazione e la percentuale di veicoli ibridi o elettrici.

Secondo il piano, tra il 2015 e il 2016 in Italia si sarebbero dovute allestire 150 stazioni di rifornimento elettrico in autostrada, 150 lungo le grande arterie del traffico e 150 in corrispondenza di stazioni ferroviarie, aeroporti, porti e altri punti che attirano grandi volumi di auto. Nel biennio 2017-2018 il programma aggiunge 150 stazioni in autostrada e 200 per ciascuna delle altre due categorie, mentre nella terza fase, 2019-2020, si passa a 200 e 1.400. Al momento, non è stato avvitato nemmeno un bullone. Tanto che l’anno scorso il piano finanziario del programma nazionale ha ereditato 28,6 milioni di “residui”.

Gli unici sono spesi sono i seimila euro del bando datato 2013, che avrebbe dovuto assegnare i 5 milioni più urgenti. Le regioni hanno presentato 19 progetti, per un costo totale di 4,5 milioni di euro. Soldi, rileva la Corte dei conti, “al momento non erogati”. L’ultimo aggiornamento del Mit ai magistrati contabili riferisce la stipula delle convenzioni per tredici dei 19 progetti.

 

 

Al momento, quindi, gli automobilisti italiani possono contare su 700 colonnine di ricarica lento/accelerato (di cui circa 250 a Firenze, 200 a Roma, 120 tra Milano e provincia, 48 a Siena, 80 tra Pisa, Pontedera e San Casciano, 52 a Bari, 20 a Genova, 18 a Trieste, 16 ad Aosta, 14 a Brindisi, 10 a Lecce, 200 in Emilia Romagna e 60 in Umbria, dati Mit), 10 punti veloci, 300 per veicoli leggeri, 48 targati Tesla e 2.000 in aree private.

 

http://www.wired.it/lifestyle/mobilita/2017/01/05/auto-elettriche-italia-soldi-pubblici/

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Quanto sia indietro l'Italia rispetto all'Europa, lo dimostra la mappa dei caricatori veloci di standard EU, il CCS2 Combo, che carica, ora fino a 100 kWh, velocissimo, ma che già ha pronto il 350 kWh per le grosse berline.

 

http://ccs-map.eu/

 

Quando si parla di futuro (che è già presente) dell'auto elettrica, sarebbe quindi il caso di tralasciare l'esempio italiano e i suoi ritardi, perchè in EU si sta procedendo come i treni. Ci brucia anche la Slovenia, e non di poco....

 

Modificato da Maxwell61
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