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Guest DESMO16

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benissimo elias. allora mi spieghi (perchè io ancora non l'ho trovato), in quale passo della bibbia o del vangelo c'è scritto che i preti non possono avere moglie e figli? basta che mi citi la posizione, poi me lo vado a leggere per conto mio. Anche se ho dubbi che da qualche parte del vecchio testamento ci sia scritto, perchè altrimenti tutti i rabbini sarebbero fuorilegge.

Inoltre non condivido l'appropriazione del concetto di famiglia da parte della religione cristiano/giudaica, personalmente lo trovo un concetto che va aldilà della confessione religiosa ma è proprio dell'uomo (o non vogliamo proprio dargliela un pò di dignità a questa "scimmia 2.0"?)

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Guest DESMO16
Fa discutere un pamphlet della sociologa Danièle Hervieu-Léger: il cristianesimo rischia l'uscita dalla scena culturale, l'insignificanza

Francia, i cattolici e la nuova Bastiglia

«In molti fedeli è viva la sensazione di essere gli ultimi a fare ancora riferimento a un mondo di credenze, valori e pratiche che si sta dileguando»

L'ultimo saggio di Danièle Hervieu-Léger, la sociologa ora direttore dell'Ecole des hautes études, è dedicato alla crisi che travaglia il cattolicesimo francese ma tocca questioni più generali, che stanno al cuore del confronto fra la Chiesa e la modernità (Catholicisme, la fin d'un monde, Bayard, pagine 336, euro 23). La studiosa parte dalle trasformazioni della società e della cultura piuttosto che dai cambiamenti in ambito religioso: coglie così il problema principale del cattolicesimo oggi, quello di subire una squalificazione culturale, che in certi casi diventa addirittura disprezzo verso chi ha la pretesa di dire la verità e il bene per l'intera società. In molti fedeli francesi, scrive, è viva la sensazione di essere gli ultimi a fare ancora riferimento a un mondo di credenze, pratiche e valori che sta scivolando definitivamente nell'insignificanza culturale.

Oggi la Chiesa di Francia, scrive l'autrice, deve affrontare questa rivoluzione, ancora più grave di quella della laicità ottocentesca, che l'aveva espunta dalla scena politica. Si tratta infatti dell'uscita dalla scena culturale, in un mondo che non è segnato dalla fine del credere ma dalla proliferazione delle credenze. L'autrice parla infatti di identità culturale, e non di identità religiosa, perché sostiene che in gioco oggi non è la fede o l'appartenenza alla Chiesa, ma la condivisione di una evidenza comune su cui fondare i valori di famiglia, morale, autorità, e i rapporti fra sessi e generazioni, superiori e inferiori, ricchi e poveri.

Nonostante la laicizzazione, infatti, il cristianesimo ha costituito per lungo tempo la matrice culturale condivisa su cui si fondavano le idee base dell'unità del genere umano e della trascendenza delle persone. Emancipato da Dio e dall'istituzione che parla in suo nome, l'uomo postmoderno elimina la fonte di tutte le norme e di tutti i valori autenticamente umani. È possibile per la società di oggi staccarsi dal cristianesimo che ha modellato la sua cultura senza compromettere un certo numero di valori fondamentali sui quali essa si fonda?

Hervieu-Léger non dà una risposta e sviluppa invece un'analisi impietosa e lucida dei motivi per cui la cultura cattolica è stata espunta dalla società francese postmoderna: innanzi tutto per l'affermarsi dell'individualismo. Riconoscendo all'individuo la capacità di essere "legislatore di se stesso" si nega alla radice la pretesa della Chiesa di dare la verità al mondo e a ciascuno. La Chiesa ha seguito, almeno in parte, questa deriva individualistica, trovando spazio al suo interno per i "bisogni spirituali" di ciascuno, per la ricerca d'interiorità e intensità personale che caratterizzano l'essere umano oggi. Ma pur collocando l'individuo e i suoi affetti al centro della legittima espressività religiosa, la Chiesa rischia di diventare solo una delle tante risorse per ottenere il benessere in questo mondo. Non è facile infatti ricucire lo strappo che si sta allargando fra l'immaginario della soddisfazione individuale, in apparenza oggi possibile a ognuno, e la promessa di realizzazione espressa nella predicazione e nella liturgia cristiana che presuppone un dono divino.

Modernità significa anche messa in discussione radicale di tutti gli "assoluti", dalla concezione del tempo e dello spazio a quella di autorità e di natura: tutto deve essere legittimato dall'individuo, e quindi tutte le caratteristiche dell'ultramodernità, scrive l'autrice, «toccano lo strato più profondo delle istituzioni cattoliche», entrando in conflitto soprattutto con la costruzione morale e teologica della Chiesa moderna per quanto riguarda il comportamento sessuale e la famiglia.

La Chiesa ha dimostrato in questo ultimo secolo una grande attenzione per la vita familiare, luogo di trasmissione della fede e della morale, e mai come oggi ha posto l'accento sull'ideale di relazione della coppia e della famiglia, interpretandole come segno del progetto divino sull'uomo. La famiglia è l'ultima àncora da cui organizza la sua riproduzione istituzionale e ideologica, con riferimenti simbolici capaci di sostenere la plausibilità del suo messaggio in una società che ha massicciamente abbandonato la sfera religiosa.

Ma il matrimonio cristiano è pensato in perfetta corrispondenza con la legge naturale e quindi con la volontà divina. Oggi, proprio la possibilità di riferimento all'ordine "sacro" della natura è stata sconvolta dagli interventi della scienza, mentre è sempre più forte la tensione fra l'idea di eguaglianza e libertà e il concetto di legame coniugale. Divorzio, aborto, anticoncezionali sono infatti considerati diritti individuali inalienabili, in una cultura in cui tutto dev'essere scelto con il libero consenso, ritirabile, degli individui.

Un'analisi complessa, insomma, per molti versi applicabile alla situazione italiana e indispensabile per capire meglio la sfida storica che la Chiesa sta vivendo.

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benissimo elias. allora mi spieghi (perchè io ancora non l'ho trovato), in quale passo della bibbia o del vangelo c'è scritto che i preti non possono avere moglie e figli? basta che mi citi la posizione, poi me lo vado a leggere per conto mio. Anche se ho dubbi che da qualche parte del vecchio testamento ci sia scritto, perchè altrimenti tutti i rabbini sarebbero fuorilegge.

Inoltre non condivido l'appropriazione del concetto di famiglia da parte della religione cristiano/giudaica, personalmente lo trovo un concetto che va aldilà della confessione religiosa ma è proprio dell'uomo (o non vogliamo proprio dargliela un pò di dignità a questa "scimmia 2.0"?)

1. Punto: Infatti non troverai nessun passo che lo dice. Anche per questo mi reputo cristiano ma non cattolico.

2. Punto: dal tuo punto di vista ti do ragione, ma permettimi di radicare il concetto di famiglia anche dalla mia prospettiva fondata su ideali trascendenti. Questo senza che né tu né io ci sentiamo perseguitati ideologicamente o avvertiamo che l'altro voglia imporcelo con la forza.

"Vigila sui tuoi pensieri: la tua vita dipende da come pensi".

Libro dei Proverbi

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No non esiste nessun passo nelle scritture sacramentarie che indica come obbligatorio il celibato sacerdotale.

Molti Apostoli erano sposati ( si parla esplicitamente della suocera di Pietro )

Esiste solo un passo controverso in S. Paolo in cui lui, personalmente, invita al celibato come condizione di superiorita' morale rispetto al matrimonio.

A tutt'oggi nella chiesa Ortodossa i sacerdoti possono sposarsi, ma se aspirano al vescovado devono restare celibi.

Nelle chiese protestanti, ( esclusa forse l'Anglicana) in genere, non esiste la figura del sacerdote perche' non esiste l'Ordine come sacramento: i pastori sono "anziani" di comunita', piu' esperti e versati nelle scritture, ma al cospetto di Dio fedeli come glia altri. D'altra parte uno dei fondamenti della riforma luterano e' che "Ogni uomo e' sacerdote di se stesso" "

Nella chiesa cattolica il celibato sacerdotale si impose piu' per problemi pratici che teorici ( evitare di avere eredi legali per benefici parrocchiali che invece tornavano al vescovado alla morte del sacerdote ) e fu definito ufficialmente e definitivamente nel 1054 da papa Leone X ( e poi ribadito nei concilii successivi ), senza pero' diventare dogma: teoricamente e' revocabile dalla decisione di un altro Papa.

Archepensevoli spanciasentire Socing.

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Buona ricostruzione stev, ma anche gli anglicani possono sposarsi se non sbaglio. E comunque non toglie il fatto che la chiesa cattolica ha spesso - e non me ne vogliano gli amici cattolici di questo forum - utilizzato il potere della Tradizione sulla scrittura. Da qui la sola scriptura luterana e il sacerdozio universale.

"Vigila sui tuoi pensieri: la tua vita dipende da come pensi".

Libro dei Proverbi

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OK elias, ma io parlavo della posizione degli Anglicani rispetto al sacramento dell'Ordine: all'inizio, dopo lo scisma di Enrico VIII, la struttura e la teologia erano fondamentalmente cattoliche, poi non so. Credo pero' che il sacramento dell'ordine ci sia ancora adesso, in quanto, dopo la recente approvazione del sacerdozio femminile da parte della suddetta chiesa, molti sacerdoti contrari sono passati alla Chiesa cattolica, che li aha accettati anche se sposati.

Come nota curiosa concludo indicando un fatto in Italia poco noto: moltissimi sacerdoti cattolici in Africa sono sposati, in quanto in molte societa' tribali l'uomo non sposato non gode di nessuna considerazione sociale. In questo caso, la Chiesa concede una particolare dispensa "ad hoc".

Archepensevoli spanciasentire Socing.

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Discorso analogo vale per i sacerdoti Uniati, ovvero i cattolici di rito ortodosso, che per quanto riguarda la possibilità di sposarsi seguono la regola della tradizione ortodossa, ovvero i sacerdoti sposati possono al massimo essere parroci.

Spero che non venga letta come una mancanza di rispetto, ma in pratica si pone il povero seminarista di fronte alla famosa scelta se sia meglio comandare o f..... (e siciliani e napoletani conoscono la risposta data dal proverbio)

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2. Punto: dal tuo punto di vista ti do ragione, ma permettimi di radicare il concetto di famiglia anche dalla mia prospettiva fondata su ideali trascendenti. Questo senza che né tu né io ci sentiamo perseguitati ideologicamente o avvertiamo che l'altro voglia imporcelo con la forza.
Giustissimo: ecco perchè rivendico la laicità, o la aconfessionalità se preferisci, del mio stato, sia esso l'attuale (l'Italia) o il futuro (che spero, cioè un'Europa federale). Dove poi a ognuno sia concesso di aggiungere all'unione e alla vita quotidiana, se vuole, il valore spirituale della propria confessione, qualunque essa sia, senza che ce ne sia una "ufficiale" imposta dall'alto, nel pieno rispetto reciproco.

La laicità è l'unica maniera per tutelare tutti, credenti delle varie religioni, e non credenti, perchè pone tutti sullo stesso piano. E rientrando a bomba, è lo stesso motivo per cui è giusto che due omosessuali possano fare il pacs o anche il matrimonio (civile), non ci devono essere cittadini con diritti (o doveri) diversi dagli altri.

Altra frecciata (per il caro Desmo con il quale chiacchiero spesso ;)): tu dici che è lecito per un cristiano dire come la pensa riguardo a certe questioni e che è una querelle montata ad arte dai comunisti, anche se la persona in questione è colui che dovrà decidere la direzione verso cui si muoverà l'Europa riguardo a quelli che lui considera "peccatori"....

Per quale motivo, allora, un magistrato non può esprimere le proprie opinioni su una certa parte politica, visto che poi viene tacciato di essere una toga nera o rossa a seconda di dove soffia il vento? Così come per Roccobbuttione bisogna scindere pensieri personali da azione politica, perchè invece per un magistrato questa scissione non si può fare e viene additato come persecutore politico (guarda caso dagli stessi che difendono strenuamente la libertà di pensiero di roccobbuttiòne?)

Non si possono avere due pesi e due misure, delle due l'una: o Roccobuttiòne (o chi per lui si fosse comportato allo stesso modo) è inadatto al ruolo, o le toghe non sono rossi comunisti assetati del sangue di berlusconi.

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Gug, nello specifico, sbagli a generalizzare tutto il mondo islamico come una fucina di terrorista pronti a immolarsi, ed è lo stesso ragionamento che dall'altra parte fanno i terroristi (non sto dicendo che lo sei, cerca di capirmi ;)) quando dipingono l'occidente come un covo di nazioni pronte a cancellare l'islam e ad imporre i propri consumi e stili di vita (oddio, sulla seconda un briciolo di fondamento c'è pure). Tutto questo poggia sull'ignoranza, e l'ignoranza genera paura e odio.

Perciò ben venga l'immigrazione. Poi certo, ci sono le mele marce, così come ce ne erano tra noi cento anni fa quando emigravamo, e infatti il mio bisnonno, che emigrò negli U.S.A. nel 1907 si sentiva dare dal mafioso per colpa loro.

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