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Italia - Danimarca: oggi tocca a noi


Zarathustra

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Il "gioco" di Trapattoni ha mostrato ieri tutti i suoi limiti. Non c'è niente da fare, è così e dobbiamo farcene una ragione (o meglio dovevamo già in passato): Trapattoni è un allenatore vecchio. E non intendo vecchio di età, ma vecchio come modo di intendere il calcio. E' rimasto con la testa agli anni 80, periodo dove non esistevano schemi, organizzazioni tattiche, ma solo 11 singoli che andavano in campo e giocavano il pallone dei giardinetti. "Tutti contro tutti", si diceva quando ero alle elementari (anni 80 appunto!). Peccato che ieri sera la Danimarca abbia proposto una cosa che si chiama tattica, una cosa che si chiama organizzazione, schemi, triangolazioni e un'organizzatissima gabbia su Totti... e in quel modo passi, che avevano 11 giocatori di minor caratura.

Ma Trapattoni questo non lo capisce.... lui è rimasto a quando gli davano dell'offensivista (quale immane ed empia bestemmia) perchè metteva tutti assieme Rossi, Platini, Boniek, Laudrup, Tardelli e Cabrini che saliva. E nessuno organizzava gabbie intorno a Platini. Ieri sera, tutti assieme Vieri, Del Piero, Camoranesi, Totti, Zambrotta che saliva, hanno lasciato il passo ad un collettivo con una tattica in testa ed una mentalità vincente. E' finita zero a zero e io sono portato a ritenere che ci sia andata molto di lusso: non solo per gli episodi in sè - come Carrera ha ricordato, abbiamo avuto le nostre limpide (per quanto casuali) occasioni - ma perchè una "squadra" (nell'accezione più grezza di undici cretini che tirano nella stessa direzione) con un tale caos per la testa (come altrimenti si può trovare la giustificazione del "caldo asfissiante" quando dinanzi a te avevi la Danimarca, non il Burundi), un così poco ordine in campo e un insieme così raffazzonato, nel CALCIO MODERNO (non degli anni 80) spesso fa una brutta fine.

E poco conta che (dannazione!) abbiamo la rosa più forte dell'Europeo, tanto i migliori non giocavano.

Chi è più criminale, chi tiranneggia il suo popolo, o chi prima finanzia il tiranno, e poi rimpiazza la dittatura con l'anarchia?

(Niall Ferguson, trad. Rita Baldassarre, Corriere Della Sera 02/01/2007)

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La prima punizione di Totti?

Il tiro parato miracolosamente nell'azione in cui Del Piero, in posizione ottimale, aveva tentato di uccidere il portiere colpendolo in pieno?

Qualche altro assist e passaggio geniale di Totti?

Il lancio di Del Piero per l'attacante danese che ha comportato l'intervento e l'ammonizione di Cannavaro?

Non te li ricordi?

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sulle menate sono d'accordo, sul gioco di meno... Ho visto Zidane e ho visto anche la Francia... non è l'Italia (o non ha giocato come l'Italia)...

Poi, se si stabilisce che uno gioca bene o male se segna su calcio di punizione, allora hai ragione... ;)

Comunque tra uno che danneggia la squadra in cui gioca e uno che dovrebbe rendere di più, ce ne passa.

Su Cassano, per come gioca, secondo me è entrato in una situazione pregiudicata... mettilo sul 1-0 per noi e ti fa chiudere la partita, così invece...

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Io comunque non sarei cosi severo ...

ripeto ed è la cosa più importante alla fine della partita nessuno mi sembrava cotto.

Vieri ..i centrocampisti non respiravano a bocca aperta...non abbiamo consumato molto

mentre per esempio la Francia si è spremuta....e poi dai noi anche con il Trap non giochiamo così

eravamo anche rinunciatari.

La Danimarca parte sempre bene ma dopo 3 partite scoppia ...e generalmente scoppia anche la Svezia

L'unica cosa è la lunghezza della squadra ..se vogliamo giocare bene e consumare poco .convengo che bisogna togliere Del Piero e mettere un centrocampista (Fiore) insomma 4 4 2 e stare + corti.

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No. Fai giocare cassano dall'inizio.

PS: Stiamo al bar?

Perchè qui in Italia c'è chi vorrebbe anteporre la verifica della nostra tolleranza verso le idee altrui, prima ancora di assicurarsi della loro nei nostri confronti.

(Massimo Tosti, giornalista)

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Trovato su http://italy.indymedia.org/forum/viewtopic.php?t=23926

Vittorio Zucconi

Fuori dall'oratorio

c'è la dura realtà

Dopo la classica prova "opaca" (ma che era, il vetro della finestra del cesso?) come tutti ripetono contro la formidabile Danimarca guidata dalle riserve di Milan e Inter, la nostra nazionale di Subbuteo - regola prima: tutti fermi a guardare l'ometto con la pallina - ha scoperto la "dura realtà" dell'Europeo, come ha detto acutamente il nostro commissario Trappoloni.

Trattandosi di giocatori giovanissimi, di valorosi dilettanti inesperti trasportati di peso dal campo dell'Oratorio di Maria Ausiliatrice a Bovolone dove giocavano fino a ieri sera, direttamente al campionato Europeo, il loro stupore è comprensibile. Dopotutto anche il colonnello Custer, che pure era un alto ufficiale della US Cavalry, rimase un po' stupito davanti alla scoperta che non erano i suoi cento cavalleggeri ad avere circondato cinquemila Sioux, ma era il contrario e ci lasciò lo scalpo.

Non si poteva pretendere che ragazzini esordienti come Del Piero, Totti, Vieri, Panucci, Zanetti, sapessero che cos'è un Europeo di calcio. Loro sono convinti che il football sia quel gioco che consiste nel firmare un contratto, giurare fedeltà alla nuova squadra, baciare la maglia, andare a cena con un plotone di telecicciole e di leccapiedi, cucirsi un telefonino all'orecchio e prepararsi a firmarne uno nuovo.

Fortunatamente, i civilissimi e ben rasati danesi non erano interessati allo scalpo di Totti, acconciato da Bobbe Marli della Garbatella con treccine "rasta", alla capigliatura a foggia di "ananas" di Camoranesi e men che meno alla rapata da Marine vesuviano con chiazze alopeciche di Cannavaro. Dunque i nostri ragazzi (come è obbligatorio chiamarli sui giornali fino al compimento del 40esimo anno) hanno almeno riportato a casa la cotenna, oltre che un punto e ora sanno che cosa sia un campionato europeo di calcio.

Hanno visto che, quando si gioca al pallone con i bambini grandi e non più nell'oratorio parrocchiale della Lega calcio con monsignor Adriano e don Luciano a fare da arbitri, a nessuno gliene frega nulla del nome che porti, non agli arbitri, non ai tifosi, non ai telecronisti stranieri (che hanno massacrato senza pietà il vetro da gabinetto dei Celestini) e soprattutto non agli avversari , che corrono, passano, tirano in porta e ti portano via la palla, i gran figli d'un cane. Ti puoi chiamare Totti o Vieri, ma se non azzecchi un passaggio, se cincischi un controllo, se non corri a smarcarti, se non fai pressing, se butti il pallone in avanti alla cieca come se si trattasse della finale olimpica del disco dove conta soltanto la distanza e non la precisione, quelli ti mancano di rispetto e ti impallinano. Abituati come sono a essere coccolati da giornali e tv, a essere protetti da dirigenti e sensali che minacciano di espellere i cronisti dagli allenamenti e dagli stadi se osano criticarli, come fa regolarmente il dottor Galliani a Milanello, non capiscono come mai gli "indiani" non abbiano alcun timore reverenziale e li trafiggano impietosamente.

L'Europeo, come il Mondiale, non è Controcampo, la Domenica Sportiva, nè il circolo dei propri tifosi. La bellezza del calcio, quando è giocato in questi tornei nei quali non ci sono le "piccole società" materasso messe a far mucchio nella Lega come le Sauber e le Minardi in Formula Uno, è che ti devi davvero guadagnare la michetta (o pagnotta o ciriola). I limiti dell'ormai patetico Del Piero sul quale neppure noi ci sentiamo di infierire perché non è colpa sua se lo portano in Nazionale, dell'immaturo Cassano, del fumoso Camoranesi, dello sfiancato Vieri, dello stordito Panucci, o del sempre inguardabile centrocampo (fatto salvo quel formidabile Gattuso che i tifosi sfottono perché neppure al buio nessuno lo scambierebbe mai per Leonardo di Caprio), sono messi in mostra con ferocia. E non dal Brasile di Vavà, Didi e Pelè, ma dalla Danimarca di Laursen, di Tomasson e del vecchio scarpone Helveg.

La "dura realtà" della quale parla il povero commissario Basettoni è che, fuori dall'oratorio del calcio italiano, nessuno ha scrupoli per i grandi raccomandati che si credono campioni soltanto perché i loro fans, pubblicisti e ruffiani assortiti li incensano e glielo ripetono. Non ci sono timori riverenziali nè sudditanze nè conflitti di interessi da massaggiare con dolcezza come il filetto del vitello di Kobe per non perdere la cadrega in tv, il talk show o la direzione di un giornale. E i palloni e palloncini del nostro football si sgonfiano miseramente.

In Portogallo, come hanno constatato anche gli sbruffoni Portoghesi e i polli di Sua Maestà Britannica, si deve correre per 95 minuti, smarcarsi, muoversi, tirare, e metterla dentro quando se ne ha l'occasione da pochi passi, tagliando fuori il portiere, e non mettendo la palla alla sua portata come hanno fatto Beckham e Del Piero. I piccoli dei del nostro calcio mercato devono scendere dal piedistallo di aria fritta sul quale i media italiani li installano, uscire dalla scatola del Subbuteo, pedalare e ricordare il celebre motto di Nereo Rocco, che anche il più grande campione senza la palla tra i piedi "xe soltanto un mona".

Perchè qui in Italia c'è chi vorrebbe anteporre la verifica della nostra tolleranza verso le idee altrui, prima ancora di assicurarsi della loro nei nostri confronti.

(Massimo Tosti, giornalista)

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