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Lettera aperta...


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Vi propongo la seguente lettera apparsa su "Il mattino di Padova" di domenica 15 agosto; penso sia utile a tutti

Lettera aperta a un ragazzo alla guida sulle strade delle vacanze

“Ho 67 anni, caro ragazzo su strada, potrei essere tuo padre e anche tuo nonno ma se parliamo di velocità confesso che la tentazione è rimasta sempre la stessa, dai tempi della Vespa regalatami dopo il liceo dalla nonna.

O della 500 Fiat di seconda mano dei miei primi passi milanesi di giornalista. In autostrada mi sembrava di avere la gamba ingessata sull’acceleratore.

Per quanto mi tenga stretto con la memoria degli shock, ho visto la morte venirmi incontro almeno dieci volte in quaranta anni, su due come su quattro ruote, e sono ancora qua non per bravura, per riflessi e per nervi saldi ma soltanto perché sono stato fortunato all’ennesima potenza, un gran culo per dirla tra di noi senza la minima eleganza. Siccome devo essere nato con la camicia, sono uscito praticamente illeso anche da un frontale da far diventare i capelli bianchi sul colpo; a mio fratello Sauro, che rispetto a me era davvero un gran guidatore, bastò una curva d’asfalto inaspettatamente ghiacciata per restarci.

Su strada la morte è un niente.

Lo chiamiamo destino, ma è anche meno, un beffardo niente. Avrai capito al volo che mi sono dilungato fin troppo sull’esperienza personale solo per dire che non troverai in me il tipo da far prediche né da proporsi come esempio di maturità. Anche adesso che non sono in gran forma fisica mi diverte e mi rilassa guidare un po’, eppure devo ogni volta mettermi una cintura supplementare nel cervello per reprimere la voglia gagliarda di volare.

Cosa credi, faccio fatica anch’io a tenere a bada il ragazzo che continua pacifico ad abitare dentro di me. Per questo penso di poter capire te quando ti butti dentro il traffico con l’idea istintiva che correre sia vita.

Invece è un trucco che ci frega cambiando le carte in tavola. La vita è vivere non correre di più; fregare la morte non darle una mano a nostre spese; è correre per vivere non per dimenticarsi di noi stessi. Conviene farsi furbi il più alla svelta possibile, cioè capire che la stagione dei giocattoli finisce sempre prima e che diventa sempre più precoce l’età dell’acceleratore, tutt’altro che un gioco da bambini o un “numero da circo” come avverte Max Biaggi che di sprint se ne intende.

Nonostante si presenti come un’amica a braccia aperte, la strada è una carogna senza scrupoli che fa pagare ogni pedaggio, preferibilmente in sangue. Non perdona niente, non guarda in faccia nessuno, semmai pesta più duro sui giovani fra i 15 e i 24 anni, dal popolo dei “cinquantini” in ciclomotore fino ai patentati all’esordio, la cui prima causa di morte e di invalidità è l’incidente stradale, più di tutte le malattie messe assieme.

Correre il giusto garantisce il correre per sempre, restando fuori da statistiche che fanno impallidire perfino la macelleria del terrorismo islamico. L’istituto di ricerche Censis ha appurato che l’anno scorso un ragazzo su cinque tra i 13 e i 19 anni è stato coinvolto in un incidente con ciclomotore. Motorini, moto o auto, siamo sempre a migliaia di morti nonostante la patente a punti che resta una buona cosa.

A forza di contabilizzare i morti, trascuriamo l’enormità del numero di invalidi. Per una banale imprudenza, che si avrebbe vergogna di confidare anche agli amici più stretti, ci si gioca la qualità della vita. O la vita o la sua pienezza.

Il quotidiano “La Repubblica” ha fatto un’inchiesta in proposito collocandola giustamente nell’inserto “Salute”, perché di questo umanamente si tratta meglio ancora del generico “sicurezza”. E, intervistato dall’”Avvenire”, il neuro-psicologo Paolo Zucconi che lavora a Udine ha citato dati oramai assodati tra gli specialisti per ribadire che chi ha già subito un trauma cranico da incidente stradale avrà una probabilità tre volte maggiore di trovarsi coinvolto in un altro incidente.

Se ti capita di leggermi, caro ragazzo di Ferragosto, sappi che il rischio non va mai in ferie, mai.

Oggi parliamo molto del sabato sera ma già nel 1963, quando i morti erano diecimila all’anno, i giorni micidiali erano sabato, domenica e lunedì. Con un’ora fatale di punta: le 18 della domenica.

Il fatto è che possiamo prendercela con chi ci pare, la cultura, la scuola, le autoscuole, i Tir, le stradacce, i disturbati, gli impreparati nostrani e stranieri, gli ubriachi, i gasati e i dopati di turno.

Possiamo dare alla Polstrada il sorpassometro che sarebbe l’ultimissima tecnologia in fatto di controlli. Possiamo premiare i disciplinati con sconti sul bollo e altre cose allo studio. Però, alla fine, se non capiremo che l’acceleratore è il grilletto di una pistola puntata contro noi stessi e contro gli altri, sarà difficile migliorare le statistiche. Credimi sulla parola.

Corri pensando, questo il punto.

Da ragazzo, ma pensando ogni volta che metti in moto. Fai il dritto, non farti prendere per i fondelli dalla velocità, brutta bestia da addomesticare subito prima che morda il suo padrone.”

Giorgio Lago *

* Una delle migliori (a mio parere) firme del "Mattino"

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