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[I leggendari della F1] Michele Alboreto


AndreaB

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Michele Alboreto

"Veloce e di bello stile: doti che rammentano Wolfgang von Trips, al quale Alboreto somiglia anche nel tratto educato e serio". Enzo Ferrari, “Piloti, che gente…”

Giovane magazziniere milanese di padre friulano e madre di origine libica, Michele Alboreto realizza il suo sogno delle corse nel 1979, quando debutta nel Campionato Italiano di Formula 3, aggiudicandosi l’anno successivo il Campionato Europeo nella stessa categoria. Nel 1981 raggiunge il team Minardi di Formula 2 e, grazie anche alla sua stupenda vittoria a Misano, Ken Tyrrell lo assume per il suo team, in piena crisi finanziaria, con l’appoggio economico del Conte Zanon. Dopo l’esordio nel Gran Premio di San Marino, Tyrrell gli offre un contratto triennale, che ovviamente Michele accetta, pur continuando parallelamente il suo impegno nel Campionato di Formula 2 e nel Mondiale di auto sportive. Con le Tyrrell a motore aspirato si dimostra intelligente e veloce nella lotta con i più potenti turbo. Già alla sua prima stagione intera con la Tyrrell, nel 1982, Alboreto conquista una vittoria impossibile nel round finale del Campionato del Mondo, il GP degli USA a Las Vegas. Conquistata con la sua maneggevole 011 la terza piazza in qualifica facendosi abilmente strada tra i muretti che segnavano il tracciato nel parcheggio del Ceasars Palace, nei primi dei 75 giri della gara può fare poco contro le Renault RE30B di Alain Prost (in pole) e René Arnoux (secondo in griglia ma in testa dopo la partenza) in battaglia privata, se non sperare che i loro potenti ma fragili V6 non reggano nella distanza. E così accade. Michele mantiene la terza posizione dopo una ruotata con la Ligier JS19 di Cheever, poi attende. Dopo 20 giri il motore di Arnoux esplode, nel giro 59 Prost rallenta per problemi di gomme e deve, suo malgrado, lasciarlo passare: in quel magico 25 settembre, Michele conquista la sua prima vittoria in F1, la prima della Tyrrell dal 1978. L’anno dopo si mantiene sulla stessa linea, vincendo l’impossibile Gran Premio di Detroit (ultimo successo del V8 Cosworth aspirato). Le imprese di Michele sulla Tyrrell lo fanno notare alla Ferrari, dove arriva nel 1984, primo italiano dopo Merzario, a 11 anni di distanza. Con la più potente Ferrari turbo 126 C4 si afferma presto: pole position e vittoria nel GP del Belgio. Ma la sua più grande stagione è il 1985. Gestendo con lucida precisione i terribili cavalli della 156/85, fa sognare i sostenitori della rossa, occupando il primo posto nella classifica mondiale dalla sua vittoria in Canada, il 16 giugno, fino al GP d’Olanda, il 15 agosto (nel mezzo un’altra vittoria in Germania), quando passa in testa Alain Prost. Neanche la sua grinta basta a superare una serie di problemi meccanici di affidabilità della vettura, causati da improvvise modifiche al motore, che lo costringono a cedere nella lunga lotta per il titolo. Con due vittorie, quattro secondi posti e altri piazzamenti, si laurea comunque vicecampione. La sua parabola alla Ferrari si conclude dopo 80 Gran Premi nel 1988. Poi Michele torna alla Tyrrell, ma da quel momento inizia il suo declino. Avrà a disposizione solo vetture di secondo piano (Larrousse, Footwork Arrows, BMS e Minardi), senza risultati all’altezza delle sue capacità. Nel 1994, disputa la sua ultima stagione in F1, raggiungendo le 194 partecipazioni a GP. Nel 1995 passa al campionato tedesco turismo DTM, mentre nel 1996 va dall’altra parte dell’Atlantico alla serie americana IRL. Il suo trionfo arriva nel 1997, quando, al volante della TWR-Joest-Porsche, insieme al suo ex-compagno di squadra alla Ferrari Stefan Johansson e a Tom Kristensen, vince la storica 24 Ore di Le Mans. Sempre a Le Mans, giunge quarto con la Audi nel 1999 e terzo nel 2000. I suoi ultimi giri in circuito sono quelli del 25 aprile 2001, nel Lausitzring, in Germania, mentre stava testando la Audi R8 con la quale Alboreto avrebbe dovuto partecipare all’edizione successiva della 24 ore di Le Mans. A causa di una foratura la vettura decolla improvvisamente scavalcando il guard-rail e distruggendosi a lato della pista. Si conclude così, tristemente, la parabola di uno dei piloti italiani più dotati delle ultime generazioni.

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