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A proposito di Giugiaro...


Guest Abarth03

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Wè, ho finito di trascrivere l'articolo, eccovelo 8-)

Selezione dal Readers' Digest, Febbraio 1984

Di recente ha disegnato perfino un nuovo tipo di maccherone... più funzionale per vari tipi di condimenti. Ma vestire le auto, senza distinzione di cilindrata o nazionalità, resta la sua attività principale.

GIUGIARO, sarto per auto e oggetti

di Rudolph Chelminski

Nel 1969, quando Kurt Lotz, presidente della Volkswagen, venne in Italia per visitare il Salone dell'Automobile di Torino, esaminò con occhio da intenditore i nuovi modelli e ne scelse sei tra i migliori. Ben quattro di questi erano disegnati da un uomo di nome Giorgetto Giugiaro.

Era un momento critico per la Volkswagen. Il suo “Maggiolino”, progettato ancor prima della guerra e per decenni l'auto più popolare del mondo, non riusciva a stare al passo coi suoi moderni rivali. Era tempo di creare una nuova “vettura del popolo”(questo il significato del tedesco Volkswagen), senonchè, in quel periodo, la casa automobilistica non disponeva in pratica di un reparto design.

Lotz volle conoscere Giugiaro, e dal loro incontro doveva nascere la Volkswagen Golf, uno dei modelli più imitati nella storia dell'automobile. Capolavoro di spaziosità entro piccole dimensioni (è quasi 25cm più corta del Maggiolino), la Golf è una tipica creazione di Giugiaro. La Volkswagen ne ha già venduti oltre sei milioni di esemplari.

Oggi il nome di Giugiaro è legato a due imprese: la Ital Design, impegnata esclusivamente nel settore dell'automobile e mezzi di trasporto, e la Giugiaro Design, attiva nel disegno industriale di oggetti vari (dal 1983, in seno a quest'ultima, funziona una Divisione abbigliamento e moda, che opera in genere con il marchio“Giugiaro Uomo”).

La produzione del designer piemontese, come dimostrano anche due fortunate mostre a lui dedicate l'autunno scorso (a Roma, “Giugiaro: oltre il design”, e a Milano “Giorgetto Giugiaro: nascita di un progetto”), testimonia una creatività inesauribile: dai televisori a colori agli organi elettronici, dalle macchine fotografiche o da cucire ai caschi per auto e moto, dagli orologi da polso, gli attacchi per gli sci, i rasoi elettrici, le trousses per cosmesi e –ultima della serie – un'originalissima forma di maccherone.

Tuttavia il punto di forza della sua attività è l'automobile. La sua firma si trova ormai su dieci milioni di vetture, una cifra che nessun altro designer potrebbe eguagliare. Oltre alla Golf, ha progettato, fra gli altri modelli, la Volkswagen Scirocco, l'Alfasud, l'Alfetta GT, la Lancia Delta, la Fiat Panda e la bella (anche se sfortunata) De Lorean. Inoltre ha contribuito alla progettazione della Fiat Uno. Ufficialmente Giugiaro ha firmato circa 40 modelli,anche se ne esistono almeno il doppio di “non ufficiali”, dei quali per contratto non può attribuirsi la paternità. “Non posso certo dire di avere una gran passione per le automobili: le capisco, ecco tutto” osserva Giugiaro. “E' il miglior designer del mondo” dice Herbert Schafer, capo progettista della Volkswagen.

Giugiaro, che ha 45 anni, è sposato e ha due figli, un maschio e una femmina. L'unico accenno che tradisce la sua età è una striatura d'argento nei capelli neri. Ha rinunciato allo sci acrobatico in cui eccelleva, ma scorrazza ancora su e giù per i colli del natio Piemonte in sella alla sua fuoristrada. Non sembrava certo predestinato all'industria delle automobili quando, a 17 anni, uscito fresco fresco dall'Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, fu assunto come apprendista al Centro Stile Fiat. Suo padre, come suo nonno, era pittore di soggetti religiosi e anche il giovane Giorgetto aveva tentato la strada dell'iconografia, collaborando col padre a dipingere un affresco per la chiesa della sua cittadina natale di Garessio, 115km a sud di Torino. “Disegna, disegna, disegna! Mi diceva sempre mio papà” ricorda Giugiaro. E lui disegnava, certo, ma intanto, al Centro Stile Fiat, non senza amarezza e sconforto, Giugiaro doveva rilevare come il suo talento pittorico fosse in pratica più apprezzato delle sue idee sulle automobili. “Ci soffriva perchè si servivano di lui soprattutto per fare i ritratti ai dirigenti” ricorda il carrozziere Nuccio Bertone.

Bertone, però, rimase colpito dai progetti del giovane in fatto di auto e lo “rubò” alla Fiat nel 1959. Nei sei anni successivi,Giugiaro sfornò uno splendido progetto dopo l'altro, soprattutto per vetture di lusso sul modello delle Ferrari, delle Maserati, e di altre macchine da sogno.

Nel 1965, a 27 anni, Giugiaro diventò il responsabile del Centro Stile e Progetti per un altro nome prestigioso: Ghia. Per Ghia continuò a creare dei mostri mangiachilometri tipicamente italiani, pur dedicandosi sempre più all'aspetto pratico della sua attività, in particolare all'impiego razionale dello spazio all'interno dell'automobile. “E' relativamente facile progettare una vettura di sogno” dirà in seguito. “Il difficile è studiare una buona auto per la produzione di serie.”

Nel 1967, Giugiaro si mise in proprio. L'Alfasud, vettura di media cilindrata di concezione del tutto nuova, fu la prima auto di serie disegnata tutta da lui. Oggi, a distanza di 16 anni da quando presentò i suoi primi disegni all'Alfa Romeo, l'Alfasud è ancora in produzione e, con appena qualche ritocco, mantiene ancora un'invidiabile posizione. Giugiaro è fiero delle caratteristiche aerodinamiche di questa vettura, dell'ottimo sfruttamento dello spazio interno e della sua linea. “Io credo che un'automobile debba essere l'immagine stessa della razionalità, una vera e propria scatola in movimento” dice. “L'Alfasud era la macchina più funzionale che potessi creare a quell'epoca.”

Via via che arrivavano le grosse ordinazioni nella sede della Ital Design a Moncalieri, vicino a Torino, Giugiaro non si limitò più a progettare carrozzerie, ma cominciò ad inventare gli attrezzi per produrle e le catene di montaggio per assemblarle. Oggi, la Ital Design può progettare tutti i componenti di un'auto, tranne il motore. Ecco uno dei segreti della fama raggiunta dal designer piemontese: la sua estrema competenza in materia di tecnica e produzione, unita a un'altissima sensibilità per i valori estetici.

Nel 1974 i progetti ideati da Giugiaro per la Hyundai Pony contribuirono a lanciare l'industria automobilistica sudcoreana. Un anno dopo Giugiaro presentava il primo prototipo per la De Lorean, e continuò negli anni successivi a creare modelli per la Maserati, la BMW, l'Alfa Romeo, l'Isuzu e la Lancia.

“Ogni giorno, mentre vado al lavoro, mi sento come uno scolaretto che deve sostenere un esame” dice Giugiaro. Forse l'esame più impegnativo è stato un altro progetto per la Fiat, la prima utilitaria mai commissionata da una grande industria a un designer indipendente. I dettagli dell'ordinazione erano semplici da dire ma difficili da realizzare: la nuova vetturetta doveva essere più o meno dello stesso peso, e costo, della piccola 126, però con uno sfruttamento dello spazio migliore.

I disegni di Giugiaro, terminati nel giro di appena tre mesi, erano tutti una miniera di ingegnose idee. La vettura da lui creata –squadrata, “stretta di vita” e “alta di fianchi”, l'esatto contrario della solita forma bassa, ampia e aerodinamica – era più corta della Golf e della Renault 5, anche se dotata d'uno spazio utile maggiore. Si chiamava Fiat Panda.

“Rivoluzionaria”: così Giugiaro definisce la Panda. “Non concede niente alla moda.” La stampa specializzata internazionale salutò la vettura come una straordinaria conquista quando l'auto fu presentata a Ginevra nel 1980. L'anno successivo l'ADI (Associazione per il disegno industriale) assegnò a Giugiaro, per la Panda, il “Compasso d'Oro”.

In genere occorrono dai tre ai quattro anni perchè una vettura si evolva dal primo tratto di matita del maestro fino alla presentazione dei primi modelli di serie. Ancora adesso, i disegni finiti dei progetti per il 1987 e 1988 sono ben custoditi nei forzieri della Ital Design. Il programma completo per una nuova automobile (inclusa la progettazione e costruzione di 20 o 30 prototipi), costa al cliente tre o quattro miliardi di lire: è quindi evidente che queste ditte scommettono cifre enormi sulla futura accettazione da parte del pubblico delle nuove idee di oggi. Nella stanza dei bottoni delle grandi case automobilistiche oggi si discute di componenti di ceramica o plastica, di radar che azionano i freni e di altre favolose innovazioni.

Giugiaro e i suoi soci seguono da vicino questi sviluppi, ma si avverte subito una certa irritazione nella voce del designer quando parla della forma in cui questi oggetti dovranno necessariamente calarsi. Secondo lui, infatti, la maggior parte delle case automobilistiche stanno ostinatamente seguendo da anni la strada sbagliata. “Da anni” sostiene “le vetture stanno diventando sempre più basse e scomode, come le auto da corsa a cui sembrano ispirarsi. Le macchine basse saranno magari eleganti, ma non confortevoli. L'estetica odierna contrasta con ciò che sarebbe naturale per un essere umano. E' tempo di guardare verso l'alto. “

i più lungimiranti costruttori di automobili farebbero bene a prendere in considerazione il concetto di Giugiaro del “piccolo fuori/grande dentro”, applicato a un modello chiamato Megagamma, ideato per una vettura di media cilindrata. Finora esiste una sola Megagamma, un prototipo che si trova nella sala esposizioni della Ital Design. A prima vista sembra enorme, essendo tanto alta (il tetto supera in altezza di quasi 13cm quello della Rolls Royce Silver Spirit) ma è più corta di una Renault 20, di una VW Passat o di una Volvo 240, e meno larga di una Mercedes 200. la vera differenza è all'interno: quanto spazio! Spazio per salire, allungare le gambe, sistemare una gran quantità di bagaglio o anche, se vi piace, per installare un letto dietro il sedile anteriore. Passeggeri e conducente siedono in comode poltrone. Il pianale sopraelevato è completamente piatto: tutte le solite protuberanze sono sistemate nello spazio sottostante.

Quando Giugiaro presentò il prototipo della sua Megagamma al Salone dell'Automobile di Torino nel 1978, suscitò molti commenti sulla stampa ma poche iniziative pratiche da parte dei costruttori europei o americani. Era troppo diversa, troppo rivoluzionaria e troppo“brutta”: nessuno voleva correre rischi.

“E' difficile convincere i dirigenti di una casa automobilistica a seguire idee nuove riguardo alla forma” disse più tardi Giugiaro.“Una ditta giapponese è più disposta ad accettare concetti più avanzati.”

Parole davvero profetiche. Quattro anni dopo, al Salone dell'Auto di Parigi del 1982 la Nissan di Tokyo mise in mostra una curiosa vettura chiamata Prairie. Era alta e larga, coi sedili ribaltabili, un portellone posteriore sollevabile, il muso inclinato verso il basso e il pianale piatto. Poteva essere l'auto del futuro? La Nissan pensa di sì. “Noi la vediamo come un vero e proprio anti status-symbol” afferma Mitsuya Goto, direttore generale della Nissan per l'Europa. “E' basata sull'idea della razionalità e della funzionalità, con l'eliminazione di tutto ciò che è superfluo. Noi crediamo che il pubblico sia ormai abbastanza maturo per apprezzarla.” Sembra di sentir parlare “il maestro” in persona, Giorgetto Giugiaro.

Modificato da Nick for Speed

"Ci sono persone che amano circondarsi di cose il cui valore concreto si esprime anche nel valore formale. Molto probabilmente una Lancia fa parte del loro mondo."

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"Il successo non si improvvisa, ma al contrario è sempre frutto di fantasia, applicazione, dedizione e tenacia." (Vittorio Ghidella)

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Domanda che mi sono posto pure io. Sarebbe bello vedere quei filmati. Tanto tempo fa conobbi un ragazzo che lavorava nell'ambiente dei tecnici TV, il quale mi disse che se c'era una cosa ad essere MERAVIGLIOSA in RAI erano gli archivi, per completezza e per la cura con cui le cose venivano conservate. Indi per cui, se RAI realizzò questi video, io credo che li abbiano ancora... però sinceramente non ho cercato in giro sul net, per vedere se da qualche parte salta fuori qualcosa (ma dubito, si tratta di filmati decisamente settoriali, ad esempio mi stupirei alla grande se ci fosse qualcuno che ai tempi li registrò e in questi anni ha deciso di metterli on line).

Volendo fare i brillanti, due cose si potrebbero fare:

1) chiedere in RAI

2) chiedere in Italdesign :D

le teche rai sono consultabili da tutti. Se hai i giusti riferimenti basta che mandi una mail. Non voglio dir menate, ma in alcuni casi c'è pure la possibilità che ti facciano una copia dvd pagando un rimborso spese. Credo che la trasmissione sia nell'archivio di torino.

CI SEDEMMO DALLA PARTE DEL TORTO VISTO CHE TUTTI GLI ALTRI POSTI ERANO OCCUPATI

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Nick, hai riportato un estratto mica male!!!!

Domani se riesco commento... ora e' tardi, vi saluto lasciandovi questa bella intervista del Maestro, tratta dal sito del PoliTo. Si tratta dell'occasione in cui, nel 2010, al Maestro fu data la laurea Honoris Causa

[...]

Entro nel merito della mia “Lezione” facendo ricorso allo strumento del mestiere che più mi è congeniale e che mi ha assistito per oltre 50 anni di professione: la mia matita a mine.

Appoggerò sul piano del tecnigrafo una serie di figurini tecnici, gli stessi utilizzati per avviare le ricerche sui temi richiesti dalla Committenza.

Per disegnare una nuova forma – per un’auto o qualsiasi altro oggetto da produrre in serie – sono sempre partito dal disegno in scala di un telaio, di componenti meccaniche o comunque di ingombri interni del manufatto di base. Ipotizzo dunque le nuove forme tracciando – con matita e gomma – su un lucido sovrapposto, ipotesi di nuovi profili agendo sulle viste laterali, frontali, posteriori e in pianta.

Sin da giovane ho appreso a “leggere” la forma in tre dimensioni, il volume, la vista in prospettiva in base al disegno ortogonale. Questo processo che allora era manuale e mentale anticipava il percorso oggi attuato con metodo digitale dall’elaboratore.

Ho scelto come primo caso la ricerca che ha portato alla nascita della Golf.

La Volkswagen ai primi degli anni Settanta mi chiese di realizzare un modello in scala naturale di una nuova berlinetta compatta con caratteristiche originali – di rottura rispetto agli schemi dell’epoca – in grado di ribadire, se non di ripetere il successo dello storico “Maggiolino”. Mi ricordo che nel corso della fasi di quel progetto soffrii molto il fatto che le quote assegnate per la lunghezza complessiva del veicolo, indicate da Wolfsburg – e dunque di abitabilità interna per i passeggeri – erano tali da penalizzare il comfort interno per le due sedute di seconda fila.

La peculiarità di questa architettura credo vada individuata nella quota di altezza del padiglione rapportata a quella in lunghezza, nel tratto netto dell’inclinazione del cofano motore verso il frontale e nel motivo nervoso del portellone/lunotto posteriore che ha conferito alla “massa” un effetto tecnologico-prestazionale che istintivamente piacque specie ai giovani e convinse la Casa tedesca a lanciare due nuove versioni decisamente fortunate: la diesel e la GTI.

La commessa Panda passataci dalla Fiat nel 1976 credo abbia consentito a me e al mio partner tecnologo, l’amico Aldo Mantovani, col quale ho vissuto una esaltante esperienza professionale per oltre 40 anni, di sfruttare tutte le potenzialità del metodo progettuale da noi adottato in Italdesign.

Dovevamo concepire una vettura utilitaria essenziale, radicale, con lo stesso peso e lo stesso costo industriale della Fiat 126 ma con dimensioni generose e con un abitacolo spartano ma funzionale e versatile., una sorta di Citroen 2CV e Dyane o di Renault 4 all’italiana.

Nacquero così le scelte che hanno caratterizzato la Panda. Siamo partiti scegliendo noi la lunghezza della vettura. Sapevamo che il vano- cofano anteriore doveva ricevere il motore della 126 che invece era ospitato nel posteriore.

Per l’interno proposi i sedili anteriori a struttura semplificata e una panchetta di seconda fila con schienale retto da un tubo estraibile e arrotolabile per liberare uno spazio enorme per una utilitaria. Anche il motivo della plancia faceva ricorso a un tubo che reggeva un tessuto a marsupio con vano portaoggetti a vista.

Scegliemmo per la carrozzeria

-i vetri piani

-l’apertura porte con la cerniera a vista

-progettammo una formula economica e innovativa per assemblare la fiancata al tetto (con la modanatura longitudinale di copertura della saldatura in

continuo)

-la calandra ottenuta con un foglio di lamiera imbutito e tranciato,ecc.

[...]

Di questi ne vendono a secchiate.

Vedrete.

[scritto in data 18 Luglio 2013 - Riferito a Jeep Cherokee]

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  • 2 mesi fa...

Ora capisco molte cose di Giorgino..... Lui la VW ce l'ha sempre avuta nel sangue!!!! :mrgreen:

viscomaggio.jpg

Sai che cosa diceva quel tale? In Italia sotto i Borgia, per trent'anni, hanno avuto assassinii, guerre, terrore e massacri, ma hanno prodotto Michelangelo, Leonardo da Vinci e il Rinascimento. In Svizzera hanno avuto amore fraterno, cinquecento anni di pace e democrazia, e che cos' hanno prodotto? Gli orologi a cucù.( O.Welles)

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