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Incidenti nucleari a catena in Giappone!


Guest frallog

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Guest frallog

Come molti di voi sapranno io sono assolutamente a favore di uno sviluppo energetico a forte impronta nucleare, ed anzi io ritengo che il nucleare (magari a fusione) sia indispensabile nell'ambito del mondo dell'idrogeno. Inoltre dire che se ne puo' fare al meno per poi fare come l'Italia, che importa un'alta quota del suo fabbisogno energetico dalla Francia che lo produce con il nucleare, e' cosa davvero indegna, farisea e iporcrita, oltre che dannosa.

Premesso questo ci sono de ma e dei se sul nucleare. Il nucleare va pensato bene, realizzato bene e manutenuto bene, altrimenti e' assolutamente meglio rimanere senza energia. Non si puo' pensare di fare i lavori di manutenzione ai condotti di raffreddamento principali di una centrale nucleare, mantenendo la centrale in funzione, cosa che e' sistematicamente avvenuta nella centrale di Mihama; ne' si puo' lasciare che le condutture marciscano per risparmiare sui lavori di ristrutturazione, cosa anche questa che e' puntualmente avvenuta nella centrale di Mihama.

Insomma la lista delle procedure disattese, eluse od ignorate, quando capita un incidente nucleare, e' lunga.

Colpevolmente lunga.

Opinioni in merito sono gradite,

Regards,

Francesco 8)

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Ieri, 10 Agosto 2004

Giappone, incidenti in tre centrali nucleari diverse, una sequenza impressionante. Quattro morti e sette feriti nel giorno dell’anniversario di Nagasaki. «Non c’è stata fuga radioattiva» e' lo scarno comunicato che rattoppa la lacerazione enorme di una figuraccia meschina.

Tre incidenti in tre diversi impianti nucleari, nello stesso giorno. Quattro le vittime, ma altri sette operai sono ricoverati in fin di vita. La Kansai Electric Power che gestisce, a 350 chilometri da Tokio, la centrale di Mihama, quella dove si è verificato l’incidente più grave, si è affrettata a comunicare che «non c’è stata contaminazione radioattiva e non ci saranno effetti sull’ambiente circostante».

Si pesca davanti alla centrale nucleare di Mihama

Dichiarazione accolta con un misto di paura e scetticismo, se si tiene conto che la Tepco (Tokyo Electric Power), la più grande azienda produttrice di energia in Giappone, che controlla due delle tre centrali coinvolte negli incidenti di ieri, lo scorso aprile ha dovuto ammettere di aver falsificato i documenti riguardanti la sicurezza per più di dieci anni e per questo è stata costretta al blocco temporaneo dei suoi 17 impianti nucleari. Il primo ministro Junichiro Koizumi, che proprio ieri, poche ore prima degli incidenti, aveva partecipato alle cerimonie commemorative per il bombardamento atomico di Nagasaki, ha assicurato che sarà fatto ogni sforzo per garantire la sicurezza nelle centrali atomiche.

In Giappone (terzo Paese per produzione di energia nucleare dopo Usa e Francia) le centrali atomiche soddisfano un terzo del fabbisogno energetico. Sono 52, gestite da dieci società private. I gravi incidenti di ieri riaccenderanno la polemica su due fronti. Da una parte, sull’opportunità di continuare a far gestire ai privati un settore che ha un impatto così forte sulla vita dei cittadini. Dall’altra, sull’opportunità d’insistere nello sviluppo del nucleare. Negli ultimi anni in Giappone si sono svolti diversi referendum sull’energia nucleare e la maggioranza degli elettori ha votato contro la realizzazione di nuovi impianti. Ma il governo giapponese non sembra tenere conto di questa indicazione: «Servono altre centrali - sostengono i rapporti presentati dal ministero dell’Economia, industria e commercio -. L’ideale è arrivare a coprire con il nucleare il 50% del fabbisogno nazionale».

UNA TRAGEDIA ANNUNCIATA - L’incidente alla centrale di Mihama è il più grave della storia giapponese, per quanto riguarda lo sfruttamento civile dell’energia atomica. L’esplosione è avvenuta alle 15,30 (8,30 italiane) nella sala turbine del terzo reattore, probabilmente a causa di un buco nelle tubazioni del condensatore dell’impianto di raffreddamento. Dalla falla si è sprigionata un’onda di vapore ad altissima temperatura (270 gradi) che ha investito gli operai. «Le vittime avevano il volto completamente bianco - ha raccontato ai cronisti Yoshihiro Sugiura, il medico che ha soccorso i feriti gravi all’ospedale di Tsuruga -. Questo dimostra con quale rapidità e intensità siano state esposte al calore».

Malgrado la proverbiale efficienza giapponese, gli incidenti alle centrali si verificano con cadenza periodica. Sempre la centrale di Mihama, nel febbraio del 1991, versò in mare 20 tonnellate di acqua altamente radioattiva. Altri due gravissimi incidenti hanno colpito la centrale di Tokaimura. Quello più recente, nel settembre del 1999, ha provocato la morte di due tecnici, il ricovero di 600 persone colpite da radiazioni e l’evacuazione di 320 mila abitanti.

Fortunatamente ieri gli altri due incidenti non hanno fatto vittime. A Shimane, in un impianto adiacente alla Prefettura, gestito dalla Tepco, si è sviluppato un incendio nel settore di smaltimento delle scorie, accanto al reattore due. Anche in questo caso, secondo i dirigenti della centrale, non ci sarebbe stata fuga radioattiva.

Il terzo incidente si è verificato nell’impianto nucleare di Ekushima-Daini. Secondo un comunicato della Tepco, che controlla anche questa centrale, c’è stata una perdita d’acqua dal generatore, che non ha prodotto conseguenze gravi.

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Guest frallog

Da il gazzettino Mercoledi' 11 edizione nazionale.

Ogni commento sembra davvero superfluo.

Opinioni in merito sono gradite.

Regards,

Francesco 8)

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Mercoledì, 11 Agosto 2004

Il tentativo di alcuni ambientalisti ...

Il tentativo di alcuni ambientalisti di sfruttare gli incidenti di lunedì in tre centrali nucleari giapponesi per rilanciare la loro campagna contro l'energia atomica è un clamoroso esempio di malafede e di irresponsabilità. Di malafede, perché gli incidenti non hanno interessato i reattori e avrebbero potuto verificarsi in qualsiasi impianto industriale, senza che i media neppure se ne accorgessero, e perché la tanto pubblicizzata coincidenza con l'anniversario del bombardamento di Nagasaki è una evidente forzatura mediatica. Di irresponsabilità, perché riproporre oggi, in piena crisi petrolifera, il problema della chiusura delle centrali nucleari europee è una incredibile manifestazione di autolesionismo, un modo per garantire che l'UE subisca una ulteriore perdita di competitività rispetto ai suoi concorrenti e continui così nel suo inesorabile processo di impoverimento.

Grazie all'apporto decisivo della Francia, che ha continuato anche dopo Cernobil a credere nel nucleare e produce oggi con questo metodo il 75 per cento della sua energia a prezzi estremamente competitivi, l'Europa si mantiene, in questo campo, circa allo stesso livello degli Stati Uniti e del Giappone. Ma, con i prezzi del greggio che ormai promettono di restare più o meno stabilmente oltre i 35-40 dollari al barile, questo non basta più. E' necessario che l'Italia, e gli altri sei Paesi dell'Unione che hanno rinunciato all'atomo (Austria, Irlanda, Portogallo, Grecia, Lussemburgo e Danimarca) ritornino al più presto sulle loro decisioni e traggano vantaggio dai grandi progressi tecnologici compiuti nell'ultimo decennio per mettere in cantiere nuove centrali cosiddette di quarta generazione, che li porterebbero di colpo dalla retroguardia all'avanguardia. Tanto per cominciare, noi potremmo sospendere il costosissimo smantellamento delle centrali di Caorso e di Trino Vercellese, chiuse in seguito al famigerato referendum sebbene funzionassero in totale sicurezza, e procedere alla loro riattivazione. Con un investimento relativamente modesto, e senza alcun rischio per la sicurezza, potremmo aumentare così in meno di due anni la nostra produzione di energia elettrica di circa il 10 per cento, prendendo tre piccioni con una fava: ridurre la nostra dipendenza dagli idrocarburi, gli acquisti dall'estero e il pericolo di nuovi blackout.

Il caro-petrolio, e ancor più l'incertezza sulla futura disponibilità di quantità di greggio sufficienti a soddisfare una domanda mondiale in continua crescita, stanno ormai spingendo tutto il mondo industrializzato in questa direzione.

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Innanzitutto non mi piace assolutamente il titolo che hai scritto!! :evil:

(Scherzo, eh :wink: )

Sono rimasto veramente incredulo quando ho sentito cosa avevano fatto i giapponesi: una mancanza di manutenzione di alcuni tubi che durava da anni! Una mancanza di serietà anche da parte del vertice aziendale, che sapeva della mancata manutenzione ma anzi la imponeva anche se i fornitori avevano avvertito della durata dei materiali...

Roba che neppure nella tanto bistrattata Marghera non si commette (con buona pace dei verdi, che non hanno appigli per far chiudere la baracca)

Eppure la manutenzione di una centrale nucleare dovrebbe essere rigidamente fissata da protocolli di sicurezza e da supervisori di provata serietà... :roll:

Va però detto, per la precisione, che vista la potenziale pericolosità di un impianto nucleare i sistemi automatici di sicurezza sono tarati in maniera abbondantemente preventiva, e che lo schema di regolazione prevede a bloccare di fatto buona parte dell'impianto anche per rischi non elevati.

Comunque, sono anch'io fermamente convinto che il nucleare sia necessario e che vada riattivato un programma nazionale ed europeo dell'energia; pian pianino spero ci arriveremo, purtroppo però dopo aver cercato in tutti i modi di restare a galla nell'economia mondiale dell'energia...

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Guest frallog

Giappone, lo spessore dei condotti sceso da 10 a 1,4 millimetri. Sotto accusa privatizzazioni e società di ispezione

DAL NOSTRO INVIATO

TOKIO - «Avevamo fatto solo controlli superficiali. Nessun test a ultrasuoni, che avrebbe potuto misurare quanto si erano consumati i condotti d’acciaio», ha ammesso ieri Haruo Nakano, portavoce della Kansai Electric (Kepco). Ma la compagnia sapeva dall’anno scorso che quei tubi non garantivano più la sicurezza dell’impianto. Nel novembre del 2003 una società privata li aveva esaminati sommariamente, scoprendo che qualcosa non andava. La direzione del colosso dell’energia era stata avvisata.

I CONTROLLI - «L’ispezione era prevista per il 14 agosto, sabato prossimo. Avevamo creduto di poter rimandare i controlli fino a questo mese, non ci saremmo mai aspettati che si sarebbero deteriorati tanto velocemente», spiega ora Akira Kokado, manager della centrale dove 4 operai sono morti e 7 sono rimasti feriti (cinque in modo grave).

Dopo 28 anni, un mese in più o in meno pareva poca cosa. Dal 1976, quando le turbine nucleari di Mihama hanno cominciato a lavorare, i condotti per il raffreddamento non erano mai stati controllati. Con il tempo lo spessore delle loro pareti d’acciaio si è ridotto da 10 a 1,4 millimetri. Ma questo è stato scoperto ieri, 24 ore dopo la tragedia, quando i tecnici che hanno visitato il luogo dell’incidente hanno trovato un buco nel tubo. Pare sia uscito da lì il getto d’acqua e vapore a 150 gradi che ha colpito Hiroya Takatori, Kazutoshi Nakagawa, Tomoki Iseki e Eiji Taoka, uccisi in pochi minuti. Uno dei feriti è gravissimo, ha ustioni sull’80 per cento del corpo, altri quattro sono in condizioni molto serie.

LE ACCUSE - Facevano parte di una squadra di 200 dipendenti di una società subappaltatrice, al lavoro nella centrale proprio per preparare l’ispezione di sabato. E anche su questo c’è polemica: «Li hanno tenuti lì dentro con le turbine in azione. Le leggi del profitto vincono su quelle della sicurezza», dicono gli attivisti contrari all’uso civile del nucleare.

La loro azione è ripartita immediatamente: passati gli anniversari di Hiroshima e Nagasaki, le cerimonie di domenica per ricordare la fine della guerra nel Pacifico (il 15 agosto del 1945) minacciano di diventare proteste antiatomiche dirette contro il governo.

IL GOVERNO - Mihama, città di 11.550 abitanti, 320 chilometri a ovest di Tokio, non è stata evacuata: le autorità hanno assicurato che non c’è stata contaminazione radioattiva. Ma anche così, il Giappone si trova a fronteggiare il più grave incidente nucleare della sua storia. L’ultimo di una serie di episodi di malfunzionamento od omissione di controlli; quello che rischia di rimettere in discussione la politica nucleare del Paese. Di fronte a un pericolo del genere governo e responsabili del settore energetico hanno rinunciato al consueto atteggiamento «riservato». Fonti ufficiali hanno parlato e diffuso notizie. La polizia ha aperto un’inchiesta. «Vogliamo capire se la negligenza della compagnia ha portato a queste quattro morti», ha spiegato Fuminaga Miyamoto. I politici si sono esposti in prima persona per rassicurare i cittadini: «Ora l’importante è lavorare seriamente per far recuperare credibilità all’industria nucleare», ha detto il premier Junichiro Koizumi. Mentre il suo ministro del Commercio e dell’energia, Shoichi Nakagawa, si è pubblicamente scusato con i parenti delle vittime e ha detto di voler garantire la sicurezza delle centrali assieme alla fornitura di energia: «Dobbiamo indagare sulle cause ed essere sicuri che non succeda ancora».

L’ALLARME - Per ora il governo ha ordinato alle compagnie che gestiscono centrali nucleari di controllare se le proprie strutture sono state regolarmente ispezionate. «Ma non abbiamo chiesto di condurre test che comportino il blocco della produzione di energia», ha precisato l’agenzia per la sicurezza nucleare di Tokio. «In tutto il Paese ci sono altri 22 impianti simili a quello di Mihama: 10 della Kepco, 12 di altre compagnie private», ha ricapitolato Kouji Yamashita, un ispettore governativo. «Se l’incidente dipende dal grado di deterioramento dei tubi, ormai molto vecchi, allora è possibile che debbano essere sostituiti in tutti gli impianti», dice un rapporto statunitense, della Strategic Forecasting Inc. «Ma le visite negli impianti vengono fatte da società controllate dal ministero: lo stesso che investe sul nucleare. Non sono verifiche indipendenti», attacca Kazae Suzuki, di Greenpeace Giappone. Che ieri ha lanciato l’allarme: «Molte nostre centrali stanno per raggiungere l’età di quella di Mihama».

LE COMPAGNIE - Fino a due giorni fa il più grave incidente nucleare in Giappone era capitato a Tokaimura, dove nel ’99 persero la vita due operai e oltre 400 persone vennero contaminate dalle radiazioni. Allora lo scienziato Nagamitsu Miura, dell’università di Tsuda, descrisse uno scenario terrificante. Parlò di controlli ridotti al minimo nelle centrali, e di decine di migliaia di lavoratori a cottimo, senza nessuna specializzazione. Effetti delle privatizzazioni selvagge e della «deregulation», disse. Oggi in Giappone dieci compagnie private gestiscono il mercato dell’energia in regime di monopolio nelle regioni di competenza. Producono energia da tre fonti, acqua, combustibili fossili, nucleare, e decidono il costo delle tariffe, fino al 20% più alte rispetto a quelle degli altri Paesi industrializzati. Nel ’66 il Paese ha iniziato la sua politica nucleare, acquistando il primo reattore. Ora ne ha 52 e da quelli attinge oltre un terzo del suo fabbisogno di energia elettrica. Le due più importanti compagnie del settore sono anche le ultime ad aver dovuto fronteggiare uno scandalo. Nel 2003 è toccato alla Tokio Electric Power (Tepco), uno tra i più grandi produttori di elettricità al mondo, che ha chiuso per qualche tempo tutti i suoi 17 impianti nucleari dopo aver ammesso di aver falsificato i documenti sulla sicurezza per oltre un decennio. Ora è il turno della Kansai, 30 mila dipendenti, secondo gruppo del Paese, sul banco degli imputati.

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Guest frallog

Nucleare: Siamo circondati.

Permettetemi di insistere sulla scelta scellerata che abbiamo compiuto. Non e' che perche' l'erba del vicino e' sempre piu' verde, ma io penso che sia molto probabile che in questo caso "gli altri" si siano dimpstrati piu' saggi ed intelligenti di noi.

Opinioni in merito sono gradite.

Regards,

Francesco :(

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NUCLEARE Gli incidenti del Giappone ripropongono un tema che divide l’opinione pubblica. E che solleva molti interrogativi

A ridosso dell'Italia una rete di centrali

Sono quelle dei Paesi dell’Est entrati nella UE o di prossima adesione. Con problemi di sicurezza

L'elenco l'ha proposto Adolfo Urso, vice ministro alle Attività Produttive: 59 inFrancia, 19 inGermania, 5 inSvizzera, «perfino una nella piccolaSlovenia». L'Italia che ha detto no al nucleare, è letteralmente circondata dal nucleare; comprese le centrali dei Paesi dell'Est europeo di recente o di prossima adesione alla UE, e sulle quali è aperto da tempo un lavoro per garantire gli standard comunitari di sicurezza. Alcune di queste, come ha sottolineato Urso, sono nel raggio di un centinaio di chilometri da città comeTrieste, Bolzano, Venezia. Fa il punto sulla situazione un recente rapporto del Wenra (Western european nuclear regulators association), organismo che ha l'obiettivo di fornire alle istituzioni dell'Unione una capacità indipendente di valutazione della sicurezza nucleare dei Paesi candidati.

Da notare che in tutti i Paesi dell'Est, nonostante i bassi rendimenti di utilizzo, si registra un sovrappiù di produzione di energia, dovuto sia alla diminuzione della domanda sia all'uso di fonti di energia a basso costo. Di conseguenza, la potenza installata in eccedenza viene utilizzata per esportare energia contro valuta pregiata, situazione che contribuisce a rallentare la costruzione di impianti sostitutivi del nucleare, scoraggiando in pari tempo la ricerca e l'utilizzo di fonti rinnovabili. Sta di fatto che dal 1992, in tutta l'Europa centrale e orientale non è stato dismesso alcun impianto nucleare. Non sono mancati gli incidenti: episodi gravi si sono verificati ad esempio per malfunzionamento degli impianti di raffreddamento di due reattori nelle centrali diPaks, inUngheria, pur considerate tra le più sicure e in linea con gli standard di sicurezza occidentali. Dal canto suo, l'Unione da tempo stanzia fondi per il miglioramento della sicurezza nucleare nei paesi dell'Est; l'80 per cento dei fondi è destinato aBulgaria, Ucraina e Federazione Russa, Paesi in cui si concentra l'85 per cento di tutti gli impianti nucleari.

BULGARIA -Risultano installati sei reattori nucleari, tutti situati nella centrale diKozloduj, sul Danubio, che forniscono più del 45 per cento del fabbisogno di elettricità. Quattro di essi sono del tipo più vecchio, e secondo il rapporto Wenra vengono considerati non sicuri; le altre due unità sono di tipo più recente, e sono entrate in funzione rispettivamente nel 1988 e nel 1992; non si discostano molto dalle norme occidentali sotto il profilo della sicurezza. Va rilevato tuttavia che il governo bulgaro ha variato il piano di dismissione degli impianti a rischio, con la motivazione che l'esportazione di elettricità inTurchia e Grecia costituisce una delle principali fonti di valuta pregiata per il Paese: la chiusura, secondo questo calendario, dovrebbe avvenire entro il 2010-2012. Ma l'Unione insiste: i quattro reattori obsoleti diKozloduj vanno chiusi, condizione necessaria per l'ammissione dellaBulgaria nella UE.

LITUANIA - È un caso unico nei Paesi del Centro-est europeo e dell'area baltica, in quanto possiede due reattori di tipo RBMK nella centrale diIgnalina, fra i più potenti al mondo. Forniscono l'85 per cento del fabbisogno di elettricità del Paese, vale a dire una delle percentuali più elevate al mondo. La loro dimensione e potenza si spiegano con la funzione originaria che era stata loro assegnata ai tempi dell'Urss, e cioè produrre plutonio destinato all'esercito sovietico.

REPUBBLICA CECA - Sono in funzione quattro reattori di vecchia generazione nella centrale diDukovany, che forniscono il 22 per cento della produzione complessiva, e sui quali è in corso un programma di modernizzazione ormai in via di completamento, che consentirà loro di raggiungere gli standard di sicurezza previsti dalle procedure UE. Altri due reattori sono in costruzione aTemelin, con la cooperazione di esperti di compagnie internazionali: sono considerati i più adeguati alle norme e prassi occidentali fra tutti gli impianti di quel tipo.

ROMANIA -È in funzione un reattore a Cernavoda, di concezione canadese. L'impianto è stato commissionato e costruito sotto la responsabilità di un consorzio occidentale, ed è gestito da operatori in possesso di una professionalità in linea con gli standard occidentali. La principale preoccupazione riguardo al reattore è legata a un eventuale ritiro dell'assistenza tecnica e finanziaria canadese fin qui garantite.

SLOVACCHIA -Esistono sei reattori, di tipi diversi, che forniscono il 73 per cento del fabbisogno di energia elettrica del Paese: quattro aBohunice e due aMochovce; quelli diBohunice, in particolare, presentano gravi carenze dal punto di vista della sicurezza, e c'è l'impegno del governo slovacco ad avviarne la fase di chiusura entro il 2006-2008. Da notare in ogni caso che laSlovacchia non ha assunto alcun impegno internazionale in relazione ai propri reattori nucleari.

UNGHERIA -È il Paese che più si avvicina alle norme e alle prassi dei Paesi occidentali. Sono in funzione quattro reattori nella centrale diPaks, che forniscono il 40 per cento della produzione nazionale di energia, e sono stati studiati per durare trent'anni; le operazioni di chiusura e smantellamento dovrebbero quindi essere avviate nel 2012, e ultimate nel 2017; ma le autorità stanno esaminando la possibilità di prolungarne la durata di altri dieci anni.

DellaSloveniasi riferisce qui a fianco;Polonia ed Estonia non possiedono reattori nucleari sul loro territorio.

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Permettetemi di insistere sulla scelta scellerata che abbiamo compiuto. Non e' che perche' l'erba del vicino e' sempre piu' verde, ma io penso che sia molto probabile che in questo caso "gli altri" si siano dimpstrati piu' saggi ed intelligenti di noi.

Opinioni in merito sono gradite.

Spiegalo al genio di nome Pecoraro Scanio....

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